GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    ​La “prova da sforzo” dell’incidente di costituzionalità sul reddito di cittadinanza. La Consulta che cristallizza il c.d. requisito negativo per usufruirne: l’assenza di una misura cautelare personale

    La “prova da sforzo” dell’incidente di costituzionalità sul reddito di cittadinanza. La Consulta che cristallizza il c.d. requisito negativo per usufruirne: l’assenza di una misura cautelare personale

    di Carlo  Morselli 

    La Corte costituzionale si occupa della legge sul reddito di cittadinanza, sub iudice per contrasto plurimo con la Carta, dichiarando infondate le questioni della disposizione censurata ed impositiva della sospensione dell’erogazione del RdC per il soggetto che ha subito l’applicazione di una misura cautelare personale. Il contributo ricostruisce il dictum della Consulta, muovendo dai vizi individuati dall’organo territoriale, e mette in evidenza l’automatismo applicativo del “ritiro” della provvidenza (per l’incidenza del provvedimento de libertate ai sensi dell’art. 282-bis c.p.p., provvisorio e tipicamente risalente alla fase prodromica delle indagini preliminari), che può soddisfare esigenze anche vitali per il beneficiario. In ordine all’itinerario, al giudice della “sospensione” non è riconosciuto uno spazio di apprezzamento della fattispecie concreta (vaglio giurisdizionale), e all’interessato non è dato uno ius ad loquendum, in una procedura antidevolutiva e  de plano, priva di una “procedimentalizzazione” e quindi del contraddittorio (previsto dalla norma sul c.d. giusto processo, a mente dell’art. 111 Cost.). Sullo sfondo si attesta la figura del legislatore-giudice.

    The Constitutional Court deals with the law on citizenship income, sub iudice for plural conflict with the Charter, declaring unfounded the issues of the censored and taxable provision of the suspension of the provision of the RdC for the subject who has suffered the application of a precautionary measure personal. The contribution reconstructs the dictum of the Council, starting from the defects identified by the territorial body, and highlights the applicative automatism of the “withdrawal” of providence (due to the impact of the de libertate provision pursuant to art. 282-bis cpp , provisional and typically dating back to the prodromal phase of preliminary investigations), which can satisfy even vital needs for the beneficiary. With regard to the itinerary, the judge of the “suspension” is not granted an area ofappreciation of the specific case (judicial review), and the interested party is not given a ius ad loquendum, in an anti-revolutionary and de plano procedure, without a “Proceduralization” and therefore of the cross-examination (provided for by the law on the so-called due process, in accordance with Article 111 of the Constitution). In the background stands the figure of the legislator-judge.

    Sommario: 1. L’“antefatto” del sindacato di costituzionalità promosso dal giudice a quo che censura la previsione dell’art. 7-ter, comma 1, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 sulla sospensione del  reddito di cittadinanza per chi è stata colpito da un provvedimento cautelare. - 2. Le ragioni del giudice a quo. I caratteri di uno “spoglio”. - 3. Il potere cautelare coinvolto è eccezionale. - 4. Carenza di uno spatium deliberandi per il giudice e omologazione di due previsione assai lontane per identità e per fasi processuali. - 5. Precedenti costituzionali e della Cassazione. Art. 282-bis c.p.p. e la corrispondente linea  (securitaria) di interdizione. - 6. Ne procedat iudex ex officio: non rispettato il modello del c.d. processo di parti e mancante la previsione di uno ius ad loquendum. - 7. (All’orizzonte) “il legislatore-giudice”.

    1. L’“antefatto” del sindacato di costituzionalità promosso dal giudice a quo che censura la previsione dell’art. 7-ter, comma 1, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 sulla sospensione del  reddito di cittadinanza per chi è stata colpito da un provvedimento cautelare

    La Corte Costituzionale, quale giudice delle leggi e custode della Costituzione repubblicana improntata a «garantismo» [1], emette il suo “verdetto”  sulla normativa relativa al reddito di cittadinanza sottoposta alla “prova da sforzo” dell’incidente di costituzionalità, promosso dall’organo a quo [2].

    La Consulta ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 7-ter, comma 1, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 (Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni), sollevate in riferimento agli artt. 1, 2, 3, 4, 27, primo e secondo comma, 29, 30 e 31 della Costituzione e al principio di ragionevolezza (desumibile dall’art. 3 Cost., come reinterpretato), nonché all’art. 117, primo comma, Cost. – quest’ultimo correlato all’art. 6, paragrafo 2, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)  – ,devolute dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Palermo, con ordinanza n. 86 del 2020.

    L’“antefatto” del sindacato di costituzionalità si appunta sulla disposizione censurata, la quale sarebbe costituzionalmente illegittima nel tratto in cui impone di sospendere l’erogazione del reddito di cittadinanza nei confronti del destinatario (beneficiario o richiedente)  a cui è applicata

    una misura cautelare personale [3].

    La Corte come un memorandum  fissa la cornice tematica, ricordando, appunto, che il reddito di cittadinanza rappresenti un particolare beneficio economico, introdotto allo scopo di riordinare il sistema di assistenza sociale e  razionalizzare dei servizi per l’impiego, in vista di una più efficace gestione delle politiche attive per il lavoro.

    L’art. 2 del d.l. n. 4 del 2019  enumera i requisiti personali, reddituali e patrimoniali per accedere al reddito, che devono sussistere dum pendet: al tempo della presentazione della domanda, e continuativamente,  per tutta la durata dell’erogazione.

    La lettera c-bis) del comma 1 di tale articolo, in particolare, fissa un requisito c.d. negativo, passandone in rassegna l’arco degli elementi concorrenti: il richiedente il beneficio non deve essere gravato da un provvedimento  cautelare personale, ancorché adottato a seguito di convalida dell’arresto o del fermo, o condannato in via definitiva, nei dieci anni precedenti la richiesta, per taluno dei delitti indicati dal successivo art. 7, comma 3.

    Nell’ottica retrospettiva della sentenza n. 122 del 2020, la Corte ha anche precisato che il legislatore ha previsto un particolare requisito di onorabilità per la richiesta del reddito di cittadinanza – l’esclusione della soggezione a misure cautelari personali – che (unitamente agli altri requisiti) deve sussistere in una catena temporale, ininterrotta quindi: non solo al momento dell’inoltro della domanda, ma esteso per tutto l’orizzonte temporale dell’erogazione del beneficio economico. Il provvedimento di sospensione in caso di misure cautelari sopravvenute, quindi, «altro non è che la conseguenza del venir meno di un requisito necessario alla concessione del beneficio e rientra per ciò tra i casi in cui la giurisprudenza costituzionale riconosce la legittimità di sospensione, revoca o decadenza, anche attraverso meccanismi automatici».

    Pertanto, la sospensione del beneficio non ha una ratio punitiva e sanzionatoria, ma entra in sinossi con gli obiettivi dell’intervento legislativo. Tra l’altro, la stessa sospensione del reddito di cittadinanza non comporta, di per sé, la necessaria privazione in capo al soggetto interessato dei mezzi di sussistenza.

    2. Le ragioni del giudice a quo. I caratteri di uno “spoglio”

    Il giudice a quo traccia le sequenze di un potere sdoppiato: se con l’adozione della misura coercitiva l’organo corrispondente “consuma” il suo potere cautelare, la sospensione del reddito di cittadinanza acquisito interverrebbe quale proiezione di un subprocedimento consecutivo. Siffatta sospensione, ancorché inquadrata quale sanzione amministrativa, risalirebbe allo ius dicere di un soggetto le cui condizioni di esercizio sono improntate a terzietà, imparzialità ed indipendenza.

    Il nomen iuris non può essere vincolante e l’analisi divenire monotematica: la misura è obbligatoria perché non ammette un vaglio devoluto al giudice e potrebbe avere una veste formale amministrativa, contraddetta (o corretta), però, da un  piano sostanziale che ne riporta i connotati penali, in linea, in questo processo ricostruttivo, con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha considerato le sanzioni amministrative di natura afflittiva equiparabili a quelle penali [4], con  la conseguente vis attractiva dell’applicazione delle relative garanzie (v. la sentenza 8 giugno 1976, Engel e altri contro Paesi Bassi).

