L’amministrazione della Cannabis ad uso medico di Alice Cauduro
Il dibattito sulla Cannabis è tornato in questi giorni al centro delle cronache per la contrarietà del Ministro dell’Interno alla vendita della Cannabis light e per l’approvazione a Torino di una mozione consiliare sulla coltivazione di Cannabis ad uso medico sui terreni comunali.
Dietro alla confusione mediatica e politica sull’uso della Cannabis si nasconde una disciplina frammentata, al confine tra diritto penale e diritto amministrativo. L’attualità del tema dellaCannabis ad uso medico è evidentemente collegata all’interesse pubblico alla produzione e alla ricerca sull’efficacia terapeutica di questo prodotto, per la risposta che esso può dare alla richiesta di tutela della salute delle persone.
Sommario: la disciplina della cannabis ad uso medico. -l’intervento pubblico come programmazione della ricerca e produzione. - la cooperazione amministrativa.
1. La disciplina della Cannabis ad uso medico.
L’uso medico della Cannabis non è considerato una terapia, ma un trattamento sintomatico in grado di supportare i trattamenti standard laddove non producano gli effetti desiderati o qualora non siano tollerati o necessitino di incrementi posologici che potrebbero determinare la comparsa di effetti collaterali [FB1] [1].
La disciplina dell’uso medico della Cannabis trova riferimento nel quadro normativo frammentato in materia di: autorizzazioni[2], accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore[3], medicinali[4], prescrizioni delle preparazioni magistrali[5].
La potenziale offensività della circolazione di sostanze stupefacenti spiega la rilevanza penale dell’uso della Cannabis.
Non stupisce che la giurisprudenza penale abbia chiarito che per il perfezionarsi del reato di coltivazione abusiva “non rilevano le quantità e qualità delle piante, la loro effettiva tossicità o la quantità di sostanza drogante da esse estraibili, poiché la previsione incriminatrice è rivolta a vietare la produzione di specie vegetali idonee a produrre l’agente psicotropo, indipendentemente dal principio attivo estraibile”[6]; la fattispecie viene inquadrata come “reato di pericolo perfezionato con la posa dei semi idonei a produrre una potenziale germinazione ad effetti stupefacenti senza che si renda necessario attendere l’esaurirsi del ciclo di maturazione e successiva essiccazione delle foglie”[7].
La rilevanza penale che il nostro ordinamento assegna all’uso della Cannabis in ragione dei sui effetti stupefacenti condiziona le diverse attività soggette ad autorizzazione[8].
Per le varietà di canapa che non rientrano [FB2] nel Testo Unico sugli stupefacenti il legislatore consente, invece, senza necessità di autorizzazione, “coltivazioni dedicate alle attività didattiche e dimostrative nonché di ricerca da parte di istituti pubblici e privati” della canapa”[9].
2. L’intervento pubblico come programmazione della ricerca e produzione.
L’offerta di mercato della Cannabis ad uso medico è oggi insufficiente a soddisfare interamente la domanda farmaceutica nazionale e la crescita del fabbisogno[10].
Accanto ad un intervento pubblico nella produzione, finalizzato alla garanzia della continuità terapeutica per gli usi già consentiti, vi è un intervento pubblico finalizzato alla ricerca di nuovi impieghi medici e alla valutazione dell’effettiva efficacia di quelli già riconosciuti.
In questa prospettiva ricerca e produzione vanno intese congiuntamente.
Sicché non stupisce che il Ministero della salute, in qualità di Organismo statale della cannabis[11], eserciti altre funzioni oltre a quelle direttamente legate alla tutala della salute nell’ambito del Ssn, provvedendo ad autorizzare e individuare le aree destinate alla coltivazione di piante di Cannabis, autorizzare l’importazione e l’esportazione, determinare le quote di fabbricazione [12].
Recenti disposizioni normative sulla produzione e trasformazione della Cannabis ad uso medico[13] disciplinano l’autorizzazione alla produzione dello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze (SCFM), ai fini della fabbricazione di infiorescenze di Cannabis, della coltivazione e della trasformazione della Cannabis in sostanze e preparazioni vegetali per la successiva distribuzione alle farmacie[14].
