Verso una storia sociale del diritto? Alla ricerca di un nuovo paradigma metodologico per le scienze giuridiche
Recensione di Maurizio Zinni a La rappresentazione delle tradizioni giuridiche nella pop culture. Narrazione e percezione del giuridico tra immagini statiche e immagini dinamiche, a cura di A. Ligustro, R. Tarchi, G.M. Ruotolo, G. Martinico
Come per altri settori scientifici dal marcato impianto specialistico, il diritto appare ai non addetti ai lavori come un territorio ostile a qualsiasi genere di contaminazione e diffidente verso approcci teorici che non riflettano i cardini della dottrina giuridica e delle sue logiche epistemologiche. Per l’opinione pubblica, gli esperti di diritto - siano essi accademici, ricercatori, professionisti nel campo della giustizia come magistrati, avvocati, notai, consulenti giuridici e molti altre categorie che per necessità di spazio non è possibile menzionare – si confrontano su un terreno che non lascia spazio a criteri e linguaggi che non siano suoi propri. Gli stessi “specialisti” della materia sovente hanno difficoltà a trasporre le loro conoscenze in ambiti che non siano rigidamente delimitati dal feticcio della legge, della sua applicazione ed evoluzione nel tempo.
Eppure, come sottolineano giustamente i curatori di questo ponderoso volume (docenti di diritto internazionale e di diritto pubblico comparato), il diritto è una scienza che vive nel suo tempo e, quindi, è soggetta in maniera di volta in volta diversa al mutare delle dinamiche politiche, sociali, economiche. Non vi è solo, verrebbe da dire, la storia del diritto (disciplina anch’essa spesso declinata in un’ottica autoreferenziale e strettamente giuridica), ma anche il diritto nella storia, cioè i rapporti che questo e quelli che potrebbero essere definiti i suoi “sacerdoti” (giacché nei secoli passati e in parte anche oggi gli esperti in campo giuridico sono percepiti come depositari di un sapere quasi iniziatico incomprensibile ai più, un topos caratteristico spesso declinato in senso negativo più che positivo) hanno intrattenuto con il contesto storico circostante, non solo nelle sue ricadute politiche, ma anche sociali e culturali.
Contrariamente a quanto si è soliti pensare, il mondo delle idee non è un mero terreno di astrazioni teoriche senza alcuna ricaduta diretta sul reale. I sistemi di pensiero, gli schemi mentali di cui fanno parte anche (in molti casi soprattutto) i preconcetti e gli stereotipi irriflessi e introiettati all’interno dell’individuo per mancanza di conoscenza o per ignoranza, si qualificano come un fattore rilevante nel dare forma al reale. Grazie ad essi e in funzione di essi, il corpo sociale struttura, codifica e sviluppa orizzonti cognitivi più o meno solidi e duraturi nel tempo capaci di plasmare ed orientare l’agire dell’essere umano rispetto al passato, al tempo presente e, infine, al futuro che si vuole idealmente costruire. Ciò che l’individuo pensa del suo tempo, lo definisce non solo in relazione ad esso ma anche al suo stesso essere, dandogli una collocazione precisa ed un ruolo.
Utilizzando questa prospettiva di ricerca, quella che si squaderna agli occhi dello studioso è a tutti gli effetti una storia degli esseri umani nel tempo, di civiltà - al plurale – capaci di resistere e affermarsi tanto quanto il loro sistema di pensiero, la loro cultura, è stata in grado di consolidare un universo di riferimenti mitici, simbolici, ideali (molto spesso ideologici) capace di dare un senso al reale in perenne mutamento e, per questo, fonte costante per l’uomo di incertezza, paura, smarrimento.
