GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    Il diritto dei figli di due mamme o di due papà ad avere due genitori. Un primo commento alle sentenze della Corte Costituzionale n. 32 e 33 del 2021

    Il diritto dei figli di due mamme o di due papà ad avere due genitori. Un primo commento alle sentenze della Corte Costituzionale n. 32 e 33 del 2021  

    di Gilda Ferrando  

    Sommario: 1. Casi e problemi – 2. I precedenti – 3. Le sentenze della Corte costituzionale – 4. La parola ai giudici di merito. 

    Corte cost.  9 marzo 2021, n. 32 – Coraggio Pres. – Sciarra Rel.  

    Fecondazione eterologa all’estero – Stato del figlio nato da una coppia di donne –Riconoscimento da parte della madre intenzionale – Esclusione – Questione di legittimità costituzionale inammissibile – Urgenza dell’intervento del legislatore.  

    Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 8, 9, l. n. 40/2004 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita) e 250 del codice civile, sollevate in riferimento agli artt. 2,3, 30, 117 Cost. Spetta infatti alla prioritaria valutazione del legislatore la scelta dei mezzi più adatti a raggiungere un fine costituzionalmente necessario. Nondimeno la Corte non può esimersi dall’affermare che non sarebbe più tollerabile il protrarsi dell’inerzia legislativa, tanto è grave il vuoto di tutela del preminente interesse del minore riscontrato nel caso di specie (il caso riguardava un bambino nato da una coppia di donne mediante inseminazione eterologa realizzata all’estero. Non essendo praticabile l’adozione in casi particolari da parte della madre intenzionale per l’insormontabile dissenso della madre biologica in seguito al verificarsi della crisi della coppia, il giudice a quo riteneva inammissibile anche il riconoscimento, e quindi sollevava la questione di legittimità delle norme impugnate).    

    Corte cost.  9 marzo 2021, n. 33 – Coraggio Pres. – Viganò Rel.  

    Maternità surrogata all’estero – Stato del figlio – Doppia paternità - Riconoscimento dell’atto di nascita straniero – Contrarietà all’ordine pubblico – Questione di legittimità costituzionale inammissibile - Urgenza dell’intervento del legislatore

    Sono inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 12, c. 6 l. n. 40/2004 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), dell’art. 64, c. 1 , l. n. 218/1995 e dell’art. 18 d.P.R. n. 396/2000 sollevate  in riferimento agli artt. 2,3, 30, 117 Cost. Il compito di adeguare il diritto vigente alle esigenze di tutela degli interessi dei bambini nati da maternità surrogata – nel contesto del difficile bilanciamento tra la legittima finalità di disincentivare il ricorso a questa pratica, e l’imprescindibile necessità di assicurare il rispetto dei diritti dei minori, nei termini sopra precisati – non può che spettare, in prima battuta, al legislatore, al quale deve essere riconosciuto un significativo margine di manovra nell’individuare una soluzione che si faccia carico di tutti i diritti e i principi in gioco. Di fronte al ventaglio delle opzioni possibili, tutte compatibili con la Costituzione e tutte implicanti interventi su materie di grande complessità sistematica, questa Corte non può, allo stato, che arrestarsi, e cedere doverosamente il passo alla discrezionalità del legislatore, nella ormai indifferibile individuazione delle soluzioni in grado di porre rimedio all’attuale situazione di insufficiente tutela degli interessi del minore (il caso riguardava il riconoscimento dell’atto di nascita straniero recante la doppia paternità del bambino nato da maternità surrogata all’estero).

    1. Casi e problemi

    Con due sentenze pubblicate nello stesso giorno la Corte costituzionale abbraccia con uno sguardo d’insieme le questioni relative all’accertamento della doppia maternità (n. 32) e della doppia paternità (n. 33). Le motivazioni si devono a due diversi redattori (Silvana Sciarra la prima e Francesco Viganò la seconda) ma, pur nelle diversità stilistiche e di accento, seguono uno stesso percorso argomentativo.

    Fino ad ora i giudici avevano esaminato distintamente ciascun problema, ed erano pervenute a soluzioni differenziate a seconda delle diverse situazioni in cui si presentava il problema del riconoscimento giuridico del rapporto di filiazione con il genitore intenzionale, vale a dire con colui il quale, pur non avendo un rapporto genetico col figlio, ne ha voluto la nascita nell’ambito di un progetto di genitorialità condivisa, se ne prende cura ed è responsabile della sua formazione.

    Quando è stato redatto un atto di nascita straniero si è propensi ad ammetterne il riconoscimento se da esso risulti la doppia maternità[1], ma non quando venga indicata la doppia paternità[2]. Nel caso, poi – ed è quello più frequente – in cui il figlio di una coppia di donne che è andata all’estero per la fecondazione eterologa nasca in Italia, si tende ad escludere che l’ufficiale di stato civile possa accogliere la domanda di formare l’atto di nascita con l’indicazione della doppia maternità[3].

    Si guarda invece con favore all’adozione in casi particolari (art. 44, lett. d), l. n. 184/1983) che viene considerata la via maestra per dare veste giuridica al rapporto con il genitore sociale[4].

    Può apparire sorprendente che, a fronte di un’unica domanda di giustizia da parte dei bambini, si prospettino soluzioni così differenziate. Il fatto è che fino ad ora i giudici hanno cercato una risposta partendo dall’assunto che nell’ordinamento si rifletta un modello di famiglia, per così dire, tradizionale, dove vi sono un padre e una madre, un modello la cui conservazione corrisponde all’interesse generale. Fa eccezione solamente il caso del bambino nato all’estero da due mamme il riconoscimento del cui atto di nascita straniero è stato ammesso, dato che in questo caso non è stato possibile invocare un ordine pubblico ostativo all’applicazione delle regole internazionalprivatistiche di riconoscimento dei provvedimenti stranieri.