Nella programmazione[15] dell’approvigionamento non è coinvolto solo l’Organismo statale per la Cannabis che può “autorizzare l’importazione di quote da conferire allo Stabilimento chimico militare di Firenze, ai fini di soddisfare il fabbisogno nazionale di tali preparazioni e per la conduzione di studi clinici”[16], ma anche direttamente Regioni e Province autonome che predispongono le richieste “sulla base della stima dei fabbisogni dei pazienti in trattamento e di eventuali incrementi per nuove esigenze di trattamento”[17].
L’autorizzazione dell’importazione di quote di Cannabis si giustifica con la necessità di “assicurare la disponibilità di Cannabis ad uso medico sul territorio nazionale, anche al fine di garantire la continuità terapeutica dei pazienti già in trattamento”[18].
Al fine di “soddisfare il fabbisogno nazionale di tali preparazioni e per la conduzione di studi clinici”, lo stabilimento fiorentino è autorizzato alla “coltivazione e alla trasformazione della Cannabis in sostanze e preparazioni vegetali per la successiva distribuzione alle farmacie”[19].
Oltre allo stabilimento autorizzato, il Ministero della Salute può individuare con decreto anche “uno o più enti o imprese da autorizzare alla coltivazione nonché alla trasformazione”[20]; soluzione già individuata dalla giurisprudenza amministrativa che ha affermato la possibilità che l’autorizzazione alla coltivazione sia conferita anche ad altri soggetti[21].
Sicché la possibilità di concedere altre autorizzati alla coltivazione per uso medico[22] è stata ritenuta idonea ad escludere l’esistenza di un monopolio statale[23].
In ogni caso i coltivatori autorizzati debbono consegnare “il materiale vegetale a base di cannabis, nei tempi e nei modi definiti nel provvedimento di autorizzazione alla coltivazione, al Ministro della salute, Direzione generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico – Ufficio centrale stupefacenti [n.d.r. Organismo statale per la cannabis] che provvede alla destinazione del materiale stesso alle officine farmaceutiche autorizzate per la successiva trasformazione in sostanza attiva o preparazione vegetale, entro quattro mesi dalla raccolta”[24].
L’autorizzabilità di altri soggetti, subordinata alla necessità di soddisfare il fabbisogno nazionale, è estesa oggi anche all’attività di trasformazione della cannabis; le disposizioni urgenti in materia di finanza e per esigenze indifferibili hanno infatti esteso l’autorizzazione anche alla “trasformazione della Cannabis in sostanze e preparazioni vegetali per la successiva distribuzione alle farmacie”[25].
La disposizione normativa sulla “produzione e trasformazione della Cannabis ad uso medico”[26] richiama le attività di produzione, fabbricazione di infiorescenze, di trasformazione e di coltivazione di Cannabis in sostanze e preparazioni vegetali per la successiva distribuzione nelle farmacie.
La disciplina della Cannabis ad uso medico coinvolge perciò diverse attività per le quali è richiesta l’autorizzazione di cui al Testo Unico in materia di stupefacenti quali: coltivazione, trasformazione, fabbricazione e produzione, uso.
3. La cooperazione amministrativa.
Le attività di coltivazione e trasformazione della Cannabis in sostanze e preparazioni vegetali, per la successiva distribuzione alle farmacie, non sono finalizzate solo “a soddisfare il fabbisogno nazionale di tali preparazioni”, ma anche alla “conduzione di studi clinici”[27].
Perciò se le attività di produzione e di ricerca non sono scindibili, appare difficilmente comprensibile - alla luce del dettato costituzionale di riferimento (artt. 3, 9[28], 32, 41 Cost) - la scelta di condizionare l‘autorizzabilità di altri soggetti al solo caso di carenza di quote di Cannabis.