    Si attesterebbe la vistosa portata afflittiva della sospensione del reddito di cittadinanza: rispetto ad un beneficio di matrice assistenziale (distinto dal precedente “reddito di inclusione” [5]) - satisfattivo non solo delle esigenze elementari di sopravvivenza del destinatario lato sensu (perché ricomprende oltre il suo percettore diretto pure il nucleo familiare) ma anche di plurimi diritti fondamentali (“tavolari” per così dire: diritti alla vita, al lavoro, alla famiglia) - risulterebbe e risalterebbe (le due “r”) la finalità punitiva del provvedimento sospensivo, che manterrebbe il cordone ombelicale con l’applicazione della misura privativa  in personam, essendone il primo un corollario.

    In secondo luogo, il significato afflittivo mutua tale carattere dalla definitività e radicalità - che forse non sarebbe improprio appellare irreversibilità - dello “spoglio” iussu iudicis in quanto pur in seguito alla revoca dell’atto sospensivo gli arretrati non corrisposti non potrebbero essere oggetto

    di recupero per sanare il vulnus subito dal beneficiario[6].

    In tal modo si aprirebbe una forbice: come il masso di Tantalo, il soggetto attinto sarebbe gravato dal peso di una sanzione “penale in senso sostanziale” “quasi senza limiti”[7] e senza che sia stato aperta ed attivata la garanzia del contraddittorio al riguardo, neppure ex post. Opererebbero automatismi applicativi, per un provvedimento “non disputabile” cioè inoppugnabile, emesso de plano. Non sarebbe ammessa la fase dell’impugnazione, né avanti il giudice amministrativo -  ostandovi la carenza di un atto formalmente amministrativo - né avanti il Tribunale del riesame, la cui cognizione può devolversi solo relativamente a doglianze concernenti la misura cautelare.

    Al riguardo, si noti che un recente arresto giurisprudenziale di merito ha stabilito il principio di diritto secondo cui i regolamenti e gli atti amministrativi generali sono impugnabili ove contengano disposizioni in grado di ledere in via diretta ed immediata le posizioni giuridiche soggettive dei

    destinatari[8].

    Sul piano della rilevanza della questione di incostituzionalità, l’organo territoriale precisa che l’ordinanza che la riguarda deriva dall’applicazione, ai sensi dell’art. 282-bis c. p. p., della misura cautelare personale di divieto di avvicinamento alle aree frequentate dalla persona offesa dal reato per fatto di maltrattamento in famiglia, punito dall’art. 572 c. p.[9]

    Nel corso dell’interrogatorio ex art. 294 c.p.p. la persona assoggettata ha dichiarato di essere titolare

    del reddito di cittadinanza[10]

    3. Il potere cautelare coinvolto è eccezionale

    La norma colpisce il titolo, del beneficiario o del richiedente il reddito di cittadinanza[11] nei cui  confronti  è stata applicata una misura cautelare personale, pure subentrata a seguito di convalida

    dell'arresto[12] o del fermo, o che risulti condannato con sentenza non definitiva per taluno dei delitti

    indicati all'art. 7, comma 3. In tali casi, l'erogazione del beneficio di cui all'art. 1 deve essere sospesa. La norma che assume rilievo (nella fattispecie tratta nel giudizio di costituzionalità considerato) è l’art. 282-bis (Allontanamento dalla casa familiare) inserita nella classe delle misure coercitive (capo II del libro IV, Misure cautelari) e nella collana degli artt. 281 (Divieto di espatrio), 282 (Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria), 282-bis, 282 ter (Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa), 283 (Divieto e obbligo di dimora), 284 (Arresti domiciliari), 285 (Custodia cautelare in carcere), 285-bis (Custodia cautelare in istituto a custodia attenuata per detenute madri), 286 (Custodia cautelare in luogo di cura), 286-bis (Divieto di custodia cautelare)[13].

    La vicenda cautelare è ricompresa, tipicamente, nella fase prodromica (e fluida) delle indagini preliminari condotte dal Pubblico Ministero, mentre l’emanazione della sentenza di condanna attiene all’epilogo del procedimento di primo grado e alla fase propriamente  di merito (e stabile) del giudizio (sull’accusa formulata). La latitudine della norma è ad amplissimo raggio poiché l’intervento ablativo, denominato “sospensione”, come un compasso, segna l’intero excursus del primo grado dell’accertamento penale sulla imputazione.

    Nella fase delle indagini preliminari, però, sussiste solo una protoaccusa, e vige sempre il principio della presunzione di non colpevolezza [14].

    Sedes materiae: seguendo una ordinata proprietà distributiva,  è il libro IV del codice di procedura penale riformato (che, appunto, soppianta il Codice Rocco del 1930) che ospita la disciplina dell’esercizio del potere limitativo delle libertà individuali, esteso alla disponibilità dei beni. Tale partizione interna, riunita sotto il paradigma della “cautelarità”, potrebbe riguardarsi come il “libro delle soggezioni”, il più nevralgico[15] perché tocca prerogative costituzionali (art. 13 Cost.), la libertà personale, storicamente intesa come “libertà dagli arresti”[16] o (alla Mortati) «inviolabilità dagli arresti», il diritto al writ of habeas corpus e innesta vicende detentive durante il procedimento penale. Siffatto innesto - si ribadisce - è inserito nella  prima fase del rito, nel quadro di un disegno ternario (indagine preliminare, omonima udienza[17], giudizio nella cui sfera è prevista l’istruzione acquisitiva della prova, dialetticamente ed oralmente elaborata, nel contraddittorio garantito). In questo assetto spicca la salvaguardia del rispetto del «principio di “giurisdizionalizzazione” delle misure cautelari…della loro sottoponibilità a “riesame” anche nel merito, in contraddittorio fra e parti, davanti ad un organo collegiale»[18].

    4. Carenza di uno spatium deliberandi per il giudice e omologazione di due previsione assai lontane per identità e per fasi processuali

    Proprio la giurisdizionalità, in precedenza evocata, è la categoria che risulta intaccata nell’attento scrutinio di costituzionalità del giudice a quo, del Tribunale ordinario di Palermo, ancorché il codice riformato abbia fatto del giudice una figura di vertice e primaria, con la sua norma di apertura, all’art. 1, riservata alla “giurisdizione penale”[19].

    Infatti, l’automatismo applicativo della sospensione della erogazione del reddito toglie terreno ad un possibile “sindacato” del giudice, che volesse ad esempio utilizzare elementi raccolti durante l’interrogatorio dall’indagato per non sospendere tale erogazione o semplicemente ridurla (in ipotesi, non dispensabile per l’interessato, che non gode di altri redditi, e per quello spirito di solidarietà che caratterizza ed anima la normativa sul reddito). Il divario appare rilevante: la sospensione risale all’esercizio di un potere solo dichiarativo che la legge attribuisce al giudice quale semplice longa manus del precetto di legge, privo di un proprio vaglio che la fattispecie concreta potrebbe  richiedere di operare.

    La misura cautelare e la somministrazione del reddito hanno rationes del tutto autonome e diverse, penale ed amministrativa, che però confluiscono su un unico soggetto, mentre ratione materie risalgono, soggettivamente, al giudice penale e all’ente amministrativo (l’INPS). Lo ius dicere è, così, vuoto, specialmente nella parte  normalmente dedicata alla motivazione: esprimerlo senza un proprio potere di giudizio, però, non è tipico del giudice. Non c’è provvedimento del giudice senza decisione, senza vaglio (cioè, vaglio della fattispecie) e senza motivazione che impegna il magistrato a render conto del potere esercitato.

    Né può dirsi che tale vaglio non occorra perché è già considerato alla fonte (vaglio “ritenuto” alla fonte, in ipotesi) cosicché è inutile ripeterlo alla foce, ciò perché alla prima è estranea, per definizione, la cognizione e il trattamento della fattispecie concreta. Questa, la sua analisi, è  affidata per legge alla funzione del giudice, e non presunta, per non residuare la robotizzazione del giudice. Il suo ius dicere sarebbe un moto apparente, estensibile al limite massimo di ritenere il provvedimento caducatorio, sostanzialmente, come emesso a non iudice, quando residua l’astrattismo della giurisdizione penale, la cui «funzione è il ponte di passaggio dall’astratto al concreto, dalla legge penale all’esecuzione della legge penale»[20].

