Sommario: 1. Alla ricerca di un pubblico ministero “sensibile” – 2. Tempestività e coordinamento delle indagini - 3. Il sopralluogo e il sequestro – 4. La raccolta di informazioni - 5. Il tema d’indagine e la condotta del lavoratore - 6. Formazione, informazione, vigilanza, sorveglianza sanitaria - 7. Le responsabilità soggettive e le posizioni di garanzia - 8. Il caso della pluralità di imprese – 9. La responsabilità dell’ente ai sensi del d.lgs. 231/2001.
(contributo di approfondimento in tema di infortuni v. L'emergenza nazionale degli infortuni sul lavoro e la risposta delle istituzioni: uno sguardo di insieme pubblicato su questa Rivista il 1 marzo 2024)
1. Alla ricerca di un pubblico ministero “sensibile”
Il settore della salute e sicurezza del lavoro è purtroppo uno dei – non pochi per la verità – settori “di nicchia” per le indagini: intendo dire che non sono molti i pubblici ministeri che studiano sistematicamente questa materia e che quindi partecipano con passione, e non solo per dovere, ai gruppi specializzati (laddove ve ne sono) competenti per tali reati e dimostrano quindi una maggiore sensibilità al tema. Per lo più i reati in questione vengono – necessariamente – affrontati nel corso del turno esterno, in occasione di decessi o lesioni gravissime sul lavoro, e per il resto costituiscono oggetto di procedimenti del tutto routinari, per quanto attiene alle contravvenzioni oggetto della procedura di cui al d.lgs. 754/1994 – fondata sull’emanazione di prescrizioni nella finalità di regolarizzazione della violazione e di estinzione del reato – ovvero “quasi” routinari, per quanto attiene alle denunce (raramente querele) che impongono, per lo più ad impulso dell’ispettorato del lavoro o della ASL, indagini in una certa azienda, in relazione ad un certo infortunio.
Non è raro quindi che il pubblico ministero si lasci guidare dalle indicazioni della polizia giudiziaria specializzata in materia (ciò vale soprattutto per la redazione dei capi di imputazione oggetto della richiesta di decreto penale, all’esito della conclusione negativa della procedura di cui al d.lgs. 754/1994) ed affronti “senza entusiasmo” le complesse indagini - in tema, ad esempio, di individuazione delle posizioni di garanzia e di rapporto di causalità - che vengono in rilievo quando si tratta di accertare le responsabilità per un infortunio.
Ancor più complesse – e dunque ancor meno “appassionanti”, almeno per i più – sono poi le indagini in tema di malattie professionali, nell’ambito delle quali – tutt’altro che routinarie - è spesso la parola del consulente tecnico a guidare le scelte del pubblico ministero e a contrapporsi sovente, in una materia complicatissima, alle conclusioni – diametralmente opposte – dei consulenti degli indagati/imputati, soprattutto laddove si tratti di patologie (come quelle correlate all’amianto) che originano in grossi complessi industriali, i cui dirigenti sono assistiti per lo più da grandi avvocati, esperti in materia e assai battaglieri.
Che le indagini in tema di salute e sicurezza del lavoro non facciano troppo breccia negli interessi di gran parte dei pubblici ministeri trova conferma, per quanto posso ricavare dalla mia esperienza professionale, sia nella scarsa propensione alla materia che ho rinvenuto nei, peraltro validissimi, colleghi delle due procure che ho diretto e nelle quali ho coordinato il settore in questione, sia nella circostanza per cui, chiedendo, in occasione degli incontri formativi per uditori/MOT, ai colleghi prossimi a terminare il tirocinio, quanti tra di loro avessero affrontato questa materia nel corso del tirocinio stesso, ho ricevuto quasi sempre risposta negativa.