In tale prospettiva si comprende il tentativo del legislatore della XVII legislatura di definire l’aspetto promozionale della ricerca universitaria, legato alla produzione della Cannabis ad uso medico, disponendo che “nell’ambito delle attività di ricerca, le università e le società medico-scientifiche possono promuovere studi preclinici, clinici, osservazionali ed epidemiologici sull’uso appropriato dei medicinali di origine vegetale a base di cannabis, condotti secondo la normativa vigente in materia di sperimentazione”.[29]
Nell’intervento pubblico di produzione della Cannabis ad uso medico il ruolo universitario[30] nella promozione della ricerca non può essere inteso separatamente dalla programmazione dell’attività di produzione.
L’attività di ricerca e produzione della Cannabis ad uso medico si presenta come attività di cooperazione amministrativa, anche europea[31].
La cooperazione interessa diversi livelli di amministrazione: l’Unione europea, nella sua competenza di sostegno, coordinamento e completamento (art. 6 TFUE), lo Stato, nella garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni (art. 117, co. 2, lett. m); le Regioni, in virtù della loro competenza legislativa concorrente in materia di tutela della salute (art. 117 co. 3); nonché i Comuni in via sussidiaria e come enti di prossimità nella cura della persona (art. 118 Cost.).
La cooperazione amministrativa nella ricerca e produzione di Cannabis ad uso medico coinvolge, inoltre, tutte le Amministrazioni preposte alla tutela della salute: l’amministrazione sanitaria (Ministero della Salute, Aziende ospedaliere, Aziende sanitarie locali, etc.) e l’amministrazione per la ricerca scientifica (Università).
In tale contesto l’amministrazione universitaria assume uno spiccato rilievo nell’innovazione scientifica per la ricerca e la produzione di Cannabis ad uso medico, nonché un ruolo centrale nella cooperazione amministrativa.
Se le Università, che “da almeno un millennio sono depositarie dei più alti livelli di conoscenza in ogni ramo del sapere, possono innovare se stesse, aprendo alla trasformazione delle altre pubbliche amministrazioni”[32], l’amministrazione della Cannabis ad uso medico può configurarsi come modello di cooperazione amministrativa dove l’innovazione universitaria trasforma tutte le altre amministrazioni.
[1] L’art. 4.1. dell’Allegato tecnico per la produzione nazionale di sostanze e preparazioni di origine vegetale a base di cannabis al Decreto 9 novembre 2015, Ministero della Salute, definisce la Cannabis ad uso medico come un “trattamento sintomatico di supporto ai trattamenti standard, quando questi ultimi non hanno prodotto gli effetti desiderati, o hanno provocato effetti secondari non tollerabili, o necessitano di incrementi posologici che potrebbero determinare la comparsa di effetti collaterali”; “esistono diverse linee genetiche di Cannabis che contengono concentrazioni differenti dei principi farmacologicamente attivi e, conseguentemente, producono effetti diversi; pertanto, gli impieghi ad uso medico verranno specificati dal Ministero della salute, sentiti l’Istituto superiore di sanità e l’AIFA per ciascuna linea genetica di cannabis”. Lo stesso decreto afferma, inoltre, che i risultati delle evidenze scientifiche sono ancora oggi contraddittori e non conclusivi. Il D.d.l. recante disposizioni concernenti la coltivazione e la somministrazione della cannabis a uso medico, all’art. 2, nel testo approvato alla Camera il 19 ottobre 2017 nel corso della XVII legislatura, chiariva che per uso medico della Cannabis si deve intendere “l’assunzione di medicinali a base di cannabis che il medico curante prescrive dopo la valutazione del paziente e la diagnosi, per una opportuna terapia”. Alla Cannabis, nella varie fasi della produzione - dalla coltivazione alla trasformazione - si riferiscono le definizioni di: “sostanze vegetali”, con la quale si intendono “tutte le piante, le parti di piante, le alghe, i funghi e i licheni, interi, a pezzi o tagliati, in forma non trattata, di solito essiccata, ma talvolta anche allo stato fresco”, e di “preparazione vegetale”, con la quale si intendono le “preparazioni ottenute sottoponendo le sostanze vegetali a trattamenti quali estrazione, distillazione, spremitura, frazionamento, purificazione, concentrazione o fermentazione. In