    L’art. 7-ter. del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, commina la sanzione della “Sospensione del beneficio in caso di condanna o applicazione di misura cautelare personale” (in rubrica) [21]. Al comma 1 è previsto che la sospensione abbraccia, indifferentemente, sia il destinatario di una misura cautelare personale che il soggetto «condannato con sentenza non definitiva per taluno dei delitti indicati all'articolo 7, comma 3».

    La norma si presta a due rilievi, riassuntivamente: a) nello stesso trattamento sospensivo, promiscuamente, confluiscono e finiscono sia l’indagato che il condannato, così accomunati, cui corrispondono, però, situazioni identitarie (notevolmente) distinte e distanti tra loro, per i due diversi  titoli (procedimentale il primo, processuale il secondo, ciò per scandire le fasi) a cui fanno capo i due soggetti assai lontani nello spazio del rito penale; precisamente, in ordine alla persona sottoposta alle indagini preliminari del pubblico ministero, custodia per cautela in una fase preprocessuale ed endoprocedimentale[22] caratterizzata dalla scrittura e, relativamente all’imputato-accusato, condanna per accertamento in giudizio, esclusivamente nel cui ambito è prevista la sottofase della istruzione e all’interno del dibattimento garantito dai principi del pieno contraddittorio, dall’oralità, dalla pubblicità e dall’immediatezza (rapporto di identità tra l’organo dell’acquisizione della prova e della decisione), e a parte quello della concentrazione;

    b) come il vecchio mandato di cattura (art. 253) del codice di rito inquisitorio del 1930 [23], la sospensione è automatica ed agganciata a predeterminati nomina criminis: «i reati di cui ai commi 1 e 2 e per quelli previsti dagli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter, 422 e 640-bis del codice penale, nonché per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo».

    5. Precedenti costituzionali e della Cassazione. Art. 282-bis c.p.p. e la corrispondente linea (securitaria) di interdizione

    Prima della nota riforma Vassalli, l’art. 253 c. p. p 1930, in rubrica,  prevedeva « Casi nei quali il mandato di cattura è obbligatorio », enumerandoli nel dettato normativo[24]. La Corte costituzionale veniva investita da una specifica questione proveniente dal giudice istruttore del Tribunale di Bologna[25] (notoriamente, il vecchio giudice istruttore[26] con la riforma del 1988  è stato sostituto dall’attuale giudice per le indagini preliminari[27] e l’istruzione “per la prova”[28], soppiantata dalle indagini preliminari del P.M., è stata spostata in avanti, inserita nel giudizio, l’ultima fase del procedimento di primo grado). Questi eccepiva il contrasto costituzionale dell’art. 253 del codice Rocco con gli artt. 3, primo comma, 13, primo e secondo comma, 25, terzo comma, 27, secondo comma, e 104, primo comma, della Costituzione, argomentando che il mandato di cattura se fosse stato facoltativo ne sarebbe stata preclusa l’emissione, per l’impossibilità di motivarlo con riferimento ad esigenze probatorie, alla consistenza criminosa del fatto di reato, all’allarme sociale, al pericolo di fuga. Venendo meno per il giudice l'apprezzamento calato sull’esigenza di evitare l’inquinamento del bagaglio probatorio, la sua indipendenza sarebbe stata minacciata (art. 104, primo comma, Cost.). Rilevava la gravità dell’imputazione, più che la gravità indiziaria, la prima indice di una presunzione assoluta di pericolosità[29].

    Proprio sul dovere di rendere una motivazione ad hoc, con sentenza n. 64 del 1970, la Corte costituzionale (che richiama la sentenza della Corte  n. 68 del 1967), ha  dichiarata fondata la quaestio sull’art. 253 cod. proc. pen. 1930 nella parte in cui esclude l'obbligo della motivazione in ordine ai sufficienti indizi di colpevolezza (in applicazione dell'art. 111 Cost.). Scrive la Corte: « la Corte non dubita che dal sistema vigente, correttamente interpretato, sia da ricavarsi il principio generale in forza del quale tutte le volte in cui la legge affida al giudice il potere di valutare determinate circostanze, al fine della emissione di un provvedimento processuale, tale valutazione debba essere oggetto di motivazione»[30].

    La Corte Costituzionale, con sentenza n. 253 del 18 luglio 2003, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 222 del Codice penale (Ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario), «nella parte in cui non consente al giudice, nei casi ivi previsti, di adottare, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza, prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure dell’infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale». Il remittente aveva denunciato  il rigido “automatismo” della regola legale che impone al giudice, in caso di proscioglimento per infermità mentale per un delitto che comporti una pena edittale superiore nel massimo a due anni, di ordinare il ricovero dell’imputato in ospedale psichiatrico giudiziario per un periodo minimo di due anni, o per un periodo più lungo in relazione all’entità della pena edittale prevista, senza attribuirgli uno “spazio” entro cui potesse disporre,  alternativamente, misure diverse [31].

    Del pari: nel caso, oggetto della presente analisi, dell’art. 7 ter  cit. sul “RdC”, nel “pendolo” del binomio custodia cautelare-condanna in primo grado, quoad effectum, lo sbocco sarà, in blocco, un provvedimento totalmente ablativo (il nomen iuris è sospensione), senza possibilità, appunto, di declinarlo e regolarlo in dipendenza di casi che sarebbe proporzionato trattare con scelte  non radicali. Per esempio, stante la illustrata ratio dell’art. 1 della legge, che si tratta di un  strumento d’elezione per combattere la povertà, le stesse tavole della legge potrebbero prevedere un meccanismo flessibile, a fisarmonica,  secondo cui sarebbe dato al giudice il potere (oltre che di annullare anche)  di ridurre la misura del RdC o applicare il “contrappasso” di una misura (di natura totalmente extrasospensiva[32], improntata al primum vivere[33]) socialmente utile, sul piano dei servizi nel territorio. Sarebbe palese il riequilibrio dell’ordinamento, nel sottosistema cautelare il cui impianto è stato concepito secondo uno “statuto di proporzionalità” dettato all’art. 275, comma 2,c. p. p. (Criteri di scelta delle misure): «Ogni misura deve essere proporzionata all’entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene possa essere irrogata»[34]. Nel solco di tale criterio, si renderebbe non irriducibile il divario tra revisione del beneficio del reddito di cittadinanza e conservazione di un presidio al depauperamento e all’emarginazione sociale.

    Con la sentenza n. 253 del 2019, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 4-bis, comma 1, della legge n. 354 del 1975 (“Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”), «nella parte in cui non prevede che, ai detenuti per i delitti di cui all’art. 416-bis del codice penale e per quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, possano essere concessi permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia a norma dell’art. 58-ter del medesimo ordin. penit., allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere, sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti». Si era precisato da parte del giudice a quo che il Tribunale di sorveglianza aveva ritenuto non accessibile il beneficio domandato in quanto precluso dai titoli di reato, trattandosi di delitti tutti ricompresi nel protocollo  dei reati ostativi ex art. 4-bis, comma 1, ordin. penit. e non risultando condotte di collaborazione con la giustizia rilevanti ai sensi dell’art. 58-ter ordin. penit., richiamato dallo stesso art. 4-bis. Con ordinanza del 20 dicembre 2018, la Corte di cassazione aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione, dell’art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 e aveva fatto un richiamo della giurisprudenza della Consulta sugli “automatismi” nell’applicazione delle misure cautelari personali[35] (con l’emanazione della l. 28 luglio 1984, n. 398, sulla diminuzione dei termini di carcerazione cautelare e la concessione della libertà provvisoria, e della l. 5 agosto 1988, n. 330, sulla nuova disciplina dei provvedimenti restrittivi della libertà personale nel processo penale, si andò, a tappe, sfaldandosi il dualismo cattura facoltativa/cattura obbligatoria e nella direzione dell’abbandono della politica degli automatismi applicativi, nel “cammino delle riforme”[36]).

    Per quanto riguarda la Corte di cassazione, può citarsi una decisione del 2019[37] - successiva alla decisione della Consulta 2019 n.24 (nella doppia lettura con Cass., sent. 2021, n. 20156[38])  che ha estromesso dall’appartenenza alla classe della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e della confisca di prevenzione (artt. 4 e 16 cod. ant.) i soggetti abitualmente dediti a traffici delittuosi (art.