È vero che nelle procure più grandi, e soprattutto in quelle il cui territorio è caratterizzato da contesti assai industrializzati, l’attenzione alla materia è più estesa, ma non v’è dubbio che ovunque vi sia attività d’impresa - grande, media, piccola, con lavoratori in regola o in nero e, tanto più, ove vi siano imprese “in odore” di caporalato – il rischio di incidenti e malattie sul lavoro è presente e costante e per giunta accresciuto in periodi, come questo, di crisi economica, nei quali tanti imprenditori fanno fatica a pagare i dipendenti, per cui certamente non riescono, o non vogliono, investire nel settore della sicurezza. L’azione di un pubblico ministero “sensibile” è dunque assai importante.
E ciò, vale aggiungere, tanto più in quanto il bene protetto dalle previsioni normative assistite da un così vasto apparato sanzionatorio, quali sono quelle della materia in questione, è quello della vita e dell’integrità, fisica e psichica, dell’individuo, e dunque un bene primario, che il nostro ordinamento giuridico, seppure sul punto immensamente complesso, tutela al massimo e che dunque richiede il massimo impegno in sede giudiziaria.
È quindi auspicabile che l’attenzione, se non anche la sensibilità, dei pubblici ministeri per tali tipologie di reati si incrementi, così da perfezionare le competenze e da migliorare anche le modalità di coordinamento e direzione dei diversi organi di polizia giudiziaria che operano in materia.
Senza voler attribuire all’autorità giudiziaria una non dovuta attività di supplenza, in questo campo, dell’azione amministrativa, sarebbe altresì auspicabile, per il pubblico ministero, affinare la conoscenza della realtà e delle caratteristiche del territorio, con riguardo al settore della sicurezza del lavoro e sviluppare, laddove ve ne siano i presupposti, quel bagaglio conoscitivo che deriva da ispezioni amministrative, da esposti delle organizzazioni sindacali o da denunce dei singoli lavoratori, al fine di pervenire all’acquisizione di notizie di reato che molto spesso rimangono, in questo settore, nascoste, perché si temono, da parte dei lavoratori, sia ritorsioni del datore di lavoro che la perdita stessa del posto di lavoro.
A queste considerazioni di carattere generale si affianca indubbiamente il dato della delicatezza e complessità delle gran parte delle indagini in materia, tali da rendere necessaria, almeno in ogni ufficio che sia di dimensioni sufficienti da poterselo permettere, la specializzazione.
Ad ogni modo, anche laddove specializzazione non vi sia, la delicatezza dell’intervento del pubblico ministero di turno in caso di infortunio, mortale o gravissimo, impone di provare a delineare talune metodiche standard di intervento, che non sono altro, del resto, che suggerimenti che l’esperienza consente di apprezzare e che possono rendere più rapida e completa l’azione investigativa che deve seguire alla notizia di un decesso o di un infortunio gravissimo sul lavoro.
Diverse, e del tutto peculiari, sono, invece, le caratteristiche dell’azione investigativa in materia di malattie professionali, laddove la causa, non immediata, dell’evento lesivo origina temi di indagine parzialmente diversi ed ulteriori e comunque non richiede, per lo più, un intervento immediato, quale quello che compete al pubblico ministero di turno.
Gran parte delle notazioni che vado a delineare con riferimento precipuo alle iniziative del pubblico ministero – per lo più quello di turno – notiziato di un infortunio mortale o gravissimo sul lavoro, valgono comunque anche per l’articolazione delle indagini che, sempre in tema di infortunio, muovono dalla ricezione di una denuncia o di un esposto.
2. Tempestività e coordinamento delle indagini
Giova premettere come sia opportuno che, poiché le indicazioni operative concernono anche l’azione della polizia giudiziaria e di altri operatori del settore, le stesse formino oggetto di una specifica direttiva, che venga portata a conoscenza di tali soggetti e sia da essi recepita, compresa e condivisa.
