L'emergenza nazionale degli infortuni sul lavoro e la risposta delle istituzioni: uno sguardo di insieme
Il fenomeno degli infortuni sul lavoro è da lungo tempo un’emergenza, silente ma drammatica, del nostro Paese.
Secondo dati pubblicati dall’INAIL, negli ultimi cinque anni ci sono stati in media in Italia circa 645.000 infortuni sul lavoro ogni anno.
Di questi, 1072 sono infortuni mortali. Il nostro paese paga un tributo di oltre mille morti l’anno sul luogo di lavoro. Quasi 50 l’anno (217 nei cinque anni) degli infortuni mortali riguarda ultrasettantenni.
La nostra rivista inizia con questo articolo una serie di riflessioni che riguarderanno gli aspetti più problematici della attuale normativa penale antinfortunistica e alcune linee di tendenza della legislazione più recente, oltre a dei fenomeni attuali – quali il caporalato e la precarietà del posto di lavoro – che sembrano avere alterato il sinallagma del rapporto di lavoro in senso (ulteriormente) sfavorevole al lavoratore con conseguenti ricadute sulla sicurezza del luogo di lavoro.
Si esamineranno le problematiche specifiche delle indagini in questo delicato settore ed alcuni dei processi più sintomatici, l’importanza della prevenzione e la particolare declinazione della tutela della salute dei lavoratori nella Pubblica amministrazione, la tematica della corretta individuazione del garante del rischio lavorativo e la sicurezza del lavoro nelle società cooperative.
La legislazione in materia antinfortunistica: uno sguardo alle recenti modifiche ed all’efficacia complessiva del sistema
di Maria Laura Paesano
Sommario: 1. I numeri della prevenzione e sicurezza. – 2. L’impianto normativo della prevenzione e sicurezza. – 3. Le recenti modifiche al TU sulla Sicurezza. Edifici scolastici e studenti in alternanza scuola-lavoro. – 4. Segue - Lavoratori autonomi e fornitori di macchinari. Datore di lavoro. Medico competente. - 5. La resa complessiva del sistema di tutele.
1. I numeri della prevenzione e sicurezza.
Sempre di grande impatto è la lettura annuale dei numeri degli incidenti sul lavoro, delle morti e delle malattie professionali.
Le denunce di infortunio presentate all’Inail entro il mese di agosto 2023 sono state 383.242, in calo rispetto alle 484.561 dei primi otto mesi del 2022 (-20,9%), in aumento rispetto alle 349.449 del 2021 (+9,7%) e alle 322.132 del 2020 (+19,0%), e in diminuzione rispetto alle 416.894 del 2019 (-8,1%).
Quelle con esito mortale presentate nei primi otto mesi del 2023 sono state 657, ossia 20 in meno rispetto alle 677 registrate nel periodo gennaio-agosto 2022, 115 in meno rispetto al 2021, 166 in meno rispetto al 2020 e 28 in meno rispetto al 2019[1].
Se si entra nel dettaglio statistico, il calo rilevato nel confronto tra i primi otto mesi del 2022 e il 2023 è legato solo alla componente femminile, i cui casi mortali denunciati sono passati da 69 a 48, mentre per quella maschile si registra un aumento, da 608 a 609. In calo risultano le denunce dei lavoratori italiani (da 549 a 531) e dei comunitari (da 37 a 32), in aumento quelle degli extracomunitari (da 91 a 94).
Dall’analisi per classi di età, si registrano aumenti tra gli under 25 (da 32 a 49 casi) e tra i 60-74enni (da 137 a 147) e diminuzioni nella fascia 30-59 anni (da 462 a 419).
Da questo quadro emerge con chiarezza come, nonostante qualche riduzione complessiva, le categorie più a rischio infortuni restino - anzi siano le uniche ad aumentare - quelle dei lavoratori extracomunitari, dei lavoratori molto giovani e dei lavoratori molto anziani.