    1, lett. a, cod. ant.) a causa della  sua «radicale imprecisione» [39], e dopo la decisione c.d. De Tommaso della Corte europea[40] -  secondo cui «deve concludersi che, a discapito del tenore del D.Lgs. n. 159 del 2011,art. 8, comma 4, e dell'apparente automatismo dell'applicazione delle prescrizioni che sembrerebbe discendere dalla littera legis, la lettura costituzionalmente e convenzionalmente orientata della norma non possa non condurre a subordinare l'adozione delle restrizioni a specifiche e verificate condizioni ». Per quanto d’interesse in questa sede nel richiamo  dell’art. 282-ter c. p. p. (misura cautelare personale di divieto di avvicinamento alle aree frequentate dalla persona offesa al reato, nel tratto comune con l’art. 282-bis c. p. p.) la stessa Cassazione scrive che «analoghe considerazioni valgono anche con riguardo all'obbligo del proposto di permanenza nell'abitazione in orario notturno, non essendo revocabile in dubbio che esso si risolva in una compressione della libertà di circolazione dell'individuo. Ne discende che – al pari del divieto di partecipare a pubbliche riunioni – detto obbligo debba motivatamente correlarsi alle specificità della ritenuta pericolosità sociale del proposto… e si renda pertanto necessaria, nel singolo caso concreto, in funzione delle obbiettive esigenze di controllo del proposto»[41].

    L’art. 282-bis c. p. p. trova posta per via dell’innesto introdotto  dall’art. 1, comma 2, della l. 4 aprile 2001, n. 154, cosicché il compendio delle misure coercitive [42] ha acquisito nel suo seno la  misura dell’allontanamento dalla casa familiare (removal from the marital home). In tal modo, «l’art. 282 bis c. p. p. prevede una misura coercitiva introdotta successivamente all’entrata in vigore del codice di rito (dalla l. 4 aprile 2001, n. 154), consistente nell’allontanamento dalla causa familiare imposto dal giudice con il provvedimento cautelare che contiene anche il divieto di farvi rientro o di accedervi senza autorizzazione»[43], precisandosi che «la misura è stata introdotta nel solco di un intervento legislativo comprendente un più ampio ventaglio di “misure contro la violenza nelle relazioni familiari”»[44], aggiungendosi una «nuova cautela»[45].

    Si tratta di un obbligo di facere (misto a non facere [46]), nella forma di un atto di desistenza che si sdoppia nel dettato normativo: la prescrizione destinativa rivolta all’imputato ha ad oggetto il divieto di permanenza nella casa familiare e quindi il suo esodo o allontanamento iussu iudicis oppure quello di rientrarvi sine titulo, cioè in assenza di un nulla osta (autorizzazione, nel linguaggio del codice). Prescrizione (articolata al secondo comma della norma nella figura di “sbarramento ambientale” del divieto di avvicinamento in luoghi frequentati dalla persona offesa)  ed autorizzazione sono di fonte giurisdizionale. Il giudice, infatti, dispone siffatte limitazioni, trattandosi di una specie di “foglio di via obbligatorio”[47], dato che, per assimilazione, si traducono in un atto ostativo alla libera circolazione individuale[48] (pericula libertatis), altrimenti pericolosa e  di pregiudizio[49] alla pacifica convivenza[50]. Così la vittima del reato - esercitando il suo potere di “veto locativo” (primum non nocere) - riceve immediata tutela dall’ordinamento[51] mediante un visibile “scudo ambientale” o schermo protettivo[52], «in funzione di dissuasione dei componenti la collettività dalla commissione di azioni atti a ledere i diritti fondamentali»[53]. Si traccia, così, una linea securitaria di interdizione spaziale illico et immediate, che possiamo appellare distantia loci [54] (e abduttivo il corrispondente provvedimento), un argine “di prossimità”  alla libertà di incontrollata locomozione (altrimenti irriducibile) quando sbocca in atti violenti[55] e “percussivi”[56], espressione di un’azione perturbatrice[57]. Tuttavia, «nulla è previsto, a differenza delle altre misure (cfr. art. 98 disp. att.) con riferimento alla cessazione della misura dell’allontanamento della casa familiare»[58].

    Riassuntivamente, si è al cospetto di un atto bicefalo: “cautelare” nel tratto oblativo dell’ombrello protettivo aperto per la vittima-persona offesa, “privativo” o impositivo in quello ablativo del forzoso allontanamento domestico (l’abduzione ex lege).

    6. Ne procedat iudex ex officio: non rispettato il modello del c.d. processo di parti e mancante la previsione di uno ius ad loquendum

    Il tessuto dell’iter di Corte cost. sent. 23 giugno 2021, n. 126  è integrato dal richiamo dell’art. 7-ter cit. (Sospensione del beneficio in caso di condanna o applicazione di misura cautelare personale). Un richiamo sine glossa, per l’incidenza assorbente dell’intervenuta misura cautelare personale, senza interrogarsi la norma (regolativa di una fattispecie a più versanti) se il subprocedimento  -  dotato quindi di una relativa autonomia  -  rispetti il c.d. principio della domanda, o si concluda de plano[59].

    Al riguardo, nel “palcoscenico” del  nuovo processo penale le leve del rito appartengono alle parti e quindi sono rari i casi in cui il giudice si “autoinveste”, come avviene nella norma per eccellenza di tale potere officioso, dell’art. 507 c. p. p. Domina l’opposto principio dispositivo e devolutivo, già partendo dall’esercizio dell’azione penale assegnata al pubblico ministero (art. 112 Cost.). Tale disegno orizzontale “procedimentalizzato”[60] improntato alla «logica del processo di parti» [61], e non verticistico, non risulta, nello specchio dell’art. 7 cit., rispettato con la previsione della sospensione automatica, secca, a prescindere da una richiesta del P.M. Manca nel subprocedimento dell’art. 7 cit. il tratto dialettico (e quindi la trama dell’audiatur altera pars) e partecipativo, ellitticamente declinato in absentia [62].

     Un iter così involuto o sincopato è il prodotto di una pianificazione in sommo grado, cioè al vertice legislativo, che non ha lasciato nessuno spazio di discrezionalità non solo all’organo tipico che la esprime ed esercita - qual è il giudice, che recita in tal modo una “giurisdizione senza cognizione”[63] - ma neppure alle parti, che tracciano ed incardinano con le loro iniziative un ordine geometrico, quello del c.d. processo di parti, in rapporto di filiazione con il modello accusatorio. Il deficit  rilevante è lo ius ad loquendum, riconoscibile - una specie di “contraddittorio di base”[64] all’interessato anteriormente alla sospensione del reddito di cittadinanza.  La Corte  europea, in altra occasione, lo chiama “specifico onere di audizione”[65]. L’interrogativo, a questo punto, è se siano state rispettati i canoni che presiedono al c.d. giusto processo, ai sensi dell’art. 111 Cost., che esalta il valore del contraddittorio.

    Manca, altresì,  un rapporto di filiazione “materiale” (cioè ratione materiae) tra il provvedimento coercitivo applicato (prius) e il reddito di cittadinanza caducato in conseguenza del primo (posterius).

    Vero è che «nessun modello aderisce perfettamente ai fatti»[66], ma in questo caso il divario e assai ampio.

    Per esempio, nel Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), è inserito l’art. 4 (Ingresso nel territorio dello Stato) che al comma 2 espressamente prevede: «La presentazione di documentazione falsa o contraffatta o di false attestazioni a sostegno della domanda di visto comporta automaticamente, oltre alle relative responsabilità penali, l’inammissibilità della domanda».  Quindi è sanzionata con l’inammissibilità dell’istanza, quella fraudolenta.

