di Elisabetta Morosini
Nel 1981, in occasione della inaugurazione, a Nizza, di una mostra del pittore Alberto Magnelli, Italo Calvino scrive un testo dal titolo “Essere pietra” che così esordisce: «Io sono una pietra. Lo ripeto: una pietra. So che non potete capirmi; dovrei spiegarvi queste quattro parole una per una e a gruppi di due e di tre e poi tutte insieme: cosa voglio dire quando dico io, e quando dico essere, e quando dico pietra, e cosa vuol dire essere pietra, e una, una pietra».
Dall’intuizione del grande scrittore, di cui quest’anno si celebra il centenario della nascita, prende le mosse il saggio di Federico Luisetti “Essere pietra. Ecologia di un mondo minerale”, pubblicato nel settembre 2023 dalla casa editrice wetlands (rigorosamente in minuscolo).
L’autore propone una riflessione sulle pietre come “esseri-terra” e sulla connessione politica e giuridica con gli “esseri-persona”, nella prospettiva di una sfida che spinge ancora più in là il pensiero ambientalista fino a riconoscere una soggettività giuridica non solo agli altri esseri viventi (animali e piante), ma anche al mondo inanimato di cui le pietre sono simbolo.
«Calvino» scrive Luisetti nella prefazione al libro «ci aiuta a percepire la distinzione tra soggetto e persona [...]. Poiché le pietre non partecipano a una vitalità universale, la loro alterità dev’essere riconosciuta come una sfida all’egemonia della persona vivente, ovvero al cuore del pensiero occidentale».
Pensiero che si è formato sul concetto, elaborato dal diritto romano, della separazione tra persona, come soggetto di diritto, e cosa, come oggetto di diritto: la persona umana è l’unica attrice sulla scena, tutto ciò che è classificato “cosa” esiste solo in funzione della persona che se ne appropria, la fa sua, la assoggetta al proprio potere per farne ciò che vuole.
Una simile concezione - che è alla base del sistema filosofico, politico, giuridico, economico occidentale incentrato sul diritto allo sfruttamento -, è estranea alle culture non occidentali, fondate, invece, sulla simbiosi tra esseri umani e “esseri-terra”.
Le popolazioni indigene del Sud America sono state protagoniste delle più significative lotte per la tutela della natura e dell’ambiente, animate da un profondo sentimento di connessione - non di opposizione o separazione - rispetto alle “cose” circostanti.
Il popolo indigeno dei Kichwa de Sarayaku ha promosso (e vinto) una causa intentata con lo Stato dell’Ecuador davanti alla Corte interamericana dei diritti umani, a tutela della “Foresta vivente”, minacciata dalla arbitraria invasione compiuta dalle multinazionali straniere del petrolio.
Sulla scia di queste lotte nel 2008 la Repubblica dell’Equador si è data una Costituzione e ha assicurato alle risorse naturali un livello di protezione molto più avanzato rispetto all’Europa e agli altri paesi del mondo che si considerano all’avanguardia. La Costituzione dell’Ecuador riconosce la “Natura”, chiamata Pachamama, come soggetto di diritti. I diritti della natura si trovano sanciti negli articoli da 71 a 74: il diritto al rispetto integrale della esistenza della Natura e al mantenimento e alla rigenerazione dei suoi cicli vitali, delle sue strutture, delle sue funzioni e dei suoi processi evolutivi; il diritto a interventi di risanamento.
Il benessere della Natura è messo in correlazione con il diritto per le persone, i popoli, le comunità di godere dell’ambiente e delle ricchezze naturali che rendono possibile una “sumak kawsay" ovvero una “coesistenza armoniosa”.
E così, dall’altra parte del mondo, è stato il popolo Maori, autoctono del fiume Whanganui, che nel 2017 è riuscito ad ottenere, da parte del Parlamento della Nuova Zelanda, il riconoscimento della titolarità di diritti in favore del proprio fiume sacro.
Quel fiume vede i propri diritti suscettibili di tutela dinanzi a un Tribunale: «Ko au te awa, ko te awa ko au», dicono i Maori, «Io sono il fiume e il fiume è me».
Negli Stati Uniti, il primo a teorizzare la capacità degli alberi a stare in giudizio è stato Christopher Stone, che nel 1973 pubblicò un articolo (ora divenuto libro) dal titolo "Should trees have standing". La tesi del professor Stone fu utilizzata nella causa promossa dal Sierra Club (la più antica e importante organizzazione ambientalista degli Stati Uniti, fondata nel 1892 dal naturalista John Muir) per bloccare il progetto della Walt Disney che intendeva costruire un enorme complesso sciistico nei territori selvaggi delle montagne della Sierra Nevada in California: la Mineral King Valley.