Si tratta, dunque, di delineare - con riferimento ad infortuni sul lavoro mortali ovvero produttivi di lesioni gravi o gravissime - prassi operative comuni, in grado di rendere maggiormente efficace l’intervento investigativo immediatamente conseguente all’infortunio e di garantire un adeguato coordinamento tra i diversi uffici di polizia giudiziaria. È invero comunemente nota l’importanza delle attività di accertamento effettuate nell’immediatezza dell’infortunio, ai fini di un buon esito dell’indagine complessiva, per cui è necessario operare in modo sollecito e finalisticamente orientato all’acquisizione del più ampio bagaglio di informazioni, nella prospettiva ovviamente tipicamente probatoria.
In questo senso è dunque essenziale che l’intervento dell’organo specializzato di polizia giudiziaria sul luogo dell’infortunio sia il più tempestivo possibile rispetto all’acquisizione della notizia. Funzionale a tale esigenza e a quelle, ulteriori, di coordinamento delle indagini e di tempestivo coinvolgimento del pubblico ministero è che i servizi P.R.E.S.A.L. (servizio prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro) della ASL e il servizio ispettivo della Direzione provinciale del lavoro provvedano a comunicare tempestivamente alla Procura ed alle forze dell’ordine che operano sul territorio il turno di reperibilità dei rispettivi ispettori, così da consentire appunto la necessaria azione di coordinamento e un’adeguata e tempestiva circolazione delle informazioni inerenti l’infortunio.
La notizia dell’infortunio deve essere nel più breve tempo possibile comunicata al pubblico ministero di turno in Procura, onde consentire allo stesso, ove necessario, l’eventuale accesso sul luogo dell’infortunio, e comunque il coordinamento delle indagini e l’emanazione di specifiche direttive.
Vale sottolineare, a questo proposito, come l’esperienza insegni che il sopralluogo del pubblico ministero in esito ad un infortunio mortale sia lo strumento insostituibile per acquisire una efficace visione degli eventi e per organizzare in modo coordinato ed efficace le indagini.
È opportuno, allo scopo di privilegiare le specifiche competenze investigative in materia e di non determinare una sovrapposizione di interventi che rischi di pregiudicare l’utile esperimento delle indagini, che l’organo di polizia giudiziaria immediatamente competente per lo svolgimento delle indagini finalizzate alla rilevazione delle cause e dei responsabili dell’infortunio sia individuato nel servizio P.R.E.S.A.L., ovvero nel servizio ispettivo provinciale per i settori di specifica competenza di quest’ultimo. In proposito è indispensabile che l’individuazione dell’organo specializzato che deve intervenire sia stabilmente compiuta a monte, sulla base di indicazioni operative predeterminate, al fine di consentire anche agli organi di polizia giudiziaria non specializzati (Carabinieri, Polizia di Stato, Polizia Municipale) che di solito intervengono per primi sul logo dell’infortunio di allertare immediatamente gli ispettori del lavoro di turno.
È comunque compito degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria dei Carabinieri, della Polizia di Stato o della Polizia Municipale, che siano intervenuti per primi, prestare il necessario supporto operativo ed investigativo e porre in essere i pertinenti atti di indagine con modalità tali da non creare sovrapposizioni con gli ispettori del servizio P.R.E.S.A.L. o del servizio ispettivo provinciale e da garantire a questi l’ausilio che le circostanze del caso rendano di volta in volta necessario.
Sempre al fine di garantire l’esigenza di coordinamento è bene che gli ispettori della Direzione Provinciale del Lavoro che abbiano eventualmente ad accedere al luogo di lavoro non per l’espletamento delle indagini inerenti l’infortunio ma per l’espletamento dei compiti amministrativi istituzionalmente spettanti abbiano cura di non determinare una sovrapposizione di interventi idonea a pregiudicare l’utile esperimento delle indagini, ma di coordinare, al contrario, il proprio intervento con quello del servizio P.R.E.S.A.L., fornendo anche il proprio eventuale contributo investigativo.