    Del pari, solo una mala gestio del reddito di cittadinanza, dei canali d’accesso e delle modalità di cui si avvale il percettore, potrà “dire” della congruenza rispetto all’atto di ritiro di cui è espressione la perdita del beneficio, ma non quale corollario dell’applicazione di una misura coercitiva extrareclusiva, come nel caso trattato da Corte Costituzionale, sent. 23 giugno 2021, n. 126 (relativo all’art. 282 bis c.p.p.). Tornando al diritto dell’immigrazione, si cita una norma che garantisce lo straniero maggiormente rispetto al cittadino italiano che perde il reddito di cittadinanza non solo  in seguito ad un accertamento di merito dettato in sentenza, ma pure nell’ipotesi in cui questa manchi e ancor prima, in costanza di un provvedimento coercitivo, emesso quindi (per definizione) rebus sic stantibus. Invece, per lo straniero vale il D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, che all’art. 6 bis (Diniego del visto d`ingresso) stabilisce: «1. Qualora non sussistano i requisiti previsti nel testo unico e nel presente regolamento, l'autorità  diplomatica o consolare comunica allo straniero, con provvedimento scritto, il diniego del visto di ingresso, contenente l'indicazione delle modalità di eventuale impugnazione. Il visto di ingresso è negato anche quando risultino accertate condanne in primo grado di cui all'articolo 4, comma 3, del testo unico»[67]. Dunque, stabili sentenze e non provvedimenti ante causam, provvisori, quelli coercitivi de libertate, eccezionali[68]. Appunto perché eccezionali dovrebbero essere di stretta interpretazione, insuscettibili di valicare il significato penale e libertario, all’origine di provvedimenti impositivi  che “veicolano” un trattamento in peius, un sacrificio che - si ribadisce - non si pone in stretto contatto “materiale” con le regole che presiedono il campo cautelare.

    Neanche è previsto un preavviso di ritiro del beneficio reddituale, in ambito endoprocedimentale e sul presupposto del carattere amministrativo dell’atto[69] (dovendo il ritiro essere comunicato all’INPS e questi farlo proprio).

    7. (All’orizzonte) “il legislatore-giudice”

    La disamina che precede, pone in luce, affacciandosi all’orizzonte, al figura di un legislatore-tuttofare, ad ampio raggio, promotore della regola e codificatore ed autore (o almeno coautore) di quella applicata, nessun spazio di apprezzamento della fattispecie concreta residuando e riconoscendosi  al giudice così “spogliato” e confinato ad una operazione solo dichiarativa, nel cui ambito, al pari di un velo giuridico, si esaurisce il suo “dire” e che dovrebbe essere, invece, ius dicere[70], cioè regola concreta applicata dal giudice insieme al suo rigoroso ed autentico scrutinio. Infatti, l’art. 7-ter. del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, stabilisce la sanzione della “Sospensione del beneficio in caso di condanna o applicazione di misura cautelare personale” (in rubrica), quella “espulsiva”[71] . Al comma 1 è previsto che alla sospensione è assoggettato, invariabilmente, sia il destinatario di una misura cautelare personale che il soggetto «condannato con sentenza non definitiva per taluno dei delitti indicati all'articolo 7, comma 3»[72].

    L’opus del legislatore è completamente esaustivo, di carattere antidevolutivo dell’esercizio del potere giurisdizionale: “a valle” il giudice è, si conseguenza, privo di un vaglio della stessa ratio della norma che getterebbe luce sulla regola applicabile. Recentemente, il giudice di merito ha riaffermato (il carattere di “provvidenza”) che «il Reddito di Cittadinanza, introdotto con decreto-legge 28 gennaio 2019 n. 4 come misura di contrasto alla povertà, è un sostegno economico finalizzato al reinserimento nel mondo del lavoro e all’inclusione sociale che viene riconosciuto ai nuclei familiari in possesso, cumulativamente, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio, di requisiti di cittadinanza, reddito e patrimonio»[73]. Si è osservato e precisato, ad esempio, che «l’allontanamento è una misura cautelare predisposta con particolare riferimento ai reati in materia di violenza delle relazioni familiari, ma non vi è alcuna norma che la riservi a tale categoria criminologica»[74].

    Si staglia, così, il ruolo operativo - che potrebbe forse anche appellarsi “bulimia regolativa” - della legge, attestandosi e fissandosi la figura del legislatore-giudice, non meno problematica di quella uguale e contraria di giudice-legislatore, per la forte spinta creativa  che la caratterizza[75].

    Nella “cruna” della Corte costituzionale - che un ruolo importante «ha avuto per la valorizzazione e per l’attuazione della Costituzione» [76] - è passato indenne un vistoso  automatismo applicativo veteroinquisitorio (la sospensiva del RdC calata de plano per l’incidenza assoluta di un provvedimento provvisorio di natura coercitiva), che, in assenza di una specifica mediazione cognitiva (espressione della c.d. garanzia partecipativa), esclude le parti (l’iniziativa e l’apporto), trascurando di considerare che «la parte è una preziosa fonte di informazione di cui i funzionari hanno bisogno per giungere alla decisione giusta»[77] [78].

     

    [1] Riprendendo C. Ghisalberti, Storia costituzionale 1848/1948, II, Roma-Bari, Laterza, 1977, 422: «Il garantismo della costituzione repubblicana appare…in tutta evidenza come il motivo determinante l’intera attività della Costituente». Rinviandosi a R. Bin-G.Pitruzzella, Diritto costituzionale, XII ed., Torino, Giappichelli, 2021, 447, «ricco è il complesso di garanzie attraverso il quale la Costituzione e le leggi cercano di assicurare la “neutralità” della Corte costituzionale e dei suoi giudici». T. Martines, Diritto costituzionale, XV ed., riveduta da G. Silvestri, Milano, Giuffrè, 2020, 486 il quale avverte che  «una particolare posizione assume, in seno alla Corte, il suo Presidente».

    [2] Corte Costituzionale, sent. 23 giugno 2021, n. 126, in dirittifondamentali.it., 2021. Sul c. d. incidente, v. Bin-Pitruzzella, Diritto costituzionale, cit., 480: «È detto giudizio in via incidentale in quanto la questione di legittimità costituzionale sorge nel corso di un procedimento giudiziario (che viene detto giudizio principale il giudizio a quo), come “incidente processuale”, che comporta la sospensione del giudizio». Proprio sul «procedimento in via incidentale: a) la proposizione della questione», v. Martines, Diritto costituzionale, cit. 497.

    [3] L’impulso al giudizio  di  legittimità  costituzionale  dell'art.  7-ter, comma 1, del  decreto-legge  28  gennaio  2019,  n.  4  (Disposizioni urgenti in  materia  di  reddito  di  cittadinanza  e  di  pensioni), convertito, con  modificazioni,  in  legge  28  marzo  2019,  n.  26, appartiene al  Giudice  per  le  indagini  preliminari  del  Tribunale ordinario di Palermo nel procedimento penale a carico di F.  M.,  con ordinanza 7  ottobre  2019,  iscritta  al  n.  86  del  registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell'anno 2020.

    Lungo una ipotetica linea di displuvio, questa demarca, secondo categorie binarie, il tratto oblativo (il beneficio del reddito di cittadinanza) con quello ablativo (la misura privativa subita, nella forma della sospensione). Simul stabunt, simul cadent: ne beneficia (del reddito) solo chi (insieme ad altri requisiti) non è colpito da un provvedimento cautelare personale o da una sentenza di condanna ancorché non definitiva, per taluni reati.

    Sul piano definitorio, v. P. Tonini-C.Conti, Manuale di procedura penale, Milano, Giuffrè, 2021, 439: «Le misure cautelari sono quei provvedimenti provvisori e immediatamente esecutivi, finalizzati ad evitare che il trascorrere del tempo possa provocare uno dei seguenti pericoli:1) pericolo per l’accertamento del fatto storico; 2) pericolo per l’esecuzione della sentenza; 3) pericolo che si aggravino le conseguenze del reato o che venga agevolata la commissione di ulteriori reati. Le misure cautelari…comportano la limitazione di alcune libertà fondamentali». Sul «contenuto dei diritti fondamentali», si rinvia a A. Balsamo, in  Manuale di procedura penale europea, a cura di R. E. Kostoris, Milano, Giuffrè, 2019, 121 ss., mentre in materia di misure cautelari, v. G. Spangher, Inquadramento generale, in Aa. Vv., Manuale teorico-pratico di diritto processuale penale, Padova, Cedam, 2018, 670. 

    [4] V. Corte cost., 18 gennaio 2022, n. 8: «Le esigenze costituzionali di tutela non si esauriscono nella tutela penale, ben potendo essere soddisfatte con altri precetti e sanzioni: l’incriminazione costituisce anzi un’extrema ratio, cui il legislatore ricorre quando, nel suo discrezionale apprezzamento, lo ritenga necessario per l’assenza o l’inadeguatezza di altri mezzi di tutela (sentenza n. 447 del 1998; in senso analogo, con riferimento all’abrogazione del reato di ingiuria, sentenza n. 37 del 2019; si vedano pure la sentenza n. 273 del 2010 e l’ordinanza n. 317 del 1996)». Illogiche le discriminazioni per l’accesso al Reddito di cittadinanza e all’Assegno unico universale, Contrasto alle discriminazioni, in ASGI, 23 settembre 2021.

