GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    Assegno divorzile e nuova famiglia di fatto: la questione alle Sezioni unite. Estinzione automatica o valorizzazione del criterio compensativo dei sacrifici e delle scelte operate in costanza del rapporto matrimoniale? La necessità di trovare una terza vi

    Assegno divorzile e nuova famiglia di fatto: la questione alle Sezioni Unite. Estinzione automatica o valorizzazione del criterio compensativo dei sacrifici e delle scelte operate in costanza del rapporto matrimoniale? La necessità di trovare una terza via*

    di Mirzia Bianca  

    Sommario: 1. La rimessione alle Sezioni Unite e l'individuazione del contrasto - 2. L'orientamento giurisprudenziale in ordine all'estinzione automatica dell'assegno divorzile in caso di instaurazione di una nuova famiglia di fatto - 3. Il problema della rilevanza del rapporto matrimoniale pregresso - 4. La necessità di trovare una terza via - 5. Considerazioni finali sulla natura dell'assegno divorzile.  

    1. La rimessione alle Sezioni Unite e l'individuazione del contrasto

    Con ordinanza del 17 dicembre 2020, n. 28995, la prima Sezione della Corte di Cassazione rimette alle Sezioni unite la questione se, “instaurata la convivenza di fatto, definita all'esito di un accertamento pieno su stabilità e durata della nuova formazione sociale”, il diritto dell'ex-coniuge, sperequato nella posizione economica, si estingua automaticamente “o siano invece praticabili altre scelte interpretative che, guidate dalla obiettiva valorizzazione del contributo dato dall'avente diritto al patrimonio della famiglia e dell'altro coniuge, sostengano dell'assegno divorzile, negli effetti compensativi suoi propri, la perdurante affermazione, anche se del caso, per una modulazione da individuarsi, nel diverso contesto sociale di riferimento”[1]. Con queste parole la prima Sezione della Corte di Cassazione evidenzia il contrasto tra un orientamento ormai consolidato volto ad affermare l'estinzione automatica dell'assegno divorzile in caso di instaurazione da parte del richiedente di una convivenza[2] e il principio perequativo-compensativo, consacrato nella decisione a Sezioni unite del 2018 in tema di assegno divorzile[3], la cui rilevanza si porrebbe in contrasto con la soluzione dell'estinzione automatica[4]. Tale contrasto appare a chi scrive di una certa rilevanza, dato che l'estinzione automatica dell'assegno porterebbe nella sua dimensione salomonica a chiudere ogni discorso relativo alla funzione compensativa dei sacrifici e delle rinunce passate, che rimarrebbero inevitabilmente travolti e cancellati dalla soluzione definitiva dell'estinzione. Occorre in definitiva chiedersi, come emerge dalla fattispecie concreta da cui ha tratto origine l'ordinanza in commento, se la scelta di instaurare una nuova famiglia di fatto da parte del soggetto richiedente l'assegno, in presenza di una perdurante sperequazione economica anche a seguito dell'instaurazione della nuova famiglia, cancelli in maniera definitiva il passato rapporto matrimoniale e la solidarietà postconiugale o debba, al contrario, percorrersi una via che consenta un'ultrattività dell'assegno divorzile al fine di tener conto del rapporto matrimoniale pregresso. Come è intuibile, tale questione solleva questioni di carattere generale relative alla natura dell'assegno divorzile e della ricerca di un equilibrio tra il principio di autodeterminazione e quello di solidarietà post-coniugale[5]. In questa sede, e anche per l'economia dell'indagine tali questioni saranno solo accennate[6] per concentrarmi sulla questione principale. Vorrei concentrare la mia attenzione per tentare di spiegare perchè l'alternativa secca estinzione automatica-non estinzione automatica non sia percorribile, essendo necessario trovare in via interpretativa una terza via. Nel farlo cercherò di portare ad esempio l'esperienza di altri Paesi del contesto europeo che hanno affrontato e che cercano di risolvere la medesima questione.  

