GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    ​Il regime intertemporale della rinnovazione degli atti in caso di mutamento del giudice nella c.d. “riforma Cartabia”

    Il regime intertemporale della rinnovazione degli atti in caso di mutamento del giudice nella c.d. “riforma Cartabia”

    di Andrea Apollonio 

    La nuova regola del co. 4-ter dell'art. 495 c.p.p. soggiace sì al principio tempus regit actum, ma non può applicarsi ai procedimenti in corso perché risulta congelata la (nuova) norma che la integra e completa (l'art. 510, co. 2-bis). Per la stessa ragione, anche una volta sbloccato il diritto alla rinnovazione degli atti a seguito dell'entrata in vigore dell'obbligo di videoregistrazione dell'esame testimoniale, questo potrà esercitarsi dalla parte che vi ha interesse solo rispetto alle prove dichiarative che saranno formate dopo il 1 novembre 2023. Soccorrono, a sostegno di questa tesi, molteplici argomentazioni di carattere sistematico e teleologico, oltreché una lettura costituzionalmente orientata delle norme ispirata al principio del giusto processo e della sua ragionevole durata.

    Sommario: 1. Il d.lgs. n. 150 del 17 ottobre 2022 (c.d. "riforma Cartabia") e la nuova natura dell'atto dichiarativo - 2. Le modifiche al reticolato normativo di cui agli artt. 495 e 510 c.p.p. - 3. La questione sottesa, tra Corte Costituzionale e Sezioni Unite - 4. Una "ragionevole" lettura del regime transitorio della rinnovazione degli atti - 5 L'emersione di un diritto processuale "modulabile".

    1. Il d.lgs. n. 150 del 17 ottobre 2022 (c.d. "riforma Cartabia") e la nuova natura dell'atto dichiarativo

    Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del d.lgs. n. 150 del 17 ottobre 2022 è stata introdotta nell'ordinamento penale la c.d. "riforma Cartabia", che attua la legge delega n. 134/2021. Un progetto riformatore di ampio respiro che va ad incidere su molteplici aspetti della disciplina codicistica. Un primo gruppo di interventi mira a realizzare la transizione digitale e telematica del processo penale, «valorizzati anche e proprio per ridurre i tempi dei processi»[1]; un'altra area di intervento, tra le tante, attiene invece alla salvaguardia dei diritti delle parti e delle garanzie del giusto processo. Si tratta di due direttive generali dell'azione riformatrice che, ai fini della presente ricognizione, debbono essere lette assieme per essere meglio coordinate, anche sul piano interpretativo.

    L'art. 1, co. 8 della legge n. 134/2021 autorizzava il Governo ad interpolare il sistema di documentazione degli atti processuali sulla scorta delle strumentazioni tecnologiche oggi disponibili, affermando un livello minimo di valore euristico esigibile per la valutazione di determinate prove dichiarative; e alla luce di questo principio, con la legge attuatrice, viene adeguato l'art. 134 c.p.p., che contempla la previsione generale sulla documentazione degli atti, statuendo quali forme ulteriori di documentazione la registrazione audio e video, ad integrazione della tralatizia verbalizzazione, completa o sommaria, del dichiarato dell'attore della procedura o del processo, quando questa appaia insufficiente rispetto al tipo di atto processuale compiuto. Discende a cascata una serie di modifiche agli atti (dichiarativi) di indagine - ai quali, a seconda del tipo, va applicata la forma aggiuntiva della videoregistrazione o della sola audioregistrazione - nonché, sopratutto, agli atti (dichiarativi) processuali[2].

    Sebbene già il processo penale riconosca da tempo l'esistenza di supporti digitali dal valore probatorio e comunque attestatorio[3], quella elaborata dal d.lgs. n. 150 del 17 ottobre 2022 è, con riferimento all'atto dichiarativo, una vera rivoluzione copernicana, densa di implicazioni pratiche nell'operato quotidiano del pubblico ministero e del giudice, ma anche dall'immediato risvolto teorico, giacché tale atto (che assume, come noto, una importanza centrale nel processo penale, diversamente da quello civile o dalle altre giurisdizioni) viene chiamato ad affrontare fin da subito la transizione digitale e telematica, assumendo per questa via una nuova natura: non più solo momento della procedura connotato dall'oralità e materialmente consacrato in un atto, ma cattura dell'immagine del e nel processo, con ripresa integrale della deposizione e contestuale ingresso nei fascicoli di pubblici ministeri e giudici di una nuova dimensione audio-video, in cui gli attori si propongono anche visivamente ampliando a dismisura il prisma delle valutazioni in ordine all'attendibilità del teste e alla credibilità del suo narrato; una nuova e più penetrante dimensione che fin qui era rimasta ai margini dell'iter procedurale, anche perché sguarnita di una organica regolamentazione[4].