tale definizione rientrano anche sostanze vegetali triturate o polverizzate, tinture, estratti, olii essenziali, succhi ottenuti per spremitura ed essudati lavorati” (D. Lgs. 24 aprile 2006, n. 219, art. 1). Il prodotto può essere ricondotto alla definizione di medicinale per presentazione, quale “sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane”, come anche a quella di medicinale per funzione, quale “sostanza o associazione di sostanze che può essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica” (D. Lgs. 24 aprile 2006, n. 219, art. 1). Per l’analisi dell’accezione formale e sostanziale della definizione di medicinale si rinvia a M. P. Genesin, La disciplina dei farmaci, in Salute e sanità, a cura di R. Ferrara, in Trattato di biodiritto, diretto da S. Rodotà, P. Zatti, Milano, 2010, 631. Sul punto sia consentito rinviare a A. Cauduro, L’accesso al farmaco, Milano, 2017, 15 ss. Sulla disciplina dei farmaci si veda, inoltre, G.F. Ferrari, F. Massimino, Diritto del farmaco. Medicinali, diritto alla salute, politiche sanitarie, Bari, 2015, Si ricorda che “in caso di dubbio, se un prodotto, tenuto conto delle sue caratteristiche, può rientrare contemporaneamente nella definizione di “medicinale” e nella definizione di un prodotto disciplinato da un’altra normativa comunitaria”, trova sempre applicazione la disciplina dei medicinali (Direttiva 2001/83/CE, art. 2).
[2] D. P. R. 9 ottobre 1990, n. 309, Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza e successive modifiche e integrazioni (d’ora in avanti Testo Unico).
[3] Legge 15 marzo 2010, n. 38 recante disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore come richiamata dal Decreto 9 novembre 2015 del Ministero della salute.
[4] D. Lgs. 24 aprile 2006, n. 219, di recepimento della Direttiva 2001/83/CE.
[5] Legge 8 aprile 1998, n. 94 recante disposizioni sulla prescrizione di preparazioni medicinali, come richiamata dal decreto 9 novembre 2015 del Ministero della salute. In specie viene richiamato l’art. 5 della l. n. 94/1998 rubricato prescrizioni di preparazioni magistrali che stabilisce la possibilità “per i medici di prescrivere preparazioni magistrali esclusivamente a base di principi attivi descritti nelle farmacopee dei Paesi dell’Unione europea o contenuti in medicinali prodotti industrialmente di cui è autorizzato il commercio in Italia o in altro Paese dell’Unione europea”.
[6] Cass. Pen., Sezioni Unite 24 aprile – 10 luglio 2008, n. 28605. La decisione muoveva dalla questione se “la condotta di coltivazione di piante, dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti sia penalmente rilevante anche quando sia realizzata per destinazione del prodotto ad uso personale”.
[7] Cass. Pen., Sezioni Unite 24 aprile – 10 luglio 2008, n. 28605.
[8] Sulle autorizzazioni si vedano per tutti: A. Orsi Battaglini, voce Autorizzazione amministrativa, in Dig. disc. pubbl., 1987, Torino, 58 ss.; F. Fracchia, Autorizzazioni amministrative, in Diz. Dir.Pubbl., (diretto da) S. Cassese, Milano, 2006, 598 ss.; G. Vignocchi, La natura giuridica dell’autorizzazione amministrativa, Padova, 1944.
[9] Legge 2 dicembre 2016, n. 242, art. 2, lett. f.
[10] Per l’indicazione delle patologie per le quali sono riconosciuti “gli impieghi di cannabis ad uso medico” cfr. punto 4.1, dell’Allegato tecnico per la produzione nazionale di sostanze e preparazioni di origine vegetale a base di cannabis, del Decreto 9 novembre 2015 del Ministero della Salute. Sul punto cfr. Corte cost. 20 giugno 2013, n. 141 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1 e 1, della legge della Regione Liguria n. 26/2012, per violazione dell’art. 117, co. 3, Cost. perché “indicando i medici specialisti a prescrivere i farmaci cannabinoidi e definendo le relative indicazioni terapeutiche, interferisce con la competenza dello Stato a individuare, con norme di principio, tese a garantire l’uniformità delle modalità di prescrizione dei medicinali nel territorio nazionale, gli specialisti abilitati alla prescrizione del farmaco o principio attivo, nonché i relativi impieghi terapeutici”. Il riferimento è al contrasto delle norme regionali con la successiva determinazione AIFA n. 387 del 9 aprile 2013 con la quale l’Agenzia ha autorizzato l’immissione in commercio dell’unico medicinale cannabinoide presente sul mercato italiano.
