Il 18 luglio 1990 su Palazzo Baciocchi, a Bologna, scese un silenzio innaturale.
La Corte d’Assise d’Appello aveva pronunciato la sua sentenza: annullate tutte le condanne pronunciate dai giudici di primo grado per la strage della stazione di Bologna del 2 agosto 1980, condanne che avevano riguardato sia gli autori materiali che alcuni imputati per i numerosi depistaggi inscenati fin dai primi passi delle indagini.
Nessun colpevole, nessun terrorista associato, nessun depistaggio.
Immediatamente partirono, a più livelli, le richieste di eliminare dalla lapide della Stazione l’aggettivo “fascista” accanto alla parola strage; si giunse addirittura, in quei giorni, alla presentazione di un ricorso d’urgenza al Pretore di Bologna per la cancellazione di quell’aggettivo.
Quella sentenza, che di lì a breve sarebbe stata annullata dalla Cassazione e definita “illogica, priva di coerenza, immotivata o scarsamente motivata, punteggiata di tesi inverosimili”, aveva in poco tempo fornito l’occasione e le parole a quella parte di opinionisti e politici che per decenni hanno cercato di indirizzare altrove indagini e processi. Altrove, in un luogo diverso da quell’ambiente neofascista, sostenuto ed alimentato da personaggi come il capo della Loggia P2 e appartenenti ai servizi segreti, nel quale, lo dicono uno dopo l’altro i processi fin qui celebrati e conclusi, venne programmata e realizzata la più grave strage di civili in un tempo di pace nel nostro paese: 85 morti, 200 feriti.
Le richieste di cancellare quella parola vennero respinte, mentre il lavoro giudiziario andava avanti, anno per anno, decennio per decennio, un processo dopo l'altro.
Ricordiamoli, i processi:
Il 12 febbraio 1992 la Corte di Cassazione a Sezioni unite annullò le assoluzioni rinviando il processo ad un nuovo giudizio d’appello celebrato nel 1994. La sentenza divenne definitiva nel 1995, con la condanna all'ergastolo, quali esecutori dell'attentato, dei neofascisti dei NAR Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, mentre l'ex capo della P2 Licio Gelli, l'ex agente del SISMI Francesco Pazienza e gli ufficiali del servizio segreto militare Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte venivano condannati per il depistaggio delle indagini.
Un secondo processo vide imputato Luigi Ciavardini, anche lui appartenente ai NAR, giudicato dal Tribunale per i Minorenni perché, nell’agosto del 1980, aveva solo 17 anni. La sua condanna divenne definitiva l’11 aprile 2007.
Nel 2017 venne rinviato a giudizio, per concorso nella strage di Bologna, Gilberto Cavallini, anch’egli componente dei NAR. Il suo nome compariva, ripetutamente, nelle motivazioni delle precedenti sentenze a carico di Mambro, Fioravanti e Ciavardini. La Corte d’assise di Bologna pronunciò la sentenza di condanna all’ergastolo il 9 gennaio 2020; la sentenza viene confermata, in appello, nel 2023 ed è divenuta definitiva nel gennaio di quest’anno.
Il 6 aprile 2022 la Corte di Assise di Bologna, al termine di in un nuovo processo scaturito da indagini riguardanti anche l’individuazione dei mandanti, condannava all'ergastolo Paolo Bellini quale esecutore materiale, mentre l'ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel, per depistaggio, veniva condannato alla pena di sei anni di reclusione e Domenico Catracchia, ex amministratore di condomini in via Gradoli a Roma, accusato di false informazioni al PM al fine di sviare le indagini, alla pena di quattro anni di reclusione.
La sentenza venne confermata l'8 luglio 2024 dalla Corte di Assise di Appello di Bologna ed il processo si è concluso solo pochi giorni fa, il 1° luglio 2025, quando la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso degli imputati.
Decisioni, le più recenti a carico di Cavallini e di Bellini, che non solo consolidano quanto affermato dalle precedenti sentenze, cioè l’attribuzione a terroristi dell'estrema destra del ruolo di esecutori, ma ricostruendo l’intricata, oscura opera di chi depistava le indagini, aprono il nostro sguardo sul quadro dei mandanti e questo anche in ragione della figura di Paolo Bellini, già esponente dell’organizzazione neofascista Avanguardia Nazionale.
Ricordare il cammino giudiziario che ci porta al 45° anniversario della strage del 2 agosto 1980 è oggi, più che mai, importante, direi necessario. La storia della ricerca della verità giudiziaria sulla strage del 2 agosto 1980 è solo una parte di un necessario lavoro di ricostruzione su quanto accadde in Italia in quegli anni, quando la libertà e la democrazia nel nostro Paese furono gravemente attaccate da chi, anche con importanti finanziamenti esteri, fornì mezzi, obiettivi e garanzie di copertura, fino alle più alte sedi istituzionali, agli esecutori materiali di gravissimi atti terroristici.
La chiamarono “strategia della tensione”, e di questi strateghi di morte furono vittime gli 85 innocenti di Bologna: anche questo ricaviamo dalle sentenze Cavallini e Bellini, quest’ultima in particolare rivelatrice del ruolo svolto, per anni, da appartenenti, ai più alti livelli, ai “nostri” servizi segreti.
Al lavoro dei magistrati bolognesi, portati a misurarsi con segreti di Stato, documenti non rivelati, carte venute allo scoperto a distanza di decenni, si è sempre affiancata, con tenacia e con la sua ostinata domanda di verità e giustizia, l’“Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980”, costituitasi a Bologna il 1° giugno 1981 e da allora sempre presente, ad ogni processo, ad ogni udienza.
Ogni anno a Bologna, la mattina del 2 agosto, si snoda un lungo corteo di cittadini che attraversa la città, partendo da Piazza Maggiore, il luogo della democrazia cittadina, per giungere davanti alla stazione di Bologna. Lì, alle 10:25, l’ora in cui è rimasto congelato nel tempo l'orologio della stazione sovrastante la parte di edificio spazzato via dalla bomba, cala il silenzio, per un minuto.
Non è il silenzio che, allora appena entrata in magistratura, sentii nel cortile di Palazzo Baciocchi quel 19 luglio 1990. È un silenzio vivo e vibrante, una pausa a cui seguono gli applausi e la commozione di tutti. Ogni anno, quel corteo, con l’appello dei famigliari delle vittime ad ottenere verità e giustizia ripetuto dal palco di Piazza Medaglie d’Oro è stata la risposta a quanti, cercando altrove, o spingendo a cercare altrove, negavano la serietà dell’aggettivo “fascista” accanto alla parola “strage”.
Una risposta talora passionale, talora rabbiosa, ma ferma e collettiva che oggi, a distanza di 45 anni dalla strage, trova nelle verità processuali conferme e nuove sollecitazioni, rendendo giustizia alla forza con cui questa comunità reagì, fin dal primo momento, all’attentato contro ogni valore democratico.
Ricordiamoli, questi processi. Parliamone con i nostri figli, con i nostri amici.
“BOLOGNA NON DIMENTICA” sta scritto su uno striscione che ogni anno apre il corteo del 2 agosto. Bologna non dimentica e tutta l’Italia non deve dimenticare. Deve sapere!
A questo link possono essere consultate tutte le sentenze citate:https://memoria.cultura.gov.it/documenti-online/-/doc/detail/287/Strage+di+Bologna%2C+documenti+processuali+%28Bologna%2C+2+agosto+1980%29?keyword=.