    Oltre all'intentio legis di far confluire un siffatto materiale, per così dire "nativo digitale", in un nuovo "fascicolo informatico" che dovrà - prima o poi - conservare tutti gli atti della procedura, appare evidente lo scarto negli obiettivi perseguiti dal legislatore che afferma la necessità di documentare integralmente gli atti d'indagine e quelli processuali: per i primi, la riforma intende essenzialmente superare l'assenza di contraddittorio tra le parti (es. per le sommarie informazioni testimoniali), la particolare soggezione della persona detenuta (es. per gli interrogatori), ovvero la vulnerabilità di alcuni testi (è il caso dell'esame della persona minore o dell'inferma di mente); per gli atti processuali dichiarativi, invece, la videoregistrazione è funzionale a ridurre il vulnus al principio di immediatezza e di oralità laddove - ipotesi affatto peregrina - la prova, pur ritualmente raccolta nel contraddittorio tra le parti, venga ad essere valutata da un giudice diverso da quello che ha presieduto all'assunzione. Due i casi principali a cui il legislatore ha guardato: le prove raccolte in incidente probatorio e quelle formatesi in dibattimento, nel caso però di successivo mutamento del giudice. 

    2. Le modifiche al reticolato normativo di cui agli artt. 495 e 510 c.p.p.

    Sulla scorta di questi presupposti è stato quindi modificato l'art. 510 (a cui anche la disciplina dell'incidente probatorio rimanda, per mezzo dell'art. 401) con l'aggiunta del co. 2-bis che recita: «L'esame dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici, delle parti private e delle persone indicate nell'articolo 210, nonché gli atti di ricognizione e confronto, sono documentati anche con mezzi di riproduzione audiovisiva»; si specifica poi, al nuovo co. 3-bis, che «La trascrizione della riproduzione audiovisiva di cui al comma 2-bis è disposta solo se richiesta dalle parti».

    Sul punto è opportuno chiarire che già allo stato attuale la pressoché totalità degli uffici giudiziari è munita di sistemi di fonoregistrazione delle prove dichiarative formatesi nell'udienza dibattimentale, sebbene un tale obbligo non discenda dalla principale regola codicistica - quella appunto di cui all'art. 510, che parla soltanto di verbale dell'udienza (co. 1) e dell' ausiliario che assiste il giudice e che documenta nel verbale lo svoglimento dell'esame; verbale che, come implicitamente si deduce dal co. 3, può anche essere redatto in forma riassuntiva[5] - né, espressamente, dal Titolo III del libro II del codice di rito, relativo alla documentazione degli atti, né dalle norme di attuazione. Da questa rapida ricognizione dello stato dell'arte può quindi evincersi che è solo con il decreto legislativo in commento che viene introdotto a chiare lettere l'obbligo della documentazione anche (e quindi in aggiunta) al normale verbale riassuntivo, con mezzi di riproduzione audiovisiva, e che la trascrizione che può essere richiesta dalle parti ai sensi del co. 3-bis riguarda globalmente l'audio-video, con trascrizione fonetica e descrizione delle immagini (es. mimica facciale, gesticolazione, ecc.). 

    È evidente la portata innovativa di queste norme; ed anche in ragione di ciò si prevede che esse non siano immediatamente precettive, avendo l'art. 94 del d. lgs. cit. affermato che la disposizione avrà applicazione a decorrere da un anno dall'entrata in vigore del decreto (1 novembre 2022)[6], individuando così un regime intertemporale ad hoc[7]. D'altronde, la stessa Relazione Illustrativa, che è da considerarsi una rilevante fonte interpretativa nel caso che ci occupa[8], rimarca come la disposizione transitoria di cui all'art. 94 sia dettata dall' «impatto della nuova disposizione, per concedere all'amministrazione i tempi necessari ad organizzare i servizi di registrazione audiovisiva e la conservazione dei supporti informatici»[9].

