Di che materia è fatta la scienziata?
Intervista di R. Conti e M. C. Amoroso ad Anna Grassellino
Di che materia è fatta la Professoressa Anna Grassellino, scienziata e direttrice del centro Superconducting Quantum Materials and Systems (SQMS) con sede al Fermilab (Fermi National Accelerator Laboratory) di Batavia, uno dei templi della fisica moderna?
Di tenacia, studio costanza e perseveranza, perché da ragazza è partita da Marsala, con in tasca un diploma con lode, per laurearsi a Pisa, con una tesi in microelettronica, per poi dirigersi ancora più lontano negli States, arrivando a lavorare con Nigel Lockyer, direttore del Fermilab, uno dei più importanti fisici al mondo delle particelle sperimentali.
Di competenza elevatissima, perchè in Pennsylvania, Philadelphia, Vancouver ha raccolto incredibili successi, fino a ricevere, nel 2017, dalla mani del Presidente Barak Obama, il “Presidential Early Career Award for Scientists and Engineers”, il massimo riconoscimento del governo USA ai giovani professionisti della ricerca scientifica.
Di creatività e di sogno, perché con la sua preziosa forza visionaria, a 40 anni, ha accettato dal Department of Energy degli Stati Uniti (DOE) l’incarico di realizzare, alla guida del SQMS, in soli cinque anni, il più evoluto computer quantistico al mondo basato su tecnologie superconduttive, che dovrà essere in grado di fornire soluzioni ai problemi complessi irrisolvibili con l‘ausilio dei computer tradizionali che utilizzano i bit, e di sviluppare nuovi sensori quantistici utili ad implementare la ricerca sulla natura della materia oscura e di altre particelle subatomiche sfuggenti.
Una donna, moglie di uno scienziato altrettanto brillante e madre di tre figli, che ha messo a disposizione la sua vita per la conoscenza, che dovrà imprimere una svolta fondamentale nel progresso tecnologico di sicuro impatto nelle scienze della vita, nella medicina, nella biologia, nella sicurezza nazionale, a tacere della possibilità di raggiungere misurazioni di incomparabile precisione e sensibilità.
Semplificando terribilmente una questione di grande complessità, al centro delle potenzialità rivoluzionarie del quantum computing, c’è il “qubit”, l’elemento base di un computer quantistico; se un bit classico immagazzina un valore binario (0 oppure 1), un qubit, sfruttando le leggi della meccanica quantistica, può immagazzinare un’arbitraria sovrapposizione di stati di 0 e di 1, contenendo un più elevato numero di informazioni.
La Professoressa Grassellino ed il suo staff, unitamente ad altre venti istituzioni, (tra cui l’INFN, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare italiano, l’unico partner non statunitense del progetto), dovranno, quindi, in estrema sintesi, superare uno dei problemi più importanti della computazione quantistica: la limitatezza del cosiddetto “tempo di coerenza” ossia il tempo in cui un qubit (bit quantistico) mantiene inalterate le informazioni in esso contenute. La vittoria sarà la realizzazione di nuovi tipi di qubit capaci di conservare intatta l’informazione immagazzinata per tempi molto più lunghi di quanto sia possibile attualmente, l’individuazione e l’eliminazione dei fattori in tal senso limitanti (i cd. fattori di decoerenza).
Un’eccellenza italiana alla quale siamo davvero grati per il tempo dedicatoci attraverso due collegamenti via Zoom Italia-Chicago, difficili da dimenticare per la naturalezza e la sincerità di una scienziata che non ha perso i tratti del suo essere normale ed al contempo speciale, anche nel ricordare i suoi illustri predecessori italiani, vanto dell'italianità nel mondo. Una persona che incarna il sogno di chi vuole arrivare e che non ha mostrato affatto di essere appagata dai riconoscimenti ricevuti.
Professoressa Grassellino, ci piace cominciare dalla lingua italiana. Cos’è per Lei, una lingua dimenticata, un ricordo o un valore?
