GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    Le decisioni BCE in tema di “quantitative easing”

    Le decisioni BCE in tema di “quantitative easing” erroneamente aggredite dal Giudice delle Leggi tedesco.

    di Roberto    Succio                                                                              “A maggior forza e a miglior natura liberi soggiacete; e quella cria la mente in voi, che ’l ciel non ha in sua cura”. Divina Commedia, Purgatorio, canto XVI.

    Sommario: 1. La questione posta e la soluzione del Giudice di Karlsruhe - 2.Discontinuità della pronuncia rispetto alla precedente giurisprudenza - 3. Politica monetaria e politica economica tra diritto e politica “tout court” - 4. Sull’erronea interpretazione dell’art. 123 TFUE. - 5.Conclusioni

     1.La questione posta e la soluzione del Giudice di Karlsruhe

    Con pronuncia resa in data 5 maggio 2020 la Corte Costituzionale federale tedesca (Bundesverfassungsgericht) ha ritenuto fondate alcune delle svariate questioni di costituzionalità poste dai ricorrenti contro la realizzazione da parte della Banca Centrale Europea del c.d. Public Sector Purchase Programme (PSPP)[1].

    Con decisione n. 2015/774 la BCE stabiliva, all’art. 1, che “nell’ambito del quale le banche centrali dell’Eurosistema acquistano sui mercati secondari titoli di debito negoziabili idonei, come definiti all’articolo 3, da controparti idonee, come definite all’articolo 7, sulla base di specifiche condizioni”.

    Tale decisione costituisce quindi la formalizzazione giuridica dell’adozione del programma in parola; esso si colloca all’interno di una serie di attività (costituenti l’«Expanded Asset Purchase Programme» (EAPP) annunciate dalla BCE il 22 gennaio 2015. Esse prevedono accanto ai sottoprogrammi esistenti per l’acquisto di titoli del settore privato, l’acquisto di titoli del settore pubblico sui mercati secondari.

    Questo tipo di programma viene generalmente qualificato come «allentamento quantitativo» («quantitative easing») per l’aumento di volume della moneta della banca centrale determinato dagli acquisti di titoli effettuati in gran numero. È stato deciso dalla BCE, nel gennaio 2015, come reazione alla forte pressione al ribasso sull’inflazione nell’area dell’euro.

    Il PSPP rappresenta la quota maggiore del volume totale dell'EAPP. A partire dall'8 novembre 2019, il valore totale dei titoli acquistati nell'ambito dell'EAPP dall'Eurosistema ammontava a 2.557.800 milioni di EUR, compresi gli acquisti nell'ambito del PSPP per un importo di 2.088.100 milioni di EUR.

    Secondo i ricorrenti di fronte alla Corte nei procedimenti principali, il PSPP violerebbe il divieto di finanziamento monetario degli Stati membri previsto all’art. 123 TFUE e il principio di attribuzione delle competenze previsto all’art. 5, par. 1, TUE, in combinato disposto con gli artt. 119 e 127 TFUE.

    Le decisioni relative al PSPP violerebbero, peraltro, il principio di democrazia sancito nel Grundgesetz (Costituzione tedesca), e segnatamente l’art. 38 primo comma, l’art. 20 primo e secondo comma, l’art. 79 terzo comma della Grundgesetz e pregiudicherebbero, pertanto, l’identità costituzionale di quella nazione.

    In specifico, le censure dei ricorrenti – tutti soggetti privati – erano dirette, quanto all’effetto voluto, a contestare il contributo fornito dalla Deutsche Bundesbank (Banca federale di Germania) all’attuazione di tali decisioni o sulla sua presunta inerzia dinanzi a dette decisioni, nonché sulla presunta inerzia del governo federale e della camera bassa del Parlamento federale dinanzi a tale contributo e alle medesime decisioni della BCE.

    Infatti, l’adozione del PSPP secondo tal prospettazione sarebbe violerebbe il divieto di finanziamento monetario dei titoli di Stato imposto all’art. 123, par.1, TFUE in quanto non consente assistenza finanziaria del SEBC (Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea) ad uno Stato membro. Inoltre, il PSPP pure violerebbe il principio di attribuzione di cui all’art. 5 TFUE, in relazione agli artt. 119 e 127 TFUE, secondo il quale l’Unione agisce solo entro i limiti delle competenze che i paesi dell’UE le hanno attribuito nei trattati. Tali competenze sono definite agli art. da 2 a 6 TFUE. Qualsiasi competenza non attribuita all’Unione europea dai trattati resta quindi in capo agli Stati membri.