    Cosa è cambiato, allora, con le due pronunce in commento della Corte costituzionale? E’ cambiato lo sguardo del diritto che finalmente si rivolge al bambino, e nel prisma dei suoi diritti esamina i due diversi casi.

    Intendiamoci, la Corte non abbandona la linea tracciata dai suoi precedenti (n. 237/2019, 230/2020[5]). Anche questa volta le due sentenze dichiarano inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, ritenendo necessario l’intervento del legislatore. C’è tuttavia un cambio di passo.  Non solo l’intervento del legislatore viene definito “indifferibile” (n. 33), e viene giudicato “non …più tollerabile il protrarsi dell’inerzia legislativa” (n.32), ma, ancor prima il bambino e i suoi diritti vengono messi al centro dell’attenzione.    

    2. I precedenti

    Rileggiamo, allora, questi precedenti [6]. Lasciamo da parte la sentenza n. 221/2019 che ha ritenuto costituzionalmente legittimo il divieto di accesso alla PMA da parte delle coppie dello stesso sesso (art. 5, l. n. 40/2004) [7]. E consideriamo invece le due sentenze, dovute alla penna dello stesso estensore (Rosario Morelli) in cui la Corte ha affrontato la questione relativa al supposto divieto di formare l’atto di nascita con l’indicazione della doppia maternità. Entrambe si sono concluse con la decisione d’inammissibilità.[8] La seconda[9]  – che ci riguarda più direttamente – ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale della norma (che viene desunta dagli artt. 1, c. 20, l. n. 76/2016, e 29, c. 2 d. P. R. n. 396/2000) che non consente la formazione dell’atto di nascita con l’indicazione della doppia maternità del bambino nato in Italia da una coppia di donne grazie alla fecondazione eterologa realizzata all’estero su richiesta congiunta di entrambe[10].

    Si tratta di questione analoga a quella esaminata dalla n. 32/2021[11]. Diverse sono le norme impugnate (nel caso della n. 230 gli artt. 1, c. 20, l. n. 76/2016, e 29, c. 2 d. P. R. n. 396/2000, nel caso della n. 32 gli artt. 250, c.c., 8, 9, l. 40), ma il problema è sempre lo stesso: è conforme a Costituzione una lettura del sistema della filiazione che non ammette l’indicazione di due mamme nell’atto di nascita?

    Nel 2020 la Corte fa propria l’interpretazione accolta dai giudici di merito. Pur condividendo l’idea che la legge n. 40 (artt. 8, 9) fondi la genitorialità sul consenso e la responsabilità della coppia che decide di fare ricorso alla PMA, ritiene che tale regola si applichi solo alle coppie che possono accedere alle tecniche. Perché si applichino gli artt. 8 e 9 “occorre pur sempre che quelle coinvolte nel progetto di genitorialità così condiviso siano coppie “di sesso diverso”, atteso che le coppie dello stesso sesso non possono accedere, in Italia, alle tecniche di procreazione medicalmente assistita”[12]. Confermata l’interpretazione del giudice a quo, se ne esclude il contrasto con gli artt. 2, 3, 30,31 Cost, nell’assunto che “i precetti di cui agli artt. 2, 3, 30 Cost. …come non consentono l’interpretazione adeguatrice della norma censurata … allo stesso modo neppure, però, ne autorizzano la reductio ad legitimitatem”. A sentire la Corte, infatti, non può ritenersi “arbitraria o irrazionale “l’idea che “una famiglia ad instar naturae – due genitori, di sesso diverso, entrambi viventi, in età potenzialmente fertile – rappresenti, in linea di principio, il ‘luogo’ più idoneo per accogliere e crescere il nuovo nato”.  E tale scelta, prosegue la Corte, non viola gli artt. 2 e 30 Cost. … perché l’aspirazione della madre intenzionale ad essere genitore non assurge a livello di diritto fondamentale della persona nei sensi di cui al citato art. 2 Cost.”. I diritti del bambino, come si vede, non vengono presi in considerazione, come se la questione riguardasse l’accesso alle tecniche, il modello di famiglia riflesso nell’art. 5, i diritti dei genitori, e non lo stato del nato, i suoi diritti fondamentali (artt. 2, 3, 30).

    Il giudizio di inammissibilità deriva dal fatto che, a sentire la Corte, la Costituzione come non impone di riconoscere l’omogenitorialità, neppure lo impedisce cosicchè la questione resta affidata alla discrezionalità del legislatore[13]. Dunque, il legislatore “può” ma non “deve”, garantire forme di tutela più ampie, mentre il giudice resta alla finestra, in attesa.

    La sentenza n. 33/2021 affronta la diversa questione del riconoscimento del provvedimento straniero da cui risulta la doppia paternità di un bambino generato all’estero con gravidanza per altri. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n.12193/2019) avevano ritenuto inammissibile il riconoscimento dell’atto di nascita per contrasto col divieto di maternità surrogata inteso come principio di ordine pubblico (artt. 64, l. n. 218/1995, art. 18 d. P.R. n. 396/2000) [14].  Preso atto che, in base a quel precedente, è questa la regola posta dall’“interpretazione attuale del diritto vivente”, la I sezione della S.C. aveva rimesso la questione alla Corte costituzionale[15], tenuto conto che, dopo la decisione delle Sezioni Unite (anche se poco prima del suo deposito), la Corte europea dei diritti dell’uomo ha reso, su questione analoga, un parere consultivo[16] che ha un’intonazione molto diversa. Se le Sezioni Unite focalizzano la propria attenzione sulla illiceità di una tecnica che l’ordinamento ritiene meritevole di sanzione penale, la Corte EDU mette in primo piano i diritti del bambino. Ai legislatori nazionali vanno riconosciuti spazi di discrezionalità nella scelta dei modi in cui garantire la loro tutela, fermo restando che lo strumento alternativo alla trascrizione dell’atto di nascita deve in ogni caso assicurare una tutela “pronta” ed “effettiva”.

