Foto: Amedeo Modigliani, 1914.
Venerdì 12 luglio 1884, alle ore 9, su di un grande tavolo di marmo nero nasceva a Livorno in via Roma 38, da Eugénie Garsin, Amedeo Clemente Modigliani. Esattamente 140 anni fa.
Foto: i genitori di Amedeo Modigliani, Eugenia (incinta di Amedeo) e Flaminio, Napoli, 1884.
Alle prime luci dell’alba dello stesso giorno, il padre di Amedeo, Flaminio Modigliani, strillando e svegliando bruscamente i propri figli, la giovane Margherita e i piccoli Giuseppe ed Emanuele, gli ordinava di raccogliere velocemente i beni più preziosi della famiglia per accatastarli immediatamente sul letto della madre. Anche i parenti venuti da Marsiglia, che alloggiavano al piano inferiore della casa furono coinvolti nel trambusto, Flaminio sapeva infatti che grazie ad una legge dell’epoca, non potevano essere sequestrati i beni sul letto di una partoriente.
Il piccolo Amedeo nasceva dunque lo stesso giorno in cui veniva notificato dagli ufficiali giudiziari il fallimento delle imprese di Flaminio Modigliani.
Foto: Modigliani a un anno e la sua tata.
Imprese in Sardegna, per lo più legno e carbone, che dopo un periodo di parziali successi, erano cadute sull’orlo del fallimento. Flaminio viveva quasi tutto l’anno in Sardegna, nella sua casa (ancora esistente) a Buggerru e si curava ben poco della famiglia; aveva sposato Eugénie senza particolare convinzione, interessato soprattutto ai rapporti commerciali che intratteneva per i suoi commerci con i Garsin di Marsiglia.
Amedeo iniziava la sua esistenza tra mille difficoltà: sequestri, debiti, delusioni e separazioni. Tutto era sulle spalle di Eugénie, i quattro figli, l’economia della casa, il lavoro e la ricostruzione di una nuova condizione e reputazione sociale. Otto giorni dopo la nascita, al piccolo Amedeo, come esigeva la tradizione ebraica, il mohel praticò la circoncisione. Amedeo entrò così a far parte della propria comunità nell’anno 5644 del calendario ebraico.
Furono anni difficili, ma Eugénie, grazie all’aiuto di alcuni amici, (Marco Alatri, Giuseppe Moro, padre Bettini), riuscì a fondare una piccola scuola privata. Ma l’aiuto più importante giunse dal professore Rodolfo Mondolfi, che sarà determinante nella vita di Eugénie e del piccolo Modigliani, soprattutto i figli del professore (Margherita e Umberto) saranno i primi compagni di Amedeo.
Nel suo famoso diario di famiglia Eugénie dice di Dedo (il vero soprannome di Modigliani) di soli due anni: “che ancora non è che un raggio di sole fatto bambino. Un po' viziato, un po' capriccioso, ma bellissimo”.
A soli cinque anni, il piccolo Amedeo sapeva già scrivere e leggere, aiutato dagli allievi della scuola della madre, ma soprattutto mostrò uno spiccato interesse per il disegno e la calligrafia, su alcuni suoi quaderni e taccuini appaiono degli scarabocchi che anticipano la sua predisposizione e i suoi esercizi nel simboleggiare facce e lettere della “M”.
Foto: Mobiletto Mondolfi.
Nell’estate del 1895 contrasse una pleurite. Eugénie così scrive nel suo diario: “Dedo ha avuto una pleurite molto grave e non mi sono ancora rimessa dalla paura. Il carattere del bambino non è ancora abbastanza formato perché possa dire adesso la mia opinione. I suoi modi sono quelli di un bimbo viziato che non manca d’intelligenza. Vedremo in seguito cosa c’è in questa crisalide. Forse un artista?”
Crescendo, Amedeo stringe una forte amicizia con Umberto Mondolfi, i due ragazzi erano inseparabili, vissero esperienze comuni e firmarono la prima opera d’arte (1896/7), decorando un vecchio scaffale. Amedeo aveva solo 12 anni.