    A questa disposizione, mediante un esplicito riferimento letterale, strettamente si aggancia la nuova formulazione dell’articolo 495, cui è aggiunto il co. 4-ter: «Se il giudice muta nel corso del dibattimento, la parte che vi ha interesse ha diritto di ottenere l’esame delle persone che hanno già reso dichiarazioni nel medesimo dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, salvo che il precedente esame sia stato documentato integralmente mediante mezzi di riproduzione audiovisiva. In ogni caso, la rinnovazione dell’esame può essere disposta quando il giudice la ritenga necessaria sulla base di specifiche esigenze». Ci si rifà quindi, e senza dubbio alcuno, a quei "mezzi di riproduzione audiovisiva" regolamentati, come si è visto, dal combinato disposto di cui all'art. 510 co. 2-bis e all'art. 94 del d.lgs. cit.  

    3. La questione sottesa, tra Corte Costituzionale e Sezioni Unite

    Per comprendere meglio la questione che ci occupa occorre fare un passo indietro. Si ricorderà che le Sezioni Unite del 10 ottobre 2019 (ud. 30 maggio 2019), n. 41736, imp. Bajrami[10], avevano affrontato l’ampio tema delle regole che il giudice subentrante al precedente nel dibattimento deve osservare per una corretta rinnovazione dello stesso, imposte a contrario dall’art. 525 co. 2 c.p.p., secondo cui alla deliberazione della sentenza concorrono i medesimi giudici che hanno partecipato al dibattimento, a pena di nullità assoluta. La dottrina e la giurisprudenza non hanno mancato di sottolineare come il fondamento della norma risieda nella necessità di preservare il rapporto diretto tra giudice e formazione della prova e di cogliere – mediante la diretta percezione, da parte del primo, delle dichiarazioni dei testi escussi – tutti i connotati espressivi, anche non verbali, del dichiarante al fine di valutarne la credibilità e l’attendibilità[11].

    Fino al 2019 questa norma veniva applicata dal diritto vivente[12] in maniera alquanto rigorosa, non offrendo d'altronde la littera legis una qualsiasi opzione alternativa, al punto da consentire nella law in action - sopratutto nei processi più complessi e di più lunga durata, ovvero, ed a fortiori, nei piccoli uffici giudiziari in cui frequente è il turn over dei magistrati - una continua rinnovazione degli atti, ampliandosi così a dismisura la durata dei dibattimenti, con tutti i rischi che ne conseguono: primo tra tutti, l'abnorme lungaggine del processo e la prescrizione dei fatti di reato sub iudice.

    È su questo delicatissimo punto di snodo che le Sezioni Unite "Bajrami" intervenivano, autorevolmente spalleggiate dalla Corte Costituzionale che, poco prima, con la sentenza n. 132 del 2019[13], pur dichiarando inammissibili le questioni di legittimità prospettate, si prodigava nel rendere un obiter dictum definito dalla dottrina "gigantesco"[14]; perché nella sentenza si andava a descrivere la realtà effettiva delle aule giudiziarie, dove il principio di immediatezza «rischia di divenire un mero simulacro», e questo perche proprio l’ampio lasso di tempo entro cui si svolgono i dibattimenti provoca il rischio che «il giudice che ha iniziato il processo si trovi nell’impossibilità di condurlo a termine, o comunque che il collegio giudicante muti la propria composizione, per le ragioni più varie». Secondo il Giudice delle Leggi, la rinnovazione delle prove dichiarative che ne consegue, ove non vi sia il consenso delle parti alla lettura degli atti ex art. 511, spesso si risolve in una sterile conferma delle dichiarazioni rese a suo tempo dal dichiarante, senza dunque che il tribunale diversamente composto possa trarre alcun beneficio, in punto di immediatezza, dalla riescussione; e ciò  «produce costi significativi, in termini tanto di ragionevole durata del processo, quanto di efficiente amministrazione della giustizia penale», anche per la possibilità che il reato sia prescritto prima della sentenza definitiva[15].

    Le Sezioni Unite, anche alla luce delle affermazioni della Corte, percorrevano la strada di una interpretazione della norma costituzionalmente orientata, in grado di non far confliggere la regola iuris dell'oralità e dell'immediatezza con il consacrato principio della ragionevole durata e dell'effettività ex art. 111 Cost., così come interpretato nella sentenza n. 132/2019[16].