In quest’ottica di collaborazione, è bene precisare, nell’ambito delle direttive la cui emanazione preventiva è – come si diceva- opportuna, che il servizio P.R.E.S.A.L. di volta in volta competente sia autorizzato a fornire al servizio ispettivo della Direzione Provinciale del Lavoro le notizie, acquisite nel corso delle indagini, che quest’ultimo abbia a richiedere per finalità d’istituto, con modalità e tempistiche tali da non pregiudicare il tempestivo ed adeguato svolgimento delle indagini inerenti l’infortunio. Ancor più necessaria è, all’evidenza, tale collaborazione con riferimento ad indagini che originino non già dalla notizia di un infortunio grave, ma da una denuncia, un esposto o comunque da una delega del pubblico ministero.
In caso di indagini conseguenti ad infortunio è necessario che tutti gli organi di polizia giudiziaria garantiscano adeguate modalità operative e bagaglio conoscitivo al medico legale, il cui intervento è doveroso in caso di decesso immediato, a differenza di quanto avviene nel caso di lesioni, allorquando sono primarie l’esigenza di soccorso dell’infortunato ed il suo trasferimento in ospedale.
3. Il sopralluogo e il sequestro
Come è noto a chiunque abbia un minimo di esperienza in materia, è fondamentale che il luogo dell’infortunio non venga alterato prima della conclusione di tutti i necessari accertamenti. Va sottolineata in via generale – e fatte salve eventuali, contingenti esigenze di tipo diverso - la necessità di redigere un accurato verbale di sopralluogo che contenga la descrizione dello stato dei luoghi, il posizionamento dei macchinari, delle attrezzature, dei dispositivi, ecc. interessati dall’infortunio, la posizione del cadavere (in caso di decesso) nonché ogni altra annotazione specificamente rilevante. Deve essere cura della polizia giudiziaria operante corredare il verbale di adeguata documentazione fotografica, mentre gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria appartenenti ad altri organi devono prestare il necessario supporto all’organo di PG specializzato per la redazione del verbale. Stante la natura di atto irripetibile, inseribile nel fascicolo del dibattimento, il verbale di sopralluogo non deve comprendere indicazioni di carattere valutativo, che devono invece essere contenute in autonoma annotazione, ovvero nell’informativa di reato.
Per altro verso è palese - fatte salve eventuali esigenze di tipo diverso che dovessero nei congrui casi manifestarsi - la necessità di sottoporre a sequestro probatorio tutti i macchinari, le attrezzature, i dispositivi di protezione ed eventualmente i locali interessati dall’infortunio e comunque ogni oggetto, bene, materiale sul quale sia necessario compiere accertamenti tecnici o che sia comunque rilevante a fini probatori. Si tratta, invero, di beni, oggetti, ecc. soggetti a possibile modificazione, la cui integrità è perciò essenziale per un’esatta ricostruzione degli eventi e per la doverosa verifica circa carenze ed omissioni causalmente rilevanti nella produzione dell’evento lesivo. La valutazione da compiere in proposito deve estendersi, in un momento in cui le cause dell’infortunio sono ancora tutte da accertare, anche ad eventuali profili di rilevanza probatoria che, seppur non ancora compiutamente definiti, appaiano suscettibili di un successivo sviluppo investigativo, pur con l’accortezza di porre estrema attenzione all’esigenza di non bloccare inutilmente l’attività dell’impresa o dell’ufficio nel cui ambito si è verificato l’infortunio.