    L’ordinanza di remissione prendeva le mosse proprio dall’insufficienza degli strumenti che il nostro diritto interno mette a disposizione per garantire una tutela “piena” ed “effettiva” dei diritti del bambino ed evidenziava l’insanabile contrasto tra la regola iuris applicata ed il diritto del bambino alla propria identità, alla certezza del proprio stato giuridico nei confronti di entrambi i genitori che lo hanno messo al mondo.

    La risposta della Corte costituzionale è nel senso dell’inammissibilità della questione, dato che, in prima battuta spetta al legislatore ad individuare i modi in cui garantire i diritti del bambino. La Corte, tuttavia, non si arresta a questa constatazione e si fa carico di indicare quali sono i diritti del bambino e quale ne è la rilevanza costituzionale, cosicchè dopo questa sentenza non ci sono più dubbi sul fatto che i diritti del bambino oggi non sono adeguatamente garantiti.  

    3. Le sentenze della Corte costituzionale



    Le due sentenze affrontano con uno sguardo d’insieme la questione dello stato dei figli nati da  coppie omoaffettive, siano essi nati da coppie di donne o da coppie di uomini perché i diritti dei figli hanno un solo colore ed è quello indicato dalle norme costituzionali interne ed europee.

    È proprio dai diritti dei bambini che prende le mosse la sentenza n. 32 (quella che si occupa dei nati da coppie di donne) ricordando che questo era stato il percorso segnato già nel 1998, con la prima pronuncia in materia di PMA[17] dove, affrontando la questione dello stato dei figli nati da fecondazione eterologa, la Corte esprimeva l’”urgenza” di individuare strumenti di tutela del nato “non solo in relazione ai diritti e ai doveri previsti per la sua formazione” (artt. 30, 31 Cost.), ma “ancor prima – in base all’art. 2 della Costituzione – ai suoi diritti nei confronti di chi si sia liberamente impegnato ad accoglierlo assumendone le relative responsabilità”. La Corte di Cassazione[18],  prima, ed il legislatore, poi, (artt. 8,9, l. n. 40) hanno seguito quel “monito”, rendendo i genitori, sulla base del loro consenso, responsabili nei confronti del nato anche nel caso in cui si fossero avvalsi di una tecnica (come l’eterologa) che la legge all’epoca non ammetteva[19]. L’art. 9 della l. n. 40, nel far prevalere la responsabilità sulla verità biologica dimostra la volontà di tutelare gli interessi del figlio, garantendo “il consolidamento …di una propria identità affettiva, relazionale e sociale”.

    L’evoluzione successiva delle norme interne (l. n. 219/2012, d. lgs.n. 154/2013) ed europee (art. 24 CDFUE) – osserva la Corte - segna un ulteriore progresso nella direzione di un sempre più ampio riconoscimento dei diritti del bambino e del suo preminente interesse. Se ne trova conferma nella   giurisprudenza delle Corti europee del Lussemburgo e di Strasburgo, quest’ultima ripetutamente incline a garantire la stabilità dei legami e delle relazioni familiari del minore anche se meramente “di fatto”, non ancora riconosciute dal diritto. L’ampia rassegna della giurisprudenza della Corte europea (n. 32) mira a dimostrare che nella tutela del preminente interesse del bambino è compresa “la garanzia del suo diritto all’identità affettiva, relazionale, sociale, fondato sulla stabilità dei rapporti familiari e di cura e sul loro riconoscimento giuridico”. Da questo punto di vista il riconoscimento del legame con i genitori intenzionali rientra “nel perimetro di diritti concretamente azionabili che si traducono in altrettanti obblighi degli Stati a intervenire se la tutela non è effettiva”. In questa stessa direzione vengono richiamate anche precedenti sentenze della Corte costituzionale che in diverse occasioni ha valorizzato l’interesse del bambino a “mantenere il legame genitoriale acquisito, anche eventualmente in contrasto con la verità biologica della procreazione”, dando in tal modo rilievo ad una genitorialità sociale o di fatto pur in assenza di discendenza biologica[20].

    È la stessa prospettiva da cui muove la sentenza n. 33. Il fatto che la questione sottoposta all’esame della Corte riguardi un caso di maternità surrogata, pratica penalmente sanzionata e apertamente condannata dalle Sezioni Unite (n. 12193/2019) [21] e dalla stessa Corte costituzionale (n. 272/2017), non può infatti porre nell’ombra il fatto che le questioni su cui la Corte si deve ora pronunciare  “sono però focalizzate sugli interessi del bambino …nei suoi rapporti con la coppia” (omosessuale o eterosessuale, non importa) che ne ha voluto il concepimento e la nascita.  La questione da decidere non riguarda la maternità surrogata, ma lo stato del figlio. Questo passaggio è decisivo in quanto, diversamente dalle sezioni Unite, la Corte costituzionale è consapevole della necessità di non confondere i due distinti piani: da un lato il giudizio sulla condotta dei genitori, dall’altro la tutela dei diritti del figlio.