    2. L'orientamento giurisprudenziale in ordine all'estinzione automatica dell'assegno divorzile in caso di instaurazione di una nuova famiglia di fatto

    La prima soluzione dell'estinzione automatica dell'assegno di divorzio in caso di instaurazione di una nuova famiglia di fatto è attualmente l'orientamento prevalente della giurisprudenza. Il progressivo riconoscimento della convivenza more uxorio quale comunità familiare ha portato la giurisprudenza ad equipararla al matrimonio ai fini dell'effetto estintivo dell'assegno divorzile, anche in mancanza del dato normativo. Come è noto, l'art.   5, comma 10 della legge sul divorzio prevede l'estinzione automatica dell'assegno divorzile solo nell'ipotesi in cui il soggetto richiedente passi a nuove nozze, ma nulla è previsto nel caso di instaurazione di una famiglia di fatto.  Tale lacuna, addebitabile in origine all'irrilevanza della convivenza, è stata come detto superata attraverso un percorso graduale che ha progressivamente tenuto conto del diritto effettivo e della considerazione attuale della famiglia di fatto quale modello familiare che si affianca al modello familiare  tradizionale fondato sul matrimonio.  In una prima fase si è affermato che l'assegno entrerebbe in uno stato di quiescienza e quindi sarebbe sospeso[7]. Successivamente si è superata la tesi moderata della sospensione per affermare che l'instaurazione di una convivenza stabile e duratura determina definitivamente l'estinzione dell'assegno divorzile[8]. Questa seconda soluzione è attualmente quella prevalentemente preferita dalla giurisprudenza[9]. Le ragioni che hanno portato a considerare la convivenza stabile e duratura quale causa estintiva al pari delle nuove nozze è da rinvenirsi nel fondamento familiaristico che è stato riconosciuto alla convivenza more uxorio, al pari del matrimonio, pur nella distinzione dei due modelli sotto altri e diversi profili. Non c'è al riguardo nessun dubbio che la convivenza e, ormai da tempo, sia considerata una comunità familiare ai sensi degli artt. 2, 29 Cost e dell'art. 8 Cedu, all'interno della quale sorgono obblighi di contribuzione e di solidarietà. Nella legge n. 76 del 2016 i conviventi di fatto vengono definiti quali  “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale”. La creazione di una nuova famiglia assorbe ed estingue la precedente in quanto sostituisce agli obblighi di solidarietà della vecchia famiglia quelli della nuova e ciò non può che valere tanto per la famiglia fondata sul matrimonio che per la famiglia fondata sulla convivenza stabile e duratura[10]. Correttamente la giurisprudenza tende a sottolineare che solo la convivenza more uxorio stabile e duratura, tale da dar vita ad una nuova comunità familiare, possa assumere rilevanza al fine di estinguere l'assegno divorzile. La giurisprudenza esclude infatti che abbiano tale carattere estintivo le convivenze di altra natura, come la convivenza con i propri genitori o la convivenza con un parente o un amico[11].  La progressiva rilevanza della convivenza more uxorio quale modello alternativo di famiglia, spiega perchè in altri ordinamenti quale quello spagnolo, si è espressamente previsto a livello normativo che la convivenza affettiva al pari del matrimonio determina l'estinzione dell'assegno divorzile[12]. Nel nostro ordinamento, che ancora non ha provveduto alla equiparazione, anche se è stata prevista in una recente proposta di legge di riforma della legge sul divorzio[13], non la si potrebbe certamente negare in via interpretativa, pena la cancellazione di trent'anni di riflessioni e di evoluzioni in materia di famiglia di fatto. Nè sarebbe proponibile, quanto all'effetto estintivo dell'assegno divorzile, una differenziazione tra matrimonio e convivenza fondata sul differente regime in caso di scioglimento del vincolo[14]. L'estinzione dell'assegno divorzile trova fondamento nella estinzione dei precedenti obblighi di solidarietà che sono surrogati da quelli della nuova famiglia. Il differente regime in caso di scioglimento della nuova famiglia (di fatto), oltre a riguardare un'altra questione, quella della situazione successiva, non varrebbe in ogni caso  a  cancellare la matrice solidaristica della famiglia di fatto. Una soluzione che portasse ad escludere che la famiglia di fatto, a differenza del matrimonio, sia causa estintiva dell'assegno divorzile, oltre a porre un problema di discriminazione sistematica tra due modelli entrambi ritenuti familiari, potrebbe condurre ad abusi e a situazioni parassitarie ben più gravi di quello del mantenimento dello stesso tenore di vita, di cui da poco ci siamo liberati. E' infatti assai probabile che dopo lo scioglimento del matrimonio, molti sceglierebbero di non risposarsi al fine di continuare a godere del pregresso assegno divorzile, pur avendo creato una nuova famiglia con altri. Occorre poi rilevare che la possibilità di più divorzi, con la connessa instaurazione di più convivenze,  porrebbe in termini assai problematici la sopravvivenza dell'assegno divorzile[15]. Credo quindi che le alternative siano solo due. O si ritiene che sia il matrimonio che la convivenza siano cause estintive dell'assegno divorzile o la si esclude per entrambi i modelli familiari, ma quest'ultima soluzione imporrebbe una modifica normativa e l'abrogazione dell'art. 5, comma 10 della legge sul divorzio. Quanto alla prima soluzione, l'unica al momento percorribile, credo che si tratti di scelta obbligata, se non si vuole cancellare con un colpo di spugna l'evoluzione dei modelli familiari.  Questione diversa, già emersa in giurisprudenza anche di altri Paesi europei è quella in ordine alla prova della convivenza e al contenuto della stessa. A quest'ultimo riguardo, dovrebbe farsi riferimento sia alla convivenza registrata ai sensi della legge n. 76 del 2016, sia alla convivenza non registrata[16] che abbia comunque il carattere della stabilità e della durata. Altro problema è se debba includersi anche la convivenza stabile e duratura che non abbia tuttavia il carattere della comune residenza. Tale problema, sollevato anche di recente in giurisprudenza[17] è stato risolto positivamente dalla suprema Corte spagnola[18]. Per la verità anche la nostra giurisprudenza di legittimità si è orientata verso la soluzione positiva ammettendo che, ai fini dell'estinzione dell'assegno divorzile, debba includersi anche la convivenza con assidua frequentazione delle reciproche abitazioni se pure non connotata dalla coresidenzialità[19]. Credo che questa soluzione sia da salutare con favore in quanto la stabilità di una convivenza deve desumersi dalla presenza di un legame affettivo ufficiale e duraturo che dimostri un progetto di vita familiare,  anche se per problemi organizzativi i conviventi non vivono sotto lo stesso tetto. La dimostrazione di questi essenziali caratteri della convivenza è lasciata al tema della prova e della discrezionalità del giudice[20]. Tale soluzione consentirebbe di evitare abusi da parte di coloro che, pur vivendo un rapporto affettivo di coppia, continuano a percepire l'assegno divorzile da parte dell'ex coniuge, adducendo di non essere conviventi solo perchè aventi diverse residenze.  Deve invece respingersi la tesi minoritaria sostenuta dalla giurisprudenza di merito che considera rilevante, ai fini di escludere la sopravvivenza dell'assegno divorzile, la consapevolezza in capo al soggetto richiedente di instaurare una nuova convivenza quale libera, consapevole e responsabile scelta[21]. Non sembra infatti assumere rilevanza, ai fini dell'estinzione dell'assegno divorzile,  la percezione cognitiva di chi instaura la convivenza ma il fatto oggettivo della creazione di una nuova famiglia di fatto, che presenti i caratteri della ufficialità e della durata.  