Aumentano invece drasticamente per tutte le categorie le denunce di malattia professionale protocollate dall’Inail: nei primi otto mesi del 2023 sono state 48.514, oltre novemila in più rispetto allo stesso periodo del 2022 (+23,2%). L’incremento è del 32,9% rispetto al 2021, del 74,8% sul 2020 e del 18,2% rispetto 2019[2].
Per quanto si registrino oscillazioni talvolta positive, i risultati complessivi assicurati dal sistema di prevenzione e tutele sono ben lontani dall’essere soddisfacenti in un Paese che ha una legislazione nazionale adeguata agli standard europei e saperi avanzati in materia di sicurezza sul lavoro.
A cadenza periodica, spesso in coincidenza con incidenti o vicende che scuotono l’opinione pubblica, il legislatore interviene a disciplinare aspetti specifici e settoriali che vanno ad incidere sul sistema di prevenzione e sicurezza garantito dal TU in materia di sicurezza, nel tentativo di rafforzarne l’effetto complessivo.
Infatti “il vero nodo” nei percorsi di incremento della tutela della salute dei lavoratori sui luoghi di lavoro è nella garanzia di effettività di quelle tutele, ossia sul piano dell’efficacia più su quello della astratta previsione normativa.
Il fulcro del sistema di tutela approntato dal legislatore risiede nella validità del modello di organizzazione adottato che diviene anche elemento essenziale ai fini della individuazione dei soggetti passivi (lavoratori) ed attivi (datori di lavoro) dell’obbligo di sicurezza [3].
2. L’impianto normativo della prevenzione e sicurezza.
Nell’impianto normativo del TU sulla Sicurezza D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e ss.modd, il primo soggetto al quale spetta una posizione originaria di garanzia in materia di prevenzione e sicurezza è il datore di lavoro secondo un’accezione non solo formale, che lo identifica nel titolare del rapporto di lavoro, ma soprattutto in termini di effettività[4] ossia quel soggetto che, secondo il tipo e l'assetto dell'organizzazione (anche nelle pubbliche amministrazioni), ha la responsabilità dell'organizzazione stessa o dell'unità produttiva, in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa (criterio funzionale o sostanziale).
Il datore di lavoro resta la figura centrale di riferimento della tutela della sicurezza secondo un’accezione di natura contrattuale che trova la sua origine e, al contempo, la sua funzione di norma di chiusura generale, nell’art. 2087 c.c., interpretata come obbligo accessorio di protezione discendente dai doveri generali di correttezza e buona fede[5].
Ma la prospettiva a cui si riferisce il TU è quella di un datore di lavoro organizzato, che gestisce, è inserito e si avvale a sua volta di una rete di collaboratori e di un sistema di valutazioni, controlli e vigilanza che, una volta validamente approntato, non solo dovrebbe scongiurare il rischio per l’incolumità e salute dei lavoratori ma dovrebbe anche essere idoneo a tenerlo indenne dalle responsabilità conseguenti agli eventi lesivi o nocivi, in primis di carattere penale.
Il datore di lavoro previsto dal TU, quindi, non è soltanto tenuto al rispetto delle norme sulla prevenzione e sulla sicurezza ma deve anche dotarsi di un apparato organizzativo per la gestione dell’attività, i cui caratteri sono stabiliti a monte dal legislatore in maniera rigida ma che possono anzi debbono variare a seconda della complessità della struttura di riferimento e del tipo di attività o lavorazioni che si svolgono nel luogo di lavoro.
Compiti fondamentali del datore di lavoro, come tali non delegabili secondo l’impianto normativo (art. 17), sono la valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori con la conseguente elaborazione del relativo documento e la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione una volta che sia stato obbligatoriamente istituito.
Il datore di lavoro, questa volta anche tramite l’eventuale delegato alla sicurezza, deve fornire ai lavoratori una preventiva e adeguata formazione ed una completa informazione su tutti i rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi all’attività dell’impresa.