Per tutta la vita Modigliani ricorderà di dover gran parte della propria cultura alla frequentazione della famiglia Mondolfi. Umberto più avanti diventerà uno dei fondatori del partito socialista, diventando poi sindaco di Livorno dal 1920 al 1922.
Foto: il professor Rodolfo Mondolfi.
Da adolescente passeggiava su lungomare di Livorno, con il nonno Issac, parlando di filosofia e religione; a 13 anni Amedeo entra a far parte ufficialmente della comunità ebraica, dimostrando la sua preparazione nella conoscenza della tradizione ebraica. Più avanti nelle sue opere, ed in particolare sul dorso di alcuni suoi quadri si ritroveranno a volte caratteri e segni ebraici o segni cabalistici, frutto di preoccupazioni metafisiche che tormentavano l’anima dell’artista livornese.
Amedeo frequentava a Livorno il liceo Guerrazzi con risultati mediocri: arrivava a mala pena alla sufficienza. Eugenie è preoccupata ma non può non riscontrare la passione del figlio nel disegno, e dopo aver superato gli esami con il “Minian”, Amedeo iniziò un corso di disegno. Lui si vedeva già pittore.
Foto: Livorno 1896, Liceo Guerrazzi, Modigliani è il quarto da destra.
Foto: pagella di Amedeo Modigliani, anno scolastico 1897-98, Liceo Ginnasio Guerrazzi.
Nel 1898 finalmente, facendo grandi sacrifici, Amedeo inizia a frequentare l’atelier del pittore Guglielmo Micheli.
Eugénie confida al suo diario “Dedo ha rinunciato agli studi, ormai fa solo pittura, ma ne fa tutto il giorno e tutti i giorni con un ardore così grande che mi stupisce e m’incanta. Se non è questo il modo per riuscire, allora non c’è niente da fare. Il suo professore è molto contento di lui. Da parte mia, non ci capisco niente, ma mi sembra che per aver studiato solo tre o quattro mesi non dipinga troppo male e disegni veramente bene”.
Nella scuola di Micheli, Modigliani impara a disegnare e dipingere, per lo più opere dal vero (marine, alberi, cavalli, in genere nature morte), viene influenzato dalle correnti macchiaiole toscane di cui lo stesso Micheli faceva parte, essendo allievo di Giovanni Fattori, considerato uno degli esponenti di punta del movimento artistico.
Foto: Giovanni Fattori, la signora Micheli e Amedeo Modigliani, Livorno, 1898.
Modigliani frequenta con passione e dedizione la scuola, ma non nasconde la sua inquietudine artistica, che presto sfocerà in una identità pittorica assolutamente personale che all’epoca si presentava grezza e imprecisa. Inquietudini confessate in diverse lettere al suo amico intimo Oscar Ghiglia, anch’egli allievo della scuola insieme a Manlio Martinelli, Gino Romiti e Renato Natali. Anche loro amici del giovane Modigliani.
Ma la pleurite e la tosse non danno tregua ad Amedeo, oscilla tra stati febbrili e momentanee guarigioni, la sua condizione di salute lo limita, più avanti negli anni dovrà abbandonare la scultura, sua prima passione artistica: fisicamente non ce la faceva e non poteva respirare le polveri che producevano le sue opere.
Sarà la pittura la modalità prevalente per rappresentare la sua arte.
Foto: cartolina scritta alla sorella Margherita. Notare gli accenni di disegni sul frontespizio. Pompei, 1901.
Foto: cartolina scritta alla sorella Margherita. Pompei, 1901.
Ancora una volta sarà Eugénie ad occuparsi di Dedo e programma un viaggio con il figlio alla scoperta dell’arte italiana e dei luoghi caldi e salubri per la sua salute. Un viaggio per il corpo ma soprattutto per l’anima del giovane pittore. Capri, Napoli, Roma, Firenze, Venezia saranno alcune delle tappe che formeranno la conoscenza culturale e artistica di Modigliani.