L’italiano è per me tutt’altro che una lingua dimenticata, la parlo quotidianamente con molti dei miei collaboratori, e praticarla mi consente di mantenere salde le mie radici. Sono fermamente convinta che esprimersi in più lingue è una grande risorsa perché consente di entrare in contatto più profondo con i saperi degli altri Paesi. Ultimamente tutti puntualizzano che parlo ormai anche “l’italese”, un personale innesto tra italiano e inglese che testimonia la mia doppia anima.
Lei che è nata nella siciliana Marsala, ha studiato nella toscana Pisa e si è affermata negli Stati Uniti si sente migrante, ha incontrato muri che hanno reso difficile la sua affermazione professionale e cosa le fanno pensare i muri che sempre più spesso si ergono rispetto al fenomeno universale delle migrazioni?
Il settore scientifico per fortuna è uno dei pochi veri mondi globali, l’internazionalità della scienza si sente tutta, ed è la chiave della efficacia delle scoperte. Personalmente ho viaggiato e mi sono spostata molto senza mai sentirmi una emigrante, ho mosso i miei passi come una scopritrice della scienza alla ricerca di un posto nel mondo, una esploratrice e non una giovane donna che si allontanava da qualcosa. In questo momento sono al Fermilab, ma non è detto che questa sia la mia destinazione finale, dopo i cinque anni previsti per la realizzazione del progetto potrei di nuovo rifare le valige.
Lei ha un modello italiano di scienziato al quale si ispira?
Sicuramente mi ispiro a Rita Levi Montalcini perche per me Lei è soprattutto uno spettacolare esempio di tenacia. Ha superato barriere e ostacoli con costanza e forza, portando avanti le cose in cui credeva in un momento storico in cui essere donna e scienziata era davvero una anomalia. Riuscire a costruire un laboratorio in casa e diventare professoressa, contro il suo tempo, una vera rivoluzione.
Enrico Fermi ed Ettore Maiorana. Come descriverebbe questi due scienziati e cosa rappresentano per lei e per il mondo in cui lavora.
Per me Fermi e Maiorana sono due scienziati che hanno aperto le porte al mondo dello studio delle particelle. Le loro figure ispirano orgoglio e fierezza e la loro autorevolezza è percepita chiaramente e con forza dagli scienziati italiani e da tutto il contesto internazionale. Per me sono davvero due grandissimi geni.
Esiste un limite alla ricerca oltre il quale la ricerca ha il dovere di fermarsi? Insomma, esiste una coscienza dello scienziato?
Anche Fermi ad un certo punto nella sua attività arrestò i suoi passi, mi riferisco al Progetto Manhattan. La sfida della scienza è proprio di agevolare il progresso e lo sviluppo tecnologico in modo da far sì che non si ritorca contro la stessa umanità. Il problema si è posto sovente proprio in occasione del progetto cui sto lavorando, nel quale sono previste figure professionali che si occuperanno specificamente degli aspetti etici dell’allestendo computer quantistico proprio per far fronte alle sue potenzialità inimmaginabili che necessitano di essere tenute sotto controllo. Lo scienziato, per me, deve essere l’argine alla deriva della tecnologia facendosi carico di indirizzarne lo sviluppo avendo quale obiettivo il bene della società. Sicuramente posso dire che bisogna vedere ed intercettare in maniera lungimirante i limiti delle scoperte e fare i conti con essi. Del resto, se ci pensiamo, è questo il periodo in cui sono maggiormente visibili gli effetti negativi di uno sviluppo tecnologico non controllato: la prepotente iperconnessione imposta dalla pandemia, ci consente da un lato di far fronte all’immobilismo dettato dal COVID utilizzando i servizi on line, dall’altro lo spostamento delle attività in rete e la sempre maggiore offerta di notizie in essa contenute determinano a mio avviso la serissima difficoltà di discernere tra quanto è vero e quanto è falso.
La laicità dello scienziato. Anche nel mondo dei giuristi si discute molto delle influenze fra il piano religioso e quello dell’esercizio della funzione di giudicare. Quanto incidono le sue personali convinzioni religiose sulla sua attività di ricercatrice e scienziata? Si può capire l’origine dell’universo senza pre-convinzioni?