Il modello di organizzazione e di gestione idoneo deve essere adottato ed efficacemente attuato assicurando un sistema aziendale per l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi a: attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici; valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione; emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, etc.; sorveglianza sanitaria; informazione e formazione dei lavoratori; rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro; acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge; verifiche dell'applicazione e dell'efficacia delle procedure adottate. Il modello organizzativo deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo sulla sua attuazione.
La ricostruzione dell’organizzazione, delle concrete attività che si svolgono in un luogo di lavoro, dei rischi che esse comportano, dello studio preventivo e delle ricadute sull’assetto complessivo delle competenze, dell’assolvimento degli obblighi di formazione ed informazione, sono aspetti imprescindibili di qualunque istruttoria che, principalmente in ambito penale, intenda risalire ai concreti ed effettivi comportamenti (per lo più) colposi del soggetto a cui essi siano riconducibili per rimanere ancorati al principio costituzionale della responsabilità personale.
Il datore di lavoro, peraltro, non ha discrezionalità nella gestione della sicurezza sul lavoro secondo modelli organizzativi che gli siano più congeniali: gli articoli 28 e 29 del TU gli impongono di procedere preventivamente alla individuazione e valutazione di tutti i rischi aziendali, che verranno poi riprodotti nella redazione del “Documento di valutazione”, che contiene le misure di prevenzione che è necessario adottare sulla base dei rischi rilevati.
La redazione del documento di valutazione dei rischi e l'adozione di misure di prevenzione non escludono peraltro la responsabilità del datore di lavoro quando, per un errore nell'analisi dei rischi o nell'identificazione di misure adeguate, non sia stata adottata idonea misura di prevenzione[6].
Recentemente, il D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2021, n. 215, dimostrando come sia stata compresa la fondamentale importanza per la prevenzione della effettiva conoscenza, “sul campo” delle condizioni di lavoro e della sicurezza, ha rafforzato il ruolo ed i poteri del “preposto” attribuendogli facoltà di segnalazione e financo di interruzione temporanea delle attività nel caso di mancato rispetto o di ravvisato rischio per l’incolumità dei lavoratori.
Il TU Sicurezza, oltre ad avere individuato i soggetti originariamente provvisti di una posizione di garanzia per così dire assimilabile a quella datoriale (dirigente e preposto), ha anche enucleato altri protagonisti della prevenzione e sicurezza.
Uno dei pilastri del sistema della sicurezza è costituito infatti dall’istituzione del servizio di prevenzione e protezione, interno o esterno all’azienda, che ha funzioni di consulenza del datore di lavoro, il cui responsabile è in generale esonerato da responsabilità diretta a meno che non emerga che la falla al sistema di sicurezza sia da ricondurre ad un suo difetto di valutazione e di comunicazione[7].
Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione ambientale, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e, ove previsto, il medico competente, hanno quindi tutti funzione di collaborazione con il datore di lavoro, per garantire un sistema articolato e composto di tutele.
Recenti modifiche normative al TU sono intervenute nell’anno appena passato.
Tra le disposizioni di maggior interesse vi sono quelle che integrano i doveri previsti a carico del datore di lavoro, attraverso l’inserimento di alcuni nuovi adempimenti: nominare il medico competente (per il quale sono stati introdotti, a sua volta, nuovi obblighi); provvedere alla propria formazione ed addestramento specifico ai fini dell'utilizzo di attrezzature che richiedono conoscenze particolari. Ancora, sono stabiliti obblighi di sicurezza a carico del noleggiatore di macchinari. Infine, sono inserite norme in materia di sicurezza degli edifici scolastici e di sicurezza per gli studenti che siano in attività di alternanza scuola-lavoro, queste ultime individuate come risposta alle recentissime vicende che hanno annoverato fra i morti sul lavoro anche giovanissimi studenti.