La stretta connessione tra la verifica delle condotte rilevanti per la produzione dell’evento lesivo e l’individuazione dei potenziali responsabili è alla base dell’esigenza di adoperare in modo quanto mai accorto, ma esteso, lo strumento del sequestro probatorio. È, invero, indiscutibile l’esigenza di sottoporre a sequestro tutta la documentazione pertinente all’infortunio e necessaria all’accertamento delle responsabilità; così è a dire quanto alla documentazione inerente macchinari, apparecchiature, dispositivi, ecc., interessati dall’infortunio (istruzioni di montaggio, di funzionamento, atti di collaudo, ecc.); quanto alla documentazione inerente la valutazione dei rischi (a seconda dei casi, documento di sicurezza e/o documento di valutazione dei rischi da interferenze, piano di sicurezza e coordinamento, piano operativo di sicurezza); quanto alla documentazione inerente eventuali direttive, ordini di servizio, provvedimenti di carattere generale ecc. predisposti nell’azienda o nell’ufficio in tema di sicurezza; quanto alla documentazione inerente contratti di appalto, subappalto, contratti d’opera; quanto ad atti inerenti alla ripartizione delle competenze (deleghe, ordini di servizio, delibere, statuto, organigrammi, lettere di incarico, ecc.); quanto alla documentazione relativa allo svolgimento dell’attività di formazione, informazione, vigilanza, sorveglianza sanitaria; quanto alla documentazione inerente eventuali precedenti verifiche e/o ispezioni. V’è al riguardo anche l’esigenza di far constare per iscritto ai soggetti richiesti che non esiste altra documentazione oltre quella reperita e sequestrata, onde evitare la successiva produzione di documentazione non genuina, creata ad arte.
4. La raccolta di informazioni
E sempre allo scopo di non disperdere la genuina e sollecita acquisizione delle fonti di prova, è altresì evidente l’esigenza di assumere urgentemente a sommarie informazioni, sul posto e nell’immediatezza dell’intervento, il lavoratore infortunato – sempreché in grado di rispondere e privilegiando comunque l’esigenza di tutelarne le condizioni di salute - i colleghi di lavoro dell’infortunato presenti e comunque ogni persona presente e a conoscenza dei fatti; ciò allo scopo di sfruttare il maggior coinvolgimento emotivo conseguente all’infortunio (che rende verosimile la possibilità di acquisizione di dichiarazioni genuine nel predetto contesto) e di evitare invece successive dichiarazioni che possano essere concordate con il datore di lavoro o comunque motivate dall’esigenza di evitare ritorsioni e dunque non genuine.
5. Il tema d’indagine e la condotta del lavoratore
Più in generale, va osservato che il tema dell’accertamento investigativo – sia in caso di indagini avviate d’urgenza in esito ad un infortunio mortale o gravissimo, che in caso di indagini conseguenti a denuncia/querela/esposto - deve sempre muovere dall’esatta ricostruzione delle modalità e delle cause dell’infortunio, accertando, in particolare, in questo senso, se lo stesso sia riconducibile a violazioni di una o più disposizioni del complesso apparato normativo in tema di salute e sicurezza sul lavoro. Tale accertamento deve anche mirare all’individuazione delle abituali modalità di esecuzione della prestazione cui era addetto l’infortunato, allo scopo di verificare se l’infortunio sia riconducibile ad eventuali prassi lavorative contra legem, ovvero sia frutto di una condotta o di una situazione estemporanee.
A quest’ultimo riguardo è bene però ricordare – e questa considerazione deve essere sempre tenuta presente dal pubblico ministero, come una sorta di canovaccio alla cui stregua condurre l’apprezzamento valutativo della fattispecie e poi determinarsi nelle scelte definitorie – che principio ormai stabilmente consolidatosi in giurisprudenza è quello che, muovendo dalla considerazione della finalità delle norme di prevenzione, che è quella di tutelare i lavoratori da ogni tipologia di rischio concretamente o anche astrattamente ipotizzabile, ivi compreso quello riconducibile ad eventuali condotte disaccorte, negligenti, imprudenti del lavoratore, afferma che, una volta riscontrato un deficit di approntamento nelle misure di sicurezza concernenti la prestazione da cui è derivato l’evento lesivo, dette tipologie di condotte del lavoratore non valgono certamente ad elidere il nesso di causalità tra la violazione della o delle misure di sicurezza e l’evento lesivo. All'interno dell'area di rischio considerata, infatti, la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, non tanto ove sia imprevedibile, quanto, piuttosto, ove sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia, oppure ove sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro, oppure ancora rientri in tali mansioni, ma si sia tradotta in qualcosa che, radicalmente quanto ontologicamente, sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro. In ogni caso, perché possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio del comportamento imprudente (in questo senso, tra le più recenti pronunce espressive di un orientamento consolidato, vale citare Cass., sez. IV pen., 22.11.2023, n. 46841 - ud. 3.10.2023).