[11] L’art. 1 del decreto 9 novembre 2015 del Ministero della salute, rubricato Funzioni del Ministero della salute in qualità di Organismo statale per la cannabis, richiama la Direzione generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico – l'Ufficio centrale stupefacenti.
[12] Il Ministero della Salute provvede: a) ad autorizzare la coltivazione di piante di Cannabis da utilizzare per la produzione di medicinali di origine vegetale a base di Cannabis, sostanze e preparazioni vegetali; b) individua le aree da destinare alla coltivazione di piante di Cannabis per la produzione delle relative sostanze e preparazioni di origine vegetale e la superficie dei terreni su cui la coltivazione è consentita; c) importa, esporta e distribuisce sul territorio nazionale, ovvero autorizza l’importazione, l’esportazione, la distribuzione all’ingrosso e il mantenimento di scorte delle piante e materiale vegetale a base di Cannabis, ad eccezione delle giacenze in possesso dei fabbricanti di medicinali autorizzati; d) provvede alla determinazione delle quote di fabbricazione di sostanza attiva di origine vegetale a base di Cannabis sulla base delle richieste delle Regioni e delle Province autonome; b) individua le aree da destinare alla coltivazione di piante di Cannabis per la produzione delle relative sostanze e preparazioni di origine vegetale e la superficie dei terreni su cui la coltivazione è consentita; c) importa, esporta e distribuisce sul territorio nazionale, ovvero autorizza l’importazione, l’esportazione, la distribuzione all’ingrosso e il mantenimento di scorte delle piante e materiale vegetale a base di Cannabis, ad eccezione delle giacenze in possesso dei fabbricanti di medicinali autorizzati; d) provvede alla determinazione delle quote di fabbricazione di sostanza attiva di origine vegetale a base di cannabis sulla base delle richieste delle Regioni e delle Province autonome […]” Art. 1 decreto 9 novembre 2015 del Ministero della salute.
[13] D. L. 16 ottobre 2017, n. 148, conv. in Legge 4 dicembre 2017, n. 172, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili, Titolo III, Fondi ed ulteriori misure per esigenze indifferibili. Produzione e trasformazione di cannabis per uso medico (art. 18 quater).
[14] A copertura del fabbisogno nazionale, in data 30 marzo 2012, l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e l’Agenzia delle industrie difesa sottoscrivevano un accordo con il quale lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze (SCFM) veniva individuato come sito di produzione di medicinali carenti sul mercato nazionale o europeo. Il 18 settembre 2014 il Ministero della salute e il Ministero della difesa sottoscrivevano, poi, un accordo per l’avvio di un Progetto Pilota per la produzione nazionale di sostanze e preparazioni di origine vegetale a base di cannabis presso lo stabilimento fiorentino.
[15] Sulla programmazione si veda per tutti: M. Carabba, voce Programmazione, in Dig. disc. pubbl., vol. XII, Torino, 1990, 35 ss.; ID, Programmazione economica, in Enc. dir., vol. XXXVI, Milano, 1113 ss.; M. Luciani, Economia nel diritto costituzionale, in Dig. disc. pubbl., vol. V, Torino, 382. Si veda inoltre A. Predieri, Pianificazione e costituzione, Milano, 1963.
[16] Art. 18 quater D. L. 16 ottobre 2017, n. 148.
[17] Art. 3 Decreto 9 novembre 2015 del Ministero della salute.
[19] L’art. 18 quater, co. 1. L’art. 18 quater rubricato produzione e trasformazione di cannabis per uso medico del D. L. 16 ottobre 2017, n. 148 recante disposizioni urgenti in materia di finanza e per esigenze indifferibili contiene una disposizione normativa analoga a quella dell’art. 6 del d.d.l. richiamato.
[20] Art. 18 quater, comma 3.