    In estrema sintesi, il Supremo Consesso statuiva che se la parte legittimata fa richiesta di reiterazione dell’esame testimoniale a seguito del mutamento del giudicante, il nuovo giudice potrà azionare l’ordinario vaglio sulla sussistenza di divieti di legge, sulla superfluità e sulla rilevanza della prova. Cosicché, la reiterazione dell’esame potrà essere reputata superflua, ad esempio, quando la parte non avrà indicato nuove circostanze sulle quali esaminare il teste, e quindi sia stata chiesta la pedissequa reiterazione dell’esame, sulle medesime circostanze sulle quali il teste è già stato esaminato; ovvero quando la parte non avrà indicato motivi di inattendibilità del teste cui si accompagni la necessità di sentirlo nuovamente. Se l’esame del teste non viene reiterato, perché non richiesto o perché divenuto impossibile o perché non ammesso dal giudice per superfluità della ripetizione, le dichiarazioni già in precedenza rese, qualora non vietate dalla legge o ritenute superflue o irrilevanti, verranno rese utilizzabili mediante lettura ex art. 511[17].

    Va aggiunto che la Corte Costituzionale, sempre nella sentenza n. 132/2019, in questo caso rivolgendosi direttamente al legislatore, suggeriva rimedi "strutturali" tali da assicurare una ragionevole durata del processo e, nel contempo, la tutela del diritto di difesa dell’imputato, senza elidere del tutto il diritto della parte alla nuova audizione dei testimoni di fronte al nuovo giudice (diritto che la Corte definisce «non assoluto, ma modulabile (entro limiti di ragionevolezza)»): un obiettivo raggiungibile attraverso «la previsione legislativa di ragionevoli deroghe alla regola dell’identità tra giudice avanti al quale si forma la prova e giudice che decide»; «come, ad esempio» - rimarcava ancora la Corte - «la videoregistrazione delle prove dichiarative».

    Regola di principio e contestuale previsione derogatoria che, in ultimo, venivano introdotte ex novo nel nostro sistema processuale dal d.lgs. n. 150 del 17 ottobre 2022. 

    4. Una "ragionevole" lettura del regime transitorio della rinnovazione degli atti

    L'art. 94 del d.lgs. n. 150 del 17 ottobre 2022, che come visto contempla il regime dilatorio dell'obbligo disposto nell'art. 510, co. 2-bis, non riguarda, expressis verbis, altre norme: neppure l'art. 495 ed il principio di rinnovazione degli atti in caso di mutamento del giudice, con contestuale previsione derogatoria. Cosicché, si potrebbe arguire che quest'ultima disposizione sia pianamente soggetta al principio temporale regolatore delle norme processuali penali del tempus regit actum, e quindi, sempre in assenza di specifica disposizione transitoria o attuativa, applicarsi ai processi in corso. Questo vuol dire che tale diritto attribuito alla "parte che vi ha interesse" potrebbe già essere esercitato a partire dal 1 novembre 2022, giorno dell'entrata in vigore della c.d. "riforma Cartabia", con ricadute, come si immagina, di enorme rilievo pratico sull'andamento dei processi negli uffici giudiziari, sopratutto in quelli medio-piccoli ove il turn over dei magistrati è una realtà consolidata. Se così, poi, occorrerebbe dirimere un ulteriore punto controverso, ovverosia se far valere un tale diritto rispetto alle prove già formate (bastando quindi in questo caso, nel processo in corso, il mero dato formale dell'essere il tribunale innanzi al quale pende il dibattimento diverso da quello che ha presieduto alla formazione della prova dichiarativa, già formatasi) ovvero a quelle che devono ancora essere formate e che poi, successivamente, potrebbero essere (eventualmente) interessate dal mutamento del giudice. La norma, come detto, si limita a sancire la regola, e nulla dispone al riguardo[18].

    Ma la norma sancisce, contestualmente, la previsione derogatoria, peraltro icto oculi destinata ad operare nella quasi totalità dei casi laddove la previsione della videoregistrazione di cui all'art. 510, co. 2-bis sia concretamente attuata nelle aule dibattimentali, in specie a seguito dell’entrata in vigore del relativo obbligo.

    Può forse essere utile a meglio comprendere la topografia della normativa processuale in parola notare come il d.lgs. n. 150 del 17 ottobre 2022 vada ad operare prima la modifica dell'art. 495, con l'aggiunta del comma 4-ter (all'art. 30, co. 1, lett. f) e dopo la modifica dell'art. 510 (all'art. 30, co. 1, lett. i). Una specificazione affatto ultronea, dal momento che ci fa subito comprendere che il diritto alla rinnovazione degli atti può tenersi soltanto con la vigenza dell' obbligo di documentazione della prova con mezzi di riproduzione audiovisiva - e quindi con l'effettiva possibilità che risulti inverata la condizione della "ragionevole deroga", per riprendere le parole del Giudice delle Leggi.