    In forza di tali violazioni, secondo la Corte, alla luce degli artt. 119 e 127 TFUE e dell’art. 17 dello Statuto della BCE, la decisione del 4 marzo 2015 (EU) 2015/774, come le seguenti (e meramente reiterative della precedente) n. 2015/2101, n. 2015/2464, n. 2016/702 e n. 2017/100 vanno quindi tutte qualificate come “ultra vires acts” e sono prive di effetti nell’ordinamento tedesco.

    Come precisato nel comunicato stampa della Corte, infine “the decision published today does not concern any financial assistance measures taken by the European Union or the ECB in the context of the current coronavirus crisis”.

    E ciò, come si legge ancora nel comunicato stampa della Corte di Karlsruhe, “despite the CJEU’s judgment to the contrary”.

    Con riguardo proprio al PSPP in parola, la Corte di Giustizia dell’Unione – pronunciandosi ex art. 267 TFUE a seguito di rinvio pregiudiziale proprio del Bundesverfassungsgericht – è di recente andata in diverso ed opposto avviso proprio rispetto alla posizione proposta dal giudice remittente, statuendo l’insussistenza di alcun elemento idoneo ad inficiare la validità della decisione 2015/774, della quale si contestava proprio la non conformità al diritto eurounitario negli esatti termini ora esaminati, con esito contrario, dal giudice federale germanico[2].

    La circostanza, come vedremo, è indicativa.

    Alla luce dell’opposta decisione ora assunta – ed è su questo punto che si incentra l’azione della Corte come giudice tra poteri dello Stato – il Governo Federale tedesco e il Bundestag sono invece tenuti, secondo la pronuncia in commento, a prendere iniziative contro l’attuale forma del PSPP per assicurare che la BCE agisca, nel programma di acquisti di titoli di Stato, in modo proporzionale[3].

    Per consentire l’adozione di tali iniziative, la Corte di Karslruhe fissa a tali Autorità un termine di tre mesi, necessario per il coordinamento tra istituzioni, a seguito del quale la Bundesbank potrà legittimamente non partecipare all’esecuzione delle decisioni della BCE.

    Ciò a meno che la BCE stessa, oggetto di una sorta di invito-ingiunzione da parte della Corte federale, adotti una nuova decisione che consenta di dimostrare “in a comprehensible and substantiated manner that the monetary policy objectives pursued by the PSPP are not disproportionate to the economic and fiscal policy effects resulting from the programme”.

    Immediatamente, a fronte di tal dispositivo, sorge il dubbio che il Tribunale delle Leggi tedesco ignori (consapevolmente o meno) la previsione dell’art. 130 TFUE che con tutta evidenza sancisce che “nell'esercizio dei poteri e nell'assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dai trattati e dallo statuto del SEBC e della BCE, né la Banca centrale europea né una banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell'Unione, dai governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni, gli organi e gli organismi dell'Unione nonché i governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali nell'assolvimento dei loro compiti”.

    Alla luce di tal disposizione, è chiaro che il dispositivo dell’Alta Corte di Germania non solo è contrario al diritto UE, ma resterà inutiliter datum non dovendo la BCE darvi esecuzione.  

      2. Discontinuità della pronuncia rispetto alla precedente giurisprudenza.

    Venendo alla disamina del contenuto della pronuncia in commento, va in primo luogo sottolineato come la sentenza del 5 maggio scorso risulti decisamente innovativa e contrastante rispetto alla precedente sua stessa giurisprudenza.

    Infatti, nel passato la stessa Corte si era limitata ad assicurare al Parlamento di Berlino la competenza a decidere sullo stanziamento dei fondi destinati al salvataggio degli Stati in difficoltà ed al governo tedesco la possibilità di porre il veto in sede eurounitaria su tal questione, in linea con la posizione del proprio Parlamento[4].

    Ancora, in un’altra pronuncia sia pur formulando qualche riserva, la Corte tedesca aveva condiviso la sentenza Gauweiler della Corte di Giustizia del 15 giugno 2015: il Bundesverfassungsgericht non aveva qui pertanto rinvenuto le condizioni per esercitare il controllo ultra vires né il controllo di identità, considerando che il programma OMT, nel rispetto delle condizioni precisate all’esito dell’itinerario giurisprudenziale avviato con il suo primo rinvio pregiudiziale, non andasse a ledere i ricorrenti nel loro diritto fondamentale alla democrazia (artt. 38 Abs. 1 S. 1, 20 Abs. 1-2 e 79 Abs. 3 GG) e neppure pregiudicasse la responsabilità generale del Bundestag in materia di bilancio («haushaltspolitische Gesamtverantwortung»).[5]   

    Non solo.