    Il problema è stabilire se “il diritto vivente espresso dalle Sezioni unite civili … sia compatibile con i diritti del minore sanciti dalle norme costituzionali e sovranazionali invocate dal giudice a quo”, con quel suo preminente interesse che impone al giudice di adottare la decisione che in concreto lo persegua, quella decisione, cioè “che più garantisca, soprattutto dal punto di vista morale, la miglior ‘cura della persona”[22].

    Da questo punto di vista “non vi è dubbio … che l’interesse di un bambino accudito sin dalla nascita (nel caso oggetto del giudizio a quo, ormai da quasi sei anni) da una coppia che ha condiviso la decisione di farlo venire al mondo è quello di ottenere un riconoscimento anche giuridico dei legami che, nella realtà fattuale, già lo uniscono a entrambi i componenti della coppia”. E questo si apprezza da una duplice prospettiva dato che “questi legami sono parte integrante della stessa identità del bambino” ed anche perché il bambino ha diritto a che sia affermata i capo ad entrambi “la titolarità giuridica di quel fascio di doveri … inscindibilmente legati all’esercizio di responsabilità genitoriali”, dai quali non è pensabile che costoro “possano ad libitum sottrarsi”.

    Non viene dunque in discussione, precisa la Corte, un preteso “diritto alla genitorialità” in capo agli adulti, ma un diritto del bambino ad avere due genitori responsabili della sua crescita.  E dal suo punto di vista un genitore solo, quello biologico, non è sufficiente, perché quando un bambino cresce ed è continuativamente accudito da un nucleo composto da due persone, che esercitano di fatto la responsabilità genitoriale, “è chiaro che egli avrà un preciso interesse al riconoscimento del proprio rapporto giuridico con entrambe”.

    Pur nel riconoscimento del carattere di assoluta preminenza che i diritti del bambino rivestono nella scala dei valori costituzionali, la Corte ne ammette il bilanciamento, nei limiti di proporzionalità, con altri scopi legittimi perseguiti dall’ordinamento, compreso quello di disincentivare il ricorso alla surrogazione di maternità. Anche alla luce della giurisprudenza CEDU, il margine di apprezzamento di cui gode il legislatore non è incondizionato, dato che egli deve rendere possibile la piena formalizzazione del rapporto col genitore intenzionale, anche se non necessariamente mediante la trascrizione del provvedimento straniero. Lo strumento prescelto, che potrebbe eventualmente essere anche un particolare tipo di adozione, deve comunque rispondere ad alcuni stringenti requisiti. Quanto ai tempi, il riconoscimento giuridico deve essere assicurato “al più tardi quando tali legami si sono di fatto concretizzati”. Quanto ai modi, deve essere assicurata l’“effettività” e la “celerità” della sua messa in opera. Quanto ai contenuti, deve essere riconosciuta la “pienezza del legame di filiazione”.

    Questo perché i diritti del bambino non possono essere strumentalizzati ad altri fini, per quanto legittimi. “Ogni soluzione che non dovesse offrire al bambino alcuna chance di un tale riconoscimento, sia pure ex post e in esito a una verifica in concreto da parte del giudice, finirebbe per strumentalizzare la persona del minore in nome della pur legittima finalità di disincentivare il ricorso alla pratica della maternità surrogata”. E questo non è ammissibile, come la Corte ha chiarito in altre occasioni: a proposito del divieto di riconoscimento dei figli nati da incesto[23] e, da ultimo, a proposito del carattere automatico della pena accessoria della sospensione dalla responsabilità genitoriale in capo al genitore autore di un grave reato in danno del figlio[24].

    Se dunque i diritti del figlio devono ricevere una tutela di questo tipo, non si può non vedere che nel nostro ordinamento sussiste un “vuoto di tutela”, una “preoccupante lacuna” (n. 32) perché lo strumento che viene indicato dalla giurisprudenza come alternativa rispetto alla dichiarazione della doppia maternità nell’atto di nascita o al riconoscimento del provvedimento straniero indicante la doppia paternità non soddisfa i requisiti richiesti.

    L’una e l’altra sentenza concordano nel denunciare “l’insufficienza del ricorso all’adozione in casi particolari” (n. 32) che non è “ancora del tutto adeguata al metro dei principi costituzionali e sovranazionali richiamati” (n. 33).  Tale insufficienza è palpabile nel caso esaminato dalla sentenza n. 32, dato che il mancato consenso del genitore biologico la rende “impraticabile proprio nelle situazioni più delicate per il benessere del minore”. In termini generali si deve comunque riscontrare la sua inadeguatezza, dato che si tratta di un istituto che “opera in ipotesi tipiche e circoscritte, producendo effetti limitati, visto che non conferisce al minore lo status di figlio legittimo dell’adottante, non assicura la creazione di un rapporto di parentela tra l’adottato e la famiglia dell’adottante (considerata l’incerta incidenza della modifica dell’art. 74 cod. civ. operata dall’art. 1, comma 1, della legge 10 dicembre 2012, n. 219, recante «Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali») e non interrompe i rapporti con la famiglia d’origine” (n. 32). Se dunque lo strumento per far constare la doppia genitorialità dovesse essere l’adozione, “essa dovrebbe dunque essere disciplinata in modo più aderente alle peculiarità della situazione in esame, che è in effetti assai distante da quelle che il legislatore ha inteso regolare per mezzo dell’art. 44, comma 1, lettera d), della legge n. 184 del 1983” (n. 33) [25].  