    3. Il problema della rilevanza del rapporto matrimoniale pregresso

    La soluzione dell'estinzione automatica dell'assegno divorzile in caso di instaurazione di una nuova convivenza, se pure imposta dal diritto effettivo e dall'esigenza di non abbandonare la sistematica evoluzione dei modelli familiari, risulta tuttavia poco accettabile e poco conforme ad un assegno divorzile che, non solo nel nostro ordinamento, ma anche in altri ordinamenti europei ha assunto una natura compensativa, che si affianca e integra quella assistenziale[22]. Ferma restando la natura assistenziale, che è dimostrata dal presupposto indefettibile dello squilibrio economico, non può dimenticarsi che la Corte di Cassazione  a Sezioni unite ha affermato a chiare lettere che all'assegno divorzile deve attribuirsi una funzione assistenziale e in pari misura compensativa e perequativa …. in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all'età dell'avente diritto”[23].  In altri passaggi della decisione si afferma che “lo scioglimento del vincolo incide sullo status ma non cancella tutti gli effetti e le conseguenze delle scelte e delle modalità di realizzazione della vita familiare”[24].Questa dimensione soggettiva dell'assegno che ha sostituito quella oggettiva del tenore di vita e che giustifica una nuova stagione della solidarietà post-coniugale, che necessariamente e inevitabilmente va valutata in concreto[25], nella specificità di ciascun rapporto coniugale, sarebbe infatti obliterata, “sgretolata”[26] ove si optasse per la soluzione dell'estinzione automatica per il solo fatto di aver instaurato una nuova famiglia,  in quanto si cancellerebbe ab origine ogni indagine in ordine al vissuto di quella famiglia.  D'altra parte la soluzione di negare in termini generali efficacia estintiva nel caso di instaurazione di una nuova famiglia di fatto, oltre che attuare una ingiustificata discriminazione rispetto all'instaurazione di un nuovo rapporto coniugale, determinerebbe una ultrattività dell'assegno divorzile anche per le ipotesi in cui non vi è alcunchè da compensare, in quanto non vi sono stati sacrifici o rinunce da compensare, come nel caso di matrimoni di breve durata. Inoltre, anche nelle ipotesi di matrimoni di lunga durata, una tale soluzione potrebbe portare ad inevitabili abusi, in quanto qualcuno cercherebbe di dimostrare a tutti i costi rinunce e sacrifici inesistenti solo al fine di godere della ultrattività dell'assegno divorzile, adducendo magari il deteriore reddito goduto con il nuovo convivente. È proprio da queste considerazioni che a mio parere non è possibile risolvere il contrasto se non scegliendo una terza via.  