    In una statuizione ancora più risalente[6], il giudice costituzionale Federale ha giustificato il suo potere di controllo per gli atti ultra vires o per il controllo relativo al rispetto dell’identità costituzionale tedesca chiarendo come, nel rispetto del principio di leale collaborazione, «the guarantee of national constitutional identity under constitutional and under Union law go hand in hand in the European legal area. The identity review makes it possible to examine whether due to the action of European institutions, the principles under Article 1 and Article 20 of the Basic Law, declared inviolable in Article 79.3 of the Basic Law, have been violated. This ensures that the primacy of application of Union law only applies by virtue and in the context of the constitutional empowerment that continues in effect» (traduzione ufficiale)[7].

    Ne deriva che la relazione tra l’ordinamento tedesco e quello eurounitario va perseguita come relazione armonica (quasi amicale o affettiva, se potesse dirsi così: “hand in hand”) in primo luogo con l’adozione di atti muniti di idonei requisiti formali, quale certamente è la motivazione.

    L’asserita mancanza di motivazione specifica delle decisioni della BCE relative al PSPP, che induce la Corte tedesca a censurare le decisioni oggetto di causa, è qui peraltro valutata sussistente e sufficiente a sorreggere i provvedimenti contestati.

    Ove infatti un’istituzione dell’Unione disponga di un ampio potere discrezionale, la verifica del rispetto delle garanzie procedurali – tra le quali figura l’obbligo per il SEBC di esaminare, con cura e imparzialità, tutti gli elementi pertinenti della situazione in questione e di motivare le proprie decisioni in maniera sufficiente riveste certamente un’importanza fondamentale (v., in tal senso, CGUE sentenze del 21 novembre 1991, Technische Universität München, C‑269/90, punto 14, nonché del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, punti 68 e 69).

    E’ però altrettanto vero che anche se la motivazione di un atto dell’Unione imposta dall’art. 296 secondo comma TFUE, deve far apparire in maniera chiara e inequivoca l’iter logico seguito dall’autore dell’atto di cui trattasi, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni della misura adottata e alla Corte di esercitare il proprio controllo, non è però necessario che detta motivazione specifichi tutti gli elementi di diritto o di fatto pertinenti (CGUE sentenze del 19 novembre 2013, Commissione/Consiglio, C‑63/12, punto 98, nonché del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, punto 70).

    In questo caso, poi – e sempre a prescindere dalla ampia motivazione che invece è comunque dato ritrovare nelle premesse e nelle conclusioni delle decisioni[8] (che invero poiché altamente tecniche nel loro contenuto vanno non solo lette ma anche ben comprese mediante l’ausilio di conoscenze macroeconomiche) - ove tratti di un atto destinato ad un’applicazione generale, dal quale emerga, nelle linee essenziali, l’obiettivo perseguito dalle istituzioni, non può richiedersi una motivazione specifica per ciascuna delle scelte tecniche che tali istituzioni hanno operato (v., in tal senso, CGUE sentenze del 10 gennaio 2006, IATA e ELFAA, C‑344/04, punto 67; del 12 dicembre 2006, Germania/Parlamento e Consiglio, C‑380/03, punto 108, nonché del 7 febbraio 2018, American Express, C‑304/16, punto 76).

    Pur facendo sue queste indicazioni, la sentenza in commento non prosegue completamente sulla via sin qui tracciata, come vedremo, cadendo in evidente contraddizione.

    In realtà, dalla lettura della stessa emerge chiaramente come il punto di frizione sia costituito da un aspetto ben più pratico, vale a dire dalle aderenze sussistenti tra il concetto di politica monetaria e quello di politica economica, sulle quale è bene soffermarsi anche perché sotto questo profilo è lecito parlare probabilmente non solo di mera superficialità della Corte, ma di vera e propria maliziosa interpretazione.

    In sintesi, posso ora premettere come proprio dalla elevata tecnicità e ampia motivazione poste a base delle decisioni contestate – dalle quali dipende con tutta evidenza la sopravvivenza dell’Unione, delle sue istituzioni e dei diritti che esse garantiscono ai cittadini - si sarebbe dovuto immediatamente concludere per la sussistenza del potere di censurarle solo in capo al giudice dell’Unione; è evidente che tali atti tutelano (o danneggiano) la comunità composta da tutti i cittadini europei ed è veramente inspiegabilmente miope chi pretende di esaminare solo le conseguenze in capo a cittadini di uno o alcuni degli Stati membri.  

      3.Politica monetaria e politica economica tra diritto e politica “tout court”.

    Da un lato, infatti, la politica monetaria, intesa restrittivamente come garanzia della stabilità dei prezzi e controllo dell’inflazione, è di competenza esclusiva della BCE; dall’altro, il coordinamento delle politiche economiche, lo spazio democraticamente legittimato di intervento delle istituzioni dell’UE, non consente al momento una reale politica economica unitaria in quanto le politiche di bilancio, la leva delle entrate tributarie[9] e il ricorso al debito pubblico sono ancora rimessi, sia pur entro certi limiti, ai singoli Stati.