    4. La parola ai giudici di merito

    Come i precedenti del 2019 e 2020 le sentenze n. 32 e 33 del 2021 sono entrambe di inammissibilità. Come allora si riconosce che è compito del legislatore disciplinare la materia. E tuttavia la Corte questa volta non si limita ad un generico invito, si spinge ben oltre, fissa i confini della discrezionalità del legislatore, indica quali sono le condizioni che devono essere soddisfatte e nella n. 32 giunge a prefigurare i possibili strumenti alternativamente praticabili[26]. La sua pazienza non è senza limiti: “questa Corte ritiene di non poter ora porre rimedio”. Al legislatore si chiede di intervenire “con urgenza”, precisando che “in prima battuta” la disciplina della materia spetta al legislatore. Queste puntualizzazioni pongono all’attenzione un duplice ordine di problemi. Da un lato, nei rapporti tra Corte costituzionale e legislatore, sorge spontanea la domanda su quali potrebbero essere le conseguenze dell’inerzia del legislatore. Potrebbe, con tutte le cautele del caso, la Corte risolvere la situazione di stallo con una pronuncia di illegittimità costituzionale[27]?

    La seconda questione riguarda i rapporti tra legislatore e giudici di merito. Nell’attesa che il legislatore intervenga, i giudici – a partire proprio dai remittenti - si troveranno a dover decidere questioni relative allo status dei figli di coppie omogenitoriali. Come dovranno decidere? Dovranno applicare una regola iuris di cui la Corte ha già rilevato il contrasto con la Costituzione o non dovranno invece dare una interpretazione costituzionalmente orientata che garantisca in modo ottimale il diritto del bambino ad avere due genitori, coloro che ne hanno voluto la nascita e che sono responsabili della sua formazione?

    Per quanto riguarda la formazione dell’atto di nascita che indichi la doppia maternità, parte della giurisprudenza di merito[28] ha già indicato una via: la partenza si trova nella distinzione tra regole sull’accesso alle tecniche e regole sullo stato dei figli; per proseguire con l’individuazione di queste ultime sulla base dei principi generali (preminente interesse del minore, declinato come diritto ad uno status certo fin dalla nascita nei confronti delle persone che effettivamente ne sono i genitori; rifiuto delle logica sanzionatoria che fa ricadere sui figli le conseguenze delle condotte degli adulti; principio di non discriminazione in ragione dell’orientamento sessuale dei genitori) e della legge 40 (il consenso come fondamento dello status di figlio nelle PMA (artt. 8, 9)  anche in assenza dei requisiti prescritti dall’art. 5).

    Ulteriori problemi si incontrano nel caso della doppia paternità. Penso che tuttavia le sentenze della Corte costituzionale n. 32 e 33 offrano argomenti per un ripensamento della nozione di ordine pubblico fatto proprio dalle Sezioni unite, per un diverso bilanciamento tra i valori in gioco[29], un diverso bilanciamento che, già alla luce del parere consultivo CEDU, la prima sezione[30] sembrava suggerire, trattenuta peraltro dal rispetto dovuto all’autorità delle Sezioni Unite[31].

    Quanto all’ammissibilità della via dell’interpretazione adeguatrice, mi pare si possano fare queste considerazioni. Diversamente dalla sentenza n. 230 [32], le sentenze n. 32 e n. 33 non prendono partito su quale sia l’interpretazione corretta e si limitano a dare atto che “l’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa denunciata è stata esplorata e consapevolmente scartata dal collegio remittente”, “il che basta ai fini dell’ammissibilità della questione” (n. 32)[33].

    Va poi considerato che, a sentire la Corte, la disciplina spetta “in prima battuta” (n. 33) al legislatore, il che lascia un intendere che “in seconda battuta” la parola passa ad altri, alla stessa Corte che “ora” ritiene di “non poter porre rimedio”, ma forse potrà farlo domani. E non si deve escludere che anche i giudici di merito possano avere voce in capitolo dato che non si può ammettere che i diritti dei bambini in carne ed ossa vengano sacrificati nella snervante attesa di un legislatore che forse considera troppo “divisiva” la questione per farsene carico.

    D’altra parte, il ragionamento può essere completato andando a rileggere la motivazione della sentenza n. 347/1998. Anche allora la Corte affidava “in via primaria” al legislatore la disciplina della PMA. Ma non si limitava a questo. In mancanza di una legge riconosceva al giudice il potere di “ricercare nel complessivo sistema normativo l’interpretazione idonea ad assicurare la protezione …(dei) beni costituzionali” implicati. Questa, anche oggi, mi pare la via da percorrere, se si vuole evitare che in concreto si verifichi quella violazione di diritti fondamentali che la Corte ha condannato[34].


    [1] V. Cass., 30 settembre 2016, n. 19599 (estensore Lamorgese), Foro it., 2016, I, 3329, con nota di G. Casaburi;  in Corr. Giur., 2017, 18, con mia nota Ordine pubblico e interesse del minore nella circolazione degli status familiari; in Nuova giur. civ. comm. 2017, 372, con nota di P. Palmeri, Le ragioni della trascrivibilità del certificato di nascita redatto all’estero a favore di una coppia same-sex (ibid., pag. 362); in articolo29.it, con nota di A. Schillaci, Le vie dell’amore sono infinite. La Corte di cassazione e la trascrizione dell’atto di nascita straniero con due genitori dello stesso sesso. Si trattava di bambino nato in seguito a c.d. fecondazione incrociata (gravidanza portata avanti dalla prima madre grazie all’impianto di embrione formato con l’ovocita della seconda fecondato con seme di donatore anonimo). Successivamente il principio è stato ribadito anche nel caso in cui la seconda madre non aveva alcun legame biologico con il nato Cass., 15 giugno 2017, n. 14878 (estensore Dogliotti), Articolo29.it, con commento di S. Stefanelli, Riconoscimento dell’atto di nascita da due madri, in difetto di legame genetico con colei che non ha partorito.