    4. La necessità di trovare una terza via

    Prima di tentare di percorrerla, può essere utile indicare quali soluzioni sono state prospettate negli altri Paesi europei. In Spagna, nonostante si preveda espressamente l'estinzione automatica in caso di instaurazione di una nuova convivenza, la dottrina[27] non ha mancato di rilevare la contraddizione di questa soluzione normativa rispetto alla natura compensatoria dell'assegno, indicando la necessità di modulare la durata dell'assegno. La durata eviterebbe di evitare l'abuso dell'ultrattività ad  libitum, consentendo di raggiungere un buon compromesso tra estinzione automatica e criterio compensativo. Come è noto la legge italiana sul divorzio, a differenza di altri ordinamenti, quale ad esempio quello tedesco che prevede la temporaneità dell'assegno divorzile (§ 1578 BGB) non prevede l'assegno divorzile di durata. Nella citata proposta di legge Morani[28], oltre a prevedersi, come detto, l'estensione della causa estintiva all'ipotesi di instaurazione di una nuova convivenza stabile, si è  prevista l'innovazione della durata dell'assegno.  In attesa della riforma, si potrebbe tuttavia raggiungere lo stesso risultato attraverso la disposizione normativa sulla revisione dell'assegno di divorzio per fatti sopravvenuti[29]. La stessa Corte di Cassazione a Sezioni unite ha esplicitamente previsto che “la mancanza di temporaneità trova puntuale correttivo nel meccanismo legislativo della revisione delle condizioni della sentenza di divorzio per fatti sopravvenuti”. Sempre in attesa della riforma[30], si è suggerito di utilizzare il modello dell'assegno una tantum, che è specificamente previsto dalla legge[31]. Tale soluzione,  se pure immediatamente percorribile sul piano normativo, richiede un accordo tra le parti che non sempre è da ritenersi scontato, soprattutto in ipotesi come queste ad elevata conflittualità emotiva. Altra soluzione prospettata dalla dottrina[32] è quella de jure condendo di aprire ai patti prematrimoniali. Confesso che tale soluzione non mi convince affatto. In primo luogo perchè richiederebbe un'apposita riforma e in secondo luogo perchè non credo che un patto prematrimoniale possa risolvere il problema della rilevanza del criterio compensativo, per il semplice fatto che al momento in cui è stato stipulato le parti non sanno ancora nulla sul futuro del loro rapporto matrimoniale e sui sacrifici e le rinunce che ciascuno farà in concreto nei confronti dell'altro[33]. L'insieme di queste soluzioni, pur nella loro diversità, in quanto alcune sono realizzabili in via interpretativa, altre lo sono solo de jure condendo, evidenziano l'impossibilità di optare per una soluzione tranchante che, in nome del criterio compensativo, affermi l'ultrattività dell'assegno divorzile in caso di instaurazione di una convivenza di fatto[34]. Come già accennato, tale soluzione si porrebbe in contrasto con l'evoluzione trentennale in materia di convivenza e determinerebbe un'ingiustificata discriminazione sistematica rispetto al  modello matrimoniale.  