3. Le recenti modifiche al TU sulla Sicurezza. Edifici scolastici e studenti in alternanza scuola-lavoro.
L’art. 14 del D.L. 4 maggio 2023, n. 48 “Decreto Lavoro”, convertito con modificazioni con legge 3 luglio 2023, n. 85 (GU 3 luglio 2023, n. 153), interviene direttamente su alcune norme del D.Lgs. n. 81/2008 e ss.modd.
Si tratta di un intervento legislativo che non ha nessuna pretesa di organicità e mira a correggere alcuni profili specifici della sicurezza.
Per quanto concerne la sicurezza degli edifici scolastici, l’art. 14, D.L. n. 48/2023, nel modificare l’art. 18, D.Lgs. n. 81/2008 e ss.modd., ha inserito il comma 3.3, che dispone che gli obblighi di sicurezza – che sono già previsti a carico delle amministrazioni tenute alla fornitura e alla manutenzione degli edifici scolastici statali - si intendono assolti con la valutazione congiunta dei rischi connessi a tali edifici e con l’individuazione delle misure necessarie a prevenirli di cui al precedente comma 3.2, alla quale sia seguita la programmazione degli interventi necessari nel limite delle risorse disponibili.
Un correttivo che appare più volto ad esonerare e liminare le responsabilità che ad aumentare la sicurezza delle strutture scolastiche.
Sembra di poter dire, infatti, che l’adempimento degli obblighi imposti da parte delle amministrazioni che hanno redatto la valutazione congiunta, individuato le misure e programmato gli interventi nel limite delle risorse, ossia “a costo zero”, non dia alcuna certezza che quanto sia necessario per la sicurezza delle scuole venga effettivamente e tempestivamente realizzato.
L’efficacia della tutela non potrebbe che basarsi, al contrario, su un investimento di risorse specificamente finalizzate a rendere effettivi e pronti gli interventi strutturali che si dovessero rendere necessari.
Diversa è la questione delle tutele approntate per gli studenti in quanto inseriti in percorsi di scuola-lavoro a partire dal dato che, in questo caso, sono previsti nuovi stanziamenti economici.
L’art. 17, D.L. n. 48/2023 istituisce un Fondo per i familiari degli studenti vittime di infortuni in occasione delle attività formative, al fine di assicurare un contributo economico ai familiari degli studenti delle scuole o istituti di istruzione di ogni ordine e grado, anche privati, e delle Università, deceduti a seguito di infortuni occorsi, successivamente al 1° gennaio 2018, durante le attività formative. La dotazione del Fondo sarà pari a 10 milioni di euro per l’anno 2023 e 2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2024.
Lo stesso art. 17 interviene a revisionare, integrandola, la normativa vigente sui percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (PCTO), con obiettivi di maggiore coerenza dell’offerta formativa rispetto all’indirizzo scolastico scelto dallo studente, di migliore informazione sui dispositivi di sicurezza adottati e sulle specifiche misure di prevenzione necessarie, anche per la identificazione immediata dello studente e di maggiore trasparenza e conoscibilità dei PCTO e dei percorsi formativi da svolgersi presso le imprese che aderiscono ai progetti di inserimento scuola-lavoro. Il registro nazionale per l’alternanza scuola-lavoro, istituito presso le Camere di commercio, e la piattaforma dell’alternanza scuola-lavoro, istituita presso il Ministero dell’istruzione e del merito, ridenominata “Piattaforma per i percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento”, dovranno assicurare, infatti, l’interazione e lo scambio di informazioni e di dati per l’individuazione degli enti e delle imprese, le modalità di svolgimento dei percorsi lavorativi e formativi, i periodi di tempo previsti, il numero massimo di studenti occupabili, etc.