6. Formazione, informazione, vigilanza, sorveglianza sanitaria
Per altro verso è bene ricordare, già all’atto degli accertamenti esperiti nell’immediatezza del fatto, ed al fine sia di individuare possibili, specifiche violazione della normativa di prevenzione che di giudicare in modo appropriato la condotta del lavoratore da cui è conseguito l’infortunio, che è indispensabile porre particolare attenzione alla verifica circa l’assolvimento (e in quali termini) delle funzioni specifiche di informazione, formazione e vigilanza e, se pertinenti, di sorveglianza sanitaria. Tali funzioni rientrano, invero, nei doveri principali del datore di lavoro e dei suoi collaboratori e la relativa violazione è assai spesso – come la prassi giudiziaria dimostra – causalmente rilevante nella produzione dell’evento.
7. Le responsabilità soggettive e le posizioni di garanzia
Ma parallelamente all’investigazione in ordine alle cause dell’infortunio, che investe la condotta e il nesso di causalità, il pubblico ministero e la polizia giudiziaria, che a volte ha bisogno di essere specificamente indirizzata sul punto, devono preoccuparsi dell’aspetto soggettivo della vicenda, e dunque pervenire all’individuazione dei soggetti che, nella concreta organizzazione lavorativa oggetto di investigazione ed alla luce delle qualifiche normative, rivestono il ruolo di datore di lavoro, ovvero altre qualifiche rilevanti ai fini della normativa di salute e sicurezza (a seconda della specificità del caso concreto, dirigenti, preposti, responsabile e addetti al servizio di prevenzione, medico competente, committente, coordinatori ecc.) con l’accertamento, per ciascuno di essi, dei compiti rilevanti con riguardo alla prestazione lavorativa nel cui ambito è avvenuto l’infortunio. In questo senso va sottolineato in particolare che l’individuazione della condotta, per lo più omissiva, che ha costituito la causa efficiente dell’infortunio deve condurre anche ad individuare le cd “posizioni di garanzia” che vengono in rilievo con riferimento alla predetta condotta; in questo senso il parametro per così dire oggettivo dell’investigazione viene a coniugarsi strettamente con quello soggettivo, posto che, come è noto, la responsabilità penale è personale e non possono valere forme di responsabilità oggettiva.
Si tratta, dunque, di appurare – anche con quella sollecitudine che è necessaria per il compimento di “atti garantiti” – chi sono i soggetti ai quali, alla stregua della concreta organizzazione aziendale, competeva attuare quegli adempimenti e quelle cautele previsti dalle norme ed in concreto omessi o inadeguatamente o non correttamente attuati. Questo profilo dell’indagine ha perciò necessariamente ad oggetto l’organizzazione aziendale (e con il termine “azienda” la normativa prevenzionistica intende, come è noto, non solo la struttura imprenditoriale ma anche l’ufficio che eroghi un servizio) e va condotto sia alla stregua della raccolta di informazioni dalle persone in grado di fornirle (eventualmente con l’assistenza del difensore, se già si profilano i presupposti per l’iscrizione di una certa persona nel registro degli indagati) che in base all’analisi della documentazione aziendale al riguardo rilevante, con particolare riferimento ad eventuali atti di delega di funzioni.
