GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    Il  25 novembre, giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne:  perché abbia un senso e non sia solo una ricorrenza di Maria Teresa  Covatta

    Il 25 novembre, giornata mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne: perché abbia un senso e non sia solo una ricorrenza di Maria Teresa Covatta

    La violenza contro le donne, in qualsiasi forma sia declinata, dalla violenza domestica a quella sessuale, dal femminicidio allo stupro di guerra, colpisce tutti, è una cicatrice per le generazioni future, crea disgregazione sociale e rappresenta sempre una ferita indimenticabile per l’intera comunità umana, nazionale o internazionale che sia.

    La pandemia ha scoperchiato il calderone  bollente della violenza domestica che una normativa nazionale ancora troppo giovane e non sperimentata (1), insieme alle restrizioni imposte dal lockdown, non ha consentito di arginare adeguatamente.

    Abbiamo scoperto che nella pandemia di tutti c’era una pandemia occulta che avevamo sempre avuto sotto gli occhi e che aveva fatto della casa, invece che un rifugio contro gli assalti del virus, un inferno in terra.

    È stato il primo violento colpo all’Agenda 20/30 che aveva aperto grandi prospettive al raggiungimento, in concreto, del goal n. 5 della parità di genere, obiettivo trasversale che inglobava in sé l’impegno, assunto da gran parte degli Stati, a una lotta concreta contro ogni forma di discriminazione, politica, amministrativa, di leadership ma anche a ogni forma  di violenza alla vita, alla sessualità e alla psiche delle donne, imponendo a tal fine regole di politica sociale e di diritto.

    Il conflitto russo-ucraino, con le deportazioni di donne e bambini e con gli abusi e le violenze sessuali massificate contro le donne, ha inflitto il secondo colpo .

    Ancora una volta, come per la pandemia, un evento del tutto imprevisto, come un conflitto nel cuore dell’Europa, ci ha costretti a riflessioni che già ci erano state offerte sia dalle cronache quotidiane di casa nostra sia dalle guerre, note o dimenticate, in corso o apparentemente cessati (nei territori della ex Jugoslavia, in Siria, Yemen, Sud Sudan, Darfur, Mali, Congo…impossibile citarli tutti), o dalle situazioni di conflitto civile come il Myanmar (ex Birmania) o l’Iran, che dimostrano come il corpo delle donne continui ad essere oggetto di brutale e inarrestabile violenza (2). E che le donne sono ancora protagoniste in negativo, sia nella vita sociale sia nei conflitti, dove la violenza contro le donne è stabilmente utilizzata per annientare un nemico e una comunità e dove la terra da sottomettere è associata alle sue donne da violare. Tanto che viene da chiedersi come si possano indagare a fondo gli eventi bellici e le loro conseguenze senza affrontarne la dimensione sessuale.

    La “tematizzazione dell’informazione" (3) ci porta a concentrarci quasi esclusivamente sul conflitto in corso. Ma non possiamo dimenticare le afghane che continuano ad essere assoggettate ad un regime oppressivo che le ha escluse dalla vita pubblica, politica, dal lavoro e dall’istruzione, insomma dalla vita.

    Né le donne iraniane il cui grido Donne Vita Libertà è stato se non annientato certamente represso nel sangue, nelle strade, nelle case e nelle carceri dove, dalle poche notizie che filtrano, l’abuso sessuale è, per le donne, la regola ordinaria di punizione prima della pena .

    Anche i dati di casa nostra non sono di conforto.

    Il trend crescente dei femminicidi è sconcertante. In aumento persino rispetto al 2021, definito un “anno di sangue”, ha raggiunto quota 100 nei primi 9 mesi del 2023, un numero drammaticamente simbolico di un fenomeno che non accenna ad arrestarsi e che è entrato di prepotenza nei nostri Tg, come dimostra il ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin, ultima di una lunga lista di nomi che raccontano uno schema sempre uguale.

    Affermare come ho letto da qualche parte, non ricordo dove (credo di aver rimosso) che il fenomeno è sempre esistito e che anzi le statistiche ci dicono che gli omicidi in Italia sono complessivamente diminuiti, significa non aver capito che i due fenomeni non hanno nulla a che vedere l’uno con l’altro, perché il femminicidio trova le sue radici nell’odio sessuale che spinge a violare e umiliare un altro corpo, nel senso di proprietà che assimila la donna ad un oggetto e nello stereotipo di genere che impone all’essere umano donna regole, convenzioni comportamentali e in fondo diritti diversi da quelli dell’essere umano uomo.

    Il dato delle violenze sessuali, anche di gruppo, non lo è da meno visto che si registra una evidente crescita delle denunce passate dal decremento del 2020 –4497- verosimilmente causato dalla segregazione e dalle difficoltà di accedere alla giustizia, alle 5991 del 2022 (4).