    Diversamente opinando, si andrebbe ad esercitare un diritto processuale pieno e incontrastato diverso da quello concepito dalla norma, che l'ha forgiato dimidiato, amputato, limitato, soggetto cioè alla neutralizzazione per mezzo, appunto, di “ragionevoli deroghe” dalla riproduzione audiovisiva di quelle prove dichiarative formatesi innanzi ad un diverso giudice; e un tale esercizio del diritto andrebbe a violare indirettamente il principio di stretta tipicità delle nullità processuali: perché a salvaguardia di quel diritto sta pur sempre la nullità (assoluta)  di cui all' art. 525 co. 2, che potrebbe essere percorsa senza che ne ricorrano - integralmente - i presupposti di legge.

    In altre parole, la dicotomia diritto/obbligo (recte: regola/eccezione) è stata costruita dal legislatore nelle forme di un dato letterale complesso, che deve leggersi nella sua interezza: il diritto di una parte (di quella che vi ha interesse) può azionarsi a fronte di un obbligo (non già semplicemente prospettato o genericamente previsto, bensì) vigente, con relativi oneri in capo all’ufficio giudiziario.

    Ma, oltre a questa forte e ineludibile argomentazione sistematica, ci sono altre argomentazioni spendibili in favore della presente tesi esegetica.

    È interessante notare come non si preveda alcuna sanzione processuale alla mancata documentazione anche con mezzi di riproduzione audiovisiva ex art. 510. Infatti questa regola ha, più che altro, una valenza organizzativa dell'udienza dibattimentale; come per la fonoregistrazione delle udienze, che, come si è visto, non trova una puntuale e organica disciplina codicistica. Collocandosi quindi la regola della riproduzione audiovisiva in questa - fin qui blanda - cornice normativa, essa non viene agganciata da alcuna sanzione processuale, quale in ipotesi potrebbe essere l'inutilizzabilità ai fini della decisione[19]

    Eppure il legislatore, come si è visto, si premura di istituire un regime intertemporale, con sospensione di un anno dell'obbligo (organizzativo) di munirsi di apparecchi di video-registrazione e di predisporre la relativa attività ausiliaria. E' del tutto evidente, quindi, che il legislatore, nel coordinare queste norme, aveva in mente i notevolissimi effetti che l'immediata precettività della norma avrebbe creato. E questi non possono essere altro che quelli contemplati all'art. 495 co. 4-ter che, osservato in vitro, senza cioé la sua previsione derogatoria, è sì interessato da un lato, da una sanzione (la nullità assoluta ex art. 525 co. 2), e dall'altro, da una conseguenza, latamente sanzionatoria (la retrocessione del processo al momento in cui veniva assunta la prova innanzi al diverso giudice). Pare evidente che il regime temporale transitorio di cui all'art. 94 si rivolga a questa sanzione e a questa conseguenza; e per converso, all'art. 495 co. 4-ter. 

    A maggior riprova si consideri quanto esplicitato nella Relazione Illustrativa: «Qualora, però, la prova dichiarativa sia stata verbalizzata tramite videoregistrazione, il giudice non disporrà la riassunzione della prova, salvo che lo ritenga necessario sulla base di specifiche esigenze. Quest’ultima disposizione [quella di cui all'art. 495] deve essere letta in sintonia con le disposizioni di attuazione del criterio di legge delega enunciato dall’art. 2-quater comma 1, lett. a)[20], destinato a introdurre la registrazione audiovisiva delle prove dichiarative come forma ulteriore e tendenzialmente elettiva di documentazione dell’atto»[21]