Resta, sotto il profilo della sicurezza, il grande vulnus della estemporaneità e velocità della formazione, dell’inserimento necessariamente precario e non strutturato, di un duplice ruolo del soggetto destinato alle attività che pare difficilmente conciliabile con quella assunzione di responsabilità, anche in proprio, del lavoratore che informa il sistema generale della sicurezza come previsto nel TU in funzione della organizzazione complessiva delle attività che si svolgono all’interno di un determinato luogo di lavoro[8].
4. Segue - Lavoratori autonomi e fornitori di macchinari. Datore di lavoro. Medico competente.
Anche per i lavoratori autonomi sono state introdotte nuove norme in materia di sicurezza con l’intento di avvicinare sempre più la prevenzione per queste categorie che si “auto organizzano” a quella dei lavoratori etero organizzati. In base all’art. 21 del TU Sicurezza su di essi gravavano già due specifici obblighi di sicurezza, ossia l’utilizzo di attrezzature idonee e conformi alle prescrizioni in materia di sicurezza e la dotazione ed impiego regolare dei dispositivi di protezione individuale.
Al fine di prevenire gli infortuni nei cantieri temporanei e mobili e soprattutto nei lavori in quota, è stato ora inserito, con l’art. 14 del D.L. n. 48/2023, l’obbligo di utilizzare idonee opere provvisionali quando si lavora nei cantieri edili e nei lavori in quota, ovunque essi si svolgano.
Questo specifico obbligo di sicurezza è attratto nell’orbita del penalmente rilevante in quanto la sua violazione ha come sanzione l’arresto fino a un mese o l’ammenda da 245,70 a 737,10 euro.
L’art. 72, comma 3 secondo periodo, a proposito degli obblighi già a carico dei fornitori (venditori, noleggiatori o concessionari in uso o locazione finanziaria), di macchinari e attrezzature, impone loro che d’ora in avanti dovranno acquisire e conservare agli atti, per tutta la durata del noleggio o della concessione in uso, una dichiarazione autocertificativa del soggetto che le riceve, che attesti l’avvenuta formazione e addestramento specifico, erogati conformemente alle disposizioni del TU.
La violazione di tali disposizioni costituisce illecito amministrativo, fermo restando che l’eventuale falsità della autodichiarazione integra il reato di cui all’art. 76 DPR n.445/2000.
Con riferimento agli obblighi del datore di lavoro che opera personalmente su attrezzature di lavoro che richiedono conoscenze particolari (art. 71, comma 7), l’art. 14, D.L. n. 48/2023 aggiunge il comma 4-bis all’art. 73, D.Lgs. n. 81/2008 e ss.modd. Anche il datore di lavoro, se fa uso di tali attrezzature per svolgere attività lavorativa, dovrà provvedere alla propria formazione e al proprio addestramento specifico, al fine di garantire l’utilizzo delle stesse in modo idoneo e sicuro, anche ottenendo le eventuali necessarie abilitazioni (es. “patentino”). In caso contrario, verrà penalmente sanzionato (con l’aggiunta fatta all’art. 87, comma 2, lett. c) con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 3.071,27 a 7.862,44 euro.
L’art. 15, D.L. n. 48/2023 dispone infine che, allo scopo di orientare l’azione ispettiva nei confronti delle imprese che evidenziano fattori di rischio in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, di lavoro irregolare ovvero di evasione od omissione contributiva, nonché di poter disporre con immediatezza di tutti gli elementi utili alla predisposizione e definizione delle pratiche ispettive, gli enti pubblici e privati condividano gratuitamente, anche attraverso cooperazione applicativa, le informazioni di cui dispongono con l’Ispettorato Nazionale del Lavoro e le rendano altresì disponibili alla Guardia di Finanza.