Pur non avendolo esplicitato in maniera approfondita e problematica, è prendendo spunto da questa chiave interpretativa spiccatamente culturale - in senso ampio e non angustamente settoriale di cultura giuridica - che ha origine questo libro a più mani dedicato alla rappresentazione del diritto nell’industria culturale di massa degli ultimi decenni. L’idea dei curatori è quella di ragionare sull’immaginario giuridico diffuso dai principali media di massa e dalle forme di intrattenimento più popolari e ad ampia fruizione (film, serie di reti televisive pubbliche e private o di piattaforme streaming, documentari ma anche fumetti e letteratura) per capire in che maniera questo possa avere delle ricadute sulla percezione collettiva del giuridico e dei suoi principali attori.
Il comun denominatore dei numerosi contributi raccolti è la spiccata attenzione per i contenuti visuali. Non tutti i saggi sono dedicati alle immagini, siano esse fisse o in movimento, (basti pensare a quello su The Pale King di David Foster Wallace) ma la maggior parte di essi riflette su questo elemento in maniera, verrebbe da dire, tutt’altro che errata. Se il Novecento è stato definito dallo storico George Mosse come il secolo delle immagini, a maggior ragione la stessa cosa si può dire del XXI secolo. Le nuove generazioni ancor più che in passato navigano in un oceano di contenuti visuali di natura e caratteristiche variabili che lungi dal travolgerli, divengono il terreno condiviso per lo scambio di nozioni, idee, sentimenti.
Molte di queste riflessioni a cavallo fra cultura e diritto utilizzano proprio le immagini come base per un ragionamento più articolato che chiama in causa questioni scientifiche di non stretta pertinenza giuridica: la nozione del diritto, l’idea di giustizia, il concetto di legge e di punizione, lo status e le prerogative dei suoi rappresentanti multipli. Ecco così che tramite i fumetti di Tex Willer o quelli supereroistici della Marvel e della DC Comics, attraverso la saga di Star Wars o la serie britannica House of Cards, guardando al mondo e alle culture “altre” tramite le storie di Marjane Satrapi, i fumetti giapponesi anche conosciuti come manga o la serie egiziana Zavy ish-Shams, il volume costruisce un mosaico articolato e a più voci sull’idea che l’industria della comunicazione di massa e dell’intrattenimento ha del diritto e, per estensione, la società globale che questi prodotti culturali consuma.
Proprio il dialogo fra globale e nazionale appare una delle questioni più stimolanti (ma non coerentemente affrontate) di questa raccolta (per molti versi quasi rapsodica) di riflessioni. Personaggi come Batman o Luke Skywalker, testi come quelli della Rowling o di Foster Wallace, in senso più ampio generi quali il western o la fantascienza sono oramai patrimonio di una cultura globale e globalizzata, rispondono cioè a dei criteri linguistici e concettuali sempre più pensati per un pubblico senza confini o specificità. Allo stesso tempo, però, essi vengono letti, rielaborati, fatti a tutti gli effetti propri da sensibilità che sono pur sempre figlie di precisi contesti sociali, politici, religiosi, culturali, in ultima istanza se non nazionali, quantomeno identitari. Questo confronto fra presupposti e identità culturali sempre più omologate (soprattutto a livello generazionale) ma pur sempre connotate in senso particolare diviene uno dei tanti banchi di prova per leggere la problematicità della percezione del diritto nel tempo presente, su come modelli giuridici figli di determinate dinamiche storico-politiche possano mettere radici in contesti differenti e da questi venire modificati e percepiti in maniera peculiare.
Allo stesso modo, proprio il successo e la diffusione a livello transnazionale di prodotti culturali che danno del diritto e della sua amministrazione una rappresentazione sempre più tipizzata diviene un utile indicatore per cogliere i processi culturali di medio e lungo periodo che danno forma agli immaginari sociali della legge, della giustizia e dei loro tutori a livello globale, permettendo così di cogliere la presenza di tendenze di volta in volta delegittimanti verso l’autorità, giustizialiste nei confronti dell’applicazione della legge, in ultima istanza problematiche rispetto alla stessa percezione e comprensione di concetti cardine delle moderne democrazie rappresentative come quello, ad esempio, del rapporto fra cittadino e Stato attraverso il corretto funzionamento della giustizia.