Le convinzioni personali guidano costantemente il cammino di noi scienziati. Io, ad esempio, credo fermamente che la scienza sia il motore più importante della società, l’esperienza della pandemia ci ha fatto toccare con mano la necessità assoluta dello sviluppo della medicina, della biologia e di come non si possa prescindere da scoperte e rimedi e dall’avanzamento della tecnologia. E’ mia convinzione, inoltre, che la ricerca debba essere perseguita ed incentivata anche qualora non si intraveda il risultato applicativo immediato. Alle convinzioni religiose invece antepongo la ricerca oggettiva della verità, ho da sempre preferito osservare quanto disvela la natura. Posso dire che religione e scienza non sono antitetiche in assoluto, dipende dagli scienziati, ad esempio Zichichi è stato sempre animato da un profondo senso religioso, ma per me non è così. Non c’è una inconciliabilità preconcetta, ma è un connubio che può appartenere o meno ad ognuno di noi.
E quanto è importante la cooperazione ed il fare squadra per chi fa scienza?
Le collaborazioni estese, la squadra, fanno confluire in un centro condiviso la molteplicità di competenze che sussistono nel mondo, cooperazione significa fare della scienza una sapienza allargata. Qui al Fermilab chi collabora proviene da ogni parte del globo e per questo offre al progetto ricchezza e conoscenze variegate.
Il valore del team numeroso è quindi indubbio. Tuttavia va anche detto che poi, all’interno del gruppo è altrettanto necessaria una guida che sappia autorevolmente ricondurre ad unità tutti gli apporti. E’ assolutamente importante che il leader trovi un equilibrio sapiente tra l’obiettivo del progetto e lo sviluppo del singolo che partecipa al progetto. Sicuramente i ricercatori devono trovare una realizzazione nelle attività, ma è compito del leader fare in modo che la realizzazione di ciascuno, le sue proposte, le sue idee siano sempre indirizzate verso il fine da raggiungere.
Si sente un modello per le nuove generazioni come donna o semplicemente come persona che ha scelto di arricchire il mondo e di studiare?
Io mi sono sentita per molto tempo solo una persona che ha scelto di arricchire il mondo e di studiare, ma di recente, grazie anche all’attenzione che mi ha riservato il mio Paese, inizio a sentire l’onore di essere un modello per le nuove generazioni e per tutti coloro che amano il mondo della scienza. Mi piace pensare che prendendo me ad esempio molti giovani potrebbero scegliere di contribuire allo studio del mondo tecnologico, sapendo che anche loro possono raggiungere i loro obiettivi e sogni.
Quale aiuto ha ricevuto come donna-scienziata negli Stati Uniti? Esiste un problema di discriminazione di genere nel suo mondo e/o di disparità di trattamento economico nel suo campo fra uomo e donna?
Sicuramente c’è anche in questo contesto molta disparità. Confrontando gli Stati Uniti con l’Italia la mia sensazione è che in Italia sia più agevole per le donne la scelta delle facoltà scientifiche ma che, di converso, ci sia meno promozione delle stesse nel mondo del lavoro; negli Stati Uniti vedo, invece, meno donne nelle facoltà, ma maggiore promozione per il loro inserimento nei contesti lavorativi. Come manager mi occupo proprio di monitorare e revisionare costantemente le condizioni di salario e di carriera delle donne presenti nella mia divisione. In questa attività sono anche coadiuvata da una specifica struttura che si occupa di questo. Posso dire quindi che qui c’è veramente molta attenzione su questi temi.
Pensa che l’aver creato una famiglia in Italia le avrebbe in qualche modo impedito di raggiungere il successo che ha avuto? E se si, quali sarebbero, a suo avviso, le azioni positive da mettere in campo per evitare che la crescita sentimentale e familiare sia un freno a quella professionale?