[21] T.A.R. Lazio, Roma, 3 marzo 2017, n. 3074.
[22] D. P. R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 27 (autorizzazioni alla coltivazione).
[23] “Il decreto in questione in realtà non si limita ad attribuire al solo Stabilimento farmaceutico militare la competenza alla produzione di sostanze a base di cannabis, atteso che esso si affianca ad altri soggetti che siano autorizzati ai sensi dell’art. 27 del Testo Unico di cui al D. P. R. n. 309 del 1990 a coltivare tale pianta per uso medico, i quali, se in possesso dell’autorizzazione, possono altresì procedere alla raccolta e alla detenzione, e che nello specifico, come precisato dall’art. 1 del decreto «consegnano il materiale vegetale a base di cannabis nei tempi e nei modi definiti nel provvedimento di autorizzazione alla coltivazione all’Ufficio centrale stupefacenti, che provvede alla destinazione del materiale stesso alle officine farmaceutiche autorizzate per la successiva trasformazione in sostanza attiva o preparazione vegetale, entro 4 mesi dalla raccolta”, (T.A.R. Lazio, Roma, 3 marzo 2017, n. 3074).
[24] Art. 1 decreto 9 novembre 2015 del Ministero della salute.
[25] Art. 18 quater, co. 1 D. L. 16 ottobre 2017, n. 148.
[26] Art. 18-quater d.l. 16 ottobre 2017, n. 148.
[27] Art. 18 quater, co. 1 D. L. 16 ottobre 2017, n. 148. Alle finalità di promozione della ricerca il legislatore aveva dedicato una disposizione nel d.d.l. richiamato.
[28] Sulla ricerca scientifica, senza pretesa di esaustività, per tutti: F. Merusi, Art. 9., in Comm. Cost., a cura di G. Branca, Bologna-Roma, 1975, 445 ss.; F. Merloni, voce Ricerca scientifica (organizzazione ministeriale), in Enc. dir [agg. 2001], specie dove osserva che “le soluzioni organizzative possono essere ricostruite nel senso del progressivo spostamento delle funzioni di programmazione e coordinamento in capo a soggetti con forte ruolo di indirizzo politico, mente le funzioni «operative» (legate allo svolgimento diretto delle attività di ricerca) sono affidate a soggetti pubblici, università e enti di ricerca dotati di autonomia nei confronti dell’indirizzo politico e caratterizzati, più o meno ampiamente, dal principio dell’autogoverno delle comunità scientifiche che vi operano”; ID, Autonomie e libertà della ricerca scientifica, Milano, 1990.
[29] L’art. 9 d.d.l. recante disposizioni concernenti la coltivazione e la somministrazione della cannabis a uso medico, prevedeva che “allo stesso fine possono essere promossi studi di tecnica farmaceutica presso le università e studi di genetica delle varietà vegetali di cannabis presso gli istituti di ricerca. Con decreto del Ministro della salute, sentito il Consiglio superiore di sanità, sono definiti ulteriori impieghi della cannabis a uso medico, sulla base delle evidenze scientifiche”.
[30]U. Pototschnig, L’Università come società, in Rivista giuridica della scuola, 1976, 819, poi in Scritti scelti, Padova, 1999; U. Pototschnig,, L’autonomia universitaria: strutture di governo e di autogoverno, in Giur. cost., 1988, II, c. 2305 ss.; F. Merloni, L’autonomia delle Università e degli enti di ricerca (articoli 6-9), in F. Merloni (a cura di), Il Ministero e l'autonomia delle Università, Bologna, 1989, 81.
[31] ”La cooperazione amministrativa – sia come cooperazione verticale tra livello sovranazionale e livello statale, sia orizzontale, tra amministrazioni nazionali – costituisce una nuova competenza dell’Unione Europea che non esclude la responsabilità degli Stati Membri, ma che si configura come politica interna”, R. Cavallo Perin, G. M. Racca, voce Cooperazione amministrativa europea, in Dig. Disc. Pubbl., 2017, 193.
[32]G. Ajani, R. Cavallo Perin, B. Gagliardi, L’Università: un’amministrazione pubblica particolare, in Federalismi.it, p. 8.
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