Partendo dalle rappresentazioni pop si giunge, così, a confrontarsi con questioni centrali della contemporanea evoluzione dei sistemi politici e dei loro attori, su tutte la sempre più avvertita crisi di legittimità dello Stato sociale di diritto nato dopo la Seconda guerra mondiale. Una crisi che trova riflesso nel più generale attacco al politico e a tutto ciò che ad esso è collegato, compreso proprio il diritto come base giuridica della convivenza democratica.
Questioni importanti che originano da fonti apparentemente minime ma che, per essere affrontate in tutta la loro complessità, richiedono allo studioso di diritto di dotarsi di una serie di strumenti per loro natura estranei a quel settore disciplinare. Su tutti la capacità di leggere le immagini, di risalire agli autori e al contesto produttivo di riferimento, di scandagliare quel nodo forse insuperabile ma centrale per chiunque voglia cimentarsi con questi materiali a larghissima diffusione che è quello della ricezione pubblica. In questo senso, i saggi contenuti nel volume palesano un gap metodologico che può essere colmato solo riuscendo a cogliere le intrinseche potenzialità euristiche delle fonti iconiche e mediali di massa anche applicate al diritto. Senza voler entrare nell'analisi specifica di ogni singolo contributo, appare spesso sottotraccia come alcuni di essi manifestino ancora una certa diffidenza (forse sottovalutazione?) nei confronti dei temi della ricerca. Anche quando si riesce ad uscire fuori dalla dimensione del divertissement per studiosi di legge, si cerca frequentemente una sorta di rispecchiamento fra ambiti che per loro caratteristiche e finalità si sviluppano su territori linguistici e concettuali non assimilabili in modo immediato. Cercare di applicare la dottrina giuridica a logiche narrative orientate principalmente allo spettacolo e al successo economico ed usare come chiave interpretativa il diritto per leggere opere che usano quest’ultimo come uno dei tanti ingredienti di una ricetta volta ad intrattenere lo spettatore e ad appassionarlo, rischia di limitare il portato conoscitivo di questo meritorio incontro di mondi rendendolo, nella peggiore delle ipotesi, fine a sé stesso. Alla stregua di quegli studiosi che guardano i film storici solo per fare le pulci alla ricostruzione d’ambiente o ai costumi.
Quello che invece i curatori hanno intrapreso con questa raccolta pare andare nel senso opposto. Si inizia a delineare – almeno per il contesto nazionale - un nuovo modo di intendere lo studio del diritto e i suoi potenziali ambiti di applicazione. In questa sede la cultura viene riconosciuta, anche nelle sue forme più popolari, di massa e di consumo, come il luogo privilegiato per incontri, anche inaspettati, tra discipline diverse, il territorio fecondo per mettere in dialogo in maniera realmente interdisciplinare e multidimensionale le scienze storiche con quelle sociologiche, mediali, e ora anche giuridiche. La storia della cultura e della società contemporanea diviene così anche storia del diritto nel tempo e delle sue plurime percezioni e declinazioni sociali. Un cimento di estrema rilevanza scientifica che richiede un impegno crescente da parte degli studiosi e un necessario affinamento delle tecniche d’indagine, ma che pare sin da ora sgombrare il campo dalla obiezione più forte, più cogente ma, allo stesso tempo, più semplicistica e scontata: perché un giurista dovrebbe studiare un film, un fumetto, un romanzo, una canzone? Perché attraverso di loro può capire un po’ meglio non solo il posto che il diritto ha nel mondo oggi come in passato, ma anche come il mondo e gli individui che lo abitano hanno guardato ad esso nel corso del tempo e quali speranze, paure, desideri vi hanno riposto.
A. Ligustro, R. Tarchi, G.M. Ruotolo, G. Martinico (a cura di), La rappresentazione delle tradizioni giuridiche nella pop culture. Narrazione e percezione del giuridico tra immagini statiche e immagini dinamiche, Editoriale Scientifica, Napoli, 2023, pp. 728. ISBN 9791259767554.