Quella ardita teoria giuridica incontrò il favore di un giudice della Corte Suprema americana, William O. Douglas, autore, nel 1965, della Carta dei diritti della natura selvaggia ("A Wilderness Bill of Rights"), ma non servì a vincere la causa, perché la maggioranza dei giudici della Corte votò contro; nonostante la sconfitta, si creò un tale movimento di opinione a sostegno della lotta del Sierra Club che la Walt Disney fu costretta a rinunciare alla stazione sciistica. Oggi la Mineral King Valley continua ad essere un paradiso naturale, inserito nel Sequoia National Park.
Ma ancora non basta.
Non basta riconoscere diritti agli animali, alle piante, agli esseri viventi diversi dagli umani.
Occorre, secondo Luisetti, un’idea più radicale: occorre ribaltare il pensiero antropocentrico, frutto velenoso della cultura della sopraffazione e dello sfruttamento, sino a riconoscere una soggettività anche alle pietre e a tutti gli esseri-terra.
Del resto alcune pietre hanno conquistato da sole il diritto ad imporsi come “soggetti” attraverso un atto rivoluzionario: il movimento.
Sono i massi erratici «frammenti di un tempo profondo, corpi geologici posti al crocevia di regimi temporali incompatibili». E, in questa parte, il saggio di Luisetti assume accenti poetici.
Aill na Mìrrean un masso erratico alto sei metri che in Irlanda ha dato vita a un luogo di culto druidico.
Pierre des Marmettes un masso di 1.800 metri cubi che domina la valle del Rodano nelle Alpi svizzere, un erratico del tutto fuori luogo, un intruso dal punto di vista spaziale, temporale, ecologico, estetico.
Il masso erratico di Amburgo, scoperto nell’autunno 1999 nel letto del fiume Elba.
Quest’ultimo è un masso erratico di 217 tonnellate, staccatosi 400.000 anni fa dalla Svezia meridionale e trasportato dai ghiacciai fino al sito attuale; si impone allo sguardo e al paesaggio con la sua mole enorme, sproporzionata, del tutto fuori posto rispetto al contesto. Considerato “il più antico immigrato di Amburgo”, è divenuto simbolo delle lotte a favore dei diritti degli immigrati. In questo modo ha “affermato la propria soggettività”, ha ottenuto il riconoscimento della propria identità, una identità ibrida «fatta di erranza e stabilità, alterità e familiarità».
Chissà se questo serve a capire il punto in cui ci troviamo, per metterci «una pietra sopra», come fa Calvino con i suoi Discorsi di letteratura e società raccolti da Einaudi nel 1980: «L’ambizione giovanile da cui ho preso le mosse è stata quella del progetto di costruzione d’una nuova letteratura che a sua volta servisse alla costruzione d’una nuova società. […] il mondo che ho oggi sotto gli occhi non potrebbe essere più opposto all’immagine che quelle buone intenzioni costruttive proiettavano sul futuro. La società si manifesta come collasso, come frana, come cancrena (o, nelle sue apparenze meno catastrofiche, come vita alla giornata); e la letteratura sopravvive dispersa nelle crepe e nelle sconnessure, come coscienza che nessun crollo sarà tanto definitivo da escludere altri crolli».
Appunto bibliografico:
Italo Calvino, Essere pietra (per Alberto Magnelli), in Magnelli. Les pierres: 1931-1935, catalogo della mostra, Galleria Sapone di Nizza, 1981; poi con il titolo Io sono una pietra, su «la Repubblica», 14 luglio 1981; ora in Romanzi e racconti, tomo III.
Italo Calvino, Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e società, Einaudi, 1980
Federico Luisetti, Essere pietra. Ecologia di un mondo minerale, wetlands, 2023
Ursula Biemann e Paulo Tavares, Forest Law – Foresta giuridica, Nottetempo, 2020
Eduardo Kohn, Come pensano le foreste, Nottetempo, 2021
Francis Hallé, Ci vuole un albero per salvare la città: Un manifesto per i politici e gli amministratori pubblici, Ponte alle Grazie, 2018
Christopher D. Stone, Should trees have standing. Law, Morality, and the Environment. Oxford University Press Inc., 2010
David R. Boyd, The Rights of Nature. A legal revolution that could save the world, Tantor, 2017
Bruce Albert (direzione artistica di), Nous les arbres. Catalogo della mostra. Fondation Cartier pour l’art contemporain, 2019.
Bruce Albert (direzione artistica di), Siamo foresta, catalogo della mostra, Triennale di Milano in collaborazione con la Fondation Cartier pour l’art contemporain, 2023
Edward Burtynsky, Jennifer Baichwal, Nicholas de Pencier, Anthropocene, catalogo della mostra, Fondazione Mast di Bologna, 2019