    5. Considerazioni finali sulla natura dell'assegno divorzile

    Oltre a queste considerazioni, credo che una tale soluzione si porrebbe in decisivo contrasto con la funzione dell'assegno divorzile che è stata mirabilmente disegnata dalle Sezioni Unite nel 2018. Una soluzione che ammettesse la sopravvivenza dell'assegno divorzile al solo fine di “salvare” il criterio compensativo e abbandonare la funzione assistenziale[35], presuppone che in radice si abbandoni la funzione composita dell'assegno divorzile che è in equa misura assistenziale e perequativa e compensativa per assegnare funzione esclusiva e prevalente al criterio compensativo. Deve tuttavia rilevarsi che il criterio compensativo, se pure importante al fine di dare una lettura in concreto e soggettiva di ciascun rapporto matrimoniale, non svolge una funzione esclusiva e non può certamente applicarsi se non vi è alla base uno squilibrio economico, e quindi una funzione assistenziale che ne rappresenta il presupposto. Deve infatti rilevarsi che, anche se uno dei coniugi abbia fatto tanti sacrifici nei confronti dell'altro ma non vi sia uno squilibrio economico, non può discutersi della corresponsione di alcun assegno divorzile[36]. La pretesa di abbandonare la natura assistenziale[37] per affermare la natura prevalentemente compensativa dell'assegno di divorzio si porrebbe in definitiva contro l'orientamento della Corte di Cassazione a Sezioni unite che nell'affermare la natura composita dell'assegno divorzile ha realizzato un perfetto equilibrio tra autodeterminazione e solidarietà. La scelta di abbandonare la via indicata dalle Sezioni Unite non sembra tuttavia facilmente percorribile, in ssenza di ragioni che giustifichino una diversa soluzione. Occorre infatti non farsi incantare dai dogmi e dalle parole. L'autodeterminazione, che sicuramente è un valore dell'ordinamento attuale, non può portare alla cancellazione della solidarietà, che è l'unica ragione che spiega perchè un coniuge più forte deve dare un assegno al coniuge più debole. Una riforma o un nuovo orientamento che prevedesse l'esclusività del criterio compensativo in nome dell'affermazione del principio di autodeterminazione porterebbe effetti devastanti in quanto sganciarebbe l'assegno divorzile dal suo presupposto indefettibile che è lo squilibrio economico, determinando abusi e ingiustizie, forse ancora più gravi di quelli che sono stati  finora denunciati.  Deve infine rilevarsi che nei casi di matrimoni di breve durata, in cui è del tutto assente una funzione compensativa, la sopravvivenza dell'assegno divorzile porterebbe inevitabilmente a negare il valore dell'autodeterminazione, che tanto oggi si declama, con l'effetto di riproporre una stantia e inevitabile visione paternalistica ed assistenziale che invece a parole si vuole abbandonare.

    In definitiva e a conclusione di queste mie brevi riflessioni credo che la terza via da percorrere sia quella di lasciare al giudice un margine di discrezionalità per valutare i soli casi in cui l'impegno del coniuge richiedente l'assegno sia stato tale da avvantaggiare la situazione economica e professionale dell'ex-coniuge obbligato. Solo in questi casi e previo accertamento dello squilibrio economico, il giudice potrebbe ritenere che in via eccezionale l'assegno divorzile non si estingua per il tempo volto a compensare il vantaggio ricevuto dal soggetto obbligato, secondo la regola generale dell'ingiustificato arricchimento. D'altra parte è proprio la natura del criterio compensativo che impone una valutazione caso per caso e un rifiuto di ogni automatismo, ivi compreso quello della non estinzione, che determinerebbe inevitabilmente una rendita parassitaria nel caso di matrimoni di breve durata o anche di lunga durata, in cui non è provato alcun sacrificio nei confronti dell'altro.

     

    *Dedico anche questo scritto all'incancellabile ricordo di mio Padre. Il presente scritto è la rielaborazione della relazione tenuta al Convegno tenutosi il giorno 28 aprile 2021, organizzato dalla Commissione Famiglia e Diritti della Persona e del Centro Studi “Sistema e famiglia”: “L'assegno divorzile e la 'nuova convivenza': dalla revoca automatica ad un principio di verifica caso per caso”.

    [1]   Così testualmente in motivazione l'ordinanza oggetto di questo commento.

    [2]   V. § 2 del testo

    [3]   Cass. S.U. 11 luglio 2018, n. 18287.

    [4]   V. § 3 del testo.

    [5]   Affronto questi problemi in maniera più approfondita in uno scritto in via di pubblicazione dedicato alla natura dell'assegno di divorzio.