    [2] Cass. S.U. 8 maggio 2019, n. 12193, in Nuova giur. civ. comm., 2019, 737 con commento di U. Salanitro, Ordine pubblico internazionale, filiazione omosessuale e surrogazione di maternità; in Fam. dir., 2019, 753, con note di G. Ferrando e M. Dogliotti; in Familia, 2019, 369, con nota di M. Bianca; in Foro it., 2019, I, 4027, con nota di G. Luccioli, E v. anche il mio commento, I bambini prima di tutto. Gestazione per altri, limiti alla discrezionalità del legislatore, ordine pubblico, in Nuova giur. civ. comm., 2019, 815.

    [3] Cass. 3 aprile 2020, n.7668, Cass. 22 aprile 2020, n. 8029, entrambe in Questione giustizia on line, 2020, con note di Celentano e Ferrando.

    [4] L’adozione in casi particolari (art. 44, lett. d), l. n. 184/1983) da parte del genitore non biologico viene generalmente ammessa dalla giurisprudenza (a partire da Cass. 22 giugno 2016, n. 12962, in Foro it., 2016, I, 2368 ss., con nota di G. Casaburi; in Nuova giur. civ. comm., 2016, I, 1135, con commento di G. Ferrando al quale mi permetto di rinviare. Al riguardo, v. anche Corte EDU, G.C. avis consultatif 10 aprile 2019, R. P 16-2018-001, in Nuova giur. civ. comm., 2019,757, con nota di A.G. Grasso; in articolo29.it, con nota di A. Schuster.  E v. anche il mio commento, I bambini prima di tutto. Gestazione per altri, limiti alla discrezionalità del legislatore, ordine pubblico, in Nuova giur. civ. comm., 2019, 815. La Corte europea ha ritenuto che rientri nell’ambito della discrezionalità dei legislatori nazionali individuare i modi in cui tutelare i diritti del bambino, sempre che tali strumenti garantiscano una tutela “pronta” ed “effettiva”. Indicazioni in questo senso anche in Cass. S.U. 8 maggio 2019, n. 12193, cit. infra, Corte cost. 18 dicembre 2017, n. 272, cit. infra; Corte cost. 15 novembre 2019, n. 237; Corte cost. 4 novembre 2020, n. 230, in Giustizia insieme, 2020, con nota di M. Bianca, La genitorialità d’intenzione e il principio di effettività. Riflessioni a margine di Corte cost. n. 230/2020, in Nuova giur. civ. comm., 2021, con mio commento, Di chi è figlio un bambino con due mamme? Commento a prima lettura di Corte cost. n. 230/2020.

    [5] Corte cost. 15 novembre 2019, n. 237; Corte cost. 4 novembre 2020, n. 230, in Giustizia insieme, 2020, con nota di M. Bianca, La genitorialità d’intenzione e il principio di effettività. Riflessioni a margine di Corte cost. n. 230/2020, e in Nuova giur. civ. comm., 2021, in corso di stampa, con mio commento.

    [6] Non riguarda i genitori omoaffettivi, ma una coppia di coniugi che aveva avuto un figlio con GPA all’estero la sentenza della Corte cost. 18 dicembre 2017, n. 272 (in Nuova giur. civ. comm., 2018, 546,  con commento di A. Gorgoni, Art. 263 cod. civ.: tra verità e conservazione dello status filiationis, ivi,  540 ss. e in Corr. giur., 2018, 446, con mia nota, Gestazione per altri, impugnativa del riconoscimento e interesse del minore) dove la Corte aveva stigmatizzato la maternità surrogata in quanto “offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”. La Corte ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 263 c.c. interpretato nel senso che nell’impugnativa della maternità della madre committente non sarebbe ammissibile la valutazione dell’interesse del minore.

    [7] Corte cost.  23 ottobre 2019, n. 221, in Nuova giur. civ. comm., 2020, 548, con nota di I. Barone, Fecondazione eterologa e coppie di donne: per la Consulta il divieto non è illegittimo e commento di M.C. Venuti, La genitorialità procreativa nella coppia omoaffettiva (femminile). Riflessioni a margine di Corte cost. n. 221/2019, ivi,  664, E v.  anche U. Salanitro, A strange loop. La procreazione assistita nel canone della Corte costituzionale, in Nuove leggi civ. comm., 2020, 206 ss; ID. , I requisiti soggettivi per la procreazione assistita: limiti ai diritti fondamentali e ruolo dell’interprete, in Nuova giur. civ. comm., 2016, II, p. 1360 ss.

    [8] Il primo caso (Corte cost. 15 novembre 2019, n. 237. Al riguardo, v. A. Astone, Omosessualità e filiazione tra tentativi di sovranismo e oscillanti aperture, in Nuova giur. civ. comm., 2020, 1169) riguardava un bambino che aveva la cittadinanza dello Stato del Wisconsin, la cui legge ammette l’indicazione della doppia maternità. L’applicazione della legge nazionale ex art. 33, l. 218/1995, era stata esclusa dal giudice remittente (Trib. Pisa, ord. 15 marzo 2018, Nuova giur. civ. comm., 2018, 1569, con nota di A.G. Grasso; in articolo29.it, con nota di A Schillaci) nell’assunto che le norme interne sarebbero “norme di applicazione necessaria” tali da impedire l’applicazione della legge straniera difforme.

    [9] Corte cost. 4 novembre 2020, n. 230, cit.