    5. L'emersione di un diritto "modulabile"

    Da tutto quanto detto si può agevolmente dedurre che se l'obbligo di videoregistrazione per gli atti dichiarativi dibattimentali (si ribadisce: di natura organizzativa, ricadente sugli uffici giudiziari e sprovvisto di sanzione in caso di inadempimento) entrerà in vigore un anno dopo l'entrata in vigore del d.lgs. cit. (il 1 novembre 2023), è chiaro che sarà quello il momento in cui pienamente matura il relativo diritto processuale di chiedere ed ottenere la riassunzione degli atti in caso di mutamento del giudice; limitato appunto dalla videoregistrazione, avendo il legislatore appurato come questo presidio regolamentare possa essere efficacemente volto «a prevenire il possibile uso strumentale e dilatorio del diritto in questione», come affermava la Corte Costituzionale. Sarà quello, per essere più chiari, il momento in cui la sentenza "Bajrami" e tutti gli individuati criteri-filtro che il giudice poteva (e può ancora) azionare a fronte della esplicita richiesta di riassunzione della prova verranno travolti dal novum del 2022, e quindi dall'incondizionata facoltà, per la parte che vi ha interesse, di chiedere espressamente la riassunzione della prova: a fronte di tale richiesta, e solo a partire per le deposizioni rese a partire da quella data, al giudice spetterà esclusivamente verificare se sussiste o meno quella condizione che occlude il relativo diritto (l'avvenuta riproduzione audiovisiva), fermo restando il potere ex officio del giudice di disporre la rinnovazione sulla base di "specifiche esigenze"[22].

    Va specificato che se è vero che la "Bajrami" verrà travolta, ciò non implica la mera reviviscenza del "diritto vivente" che precede la "Bajrami". Questo diritto, che prima veniva appunto estratto dal substrato giurisprudenziale ed interpolato, prima dalle Sezioni Unite del 1999 e poi da quelle del 2019, oggi è da ritenersi inedito perché forgiato – in un dato letterale complesso - precisamente e puntualmente[23], ad immagine e somiglianza dei dicta della Corte Costituzionale del 2019; un diritto, come ha ricordato il Giudice delle Leggi, «modulabile», oggi consacrato nel corpo dell'art. 495 che comprende tanto la sua parte dispositiva quanto la sua inscindibile eccezione: destinata però, nel giro di poco, a diventare regola.

    In conclusione, la nuova regola del co. 4-ter dell'art. 495 c.p.p. soggiace sì al principio tempus regit actum, ma non può applicarsi ai procedimenti in corso perché risulta congelata la (nuova) norma che la integra e completa (l'art. 510, co. 2-bis). Per la stessa ragione, anche una volta sbloccato il diritto alla rinnovazione degli atti a seguito dell'entrata in vigore dell'obbligo di videoregistrazione dell'esame testimoniale, questo potrà esercitarsi dalla parte che vi ha interesse solo rispetto alle prove dichiarative che saranno formate dopo il 1 novembre 2023; appunto perché quelle formate prima quella data non erano soggette al regime obbligatorio della videoregistrazione.

    È poi, sul piano teleologico dell'interpretazione, appena il caso di ricordare che il comune denominatore della "riforma Cartabia" è quello di accelerare la concatenazione degli atti e di ridurre i tempi dei processi: «Il filo conduttore degli interventi di riforma è rappresentato dall’efficienza del processo e della giustizia penale, in vista della piena attuazione dei principi costituzionali, convenzionali e dell’U.E. nonché del raggiungimento degli obiettivi del P.N.R.R., che prevedono entro il 2026 la riduzione del 25% della durata media del processo penale nei tre gradi di giudizio»[24]. Sarebbe quindi perlomeno paradossale aver dato la stura, con effetti incalcolabili, ad un meccanismo obiettivamente dilatorio, con evidenti ricadute sul principio di ragionevolezza e del giusto processo, così come sancito dalla Corte proprio con riferimento al tema della rinnovazione degli atti nel caso di mutamento del giudice; e sarebbe un ricominciare daccapo, in un gioco dell'oca senza fine, in cui gli unici a scontarne le pregiudizievoli conseguenze sarebbero i cittadini che, dentro e fuori il processo, attendono risposte in tempi certi.


    [1] Relazione Illustrativa del Decreto Legislativo recante attuazione della legge 27 settembre 2021 n. 134 recante delega al governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, rinvenibile dal 10 agosto 2022 sul sito istituzionale del Ministero della Giustizia (www.giustizia.it), e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 245 del 19.10.2022 (supplemento straordinario n. 5), p.8.

    [2] Si guardino, sul punto, le modifiche intervenute sugli artt. 294, 351, 357 e 362 c.p.p. sul piano delle indagini, mentre per il processo ci si confronti con gli artt. 401, 441 e 510 c.p.p.