    In dottrina, v. R. Affinito-M.M.Cellini, Il reddito di cittadinanza tra procedimento amministrativo e processo penale, in Sist. pen., 13 settembre 2021. Quando una sanzione extrapenale è troppo elevata somiglia ad una pena, su cui v., recentemente, E. Dolcini, La pena dell’ordinamento italiano, tra repressione e prevenzione, in Riv. it. dir. proc. pen., 2021, 383.

    [5] Corte cost., sent. 25 gennaio 2022, n. 19, Pres. Coraggio – Red.: De Pretis, in Immigrazione.it., 15 febbraio 2022 (commento di C. Morselli, Prime note sul reddito di cittadinanza subordinato al possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo: la Consulta chiude la forbice del sollevato conflitto internormativo, lasciando aperta la porta agli interrogativi): «Rispetto al precedente istituto del reddito di inclusione, dunque, il reddito di cittadinanza si caratterizza per una spiccata finalizzazione all'inserimento lavorativo e per un più stringente meccanismo della condizionalità, cioè per un'accentuazione degli impegni assunti dai beneficiari. Inoltre, rispetto al reddito di inclusione il reddito di cittadinanza è destinato a una platea più ampia di beneficiari, in quanto è prevista una soglia economica d'accesso più alta (art. 2, comma 1, lettera b). Per altro verso, come visto, il d. l. n. 4 del 2019, come convertito, ha previsto un forte allungamento del periodo necessario di residenza in Italia (da due a dieci anni)».

    [6] D’altra parte, invece, v., con altra direzione, Cass., sez. un., 19 dicembre 2006, n. 57, in C. E. D. Cass., n.  234955: «Il provvedimento di confisca deliberato ai sensi dell'art. 2-ter, comma terzo, L. 31 maggio 1975 n. 575 (disposizioni contro la mafia) è suscettibile di revoca “ex tunc” a norma dell'art. 7, comma secondo, L. 27 dicembre 1956 n. 1423 (misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità), allorché sia affetto da invalidità genetica e debba, conseguentemente, essere rimosso per rendere effettivo il diritto, costituzionalmente garantito, alla riparazione dell'errore giudiziario, non ostando al relativo riconoscimento l'irreversibilità dell'ablazione determinatasi, che non esclude la possibilità della restituzione del bene confiscato all'avente diritto o forme comunque riparatorie della perdita patrimoniale da lui ingiustificatamente subita». V. Cass., sez. un., 29 maggio 2014, n. 42858, in Dir. pen. cont., 17 ottobre 2014 (commento di G. Romeo, Le sezioni unite sui poteri del giudice di fronte all’esecuzione di pena “incostituzionale”), secondo cui (per le conseguenze della sentenza di  Corte cost., sent. n. 32 del 2014, in giurisprudenzapenale.it, 6 marzo 2014), sul bilanciamento tra il vincolo della intangibilità del giudicato e l'esecuzione di una decisione penale rivelatasi ex post illegittima, ha sancito il potere-dovere del giudice dell'esecuzione di incidere sul giudicato. Contra, Cass., sez. I, 1 aprile 2019, n. 27696, in C. E. D. Cass., n. 275888, che nega la competenza del giudice dell'esecuzione. V., sullo stesso tema, Cass., sez. II, 13 ottobre 2010, n. 33641, ivi, n. 279970.

    [7] In tema di sequestro ai fini di confisca per equivalente, va assicurato al soggetto nei cui confronti è stato disposto il vincolo cautelare reale un limite, desumibile dai principi fondamentali di proporzionalità e di solidarietà (Cass., sez. III, 13 gennaio 2021, n.795, in Proc. pen. giust., 2022). Spetta sempre al giudice nazionale scegliere la misura secondo i criteri previsti dall’art. 275 c. p. p., facendo riferimento ai principi di proporzionalità e adeguatezza (Cass., sez. IV, 20 ottobre 2021, n. 37739, ivi).

    [8] V. T. A. R. Campania – Napoli -, sez. I, sent. 30 settembre 2021, n. 6131, in Il Merito, febbraio 2022, n.2, 68. Analogamente, ma più restrittivamente, v. T. A. R. Campania – Napoli -, sent. 30 settembre 2021, n. 6079, ivi.

    «Come fu detto con felice immagine da Calamandrei, il giudizio comune è “l’anticamera” della Corte e il giudice, davanti al quale esso pende, è il soggetto cui spetta di aprire o no il “portone” che dà accesso alla Corte costituzionale»: cfr. V. Crisafulli, Lezioni di diritto costituzionale, vol. II, tomo 2 (L’ordinamento costituzionale italiano – la Corte costituzionale), Padova, Cedam,1984 (V ed.), 263. Si è pure detto che il giudice comune trova posto in una «posizione di intermediarietà tra la sfera politica e quella dei diritti individuali» (G. Zagrebelsky e V. Marcenò, Giustizia costituzionale, Bologna, Il Mulino, 2012, 269. Recentemente, v. Bin-Pitruzzella, Diritto costituzionale, cit., 481, sui requisiti oggettivo e soggettivo «ritenuti necessari dalla giurisprudenza costituzionale perché un organo possa considerarsi legittimato a sollevare la questione di costituzionalità»). In precedenza, v. P. Caretti-U. De Siervo, Diritto costituzionale e pubblico, IV ed.,Torino, Giappichelli, 2020, 446 sulla «iniziativa di un giudice comune».

    Obietta A. Natale, Il giudice comune, servitore di più padroni, in Quest. giust., 2020: «Nel corso degli anni, le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai giudici comuni (piccoli o grandi che fossero) sono state sempre più spesso bollate dalla Consulta con il marchio dell’inammissibilità… nel 2010, su 211 giudizi promossi in via incidentale, ben 113 sono stati decisi con ordinanza di manifesta inammissibilità o manifesta infondatezza; nel 2011, su 196 giudizi promossi in via incidentale, ben 129 sono stati decisi con ordinanza di manifesta inammissibilità o manifesta infondatezza; nel 2012, su 141 giudizi promossi in via incidentale, ben 85 sono stati decisi con ordinanza di manifesta inammissibilità o manifesta infondatezza». Il risultato è quello di una «complessiva perdita di effettività del controllo di costituzionalità» (V. Manes, L’evoluzione del rapporto tra Corte e giudici comuni nell’attuazione del volto costituzionale dell’illecito penale, in V. Manes e V. Napoleoni, La legge penale illegittima. Metodo, itinerari e limiti della questione di costituzionalità in materia penale, Torino, Giappichelli, 2019, 1 ss.). Anche nel settore della giustizia di legittimità l’accesso è piuttosto selettivo, ma, da ultimo, v. Corte di giustizia dell’Unione europea, Grande sezione, sent. 21 dicembre 2021 – Causa C/497/20, proc. Randstand Italia SpA contro Umana SpA e altri, in Guida dir., 29 gennaio 2022, n.3, 120, commento di M. Castellaneta, I limiti posti da norma interna al ricorso in Cassazione non contrastano con il diritto Ue (il riferimento è ai limiti posti dall’ordinamento nazionale ai ricorsi). Nel settore del rito penale, v. G. Spangher, Impugnazioni. Inammissibilità: l’inarrestabile erosione dei diritti delle parti, in Dir. pen. proc., 2022, n.1, 6 s. che mette in luce la «selezione delle inammissibilità per controllare i flussi processuali».

    [9] Nella nozione di “maltrattamenti” rientrano i fatti lesivi dell’integrità fisica e dell’integrità del patrimonio morale del soggetto passivo, che rendono abitualmente dolorose le relazioni familiari (Trib. pen., Taranto, sez. I, sent.10 agosto 2021, n. 1036, in Il Merito, febbraio 2022, n.2, 41).