In questi soggiorni Modigliani, per la prima volta, conoscerà l’arte delle grandi collezioni italiane, visiterà i più importanti musei, ammirerà le bellezze delle piazze e delle chiese: ne verrà fortemente impressionato e condizionato, ai limiti del turbamento. Incontrerà letterati, pittori, artisti e intellettuali che avranno un grande peso nella sua formazione. Un viaggio dalle indescrivibili emozioni, pieno di stimolazioni e riflessioni che porterà Modigliani a lasciare Livorno. La sua convinzione era profonda: la propria arte, il proprio immaginario, addirittura la sua vita doveva cambiare radicalmente . La scelta cadrà per la scuola del nudo di Venezia, ma da lì a poco Modigliani lascerà l’Italia.
Nel 1906 Modigliani, con pochi soldi offerti dal fratello, lascia Livorno, destinazione Parigi.
In poco tempo Amedeo si integra nella città francese, vive a Montparnasse in una piccola pensione, quartiere malfamato ma abitato e frequentato da artisti e visionari di tutto il mondo. A Parigi si respira un’aria effervescente, piena di stimolazioni e di occasioni. Lui, bello, elegante, colto e raffinato con i suoi vestiti di fustagno, la sciarpa rossa e il suo borsalino è immediatamente notato, e ben presto far amicizia con la migliore gioventù che proprio a Parigi trovava l’humus creativo e culturale che incoraggiava le più audaci e dissacranti esperienze in tutti i campi della conoscenza e delle relazioni umane, scatenando dibattiti accesi sui grandi temi dell’arte, della filosofia, della politica.
Sono gli anni in cui nell’arte nella letteratura e nella poesia nascono le correnti artistiche che hanno segnato tutto il Novecento e che sono tutt’ora celebrate e rappresentate: il cubismo, il futurismo, il surrealismo e il dadaismo, l’astrattismo, il geometrico, l’industriale. Correnti artistiche e culturali nate nel grembo di un periodo storico eccezionale (il primo ventennio del 900) in cui la scienza, la filosofia, la psicoanalisi e l’industria esprimevano la loro forza nelle aggregazioni sociali e politiche di milioni di persone affamate di futuro, spensieratezza e di bellezza.
Il "Café du Dôme”, al n° 109 del boulevard du Montparnasse è il ristorante /bistrot dove s’incontrano tutti, Modigliani sta lì con i suoi amici: Max Jacob, Apollinaire, Foujita, Cocteau.
Foto: Le Dôme, Boulevard du Montparnasse, Parigi, 1920.
Soutine, Chagall, Salmon, Utrillo, Paschen, Leger e Picasso, con cui tesserà una amicizia contrastata e naturalmente, Kiki, la regina di Montparnasse, la modella che tutti volevano, spregiudicata e sensuale, amante di grandi artisti, fotografi e romanzieri.
Foto: Kiki di Montparnasse.
Ma soprattutto a Parigi incontra Jeanne, sua musa ispiratrice, amante, moglie e infine madre della sua unica figlia.
Jeanne Hebutérne, giovane pittrice francese, non altissima, magra, dai grandi occhi a mandorla appariva riservata e malinconica, il suo sguardo era romantico e dolce.
Studiava all’accademia Colarossi, dove incontrò Amedeo durante i festeggiamenti del Capodanno del 1916. Lei stava preparando il concorso per l’ammissione all’Accademia delle Belle Arti. I colleghi di corso l’avevano nominata “Noix de Coco" (Noce di Cocco) a causa delle lunghe trecce castane che contrastavano il candore della pelle. Quella notte fu amore immediato e assoluto.
Jeanne condivide tutto: l’amore, la malattia, la pittura la povertà. Posa per il suo amato che gli dedica alcuni dei suoi quadri più famosi, lo assiste e lo perdona durante i frequenti deliri del pittore procurati e dalla febbre a dall’alcool; partorisce la sua unica figlia che prenderà il proprio nome, Jeanne e infine morirà suicida, gettandosi dalla finestra il giorno dopo della morte di Amedeo Modigliani (25 Gennaio1920). Con lei muore anche il bimbo di otto mesi che portava in grembo. Dovrà passare del tempo affinché, grazie all’impegno di alcuni amici della sfortunata coppia, si riuscì, dopo lunghe battaglie burocratiche e familiari (la famiglia originaria di Jeanne, cattolica osservante fu sempre contraria all’unione con Modigliani) ad unificare le tombe nel cimitero Père-Lachaise di Parigi, dove tutt’ora i due artisti giacciono.