L’articolo 14 comma 1, lettera a), amplia infine casi in cui il datore di lavoro e il dirigente sono obbligati alla nomina del medico competente in materia di sicurezza dei lavoratori; si introduce infatti l’ipotesi in cui la richiesta della nomina avvenga da parte dello stesso documento di valutazione dei rischi, fattispecie che si aggiunge alle ipotesi in cui essa sia richiesta dalla disciplina la sorveglianza sanitaria (la quale presuppone la nomina del medico). La violazione dell’obbligo in oggetto rientra nell’ambito delle sanzioni penali di cui all’articolo 55, comma 5, lettera d), del D.Lgs. n. 81 del 2008 e s.modd. - sanzioni costituite dall'arresto da due a quattro mesi o dall'ammenda da 1.691,99 euro a 6.767,95 euro.
La lettera c) integra la disciplina degli obblighi del medico competente, inserendo norme inerenti alla cartella sanitaria e di rischio rilasciata al lavoratore al momento di risoluzione del precedente rapporto di lavoro e all’esigenza di sostituzione provvisoria del medesimo medico.
5. La resa complessiva del sistema di tutele.
L’approccio al TU della Sicurezza, specialmente nelle sue disposizioni di dettaglio, determina sempre un certo senso di sperdimento per la puntigliosità delle previsioni e dei dettagli del “sistema finalizzato di organizzazione” che il datore di lavoro e i suoi omologhi o collaboratori sono tenuti ad assicurare.
Ancor più alla luce delle recenti modifiche normative, si presenta evidente lo scarto fra il rispetto rigoroso delle regole e la concreta prevenzione del rischio che richiede uno sforzo di responsabilità individuale e collettiva, in una rete di connessioni e di adempimenti che deve essere concepita come unitaria e condivisa da tutti coloro i quali, a diverso titolo, prendono parte al sistema.
Le recenti modifiche ed integrazioni sinteticamente innanzi descritte non fanno che aumentare e moltiplicare gli obblighi, non solo in maniera per nulla organica, ma riproponendo lo stesso schema di fondo che si è rilevato disfunzionale, ossia ponendo l’attenzione sul rispetto formale degli stessi piuttosto che sull’effettività del sistema di tutele, nell’illusione che il primo possa avere ricadute significative sul secondo.
Se da un lato si amplia per così dire la dimensione pubblicistica del sistema di prevenzione e sicurezza, che interviene finanche sullo stesso datore di lavoro imponendo obblighi “autotutelanti”, l’impressione che se ne ricava è che ancora una volta l’effetto che sembra voler perseguire il legislatore è quello di esonerare da responsabilità più che di prevenire con efficacia gli eventi lesivi.
Ma anche sulla responsabilità formale il difetto di armonizzazione, la sovrapposizione delle incombenze, la farraginosità degli adempimenti scevri da una necessaria operazione organica di aggiornamento che segua in maniera adeguata le novità tecniche degli strumenti di lavoro adottati[9], fa permanere un rischio di inadeguatezza, di un difetto ultimo di attenzione e di sforzo adattivo che incombe gravosamente sulla organizzazione datoriale.
A quest’ultima allora spetta – come ben sanno le realtà organizzative complesse che si dotano volontariamente di sistemi di sicurezza in termini di soft law ispirati agi standard europei della cd. “responsabilità sociale di impresa” (RSI) [10]– non tanto di recepire e farsi calare dall’alto il complesso farraginoso di adempimenti previsti dal legislatore, bensì di adattare il proprio sistema interno in maniera tale da conformare fin dall’inizio le attività lavorative in un complesso integrato e virtuoso di buone prassi – squadra di lavoro, interrelazioni fra lavoratori, inferenze fra imprese, interrelazione con l’ambiente (in termini anche di sostenibilità), rispetto dei diritti fondamentali etc.- che abbiano già inserito la sicurezza, ampiamente intesa, fra gli obiettivi prioritari.
La sicurezza e la prevenzione in tal modo non entrano come fattori esterni rallentanti - quando non paralizzanti - delle attività lavorative, ma come modalità intrinseche delle lavorazioni con efficacia modellante delle stesse anche nella direzione di una maggiore sostenibilità, di un maggiore benessere organizzativo, di una migliore produttività e, in finale, anche di un più alto livello di rendimento.