    E’ sin qui rimasto del tutto inascoltato l’invito (espresso proprio dalla BCE per prima, tempo fa) l’auspicio che venga presto istituito un Ministero delle finanze europeo che possa farsi forza di una legittimazione democratica piena per agire finalmente in modo congiunto a sostegno della politica economica dei Paesi dell’UE e che, più o meno contestualmente, sia aperta una discussione sulla possibilità di creare un vero e proprio bilancio europeo.[10]

    Evidenti freni a tali sviluppi sono certamente, come dimostra anche la pronuncia in commento, la paura di una “Costituzione economica” o “finanziaria” avulsa dal controllo politico nazionale, e dunque democratico, e preda di un governo europeo sollecitato spesso dalle esigenze della contingenza attuale, se non dell’emergenza sanitaria come oggi purtroppo avviene; di qui, come reazione eguale e contraria, la conseguente ostilità nei confronti di un possibile coinvolgimento diretto della cittadinanza, in particolar modo in materia tributaria e finanziaria[11].

    Per quanto corrette, le sopra esposte considerazioni si collocano al di fuori del diritto e possono al più fornire una spiegazione esogena – certo da non trascurare per comprendere sociologicamente il contesto nel quale le norme concretamente operano - alle ragioni poste alla base del decisum che si commenta.

    Si è detto come nel provvedimento di rinvio ex art. 267 TFUE del 18 luglio 2017, il Secondo Senato della Corte di Karlsruhe avesse sottoposto le stesse – numerose – qui poste questioni (in quella sede come pregiudiziali) alla medesima CGUE. In particolare, si trattava in sintesi del divieto di finanziamento monetario dei bilanci degli Stati membri, del mandato di politica monetaria della BCE e di una potenziale violazione delle competenze e della sovranità degli Stati membri in materia di bilancio. 

    Nella sentenza dell'11 dicembre 2018, resa in risposta al quesito sollevato nella sede pregiudiziale appena citata, la CGUE aveva quindi già risolto tutte le questioni in argomento e dichiarato che con l’adozione del PSPP la BCE non ebbe a esondare dai limiti del proprio mandato né violato il divieto di finanziamento monetario.

    Orbene, è di tutta evidenza come la pronuncia in commento costituisca, nei fatti, una evidente e quasi belligerante (in senso davvero eversivo) reazione ai risultati – evidentemente inaspettati – sin qui ottenuti dal giudice costituzionale germanico. Tal Curia si è trovata sonoramente smentita dalle opposte conclusioni della CGUE e sotto lo specifico profilo della violazione dell’art. 123 TFUE si è limitata a prenderne atto nella sentenza in commento, salvo poi in concreto ribellarsi in ordine agli altri aspetti controversi.

    Pertanto, se quale prima osservazione sorge spontaneo (forse anche banale) il dire che perseverare è diabolico, alcune considerazioni ulteriori meritano diverso approfondimento.

    Proprio la Corte costituzionale tedesca ha condivisibilmente affermato tempo fa, da ultimo nella sentenza OMT II, che nel caso in cui a legittimare una politica dell’UE sia una sentenza della CGUE, essa in nessun caso può arrivare ad avallare comportamenti arbitrari[12].

    Tale sarebbe, ad esempio, una sentenza della CGUE che si spingesse sino a dare un’interpretazione del diritto dell’Unione tale da conferire ad essa diritti di sovranità mai delegati dai singoli Stati membri.

    In tale caso, e solo in tale caso, gli Stati membri legittimamente non devono considerarsi ad essa vincolati.

    Tale è in sostanza la questione qui posta; questione che investe con dirompente evidenza forza i termini del primato del diritto dell’Unione europea, introducendo degli elementi di potenziale incertezza che peraltro possono risolversi solo nel senso appena sopra proposto.

    Ove quindi la pronuncia della CGUE non sia del tutto extra ordinem come appena sopra detto, mi pare che l’istituzione che ponga in essere un comportamento apertamente repulsivo delle indicazioni vincolanti del giudice dell’Unione si collochi in situazione di aperta, consapevole e intenzionale violazione dei Trattati. E lo Stato di appartenenza della stessa dovrebbe piuttosto, a ben vedere, coerentemente, lasciare l’Unione europea[13].