    Altra forma di divieto è richiamata da Trib. Ferrara, sez. pen., sent. 12 ottobre 2021, n.1201, in Il Merito, febbraio 2022, n.2, 34: il provvedimento di foglio di via obbligatorio deve contenere non solo il divieto di far ritorno nel territorio del Comune di emissione del provvedimento, ma anche l’ordine di rimpatrio in un determinato luogo, prescrizioni che costituiscono condizioni imprescindibili ed inscindibili per la legittima emissione del foglio di via obbligatorio, con la conseguenza che la mancanza di una delle due prescrizioni determina l’illegittimità del suddetto provvedimento e la conseguente insussistenza del reato di cui all’art. 76 co. 3, D.Lgs. 6 settembre 2011, n.159. Infra, nota n. 41, sull’obbligo del proposto di permanenza nell'abitazione in orario notturno.

    [10] Cfr. V. Gramuglia, Interrogatorio di garanzia e legislazione dell'emergenza Covid-19 (art. 83, co. 2 d.l. n. 18/2020): tra garanzie difensive e tutela della salute collettiva, in  Sist. pen., 17 novembre 2020. In ordine agli «strumenti cautelari e precautelari» , v. A. De  Caro, in Manuale di diritto processuale penale, III ed., AA. VV., Torino, Giappichelli, 2018, 335 ss. Sull’interrogatorio dell’indagato, da ultimo, v. Cass, sez. un., 24 marzo 2022 (ud. 16 dicembre 2021), n. 10728, Pres. Cassano, Rel. Andronio, in Giur. pen., 28 marzo 2022.

    [11] Il reddito di cittadinanza nella pratica ha fatto emergere i suoi allarmanti limiti, per la facile possibilità di “lucrarlo” anche da parte di soggetti del tutto atipici (rispetto ai tratti del soggetto abilitato, al perimetro delimitato), aggirando le barriere selettive. “Truffa da 20 milioni di euro. Furbetti del reddito di cittadinanza incastrati dai carabinieri: dal nullatenente in Ferrari all’autonoleggiatore con 27 auto. Nella maxioperazione del comando interregionale Ogaden scovati proprietari di numerosi immobili. C’è persino chi ha millantato di avere sei figli. Rilevate 4.839 irregolarità. Nel 2021 più di 40 milioni indebitamente percepiti”, in Il Sole 24 Ore, 3 novembre 2021.

    V. Torino, reddito di cittadinanza: truffa da 6 milioni, 960 indagati, in Corriere di Torino, 8 febbraio 2022; Reddito di cittadinanza, maxi truffa da 6 milioni a Torino: 960 indagati, 330 sono romeni. Dichiaravano dati falsi e residenze inesistenti, in Il Messaggero, 8 febbraio 2022. Altresì, v. La truffa da 21 milioni di euro sul reddito di cittadinanza. Sono state fatte migliaia di richieste a nome di cittadini rumeni mai stati in Italia, e ci sono decine di persone arrestate, in Post., 12 aprile 2022.

    [12] Proprio la libertà personale è stata considerata come “libertà dagli arresti” (infra  nota 16). Arresto e fermo ricevono la comune definizione di “misure precautelari”, e che diventano la «due subcautele» nella variante linguistica di F. Cordero, Sub  art. 380, in Codice di procedura penale commentato, Torino, Utet, 1992, 449.

    [13] Corte Cost., sent. 23 giugno 2021, n. 126, cit.: «1.2.- Ciò premesso, in punto di rilevanza il rimettente  precisa che  la  vicenda  alla  base  dell'ordinanza  di  rimessione  origina dall'applicazione, nei confronti di F. M., della  misura  cautelare personale del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa ex art. 282-bis cod. proc. pen., in relazione a  fatti riconducibili al reato di maltrattamenti in famiglia, di cui all'art. 572 del codice penale».

    In dottrina, v. V. Grevi-M.Ceresa Gastaldo, Misure cautelari, in G. Conso-V.Grevi-M.Bargis, Compendio di procedura penale, Padova, Cedam, 2020, 353: «Circa la fisionomia delle diverse misure coercitive…esse appaiono tra loro ordinate in termini di progressiva afflittività…All’interno di questa ideale gerarchia, nella quale si concreata uno strumento evidentemente indispensabile per l’attuazione del principio di adeguatezza (art. 275), si collocano le misure del divieto di espatrio…dell’obbligo di presentazione periodica agli uffici di polizia giudiziaria (art. 282) e dell’allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis), nei casi e secondo le articolate modalità previste dai vari commi dello stesso art. 282-bis». Specificamente, v. C. Taormina, Procedura penale, Torino Giappichelli, 2015, 371, a cui si rinvia: «Adeguatezza. La scelta della misura cautelare…è legata al principio di adeguatezza (art. 275)».

    Sulle «misure della permanenza in casa e del collocamento in comunità, previste dal rito minorile», v. Cass. pen., sez. II, 22 novembre 2021 (9 settembre 2021), n. 43899 -Pres. Diotallevi - Rel. Recchione P.G.(diff.) - Ric. M. P. S.r.l, in Dir. pen. proc., 2022, n. 2, 186.V., in dottrina, C. Pansini, Commento agli artt. 21-22 D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, in Aa.Vv.,Codice di procedura penale commentato, a cura di A. Giarda - G. Spangher, V ed., III,Milano, 2017, 1155 ss.

    [14] Per uno spunto, da ultimo, v. T.A.R. Campania, sez.I, sent. 31 marzo 2022, n. 21 49, sull’incidenza della condanna non definitiva, in Guia dir., 30 aprile 2022, n.16, 87.

     Presunzione di innocenza: v. lo schema di d.lgs. per il compiuto adeguamento alla Direttiva (UE) 2016/343, in Sist. pen., 12 agosto 2021. Il 5 agosto 2021 il Consiglio dei Ministri ha approvato uno schema di decreto legislativo recante “disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali. Il provvedimento fa seguito alla legge di delegazione europea 2019-2020 (l. 22 aprile 2021, n. 53).

    Cfr. V. Garofali, Presunzione d’innocenza e considerazione di non colpevolezza. La fungibilità delle due formulazioni, in Presunzione di on colpevolezza e disciplina delle impugnazioni, Atti del Convegno, Milano, Giuffrè, 2000,   63; da ultimo v. G. M. Baccari, Le nuove norme sul rafforzamento della presunzione di innocenza dell’imputato, in Dir. Pen. Proc., 2022, n.2, 160: «le nuove regole segnano un fondamentale passo in avanti, sul terreno giuridico e su quello culturale, perché esaltano il valore positivo dalla presunzione di innocenza consacrato in varie fonti normative (art. 48, par. 1, Carta dei diritti Fondamentali UE; art. 6, par. 2, CEDU; art. 27, comma 2, Cost.): un principio ancora oggi misconosciuto dall’opinione pubblica, anche a causa dell’atteggiamento “giustizialista” tenuto troppe volte dai media». V. Presunzione di innocenza: gli orientamenti in materia di “comunicazione istituzionale su procedimenti penali” della Procura Generale della Corte di cassazione, in Giur. pen., 14 aprile 2022.

    Corte e.d.u., sez. I, Strasburgo, 18 novembre 2021, Marinoni c. Italia, in Proc. pen. giust., 19 novembre 2021, Foro it., 19 novembre 2021, commento di N. Paolucci, La correzione di tiro della Corte di Strasburgo sulla presunzione di innocenza.

    In ordine al primo grado, v.. in dottrina M. Mazza, Contributo all’analisi del giudizio penale di primo grado, Milano, Giuffrè, 1964, 207; A. A. Dalia, Giudizio, in Il nuovo diritto processuale 2, Il giudizio di primo grado, a cura di A. A. Dalia, Napoli, Jovene, 1991, 385; G. Ubertis, Giudizio di primo grado (disciplina) nel diritto processuale penale, in Dig. pen., V, Torino, Utet, 1991, p. 521; G. Olivieri, Giudice unico di primo grado, in Enc. dir., Agg. V, Milano, Giuffrè, 2001, 483; nonché, più recentemente, A. Diddi, Giudizio, in Aa. Vv.,  Manuale teorico-pratico di diritto processuale penale, Padova, Cedam, 2018, 303.

    [15] Tra i primi commentatori, è, specialmente, M. Chiavario, Una “Carta di libertà” espressione di impegno civile: con qualche sgualcitura (è qualche…patinatura di troppo), in Commento al nuovo Codice di procedura penale, coord. da M. Chavario, III, Torino, Utet, 1990, 3, che richiama E. Fassone, La coercizione personale, in Mag Dem, 1978, 14.