    [6]   V. § 5 del testo.

    [7]   V. Cass. 1° agosto 2011, n. 17195. La soluzione della sospensione era già prospettata da D. ACHILLE, in nota a Cass. 22 gennaio 2010, n. 1096, in Fam pers e succ. 2010, 754.

    [8]   V. Cass. 3 aprile 2015, n. 6855, con nota di E. Al Mureden, Formazione di una nuova famiglia non matrimoniale ed estinzione definitiva dell'assegno divorzile, in Nuova giur civ comm. 2015, 683.

    [9]   V. a solo titolo esemplificativo V. Cass. 16 ottobre 2020, n. 22604; Cass. 28 febbraio 2020, n. 5606; Cass. 12 novembre 2019, n. 29317. 

    [10] V. C.M. BIANCA, Diritto civile 2.1., 6° ed., Milano, 2017, 298. Tale pensiero è stato accolto dalla giurisprudenza di legittimità.

    [11] In particolare v. Trib. Arezzo 20 luglio 2020, in cui si è riconosciuto che non sia elemento ostativo al riconoscimento dell'assegno divorzile la convivenza con i propri genitori dell'ex coniuge richiedente l'assegno. Allo stesso modo si è escluso che una convivenza con amici o con parenti sia tale da escludere la corresponsione dell'assegno divorzile: Cass. 12 novembre 2019, n. 29317, cit.

    [12] v. l'art. 101 del codigo civil così come riformato a seguito della Ley n. 15 del 2015: “El derecho a la pensión se extingue por el cese de la causa que lo motivó, por contraer el acreedor nuevo matrimonio o por vivir maritalmente con otra persona”.

    [13] V. proposta di legge Morani n. 506 presentata il 12 aprile 2018, Modifiche all'articolo 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, in materia di assegno spettante a seguito di scioglimento di matrimonio o dell'unione civile: “L'assegno non è dovuto nel caso di nuove nozze, di unione civile con altra persona o di una stabile convivenza del richiedente l'assegno. L'obbligo di corresponsione dell'assegno non sorge nuovamente a seguito di separazione o di scioglimento dell'unione civile o di cessazione dei rapporti di convivenza”.

    [14] V. uno dei motivi del ricorso dell'ordinanza che qui si annota. Per una tale distinzione, v. C. RIMINI, Gli effetti della relazione affettiva stabile sulla titolarità dell'assegno divorzile: nuove prospettive sulla base della funzione compensativa dell'assegno, in Fam e dir. n. 3/2021, 270 e ss.

    [15] Sulla problematica delle famiglie che si sovrappongono nel tempo, si rinvia per tutti alle riflessioni di M. SESTA, Mezzo secolo di riforme (1970-2020), in Fam e dir. n. 1/2021, 17 e ss e di E. Al MUREDEN, Le famiglie dopo il divorzio tra libertà, solidarietà e continuità dei legami affettivi, in Fam e dir. n. 1/2021, 23 e ss.

    [16] Così mi ero espressa nel corso della mia Audizione alla Camera per la discussione del progetto Morani il 13 maggio 2019.

    [17] V. al riguardo la recente ordinanza interlocutoria del 7 aprile 2021, n. 9273.

    [18] Per questi riferimenti alla giurisprudenza spagnola, si rinvia per tutti a J. RAMON DE VERDA Y BEAMONTE, La compensación por desequilibrio económico en la separación y el divorcio: últimas tendencias jurisprudenciales, in Actualidad civil, n. 10, Octubre 2020.

    [19] V. in particolare Cass. 16 ottobre 2020, n. 22604; Cass. 17 dicembre 2020, n. 28915, in cui la Corte ha ritenuto che andare spesso a pernottare a casa del compagno, detenere le chiavi dell'appartamento a lui intestato, ricoprire infine cariche nelle società da lui gestite, fossero tutti elementi sufficienti per ritenere che la donna avesse creato una nuova famiglia stabile e duratura; Trib. Aquila, 9 dicembre 2020.

    [20] V. F. DANOVI, Assegno di mantenimento e di divorzio e nuova convivenza, tra onere della prova e discrezionalità giudiziale e adeguato supporto motivazionale, Nota di commento a Cass. 16 ottobre 2020, n. 22604 e a Cass. 17 dicembre 2020, n. 28995, in Corr giur. n. 1/2020, 21 e ss.