    Nel porsi quindi apertamente in contrasto con quel giudicato, il giudice germanico si estromette – ed estromette la sua nazione – dall’Unione; e ciò pare evincersi in almeno due chiari passaggi della pronuncia in commento: “the Court cannot concur with the referring court’s view that any effects of an open market operations programme that were knowingly accepted and definitely foreseeable by the ESCB when the programme was set up should not be regarded as ‘indirect effects’ of the programme” (p. 62); “therefore, the Judgment of the CJEU of 11 December 2018 manifestly exceeds the mandate conferred upon it in Art. 19(1) second sentence TEU, resulting in a structurally significant shift in the order of competences to the detriment of the Member States. To this extent, the CJEU Judgment itself constitutes an ultra vires act and thus has no binding effect 57/94 (p. 120)”.

    E d’altronde che la distinzione tra politica monetaria e politica economica costituisca poco più di un proclama, certo non un argomento giuridicamente rilevante, risulta evidente se si considera quel che segue.

    Dapprima la sentenza in commento ammette come “the distinction between economic policy and monetary policy is a fundamental political decision with implications beyond the individual case and with significant consequences for the distribution of power and influence within the European Union. The classification of a measure as a monetary policy matter as opposed to an economic or fiscal policy matter bears not only on the division of competences between the European Union and the Member States; it also determines the level of democratic legitimation and oversight of the respective policy area, given that the competence for monetary policy has been conferred upon the ESCB as an independent authority pursuant to Arts. 130, 282 TFEU (cf. CJEU, Judgment of 9 March 2010, Commission v Germany, C-518/07, ECR 2010, I-1897, para. 42; BVerfG, Judgment of the Second Senate of 30 July 2019 - 2 BvR 1685/14, 2 BvR 2631/14 -, para. 132 et seq.)”.

    Ed invece, poco dopo, sostiene che “the adoption of economic policy measures by the ESCB would necessitate a treaty amendment pursuant to Art. 48 TEU (cf. CJEU, Opinion 2/94 of 28 March 1996, ECHR Accession, ECR 1996, I-1783 <1788 para. 30>), which in turn would require involvement of the German legislature (cf. BVerfGE 142, 123 <201 and 202 para. 151>; 146, 216 <259 and 260 para. 63>)”.

    E’ chiaro quindi come la sentenza da un lato prenda atto della vicinanza tra politica monetaria e politica economica, e dall’altro riservi agli Stati, quali “padroni dei Trattati” la sola gestione della politica economica, attribuendo evidentemente all’Unione per mezzo della BCE la gestione della politica monetaria senza però attribuire, conseguentemente, alla sola CGUE e non anche a se stessa il conseguente potere di sindacato degli atti di gestione di detta politica monetaria.

    La contraddizione insita nel ragionamento mi pare del tutto indiscutibile e completamente insanabile.

    E’ noto infatti come l’art.3, paragrafo 1, lettera c), TFUE stabilisca che l’Unione ha competenza esclusiva in tale settore per gli Stati membri la cui moneta è l’euro (CGUE, sentenze del 27 novembre 2012, Pringle, C‑370/12, punto 50, nonché del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 35).

    Come previsto poi dall’art. 282, par. 1, TFUE, la BCE e le banche centrali degli Stati membri la cui moneta è l’euro, le quali costituiscono l’Eurosistema, conducono la politica monetaria dell’Unione. Ai sensi dell’art. 282, paragrafo 4, TFUE, la BCE adotta le misure necessarie all’assolvimento dei suoi compiti in conformità degli art. da 127 a 133 e 138 TFUE, nonché delle condizioni stabilite dallo Statuto del SEBC e della BCE (CGUE, sentenze del 27 novembre 2012, Pringle, C‑370/12, punto 49, nonché del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, punto 36).

    In virtù dell’art. 127, par. 1 e dell’art. 282, par. 2 TFUE, l’obiettivo principale della politica monetaria dell’Unione è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Queste stesse disposizioni stabiliscono, inoltre, che, fatto salvo tale obiettivo, il SEBC sostiene le politiche economiche generali dell’Unione, al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi di quest’ultima, come definiti all’art. 3 TUE (CGUE, sentenze del 27 novembre 2012, Pringle, C‑370/12, punto 54, nonché del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, punto 43).

    Proprio nel citato caso Pringle, la CGUE ha chiarito inequivocabilmente come “spetti alla Corte, nella sua qualità di istituzione che assicura, in forza dell’art. 19 par. 1 primo comma TUE, il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei Trattati, esaminare la validità di una decisione del Consiglio Europeo fondata sull’art. 48 par. 6 TUE”.

    Potrebbe rispondersi che al fine di esercitare un influsso sui tassi di inflazione, il SEBC è necessariamente portato ad adottare misure che hanno determinati effetti sull’economia reale, i quali potrebbero altresì essere ricercati, per altri scopi, nell’ambito della politica economica. In particolare, qualora il mantenimento della stabilità dei prezzi imponga al SEBC di cercare di aumentare l’inflazione, le misure che il SEBC deve adottare al fine di alleggerire, a questo scopo, le condizioni monetarie e finanziarie nella zona euro possono implicare interventi sui tassi d’interesse dei titoli del debito pubblico, in ragione, in particolare, del ruolo determinante di tali tassi di interesse sulla fissazione dei tassi di interesse applicabili ai diversi soggetti economici (CGUE sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, punti 78 e 108).