    Il fenomeno degli stupri di massa nelle guerre, la pagina più oscura e più oscurata della violenza di genere, pratica costante in tutti i conflitti e che spesso assume i connotati del genocidio, è un argomento solo apparentemente distante perché, come la violenza domestica, la violenza sessuale o il femminicidio, esprime lo stesso meccanismo di disprezzo per la vita e per i diritti umani in generale  e per quelli  delle donne in particolare (5).          

    E dunque evidente, com’è stato autorevolmente detto (6), che esiste una linea diretta tra la violenza contro le donne, l’oppressione, che può manifestarsi in ogni luogo, anche tra le mura domestiche o nelle relazioni cosiddette “d’amore” e i conflitti.    

    Il conflitto israelo-palestinese in corso non si sottrae a questa regola.

    Ce lo racconta un’immagine cruda e simbolica anche se risalente (5) che mostra una donna completamente velata stesa a terra con le gambe aperte e con sul petto la scritta “Gaza”. Terra da conquistare, donne da violare.

    Anche lì "l’inferno della punizione collettiva” (7) e la caccia all’uomo non risparmia donne e bambini, con violenze e abusi che collidono con il diritto umanitario e con i diritti sanciti per i civili dalla Quarta Convenzione di Ginevra, se è vero, come attestano i dati forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità – OIM che conta circa 11 mila morti civili di cui circa la metà bambini tra cui i neonati morti nelle incubatrici rimaste senza elettricità (8). Le madri che piangono i figli non sono solo palestinesi. La violenza contro di loro è trasversale.

    Le madri del Women Wage Pace, arabe, israeliane e palestinesi, di religione cristiana, ebraica o  musulmana, che, senza bandiere, avevano marciato insieme il 4 ottobre, prima dell’attacco del 7 ottobre, continuano a farlo e chiedono a tutte le donne del mondo di unirsi a loro per fermare la follia della guerra che uccide i loro figli (9) .

    È stato detto (10) che così come la sfida morale cruciale dell’800 è stata l’abolizione dello schiavismo e nel '900 la battaglia contro il totalitarismo, l’epocale campagna di civiltà dei secoli a venire sarebbe stata la lotta per l’uguaglianza tra i sessi e la sconfitta della violenza contro le donne.

    Anche se il quadro attuale non è confortante…c’è ancora domani(11). Tuttavia sperare in questo domani non deve lasciare inerti.

    I campi in cui agire sono tanti. Migliorare la normativa a tutela contro la violenza alle donne con riforme effettivamente migliorative e non di mera bandiera (12) è certamente una strada importante da percorrere con convinzione.

    Ma il primo essenziale passo è portare il problema nelle scuole cominciando dalle primarie e a seguire negli altri gradi dell’istruzione.

    Educare le nuove generazioni al rispetto e alla valorizzazione delle differenze e della parità di genere in termini di linguaggio, espressioni, atteggiamenti è diventato un’emergenza sociale e strumento essenziale  per la prevenzione e il contrasto di episodi sempre più frequenti ed aggressivi di violenza contro le donne. E anche per indagare il punto di vista degli uomini, come ancora non si sta facendo, per capire quali insicurezze, stereotipi e giochi di ruolo si nascondono dietro questi modelli relazionali malati.   

     Note

    (1) Legge 25.7.2019 n. 69 nota come Codice Rosso.

    (2) Emanuela Zuccalà, Le guerre delle donne, Prefazione di Emma Bonino. Ed Infinito 2021.

    (3) Metodo di organizzazione del flusso dell’informazione e di valorizzazione e di visibilità di una specifica informazione alla quale si intende conferire una posizione dominante. La Comunicazione, dizionario di scienze e tecniche a cura di Franco Lever, Per Cesare Rivoltella e Adriano Zanacchi.

    (4) Dati del Ministero dell’Interno - Dipartimento di Polizia Criminale. Non ancora disponibili i dati del 2023.

    (5) Stupri di guerra e violenza di genere a cura di Simona Rocca Ed Ediesse.

    (6) Antonio Guterres  Segretario Generale ONU – Comunicato sulla guerra israelo-palestinese dopo l’attacco del 7 ottobre.

    (7) Espressione utilizzata in un articolo del 13.11.2023 – Piattaforma on line Valigia Blu.

    (8) Fonte ISPI- Istituto di Studi Politiche Internazionali – 13.11.2023.

    (9) Benedetta Perilli – La Repubblica- 23.10.23.

    (10) Half of the Sky – Nicholas Fristof e Sheryl Wudunn – Giornalisti- Premi Pulitzer  per il giornalismo d’inchiesta - 1990.

    (11) C’è ancora domani. Film di Paola Cortellesi. La storia di una violenza domestica sconfitta, almeno per un giorno, dal diritto di votare.

    (12) Legge 122/2023.

     

     

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