    [21] V. al riguardo Trib Imperia, 25 gennaio 2021, in cui si è esclusa l'estinzione dell'assegno divorzile nel caso di instaurazione di una nuova convivenza da parte di una donna priva delle capacità cognitive.

    [22] Tale natura si desume sia dall'analisi della legislazione spagnola che dall'analisi della legislazione francese, dove sono ripetuti e significativi i richiami alla esigenza che l'assegno divorzile valga a compensare i sacrifici e le scelte operate in costanza di matrimonio.

    [23] Così testualmente in motivazione Cass. S.U.  11 luglio 2018, n. 18287, cit.

    [24] Così testualmente in motivazione Cass. S.U.  11 luglio 2018, n. 18287, cit.

    [25] Così testualmente C.M. BIANCA, Le Sezioni Unite sull'assegno divorzile: una nuova luce sulla solidarietà postconiugale, in Fam e dir. 2018, 956: “La solidarietà postconiugale diviene in tal modo solidarietà postconiugale del caso concreto, ossia la solidarietà che risulta dalla effettività della vita del vincolo matrimoniale vissuta nel caso concreto”.

    [26] Usa questo efficace termine F. DANOVI, Assegno di mantenimento e di divorzio e nuova convivenza, tra onere della prova e discrezionalità giudiziale e adeguato supporto motivazionale, cit., 21 e ss.

    [27] V. J. RAMON DE VERDA Y BEAMONTE, La compensación por desequilibrio económico en la separación y el divorcio: últimas tendencias jurisprudenciales, in Actualidad civil, cit.

    [28] V. Proposta di legge n. 506, cit.

    [29] V. in dottrina, M. SESTA, L'assegno di divorzio nella prospettiva italiana e in quella tedesca, in Familia Gennaio-febbraio 2019.

    [30] Sulle quattro stagioni del divorzio, v. il saggio di E. QUADRI, L'introduzione del divorzio: il dibattito, la legge e la sua conferma, i successivi interventi legislativi, in Fam e dir. n. 1/2021, 7 e ss.

    [31] Ha suggerito questa soluzione l'Avv. Giorgio Vaccaro, nella relazione al Convegno: “L'assegno divorzile e la 'nuova convivenza': dalla revoca automatica ad un principio di verifica caso per caso”, citato alla nota 1 del testo.

    [32] V. M. DOGLIOTTI, L'assegno di divorzio tra clausole generali ed interventi 'creativi' della giurisprudenza, in Fam e dir. 2021, 41 e ss.

    [33] In termini generali rileva la necessità di coniugare il valore dell'autonomia privata con la tutela dei diritti indisponibili, E. Al MUREDEN, Le famiglie dopo il divorzio tra libertà, solidarietà e continuità dei legami affettivi, cit., 32-3.

    [34] Così  invece C. RIMINI, op ult cit.

    [35] Così C. RIMINI, op ult cit,il quale al riguardo auspica un intervento del legislatore che affermi la natura esclusivamente compensativa della ridistribuzione della ricchezza tra i coniugi dopo il divorzio.

    [36] Così testualemte C.M. BIANCA,  Le Sezioni Unite sull'assegno divorzile: una nuova luce sulla solidarietà postconiugale, cit., 957: “Se gli ex coniugi hanno redditi sostanzialmente equivalenti non può sussistere diritto all'assegno divorzile. Per quanto ampia e prevalente sia stata la collaborazione prestata da un coniuge nel corso del matrimonio, nessuna pretesa compensativa può essere avanzata nei confronti dell'altro coniuge che non abbia una superiore posizione reddituale”. Nei medesimi termini, v. A. MORACE PINELLI, I problemi irrisolti in materia di assegno divorzile dopo l'intervento delle Sezioni Unite, in Dir. Fam e pers. 2019, spec. 655 e s.

    [37] Così testualmente C. RIMINI, op ult cit., 273: “Sembra dunque corretto affermare che il fatto che il coniuge debole abbia una relazione affettiva stabile (indipendentemente dalla circostanza che questa si sostanzi in una convivenza più o meno stabile) è rilevante solo nei casi (piuttosto rari).

    User Rating: 5 / 5

    Please publish modules in offcanvas position.

    × Progressive Web App | Add to Homescreen

    To install this Web App in your iPhone/iPad press icon. Progressive Web App | Share Button And then Add to Home Screen.

    × Install Web App
    Mobile Phone
    Offline - No Internet Connection

    We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.