    E’ agevole replicare che escludere qualsiasi possibilità, per il SEBC, di adottare simili misure quando i loro effetti sono prevedibili e scientemente accettati vieterebbe, in pratica, al SEBC di utilizzare i mezzi messi a sua disposizione dai Trattati al fine di realizzare gli obiettivi della politica monetaria, e potrebbe, segnatamente nel contesto di una situazione di crisi economica implicante un rischio di deflazione, costituire un ostacolo dirimente alla realizzazione della missione di cui esso è investito in virtù del diritto primario.

    Del tutto erronea quindi è la pronuncia nel non conformarsi al principio secondo il quale la sindacabilità dei provvedimenti della BCE può darsi unicamente di fronte alla CGUE[14], non di fronte ad altro giudice dei singoli Stati membri.  

      4.Sull’erronea interpretazione dell’art. 123 TFUE.

    Profilo co-essenziale della pronuncia in oggetto è quello relativo alla compatibilità della decisione 2015/774 con l’art. 123, paragrafo 1, TFUE.

    Esso vieta alla BCE e alle banche centrali degli Stati membri di concedere scoperti di conto o qualsiasi altro tipo di facilitazione creditizia alle autorità e agli organismi pubblici dell’Unione e degli Stati membri, nonché di acquistare direttamente, presso tali soggetti, titoli del loro debito pubblico.

    Correttamente, nota la Corte germanica come tal previsione intenda precludere l’assistenza finanziaria del SEBC ad uno Stato membro; ciò per vero senza escludere, in maniera generale, la facoltà, per il SEBC, di riacquistare, presso i creditori di tale Stato, titoli in precedenza emessi da quest’ultimo (sentenze del 27 novembre 2012, Pringle, C‑370/12, punto 132, nonché del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, punto 95).

    E difatti, proprio nell’ambito del PSPP, la BCE è stata autorizzata ad acquistare titoli non direttamente, presso le autorità e gli organismi pubblici degli Stati membri, bensì soltanto indirettamente, sui mercati secondari. L’intervento del SEBC previsto dal suddetto programma non può dunque essere equiparato ad una misura di assistenza finanziaria ad uno Stato membro.

    Nell’ammettere infatti l’adozione di un programma di acquisto di titoli emessi dalle autorità e dagli organismi pubblici dell’Unione e degli Stati membri, la disposizione del Trattato appena citata deve garantire che tale programma non sia idoneo a sottrarre gli Stati membri coinvolti all’incitamento a condurre una sana politica di bilancio che tale disposizione mira ad instaurare (v., in tal senso, CGUE sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, punti da 100 a 102 e 109).

    L’intervento del SEBC sarebbe incompatibile con l’art. 123, par. 1, TFUE qualora gli operatori possibili acquirenti di titoli di Stato sui mercati primari avessero la certezza che il SEBC procederà al riacquisto di questi titoli entro un termine e a condizioni tali da permettere ad essi operatori di agire, de facto, come intermediari del SEBC per l’acquisto diretto di detti titoli presso le autorità e gli organismi pubblici dello Stato membro in questione. Le concrete modalità di esecuzione degli acquisti da parte del SEBC, come descritti nelle decisioni, sono però in concreto tali da impedire tale effetto.

    Si tratta sia del rispetto del periodo di blackout previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, della decisione 2015/774, il quale assicura che i titoli emessi da uno Stato membro non potranno essere riacquistati dal SEBC immediatamente dopo la loro emissione (che per la sua durata non è idoneo a far sorgere una certezza, in capo agli operatori potenziali acquirenti di titoli di Stato sui mercati primari, riguardo al fatto che il SEBC procederà a brevissima scadenza al riacquisto di questi titoli), sia del fatto che l’importo di tali acquisti da realizzare può in concreto variare ogni mese in funzione del volume dei titoli emessi da operatori privati disponibili sui mercati secondari. A fronte di ciò il Consiglio direttivo della BCE può a discostarsi, in via eccezionale, dall’importo mensile previsto, qualora ciò sia imposto da specifiche condizioni di mercato.

    Complessivamente, quindi, le previsioni contenute nel testo delle decisioni rendono impossibile per un operatore privato essere certo, al momento dell’acquisto di titoli emessi da uno Stato membro, che questi ultimi verranno effettivamente riacquistati dal SEBC in un futuro prevedibile.