    [10] Il Trib. Venezia, ord., 3 aprile 2019 aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, c. 20, della l. n. 76/2016 “nella parte in cui limita la tutela …  delle coppie di donne omosessuali unite civilmente ai “soli diritti e … doveri nascenti dall’unione civile” e dell’art. 29, 2° co d. P.R. 396/2000 – per contrasto con gli artt. l 2,3, I e II comma, 30 e 117 Cost.”

    [11] Nel caso attuale la madre intenzionale aveva inizialmente chiesto di poter adottare la bambina, ma questo non era stato possibile dato che la madre genetica, nel pieno della crisi che aveva portato alla rottura con la sua compagna, rifiutava il consenso richiesto dall’art. 46 l. adoz.. Il rifiuto dell’ufficiale di stato civile sbarrava la via al riconoscimento della bambina come propria ex artt. 250 c.c. e 8, 9, l. n. 40 e in definitiva rendeva impossibile dare alla bambina quel secondo genitore sul quale ormai da anni faceva conto. Di qui il ricorso ai giudici che, condividendo il giudizio negativo, sollevavano la questione di legittimità costituzionale (Tribunale di Padova ord. 9. 12.2019).

    [12] Per l’infondatezza della relativa questione, v. Corte cost.  23 ottobre 2019, n. 221, cit..

    [13] “Se, dunque, il riconoscimento della omogenitorialità, all’interno di un rapporto tra due donne unite civilmente, non è imposto dagli evocati precetti costituzionali, vero è anche che tali parametri neppure sono chiusi a soluzioni di segno diverso, in base alle valutazioni che il legislatore potrà dare alla fenomenologia considerata, non potendosi escludere la «capacità della donna sola, della coppia omosessuale e della coppia eterosessuale in età avanzata di svolgere validamente anch’esse, all’occorrenza, le funzioni genitoriali» (sentenza n. 221 del 2019)”.

    [14] Cass., SS.UU., 8 maggio 2019, n. 12193, cit.

    [15] Cass., ord., 29 aprile 2020, n. 8325, in Nuova giur. civ. comm., 2020, p. 1116 con commento di V. Calderai, La tela strappata di Ercole. A proposito dello stato dei nati da maternità surrogata; in Familia 2020, 767, con nota di F. Azzarri, L’inviolabilità dello status e la filiazione dei nati all’estero da gestazione per altri; in Fam. dir., 2020, con note di Ferrando, I diritti dei bambini con due papà. La questione va alla Corte costituzionale e di Recinto, Un inatteso “revirement” della Suprema Corte in tema di maternità surrogata.

    [16] Il parere è stato reso su richiesta della Corte di cassazione francese investita della domanda di trascrizione, anche a favore della madre intenzionale, dell’atto di nascita delle due gemelle figlie di una coppia di coniugi nate da GPA all’estero: Corte EDU, G.C. avis consultatif 10 aprile 2019, R. P 16-2018-001, in Nuova giur. civ. comm., 2019,757, con nota di A.G. Grasso, in articolo29.it, con nota di A. Schuster.  A distanza di 5 anni dalla precedente, la Corte Edu torna nuovamente sul caso Mennesson (v. Corte EDU 26 giugno 2014, ric. 65192/11, Mennesson c. Francia) per riconoscere il diritto del bambino alla trascrizione dell’atto di nascita straniero non solo nei confronti del padre, genitore biologico, ma anche della madre intenzionale.

    [17] Corte cost. 26 settembre 1998, n. 347, in Nuova giur. civ. comm., 1999, I, 51, con nota di E. Palmerini. E v. il mio commento: Inseminazione eterologa e disconoscimento di paternità tra Corte costituzionale e Corte di cassazione, in Nuova giur. civ. comm., 1999, II, 22.

    [18] Cass. 16 marzo 1999, n. 2315, Fam. dir.,1999, 237, con nota di M. Sesta.

    [19] L’art. 4, c. 3, l. n. 40 vietava il ricorso a tecniche di PMA eterologhe. Il divieto è stato dichiarato illegittimo da Corte cost. 10 giugno 2014, n. 162, in Nuova giur. civ. comm., 2014, I, 802, con mio commento, Autonomia delle persone e intervento pubblico nella riproduzione assistita. Illegittimo il divieto di fecondazione eterologa, ivi, 2014, II, p. 392. Per quanto riguarda lo stato del figlio la Corte ha ritenuto applicabili gli artt. 8 e 9: “I profili …concernenti lo stato giuridico del nato ed i rapporti con i genitori, sono … anch’essi regolamentati dalle pertinenti norme della legge n. 40 del 2004, applicabili anche al nato da PMA di tipo eterologo in forza degli ordinari canoni ermeneutici”.

    [20] V. Corte Cost. 25 giugno 2020, n. 127 che ritiene la valutazione di questo interesse rilevante nel giudizio di impugnazione del riconoscimento promosso da chi lo abbia effettuato in mala fede. Ancor prima v. Corte cost. 18 dicembre 2017, n. 272, cit., la quale ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 263 c.c. interpretato nel senso che nell’impugnativa della maternità della madre committente non sarebbe ammissibile la valutazione dell’interesse del minore.

    [21] Più di recente le sezioni unite hanno ribadito il giudizio negativo sulla GPA in una pronuncia che ammette il riconoscimento dell’adozione piena pronunciata all’estero a favore di una coppia di uomini “non costituendo elemento ostativo il fatto che il nucleo familiare del figlio minore adottivo sia omogenitoriale ove sia esclusa la preesistenza di un accordo di surrogazione di maternità a fondamento della filiazione”: Cass. S.U. 31 marzo 2021, n. 9006.