Personalmente non ho vissuto l’esperienza italiana essendo andata via dal nostro Paese prima di aver creato una famiglia, ma dai racconti di colleghi che conosco posso sicuramente affermare che negli Stati Uniti ci sono condizioni molto diverse che rendono più agevoli percorsi come il mio. Innanzitutto gli stipendi sono molto soddisfacenti, ed era così già da dottoranda. L’adeguatezza della ricompensa economica ti consente di avere gli aiuti necessari. Poi ci sono le strutture; personalmente ho beneficiato dell’asilo del Fermilab, ciò ha consentito che dopo solo dodici settimane dalla nascita del mio bambino io fossi già nuovamente a lavoro, avendo la possibilità di recarmi da lui ogni due ore. A queste condizioni è tutto più facile e di conseguenza la maternità estesa a più di un anno è una opzione poco praticata più che una necessità.
Una scienziata donna in un paese, gli Stati Uniti, in cui le discriminazioni razziali sembrano ancora presenti e divisive. Con l’occhio di una donna-scienziata come vive questo problema?
Io penso che l’America sia un paese dove la realtà è molto complessa. Esiste la discriminazione razziale , ma è anche molto elevata l’attenzione a correggere tali situazioni. Sicuramente l’amministrazione Trump è stata la negazione di una modalità anche espressiva non discriminatoria, Il problema esiste ma su di esso registro quotidianamente molta considerazione e cautela.
Lei ha detto di credere in quattro punti chiave: coraggio, fiducia, conoscenza e sogno. Si sente di fare una graduatoria in termini di importanza fra questi punti cardinali?
Il sogno è il motore: serve avere grandi ambizioni per fare grandi cose. Nella mia carriera ho raggiunto posizioni molto soddisfacenti ma non mi è bastato, ho sentito la necessità di fare ancora di più e poi di più perchè solo così nella mia vita entusiasmo. Al secondo posto metto la conoscenza, la verità della conoscenza dei fatti, dei numeri, dell’oggettività. La rovina è la soggettività delle informazioni che confonde il pensiero e che determina schieramenti di idee irreali e non legati alla reale comprensione.
Realizzato il sogno del più grande computer quantistico della storia, come cambierebbe l’attuale prospettiva del mondo scientifico? E quali sarebbero le ricadute negative da evitare?
Il computer quantistico disegnerà nuove frontiere utilissime perché consentirà in pochi minuti computazioni per le quali i computer classici impiegano ore. Aiuterà a capire il mondo che ci circonda, il comportamento delle molecole e delle particelle, con riflessi importanti per il mondo della medicina e della biologia. E importantissime saranno anche le ricadute sulla sicurezza nazionale.
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Gli impegni rapiscono all’improvviso la Professoressa, tanto da lasciare inevase le altre domande pensate per l’intervista.
Avremmo voluto chiederLe quali, secondo Lei, avrebbero potuto essere i passi futuri per assicurare a tutti la fruibilità delle nuove risorse scientifiche, o cosa sarebbe servito, a suo avviso, per incentivare il ritorno in Italia dei cervelli in fuga. Ci sarebbe piaciuto sapere quale era il suo libro o la sua favola preferita.
Comprendiamo dalla sua sollecitudine quanto sia stato prezioso il tempo dedicatoci e quanta passione anima la volontà di questa giovane scienziata che ha già chiaro dove vuole portare il progresso, al punto che la determinatezza e la lucidità che la guidano Le consentiranno di andare oltre i sogni del giorno prima e di trainare col suo entusiasmo la società verso nuovi orizzonti destinati forse a cambiare la scienza ed il mondo. E ci ha colpito davvero, fra tutti, l'accostamento del sogno alla verità oggettiva, alla conoscenza laica dei fatti, dei numeri. Categorie in apparenza così distanti ma che la scienziata avverte come interconnesse, indispensabili non solo per raggiungere traguardi personali importanti, ma soprattutto per le nuove generazioni che si troveranno nelle mani un mondo complesso nel quale tendono ad inabissarsi e scomparire posizioni di comodo, rendite di posizione e nicchie di potere intoccabili.
Sentiremo sicuramente ancora parlare di lei. In grande.