    Va osservato come questi aspetti non paiono per nulla appropriatamente esaminati dal Bundesvessfassungsgerecht, che semplicemente su di essi sorvola in quanto ritiene semplicemente di allinearsi al dictum della CGUE; diverso approfondimento avrebbe certamente consentito a maggior ragione, secondo ragionamenti unicamente giuridici, di comprendere le ragioni poste alla base della sottoposizione degli atti della BCE unicamente al sindacato del giudice eurounitario.  

      5.Conclusioni

    La sentenza in commento è quindi, senza dubbio, un grave fuor d’opera rispetto ai binari del diritto dell’Unione.

    La prima reazione ufficiale della BCE[15] che l’ha seguita mi pare produttiva dell’effetto di isolare del tutto il giudice che l’ha pronunciata rispetto alle altre Corti con le quali invece ogni autorità giurisdizionale di vertice dovrebbe muoversi con spirito di collaborazione e di rispetto per le funzioni proprie e altrui.

    Inoltre, nel piegare a interpretazioni solipsistiche i principi costituzionali, al di là di ogni logica di tutela di diritti fondamentalissimi dell’individuo, essa costituisce un pericoloso precedente.

    Potranno infatti invocarla quegli Stati illiberali i cui governi sono avvezzi ripararsi dietro situazioni di tutela di principi fondamentali del proprio sistema (sia il diritto alla salute, sia l’emergenza economica, sia quant’altro) veri o proclamati, per sospendere de facto la supremazia del diritto dell’Unione e sottrarsi all’obbligo di garantire i diritti fondamentali dei Trattati e agli altri doveri derivanti dall’appartenenza europea.

    E’ auspicabile che lo stesso Bundesverfassungsgericht, resosi conto dell’errore in cui è incorso sia quanto all’interpretazione del diritto UE, sia quanto alla violazione di ogni principio regolante i rapporti tra Corti nei sistemi multilivello costituiti dagli ordinamenti nazionali in relazione con l’ordinamento eurounitario, riveda quanto prima la propria posizione.

    Tale ravvedimento potrebbe ben operarsi all’esito delle operazioni di chiarificazione disposte dalla stessa Corte; essa ben potrebbe – quale commodus discessus – valutare in modo soddisfacente il loro contenuto, in questo finalmente accodandosi alle pronunce della Corte di Giustizia, che sono e restano ad essa sovraordinate anche se non in senso strettamente gerarchico.

    Diversamente, l’architettura giuridica dell’Unione europea dovrà fare i conti una ferita i cui danni sono già evidenti.

     

    [1] Sul medesimo tema in questa rivista https://www.giustiziainsieme.it/en/diritto-dell-emergenza-covid-19/1072-bundesverfassungsgericht-contro-la-corte-ue-o-contro-l-europa-di-marina-castellaneta).

    [2] CGUE, sent. 11 dicembre, Weiss and Others, C-493/17.

    [3] Diversamente, risulterebbe violata da un atto dell’Unione l’identità costituzionale tedesca; per riferimenti alla giurisprudenza della stessa Corte, si veda BVerfG 2 BvR 2728/13 del 21 giugno 2016, Rn. 163. In dottrina si rimanda a E. DENNINGER, L’identità costituzionale tedesca e l’Unione europea: riflessioni a partire dalla pronuncia sulle OMT, cit., spec. p. 265.

    [4] BVerfG, 12 settembre 2012, in Entscheidungen des Bundesverfassungsgerichts, 132, 2013, p. 195 e segg.

    [5] BVerfG 2 BvR 2728/13 del 21 giugno 2016.

    [6] BVerfG 2 BvE 2/08 del 30 giugno 2009, Rn. 240.

    [7] Sul complesso rapporto tra art. 4 II e identità costituzionale tedesca di recente cfr. anche T. WISCHMEYER, Nationale Identität und Verfassungsidentität. Schutzgehalte, Instrumente, Perspektiven, in AöR, n. 3/2015, pp. 415 ss. che definisce l’identità come una «buzzword». Riflette anche sul punto L. CORRIAS, National Identity and European Integration: The Unbearable Lightness of Legal Tradition, in European Papers, n. 2/2016, pp. 383 e segg.

    [8] I tassi annuali di inflazione della zona euro erano all’epoca largamente inferiori all’obiettivo del 2% fissato dal SEBC, in quanto essi non superavano il &dash; 0,2% nel dicembre 2014, e che le previsioni di evoluzione di tali tassi disponibili a quella data prevedevano che questi ultimi si sarebbero mantenuti a un livello molto basso o negativo nel corso dei mesi successivi. Sebbene le condizioni monetarie e finanziarie della zona euro siano in seguito progressivamente mutate, ciò non toglie che, alla data dell’adozione della decisione 2017/100, i tassi annuali di inflazione effettivi restavano sensibilmente al di sotto del 2%, con un tasso dello 0,6% nel novembre 2016.

