di Maria Teresa Covatta
In un intervento del 13 ottobre alla CNN Oliver Darcy [1], commentando l’escalation del conflitto scatenato dall’attacco terroristico di Hamas contro Israele denuncia la sfida di dover nuotare in un oceano di informazione inquinata, con affermazioni dubbie, poco chiare, ancor più pericolose quando provengono da fonti autorevoli o supposte tali.
Un numero infinito di immagini e informazioni fuorvianti che diventano virali online lascia al pubblico una percezione distorta di ciò che sta realmente accadendo in Medio Oriente e del perché.
Pur nel comprensibile disordine che accompagna necessariamente l’informazione a fronte di eventi di rottura di equilibri, già precari come in questo caso, tanto più forte a fronte dell’orrore causato dall’evento stesso, e in un panorama mediatico frammentario e guidato da algoritmi in cui le notizie si diffondono 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, le informazioni possono viaggiare e penetrare le coscienza dell’opinione pubblica con una rapidità sorprendente e talora incontrollata, creando un fertile terreno per le mistificazioni, talora involontarie e talora volute.
La critica non riguarda solo la stampa, ma anche il mondo della politica e dell’informazione che ne proviene, in tutti quei casi in cui l’informazione non arriva da soggetti realmente accreditati a darla ed è più che altro finalizzata ad acquisire punti sul fonte della propria influenza e dunque della propria rilevanza, partendo da un punto di vista ristretto e personale, allontanando la dimensione umana e l’impatto reale e obiettivo dei fatti che si raccontano.
Queste considerazioni, che l’autore dell’intervento riferisce esclusivamente agli eventi in corso in Medio Oriente, ma che valgono su larga scala e ben potrebbero attagliarsi anche a fatti di casa nostra, pongono degli interrogativi sulla chiarezza delle informazioni, specialmente a fronte di questa che si annuncia come una inevitabile e devastante guerra protratta che ha già falciato un enorme numero di vite tra israeliani e palestinesi e in cui gli unici esiti prevedibili – nell’assoluta imprevedibilità degli sviluppi a livello geopolitico - sono le altre enormi perdite che verranno, la più che probabile crisi umanitaria e il probabile definitivo tracollo di una prospettiva di pace tra i due popoli: in conclusione, quella che è stata definita la metastasizzazione della questione palestinese.
Lasciando da parte i mistificatori di professione [2] e i criminali che a Berlino hanno disegnato le stelle di Davide sulle porte di casa di famiglie ebree, in quanto costoro sarebbero comunque refrattari a qualunque forma di informazione che non sia basata sui loro preconcetti e sulla loro vergognosa e delirante visione della storia, c’è da chiedersi se non sia opportuno che si chiarisca, a chi vuole ascoltare, che i palestinesi non sono Hamas e che quest’ultima è un’organizzazione criminale che non si identifica con la causa palestinese.
Bisognerebbe chiarire anche che fare critiche all’attuale politica governativa israeliana è cosa lontana anni luce dall’essere antisemiti e che, anzi, avere a cuore la democrazia di quel Paese è l’esatto contrario.
Bisognerebbe raccontare che solo pochi giorni prima dell’attacco di Hamas migliaia di israeliani e di palestinesi hanno percorso, insieme e in marcia pacifica, la “strada della pace”, da Gerusalemme alla Cisgiordania, una lunga marcia che vedeva ancora una volta (già c’era stata nel 2022, l’anno più sanguinoso dopo la seconda intifada) donne palestinesi e israeliane insieme per protestare contro la catena della violenza che colpisce entrambe le parti e per chiedere che cessi l’eccidio quotidiano dei loro figli. E che l’attentato di Hamas ha cancellato, con un sanguinoso colpo di spugna, il precario e del tutto singolare equilibrio che teneva in piedi la collaborazione tra Israele e l’Autorità Nazionale Palestinese, soprattutto sul piano della sicurezza
Bisognerebbe raccontare – o raccontare con più forza e più chiarezza - che esistono centinaia di comitati per la pace, cui partecipano, uniti, israeliani e palestinesi, che da tempo manifestano insieme per la pace e la giustizia e che pacificamente hanno manifestato contro la riforma della giustizia in corso in Israele che, a opinione di molti, rappresenta un serio colpo alla democrazia del Paese, tanto che qualcuno lo ha definito un golpe alla luce del sole e senza carri armati.
Bisogna fare tutto questo perché a fronte di una guerra che si annuncia come una probabile catastrofe umanitaria, sia ben chiaro che la lotta per i diritti ci coinvolge tutti e che i diritti sono diritti da qualunque parte stiano.
[1] Oliver Darcy, Explosive claims about the Israel-Hamas war are going viral. But the truth is not always so simple, CNN Business, 13 ottobre 2023. https://edition.cnn.com/2023/10/13/media/israel-hamas-claims-reliable-sources/index.html.
[2] I TG italiani, il 15 ottobre, hanno dato la notizia di un noto terrorista italiano, già condannato per l’omicidio Tobagi, intercettato mentre inneggiava alla strage di Hamas nell’ambito di una manifestazione in favore della causa palestinese. Nello stesso contesto è stata data la notizia delle stelle di David comparse in Germania sulle abitazioni di famiglie ebree.
(Immagine: marcia del movimento Women Wage Peace, Gerusalemme, 4 ottobre 2023; photo credit: Women Wage Peace, via Jerusalem Post https://www.jpost.com/israel-news/article-761604).