Con specifico riguardo alle indagini conseguenti ad un infortunio o mortale o gravissimo del quale il pubblico ministero sia notiziato durante il turno, è bene segnalare come sia palese, pur tenendo conto dell’urgenza degli accertamenti, l’opportunità di compiere il più celermente possibile l’individuazione, per quanto possibile completa, dei soggetti da sottoporre ad indagine, quanto meno al fine delle comunicazioni degli avvisi per gli atti urgenti (ad esempio per l’affidamento dell’eventuale incarico ex art.360 cpp). A tal fine bisognerà prendere in adeguata considerazione sia la documentazione reperita, sia le indicazioni fornite, anche informalmente, dalle persone ascoltate. È preferibile estendere, nel dubbio, il numero delle persone da sottoporre ad indagini, a scopo di garanzia ed al fine di non precludere la successiva utilizzabilità di atti non compiuti in contraddittorio con soggetti a carico dei quali potevano già individuarsi indizi di reità. È in ogni caso necessario un coordinamento della polizia giudiziaria con il pubblico ministero di turno, al quale, se non presente sul luogo dell’infortunio, andranno rappresentate, in modo chiaro e sintetico, le circostanze rilevante ai fini in questione.
8. Il caso della pluralità di imprese
Nel caso di incidenti verificatisi in ambiti in cui operano più imprese è poi fondamentale chiarire, nel più breve tempo possibile, i rapporti tra le stesse (acquisendo la pertinente documentazione: contratti d’appalto, di prestazione d’opera, ecc.) quale sia la posizione del lavoratore infortunatosi, se siano stati adottati atti di cooperazione e coordinamento per l’attuazione delle cautele di sicurezza, se vi sia stata informazione specifica sui rischi propri dell’ambiente nel quale le altre impresse erano chiamate ad operare. Nel caso di incidenti verificatisi in uffici pubblici è poi fondamentale chiarire, nel più breve tempo possibile, se l’amministrazione proprietaria dell’edificio sia diversa da quella che opera nell’edificio stesso e, in questo caso, quali siano i rapporti tra le due amministrazioni in materia di sicurezza, allo scopo di appurare se i responsabili dell’ente proprietario dell’immobile siano stati tempestivamente notiziati delle carenze riscontrate in materia di sicurezza e quindi richiesti di intervenire.
9. La responsabilità dell’ente ai sensi del d.lgs. 231/2001
Un pubblico ministero “sensibile” non può non porre attenzione al tema della responsabilità dell’ente/società per illecito dipendente da reato; si tratta dell’ “universo” di cui al d.lgs. 231/2001, con riferimento al quale i contributi interpretativi più rilevanti di giurisprudenza e dottrina hanno trovato terreno fertile proprio nel settore della salute e sicurezza sul lavoro, una volta introdotto nel citato decreto l’art. 25 septies.
Si pensi, ad esempio, ai temi complessi e suggestivi della colpa di organizzazione, dell’individuazione dei soggetti in posizione apicale o sottoposta, ai concetti di interesse o vantaggio dell’ente, al contenuto dei modelli di organizzazione e gestione. Si tratta di questioni complesse che certamente non possono essere affrontate in questa sede. Basta dunque ricordare che ogni indagine in materia non può ormai non dedicare specifica attenzione anche al tema della responsabilità dell’ente, preoccupandosi di verificare, qualora ve ne siano i presupposti, a quali categorie delineate dall’art. 5 del d.lgs. 231/2001 vadano ricondotti gli autori del reato, se il reato sia stato commesso nell’interesse dell’ente/società, se questo ne abbia tratto un vantaggio (in termini di risparmio di spesa o di mancato decremento della produzione), se sia stato adottato ed efficacemente attuato un modello organizzativo, se, in definitiva, via sia stata quella colpa di organizzazione che la giurisprudenza più recente qualifica come il riflesso della responsabilità in parola.