Foto: lapide sulla tomba dI Jeanne e Amedeo al cimitero Père-Lachaise di Parigi.
Il cinema, la letteratura, la musica hanno reso omaggio a questa straordinaria storia d’amore, raccontando il sacrificio estremo di questa giovane donna che per amore contrastò la sua famiglia e le regole borghesi del tempo.
Nel 1907, Amedeo visita l’Esposizione Nazionale di Parigi, e viene catturato e impressionato e successivamente contaminato dalla presenza, per la prima volta in Europa dell’arte africana. La purezza delle linee, i colli allungati, la scelta dei materiali, l’intensità ancestrale dei manufatti colpiscono l’immaginario di Modigliani. Le opere, portate in Francia dai grandi viaggiatori risultarono straordinarie agli occhi degli europei e degli artisti che visitarono l’Esposizione: avevano un fascino antico e allo stesso tempo risultavano moderne e contemporanee.
Modigliani, così anche altri grandi artisti dell’epoca, uno tra tutti, Picasso, viene influenzato da questa forma espressiva, sincera e profonda e perfeziona il suo approccio creativo, in cui cultura, visione artistica, tecnica e radici sociali si fondono, generando un approccio originale all’arte, che rimarrà immutabile nel tempo. Tale influenza stilistica e culturale sarà visibile nelle sculture del maestro livornese.
Nelle sculture delle Cariatidi, Modigliani riesce a realizzare una sintesi culturale e artistica straordinaria: i riferimenti alla tradizione classica si intrecciano con la contaminazione africana, generando un’opera scultorea dalle linee definite, raggiungendo una purezza stilistica unica nel suo genere.
Foto: La Ruche, 1909, Amedeo Modigliani con la scultura in corso di realizzazione.
I volti allungati e precisi, i colli lunghi la scelta dei materiali poveri rendono visionaria l’opera e intellettualmente evoluta, paradossalmente internazionale. Sarà, forse per questa caratteristica che Modigliani viene riconosciuto e apprezzato dai popoli orientali: 100 anni fa lui scolpiva nelle sue Cariatidi gli occhi a mandorla.
Non c’è dubbio, tuttavia, Costantin Brancusi fu per Amedeo un maestro di scultura. Brancusi, esule anche lui a Parigi dalla Romania, fu influenzato dalla cultura e dall’arte africana e condivise con Modigliani una parte della sua esperienza artistica, I due artisti, sebbene Brancusi, più grande di Amedeo, furono legati da una passione artistica speciale, entrambi catturati dall’uso della pietra per le loro opere.
Ma Amedeo dovette per motivi respiratori abbandonare la scultura e divenne il pittore che conosciamo.
Paule Alexandre, suo amico e mentore l’ospitò per qualche tempo in una struttura che il Comune di Parigi aveva affittato a Paule (Al Delta), una sorta di casa in cui i diversi artisti potevano lavorare senza sostenerne i costi. Al Delta, Amedeo conosce Brancusi e altri importanti artisti; Paule fu vero amico e spesso sostenne Modigliani pagando di tasca propria gli affitti e i pranzi e le cene che consumava da Rosalie, osteria gestita da una italiana dove con poco molti artisti mangiavano.
Foto: trasloco dal 7 di rue du Delta di Place Dancourt. Sul carro Paul Alexandre. Parigi, 5 luglio 1913.
La sua arte prende corpo e identità.
In quegli anni in cui l’arte metteva in discussione sé stessa con l’affermazione del cubismo, del surrealismo, dell’astrattismo e con un approccio concettuale alla pittura sempre più marcato, Modigliani dipinge i volti legandosi alla tradizione rinascimentale italiana, che tanto ha condizionato e influenzato l’arte di tutto il mondo.