    [22] Alla penna dello stesso relatore di deve la recente Corte cost. n. 102/2020 che, in applicazione di tale principio ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 574-bis, terzo comma, del codice penale, nella parte in cui prevede che la condanna pronunciata contro il genitore per il delitto di sottrazione e mantenimento di minore all’estero ai danni del figlio minore comporta la sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale, anziché la possibilità per il giudice di disporre la sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale” (Corte cost. 29 maggio 2020, n. 102).

    [23] Corte cost. 28 novembre 2002, n. 494, in Familia, 2003, 848 ss., con note di G. Ferrando e S. Landini.  che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 278 cod. civ. abr. che, in caso di incesto, impediva le indagini sulla paternità e la maternità.

    [24] Corte cost. 29 maggio 2020, n. 102.

    [25] Va qui segnalato il tentativo da parte della giurisprudenza di merito di una interpretazione che renda possibile l’instaurazione di rapporti di parentela “almeno” tra fratelli: v. Trib. min. Bologna 3 luglio 2020, in Nuova giur. civ. comm., 2021, 78, con commento di M. Cinque, Adozione in casi particolari: parentela tra “fratelli acquisiti”?. E v. anche Trib. min. Venezia, 9 ottobre 2020, Ilfamiliarista.it.

    [26] “In via esemplificativa, può trattarsi di una riscrittura delle previsioni in materia di riconoscimento, ovvero dell’introduzione di una nuova tipologia di adozione, che attribuisca, con una procedura tempestiva ed efficace, la pienezza dei diritti connessi alla filiazione. Solo un intervento del legislatore, che disciplini in modo organico la condizione dei nati da PMA da coppie dello stesso sesso, consentirebbe di ovviare alla frammentarietà e alla scarsa idoneità degli strumenti normativi ora impiegati per tutelare il “miglior interesse del minore”. Esso, inoltre, eviterebbe le “disarmonie” che potrebbero prodursi per effetto di un intervento mirato solo a risolvere il problema specificamente sottoposto all’attenzione di questa Corte. Come nel caso in cui si preveda, per il nato da PMA praticata da coppie dello stesso sesso, il riconoscimento dello status di figlio, in caso di crisi della coppia e rifiuto dell’assenso all’adozione in casi particolari, laddove, invece, lo status – meno pieno e garantito – di figlio adottivo, ai sensi dell’art. 44 della legge n. 184 del 1983, verrebbe a essere riconosciuto nel caso di accordo e quindi di assenso della madre biologica alla adozione. Il terreno aperto all’intervento del legislatore è dunque assai vasto e le misure necessarie a colmare il vuoto di tutela dei minori sono differenziate e fra sé sinergiche”.

    [27] Non mancano i precedenti, si pensi soltanto al caso Cappato (Corte cost., ordinanza n. 207/2018 e sentenza n. 242/2019).  Al riguardo, v. A. Ruggeri, La PMA alla Consulta e l’uso discrezionale della discrezionalità del legislatore (nota minima a Corte cost. nn.32, 33 del 2021), in Consultaonline.it, 2021, 221

    [28] Trib. Bologna, decr., 6 luglio 2018; Trib. Pistoia, decr. 5 luglio 2018; Trib. Genova 16 novembre 2018, tutte in articolo 29.it. In motivazione v. anche App. Napoli, sez. min., 15 giugno 2018, in articolo 29.it., con nota di M. Gattuso. Per approfondimenti, rinvio al mio I bambini, le loro mamme e gli strumenti del diritto, cit.

    [29] Per un commento critico alla Sezioni Unite, rinvio al mio I bambini prima di tutto. Gestazione per altri, limiti alla discrezionalità del legislatore, ordine pubblico, in Nuova giur. civ. comm., 2019, 815.

    [30] Cass., ord., 29 aprile 2020, n. 8325, cit. Al riguardo rinvio al mio commento, I diritti dei bambini con due papà. La questione va alla Corte costituzionale, in Fam. dir., 2020.

    [31] Le stesse Sezioni Unite sembrano muoversi su un crinale evolutivo: v., a proposito del riconoscimento dell’adozione del minore pronunciata all’estero a favore di una coppia omogenitoriale, la motivazione di Cass. S.U., 31 marzo 2021, n. 9006.

    [32] Che riteneva “esatta la premessa esegetica da cui muove il giudice a quo”, facendo conseguentemente propria l’interpretazione contraria alla doppia maternità nell’atto di nascita.

    [33] “La Sezione rimettente ha plausibilmente motivato nel senso dell’impraticabilità di una interpretazione conforme, proprio in ragione dell’intervenuta pronuncia delle Sezioni unite, che ha formato il diritto vivente che il giudice a quo sospetta di contrarietà alla Costituzione. Ciò deve ritenersi sufficiente ai fini dell’ammissibilità di una questione di legittimità costituzionale” (n. 33).

    [34] Ricordiamo, d’altra parte, cosa fece la Corte di Cassazione (21 aprile 2015, n. 8097) quando la Corte costituzionale (11 giugno 2014, n. 170) dichiarò incostituzionale il divorzio automatico del transessuale “nella misura in cui” la legge non prevedeva che i coniugi potessero “convertire” il matrimonio in un’altra forma riconosciuta dall’ordinamento. In assenza di una legge che sarebbe arrivata solo l’anno successivo (art.1, c. 27, l. n. 76/2016), la Corte di Cassazione, con giurisprudenza innovativa, ritenne inammissibile la caducazione automatica del matrimonio dato che, ragionando in senso contrario, ci sarebbe stata quella violazione di diritti fondamentali che la Corte costituzionale aveva condannato.


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