    [3] Il codice già riconosce l’esistenza di supporti diversi per la documentazione dell’attività processuale: si pensi ai nastri delle registrazioni delle udienze e delle intercettazioni, il cui supporto è oggi quello digitale, in quanto la traccia audio e/o video è impressa su files. Sul punto vds. P. Tonini, Documento informatico e giusto processo, in Dir. Pen. e Proc., 2009, 4, p. 401 ss.

    [4] Più che altro si consentiva la documentazione degli atti anche mediante supporti fonografici e audiovisivi, ma con disciplina alquanto frammentaria: cfr. l' art. 49 att. c.p.p., che regola il limitato aspetto della conservazione dei nastri e dei supporti fonografici e audiovisivi.

    [5] Sul punto si guardi al chiaro commento dell'art. 510 c.p.p. svolto da E. Aprile, Commentario Essenziale - Procedura Penale, Piacenza, 2021, p. 547: «Valgono le regole previste per la documentazione dell'attività del giudice: va evidenziato che nella pratica in quasi tutti gli uffici viene utilizzato il sistema stenotipico che garantisce la riproduzione, in forma diretta, delle domande poste dalle parti o dal presidente nonché delle risposte delle persone esaminate e delle eventuali contestazioni; per attività semplici o di limitata rilevanza, e negli uffici giudiziari più piccoli, viene utilizzata la verbalizzazione in forma riassuntiva».

    [6] Il d.lgs. n. 150 del 17 ottobre 2022 (c.d. "riforma Cartabia") è infatti stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 243 del 17 ottobre 2022 - Serie Generale, ed entra quindi in vigore il 1 novembre 2022 (ovverosia il quindicesimo giorno successivo alla data di pubblicazione).

    [7] Art. 94 (Disposizioni transitorie in materia di videoregistrazioni) - «Le disposizioni di cui all'articolo 30, comma 1, lettera i) [ovverosia le modifiche del 510 già richiamate], si applicano decorso un anno dall’entrata in vigore del presente decreto».

    [8] Si rammenta che l'art. 12 delle Preleggi statuisce che «Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore»; indubbiamente la Relazione Illustrativa citata, pubblicata contestualmente allo schema del decreto legislativo sul sito istituzionale del Ministero della Giustizia, e financo pubblicata da ultimo nella Gazzetta Ufficiale (subito dopo la pubblicazione della legge), esprime validamente l'intentio legis.

    [9]  Relazione illustrativa, cit., p. 54.

    [10] Al riguardo si rinvia al commento di L. Miani, L'immutabilità del giudice del dibattimento dopo la sentenza delle SS.UU. "Bajrami": istruzioni per la sopravvivenza, in Giustizia Insieme, 29 novembre 2019.

    [11] Sul punto, cfr. G. Ruta, Note in materia di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per mutamento del giudice, in Giur. it., 2000, p. 1699.

    [12] Almeno a partire dall'arresto delle Sezioni Unite del 15 gennaio 1999, n. 2, in Cass. Pen., 1999, p. 1429, con nota di P. Paulesu, Mutamento del giudice dibattimentale e diritto alla prova testimoniale, p. 2494, che dirimendo un contrasto giurisprudenziale affermava la legittimità della richiesta di riassunzione della prova testimoniale a fronte dell'intervenuto mutamento del giudice, tale da sostanziare un vero ed incontrastato diritto delle parti.

    [13] Va rilevato che l'ordinanza di rimessione proveniva da un piccolo ufficio giudiziario siciliano (quello di Siracusa), in cui si celebrava un processo che, a causa del frequente mutamento del collegio, vedeva registrarsi numerosissime riassunzioni delle prove testimoniali (stante il mancato consenso dei difensori degli imputati alla lettura, ai sensi dell’art. 511, dei verbali delle deposizioni testimoniali già assunte in dibattimento), con l'inevitabile allungamento del processo e la definitiva estinzione dei reati per intervenuta prescrizione. Un altro aspetto degno di nota relativo a questa pronuncia costituzionale è che componeva il collegio la prof. Marta Cartabia, già giudice costituzionale, divenuta in seguito Ministro della Giustizia nonché principale promotrice della riforma che ha preso il suo nome, qui in trattazione.

    [14] P. Ferrua, Il sacrificio dell’oralità nel nome della ragionevole durata: i gratuiti suggerimenti della Corte costituzionale al legislatore, in Arch. pen., 2, 2019, p. 1; Id., La lenta agonia del processo accusatorio a trent’anni dall’entrata in vigore: trionfante nella Carta costituzionale, moribondo nel reale, in Proc. pen. giust., 2020, p. 10.