    [9] G. RIVOSECCHI, L’indirizzo politico finanziario tra costituzione italiana e vincoli europei, Padova, 2007 e, più di recente, M. BENVENUTI, Libertà senza liberazione. Per una critica della ragione costituzionale dell’Unione europea, Napoli, 2016, spec. pp. 36 ss., pp. 40 ss. e pp. 110 ss.; C. BUZZACCHI, Bilancio e stabilità. Oltre l’equilibrio finanziario, Milano, 2015; A. GUAZZAROTTI, Crisi dell’euro e conflitto sociale. L’illusione della giustizia attraverso il mercato, Milano, 2016 e G. L. TOSATO, L’integrazione europea ai tempi della crisi dell’euro, in Rivista di diritto internazionale, n. 3/2012, pp. 681 ss. Sulle sfide future e le difficoltà storiche del progetto di integrazione europea, con particolare riferimento alla crisi economica, agli strumenti predisposti per contrastarla e alla struttura dell’Unione economica e monetaria, cfr. da ultimo D. CHALMERS, M. JACHTENFUCHS, C. JOERGES (a cura di), The End of the Eurocrats’s Dream. Adjusting to European Diversity, Cambridge, 2016 e ivi, con particolare attenzione al problema della contraddittoria configurazione della struttura dell’UE e le sue implicazioni, C. JOERGES, Integration Through Law and the Crisis of Law in Europe’s Emergency (pp. 299 ss.).

    [10] A. MANZELLA, C. PINELLI, L. GIANNITI, Politica monetaria e politica economica nell’Unione europea, in astrid.it, rassegna n. 19/2015. Riflettono anche sulla necessità di riforme strutturali sul piano della governance economica e della legittimazione democratica a livello europeo F. MASINI, Towards a Federal Structure of Economic Governance in the Eurozone, in STALS Research Papers, n. 1/2016 e, in un lavoro in cui si sostiene che le sentenze Pringle e Gauweiler abbiano innescato trasformazioni di natura costituzionale, M. IOANNIDIS, Europe’s New Transformations: How the EU Economic Constitution Changed During the Eurozone Crisis, in CML Rev., n. 5/2016, pp. 1237 ss., spec. pp. 1274 ss.; M. BENVENUTI, Libertà senza liberazione. Per una critica della ragione costituzionale dell’Unione europea, cit., pp. 149 ss.

    [11] F. SAITTO, Economia e Stato costituzionale. Contributo allo studio della “Costituzione economica” in Germania, Milano, 2015. Sugli strumenti di partecipazione diretta in Germania cfr. A. DE PETRIS, Gli istituti di democrazia diretta nell’esperienza costituzionale tedesca, Padova, 2012.

    [12] P. M. HUBER, Verfassungsstaat und Finanzkrise, cit., p. 16. BVerfG 2 BvR 2728/13 del 21 giugno 2016, Rn. 158 ss., spec. 162 ss. Sui limiti dell’interpretazione da parte della Corte di Giustizia come strumento di espansione dei poteri dell’UE, cfr. anche D. GRIMM, Europe’s Legitimacy Problem and the Courts, in D. CHALMERS, M. JACHTENFUCHS, C. JOERGES (a cura di), The End of the Eurocrats’s Dream. Adjusting to European Diversity, cit., spec. pp. 248 ss. che conferma come l’atteggiamento del Tribunale costituzionale tedesco «basically […] is a resistance against the erosion of democracy» (p. 255).

    [13] Così R. D. KELEMEN, On the Unsustainability of Constitutional Pluralism. European Supremacy and the Survival of the Eurozone, cit., pp. 136 ss.

    [14] Cfr. G. REPETTO, Responsabilità politica e governo della moneta: il caso BCE, in G. AZZARITI (a cura di), La responsabilità politica nell’era del maggioritario e nella crisi della statualità, Torino, 2005, pp. 283 ss. Più di recente, sui poteri della BCE alla luce della sentenza Gauweiler della CGUE, cfr. S. BARONCELLI, The Gauweiler Judgment in View of the Case Law of the European Court of Justice on European Central Bank Independence, in Maastricht Journal of European and Comparative Law, n. 1/2016, pp. 79 ss. e C. ZILIOLI, The ECB’S Powers and Institutional Role in the Financial Crisis. A Confirmation form the Court of Justice of the European Union, ivi, pp. 171 ss.

    [15] Si veda il contenuto online: https://www.ilsole24ore.com/art/lagarde-corte-tedesca-la-bce-va-avanti-imperterrita-e-indipendente-e-risponde-parlamento-europeo-ADGoB2O


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