Le sue opere rappresentano le figure umane, prevalentemente il femmineo, diventando nel tempo uno dei maggiori interpreti della pittura erotica, già espressa da Tiziano, da Giorgione, da Goya e da Manet e successivamente da tanti altri: Modigliani interpreta il femmineo in modo intenso e intimo, dipinge le sue donne con la testa reclinata, all’interno di una prospettiva piatta e in molte circostanze con gli occhi chiusi o opachi, i colori sono intensi e carichi, le pennellate spesse e materiche.
La figura femminile viene esaltata e sublimata, nell’esprimere la sua potenza sensuale e psicologica nel rapporto empatico con l’osservatore. I nudi di Modigliani sono tra le opere più costose e ricercate a livello internazionale. Il suo rapporto con il mondo femminile fu eccezionale e profondo, una relazione psicologica in cui l’arte del pittore livornese riesce a cogliere l’essenza umana della donna ritratta e la rappresenta in tutta la sua forza interiore: “quando conoscerò la tua anima dipingerò i tuoi occhi”.
Le sue opere ritraggono persone semplici, modelle, intellettuali, amici e donne e uomini benestanti: tutti interpretati con uno stile inconfondibile in cui la figura è colta nel suo atteggiamento intimo e privato. I quadri non sono grandi e spesso le tele sono usate riproducendo pentimenti di opere cancellate e ricoperte dal bianco di titanio (pigmento che già dai primi anni del ‘900 gli artisti usavano per far riflettere meglio i colori); i quadri più grandi (116cm) sono dedicati ai nudi. Modigliani non si poteva premettere tele di grandi dimensioni, né di altissima qualità, anche i colori venivano annacquati e diluiti, ciononostante il rosso usato nei suoi quadri è diventato nel tempo un elemento di riconoscibilità, tanto da essere definito “rosso Modigliani”.
La sua vita fu difficile, piena di stenti e sacrifici. La sua arte non trovava acquirenti, né collezionisti: non vendeva! Era povero e spesso disperato, oscillando tra attacchi di tosse e ubriacature.
Foto: Paul Guillaume all'interno dell'atelier da lui affittato per Amedeo Modigliani in rue Ravignan, Montparnasse 1915.
Zborowski e Guillaume, rispettivamente suo collezionista e gallerista cercarono di spingere il giovane artista italiano nel mercato francese ed europeo, ma i risultati furono modesti. Negli anni soprattutto Zborowski diventò uno dei maggiori collezionisti di opere di Modigliani al mondo, accumulando un notevole patrimonio economico e finanziario. Durante la guerra Guillaume e Modigliani sono a Nizza in cerca di compratori e riescono a concludere qualche piccolo affare.
Foto: Leopold Zborowski nell'appartamento di rue Joseph Bara a Parigi.
Beatrice Hastings, giornalista e critica d’arte inglese riuscì a portare Modigliani a Londra, ma l’accoglienza fu tiepida. Beatrice fu amante di Amedeo, i due si amarono intensamente, ma il loro rapporto risultò malato e inquinato dai continui scontri e litigi. Ciononostante, Beatrice lo aiutò ad inserirsi nella intellighenzia parigina e nei salotti culturali dell’epoca.
Foto: Beatrice Hastings ripresa da Man Ray.
Modigliani non riuscì mai, in vita, a realizzare una propria mostra personale, né a pubblicare un suo catalogo. L’unica sua mostra parigina fu chiusa dalla gendarmeria dopo soltanto qualche ora dalla sua inaugurazione: il manifesto della mostra ritraeva una donna nuda e fu considerato uno scandalo al pudore. Il biglietto d’invito presentava un nudo in piedi con la dicitura “Mostra di pittura e disegni di Modigliani dal 3 al 30 dicembre 1917”. La mostra si sarebbe svolta nella nota galleria di Berthe Weill, al 50 di rue Taitbout, organizzata dal mercante d’arte Zborowski. Ci fu confusione e trambusto, molti curiosi attratti dalla locandina si accalcarono davanti alla galleria, ma per Modigliani fu tragedia.