    [15] Secondo E. Aprile, Osservazioni (a Corte Cost., 29 maggio 2019, n. 132), in Cass. pen., 2019, p. 3623, la Corte Costituzionale ha formulato un «"monito" connesso alla prospettazione di una possibile irragionevolezza» della normativa «per i modi in cui essa è interpretata dal "diritto vivente"».

    [16] Va fin da subito rilevato che questa norma, così interpretata dal Supremo Consesso nomofilattico, sollevava vibranti proteste da parte dell'avvocatura penale, ed in particolare dall'Unione Camere Penali Italiane: cfr. Documento n. 29 del 17 ottobre 2019 della Giunta dell’U.C.P.I., consultabile su www.camerepenali.it, nel quale la giunta esprimeva «sconcerto e preoccupazione per l’ennesima violazione delle garanzie difensive».

    [17] Aggiunge la Corte che se l’esame del teste è reiterato, è in ogni caso consentita la lettura ex art. 511, delle precedenti dichiarazioni in quanto esse permangono nel fascicolo del dibattimento, di cui fanno legittimamente parte, e sono pertanto pienamente utilizzabili. Questo il principio di diritto statuito: «L’avvenuto mutamento della composizione del giudice attribuisce alle parti il diritto di chiedere, ai sensi degli artt. 468 e 493 cod. proc. pen., sia prove nuove sia la rinnovazione di quelle assunte dal giudice diversamente composto, in quest’ultimo caso indicando specificamente le ragioni che impongano tale rinnovazione, ferma restando la valutazione del giudice, ai sensi degli artt. 190 e 495 cod. proc. pen., anche sulla non manifesta superfluità della rinnovazione stessa».

    [18] D'altronde il d.lgs. cit., benché importi un vero e proprio stravolgimento delle indagini e del processo, è in molti punti sprovvista di appositi regimi intertemporali. Vd. la nota del 19.10.2022 della Giunta Esecutiva Centrale dell'Associazione Nazionale Magistrati, Nuovo rito penale: l'urgenza di una adeguata disciplina transitoria, reperibile su www.associazionemagistrati.it, in cui si esprime «Il forte auspicio che si intervenga, con un provvedimento di urgenza, per colmare le lacune di regolazione transitoria della riforma appena varata».

    [19] Inutilizzabilità che invece oggi aggancia l'art. 357 (Documentazione dell'attività di polizia giudiziaria) nel caso - disciplinato al co. 3-ter - delle dichiarazioni della persona minorenne, inferma di mente e in condizioni di particolare vulnerabilità non documentate integralmente con mezzi di riproduzione audiovisiva o fonografica.

    [20] In realtà, l'art. 2-quater comma 1, lett. a) non è presente né nella legge delega (l. n. 134/2021) né nel d.lgs cit. Trattandosi di un evidente refuso, tale rinvio è inutile; molto utile, invece, il riferimento al necessario coordinamento con le disposizioni che introducono la registrazione audiovisiva delle prove dichiarative come forma ulteriore e tendenzialmente elettiva di documentazione dell’atto.

    [21] Relazione Illustrativa, cit., p. 143.

    [22] Questo ragionamento non muta laddove, anche prima del 1 novembre 2023, si provvedesse alla videoregistrazione della prova dichiarativa (che sarebbe comunque una documentazione ulteriore e maggiormente utile per il diverso giudice); ciò che rileva è infatti l'obbligo formale, senza la cui entrata in vigore non può invocarsi la nullità assoluta ex art. 525 co. 2.

    [23] «Non mancano, naturalmente, anche norme maggiormente puntuali. Una di queste riguarda, forse la più significativa, stante le forti riserve che hanno contrassegnato l’intervento delle Sezioni unite Bajrami, il principio di immediatezza, cioè, il mutamento del colllegio giudicante. Si prevede il rinnovo della prova assunta in contraddittorio dal vecchio collegio, salva l’ipotesi in cui la dichiarazione sia stata videoregistrata, residuando al giudice il potere di disporre la rinnovazione in presenza di specifiche esigenze (non meglio definite)». G. Spangher, La riforma Cartabia: alcuni fils rouge, in Giustizia Insieme, 6 settembre 2022.

    [24] Relazione Illustrativa, cit., p. 7.

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