Solo un sistema di sicurezza integrato può consentire che le regole e le loro concrete applicazioni non vengano percepite come corpo estraneo e ostile ma virtuosamente conglobate nella organizzazione di impresa in termini qualitativi, laddove “rischio ed opportunità” diventano facce della stessa medaglia per assicurare che il sistema raggiunga i risultati preventivati, possa ridurre gli effetti indesiderati e possa garantire il suo costante miglioramento.
[1] Fonte Open data dal sito Inail al 12.12.2023.
[2] Le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, quelle del sistema nervoso e dell’orecchio continuano a rappresentare, anche nei primi otto mesi del 2023, le prime tre malattie professionali denunciate, seguite dai tumori e dalle patologie del sistema respiratorio.
[3] G. Natullo, Il quadro normativo in Salute e Sicurezza sul lavoro, Utet, 2015, p. 16 ss.
[4] “La previsione dell'art. 299 del TU (principio di effettività), elevando a garante colui che di fatto assume ed esercita i poteri del datore di lavoro, amplia il novero dei soggetti investiti della posizione di garanzia, senza tuttavia escludere, in assenza di delega dei poteri relativi agli obblighi prevenzionistici in favore di un soggetto specifico, la responsabilità del datore di lavoro, che di tali poteri è investito ex lege” (Cass. Sez. 4, 23/11/2021, Baccalini; Sez. 4, 6/4/2023, Di Rosa).
[5] S. Giubboni, Infortuni sul lavoro e responsabilità civile, in Infortuni sul lavoro e malattie professionali, 3^ ed., Cedam, 2023, P. 362 ss.
[6] (così, per tutte, Cass. Sez. 4, 05/10/2021, Mara).
[7] “Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, in quanto consulente del datore di lavoro privo di potere decisionale, risponde dell'evento in concorso con il datore di lavoro solo se abbia commesso un errore tecnico nella valutazione dei rischi, dando un suggerimento sbagliato od omettendo di segnalare situazioni di rischio colposamente non considerate” (Cass. Sez. 4, 17/10/2019, Moi)
[8] Da un’indagine dell’Osservatorio sui PCTO, pubblicata il 28.4.2023 nel portale Skuola.net, proprio nella Giornata dedicata alla Sicurezza sul Lavoro e costruito interpellando 2.500 alunni dell’ultimo triennio delle scuole superiori, è emerso che “un quinto degli studenti (19%) si è presentato sul luogo di lavoro senza aver svolto il corso apposito - erogato online dal Ministero dell'Istruzione e del Merito - e senza indicazioni, da parte delle realtà di approdo, sulle procedure da osservare. Solamente 1 su 3 ha potuto beneficiare di entrambi i percorsi formativi (corso online e approfondimento in loco), quasi la metà (47%) solo del corso ministeriale. E, tra chi si è trovato a svolgere mansioni "manuali", con l'utilizzo di macchinari o strumentazioni, il 17% ha temuto in almeno un'occasione per la propria incolumità e il 4% per buona parte della sua presenza in azienda”.
[9] G.M. Monda, La valutazione dei rischi per la sicurezza e salute dei lavoratori, in L. Zoppoli, P. Pascucci, G. Natullo (a cura di), Le nuove regole per la salute e sicurezza dei lavoratori, Commentario al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81. Aggiornato al D.Lgs. agosto 2009 m. 106, Ipsoa, 2010, p. 397 ss.
[10] V. S. Battistelli, Hard law e soft law alla prova della sicurezza sul lavoro negli appalti, in Diritto della Sicurezza sul Lavoro, 2019, 2, p. 29 ss. la quale, per definire il concetto di RSI richiama le definizioni che sono state formulate in sede comunitaria a partire dal “Libro Verde della Commissione del 18 luglio 2021” il cui punto 20 descrive la RSI come “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.