Foto: Amedeo Modigliani, locandina della prima esposizione di Modigliani, 1917 Parigi.
Oggi le opere di Modigliani sono esposte nei più grandi e famosi musei del mondo, la loro quotazione di mercato è impressionante. Modigliani si colloca tra gli artisti più cari a livello internazionale; una delle sue opere di nudo è stata recentemente battuta all’asta da Christie’s di New York a 170 milioni di dollari. Amedeo ha prodotto circa 337 opere conosciute (catalogo Ceroni), la maggior parte di esse sono di proprietà di ebrei americani, l’Italia detiene, compresi alcuni privati soltanto 24 opere e tutt’ora non è riuscita, attraverso le diverse istituzioni culturali pubbliche, a determinare una oggettiva procedura di autenticazione delle opere del maestro livornese, né a certificare le numerose opere rinvenute a vario titolo dopo la sua morte. Tale lacuna ha di fatto permesso, in assenza di una fondazione familiare, il moltiplicarsi di certificazioni, prodotte da diversi critici d’arte italiani e stranieri, non sempre attendibili, ma corrispondenti ad un mercato speculativo alla ricerca di grandi affari, data l’importanza, ormai oggettiva della pittura di Modigliani.
Le opere di Modigliani sono purtroppo tormentate dai falsi. Dai famosi scandali delle teste dell’84 sino alle recenti dispute, ancora non risolte, sulle opere esposte a Palazzo Ducale di Genova nel 2017. In realtà, oggi, è quasi impossibile organizzare una mostra di opere autentiche di Modigliani: sono necessari milioni di euro e anni di lavoro e accordi diplomatici complessi tra musei di tutto il mondo. La tecnologia può supplire a questa mancanza, non è ovviamente la stessa cosa di essere di fronte ad un capolavoro, che peraltro è sempre visitabile nei luoghi deputati, ma il virtuale, l’immersivo l’uso della luce le proiezioni e le loro spettacolarizzazioni oggettivamente svolgono un ruolo, in cui l’esperienza diventa la cifra comunicativa di un rinnovato e contemporaneo sistema di fruizione dell’arte riprodotta, rendendo l’evento divulgativo e aperto a tutti. D’altronde fu proprio il filosofo Walter Benjamin che sin dal 1932, nel suo famoso trattato “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità” teorizzò quanto già da molti anni sta accadendo attraverso il rapporto tra arte e tecnologia. Oggi addirittura la pittura digitale è diventata un fenomeno, che sta interessando la critica dell’arte, il collezionismo, il mercato.
Modigliani muore il 24 gennaio 1920, povero e solo, il giorno dopo Jeanne, sua moglie, già madre, si getta dal quarto piano uccidendosi.
In questi mesi in diversi Paesi si celebreranno i 140 dalla nascita di Modigliani, Parigi gli dedicherà una grande mostra. Per l’Italia al momento non è previsto nulla.
Noi dell’Istituto Amedeo Modigliani, associazione no profit, impegnata da oltre 20 anni nella divulgazione della vita e delle opere di Modigliani, abbiamo organizzato una mostra esperienziale dal titolo “MODIGLIANI L’ARTISTA ITALIANO”, che è stata inaugurata il 12 luglio all’interno dello spettacolare ex Mercato Storico di Siracusa, esattamente dopo 140 anni dalla sua nascita.
Modigliani è stato descritto in tanti modi: maledetto, principe, trasgressivo, è stato simbolo e icona della stagione bohémien in cui migliaia di artisti e intellettuali provenienti da più parti del mondo si sono raccolti a Parigi che per alcuni anni è stata la culla dell’intellighenzia mondiale. Tutto poi finì con la Prima guerra mondiale.
Tanti hanno cercato di definire l’arte di Modigliani, tanti hanno cercato d’inserire questo grande artista in una corrente o movimento artistico e culturale ma lui rimarrà sempre UN ARTISTA SENZA MAESTRI, UN MAESTRO SENZA ALLIEVI.