    [16] Proprio la libertà personale è stata considerata come «libertà dagli arresti», da G. Aamato, Sub art. 13, Commentario della Costituzione, a cura di G. Branca, Rapporti civili, Bologna-Roma, Zanichelli,1977, 4, che cita C. Mortati, Relazione alla Assemblea Costituente della Commissione per studi attinenti alla riorganizzazione dello Stato, istituita presso il Ministero per la Costituente, Studi diritti pubblico subiettivi, ora in Raccolta di Scritti, I, 622, il quale parla di « inviolabilità dagli arresti ».

    [17] Presidiati dai due uffici Gip e Gup, su cui v E. Maccora, La specializzazione per materia negli uffici gip-gup di grandi dimensioni, in Quest. giust.,10 febbraio 2022: «L’ufficio gip-gup diventerà quindi sempre di più un anello strategico dell’intero procedimento penale e sarà determinante per mantenere i canoni della ragionevole durata e rispettare le condizioni poste dal PNRR, che verranno valutati nel 2026 ».Cfr. G. Ruta, Verso una nuova istruzione formale? Il ruolo del pubblico ministero nella fase delle indagini preliminari, ivi, 20 gennaio 2022: «La “riforma Cartabia” investe profondamente la fase delle indagini preliminari, incidendo su snodi fondamentali, quali il momento “genetico” dell’iscrizione della notizia di reato e del nominativo della persona cui esso è da attribuire, e il momento “conclusivo” delle determinazioni sull’esercizio dell’azione penale».

    Cfr. A. Leopizzi, Le indagini preliminari, Milano, Giuffrè, 2017 e, in giurisprudenza, Cass., sez. IV, 4 maggio 2021, n. 16819, in Proc. pen. giust., 4 maggio 2021.

    [18] Così, Chiavario, Una “Carta di libertà” espressione di impegno civile: con qualche sgualcitura (è qualche…patinatura di troppo), in Commento al nuovo Codice di procedura penale, cit. 10.

    [19] Art. 1, La giurisdizione penale è esercitata dai giudici previsti dalle leggi di ordinamento giudiziario secondo le norme di questo codice. Al riguardo, tra i primi commentari, in dottrina, coglie l’elemento di novità, rispetto alla passata esperienza codicistica, E. Amodio, Il modello accusatorio nel nuovo codice di procedura penale, in E. Amodio-O.Dominioni, Commentario del nuovo codice di procedura pena, I, Milano, Giuffrè, 1989, XXIX: «Il raffronto tra i due sistemi mette subito in evidenza come il codice del 1988 abbia abbandonato lo schema risalente alla tradizione francese, che collocando in testa al codice la normativa sull’azione penale, riconduce tutta la procedura penale a questo concetto». Altresì, v. V. Grevi, Funzioni di garanzia e funzioni di controllo del giudice nel corso delle indagini preliminari,  in AA. VV., Il nuovo processo penale. Dalle indagini preliminari al dibattimento, Milano, Giuffrè, 1989,16, ancorché tautologicamente: «la figura del giudice risulta delineata secondo criteri di accentuata giurisdizionalizzazione». Cfr., recentemente, M. Menna, Soggetti e ruoli, in Manuale di diritto processuale penale, III ed., AA. VV., Giappichelli, Torino, 2018, 71 ss.: «Nel codice di procedura penale, a differenza del Codice Rocco, è centrale il riferimento alla giurisdizione».

    [20] O. Vannini, Manuale di diritto processuale penale italiano, agg. da G. Cocciardi, Milano, Giuffrè, 1958, 43.

    [21] Articolo inserito dalla legge di conversione 28 marzo 2019, n. 26. L’omessa comunicazione delle variazioni di reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari o da vincite al gioco, è idonea alla revoca o alla riduzione del reddito di cittadinanza (Cass., sez. III, sent. 15 febbraio 2022, n. 5309). Cfr. A. Preve, La Cassazione sulla disciplina penale in materia di reddito di cittadinanza: cause di riduzione del beneficio e sequestrabilità delle somme di denaro, in Sist. pen., 2 marzo 2022.

    [22] P. L. Vigna, Le indagini preliminari, in AA. VV., Il nuovo processo penale, Dalle indagini preliminari al dibattimento, Milano, Giuffrè, 1989, 6 sulla finalità delle indagini « in senso endoprocedimentale…il che sta a significare che, normalmente, tutto ciò che viene raccolto nella fase delle indagini preliminari è utilizzabile solo all’interno di esse ».

    [23] G. D. Pisapia, Prefazione, in AA. VV., Il nuovo processo penale, Dalle indagini preliminari al dibattimento, Milano, Giuffrè, 1989, VII, che segnala  il passaggio «dall’applicazione di un sistema sostanzialmente inquisitorio, quale è quello al quale si ispira prevalentemente il codice Rocco, ad un processo a struttura accusatoria, come quello delineato dal codice del 1988». Recentemente, A. Scalfati, Obiettivi processuali e modelli giudiziari, in Manuale di diritto processuale penale, AA. VV., Torino, Giappichelli, 2018, 7, si sofferma sui «caratteri essenziali dei sistemi, rispettivamente, inquisitorio e accusatorio…Nei sistemi del secondo tipo, la magistratura…fa i conti con le garanzie individuali».

    [24] «1° di delitto contro la personalita' dello Stato per  il  quale  la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a due anni o nel massimo a dieci anni, o una pena piu' grave; 2° di omicidio volontario consumato o tentato, di lesioni personali volontarie  gravi  o  gravissime,  di  rapina,  di  estorsione  o  di sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione; 3° di ogni altro delitto per il quale la legge stabilisce  la  pena della reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a cinque  anni o nel massimo a dieci anni o una pena più grave». Un meccanismo estensivo coinvolgeva, per esempio, il «delinquente abituale, professionale o per tendenza». La relativa dichiarazione darà luogo ad altre conseguenze: «importa l’applicazione di misure di sicurezza», ai sensi dell’attuale art. 109 c.p. Osserva T. Padovani, Diritto penale, Milano, Giuffrè, 2017, 395: «In realtà, in base all’art. 31, L. 663/1986, anche l’applicazione di una misura di sicurezza personale ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza presuppone in ogni caso il previo accertamento giudiziale della pericolosità». Pure G.Marinucci-E.Dolcini-G.L.Gatta, Manuale di diritto penale, P.G., XII ed., Milano, Giuffrè, 2021, 97: «Secondo la disciplina attuale, la pericolosità sociale va sempre accertata in concreto dal giudice. La disciplina vigente non  sembra peraltro compatibile con il principio di precisione che impone al legislatore di fare tutto quanto è in suo potere per ridurre al minimo l’arbitrio del giudice nella formulazione del giudizio di pericolosità».

    [25] Corte cost., sent.30 gennaio 1974, n. 21, Pres. F. P. Bonifacio, proc. M. Cristalli.

    [26] Si ricorda, del vecchio codice, con G. Leone, Manuale di diritto processuale penale, Napoli, Jovene, 1988, 393: «L’istruzione è sommaria o formale. La distinzione tra le due specie d’istruzione si riferisce alla sollecitudine o meno dell’indagine…Fino alla legge 7 novembre 1969, n. 780 la scelta della specie di istruzione era affidata discrezionalmente al procuratore della Repubblica…Con la predetta legge (provocata dalla sent. n. 117 del 1968 della Corte costituzionale) si è introdotto il potere dell’imputato di chiedere la trasformazione dell’istruzione in formale».

    [27] E «con questo sistema si è inteso sopperire ad una situazione determinata dalla abolizione della istruzione, segreta e scritta, tipica dei sistemi inquisitori. Ed alla conseguente soppressione della figura del Giudice Istruttore» (G.D.Pisapia, Introduzione, in AA. VV., Lezioni sul nuovo processo penale, Milano Giuffrè, 1990, 9). Pure G. Riccio, Dal giudice istruttore al giudice dell’udienza preliminare: la fase anteriore al dibattimento nella legge-delega, nel progetto preliminare e nella nuova legge-delega, in Ideologie e modelli del processo penale, Scritti, Napoli, E.S.I., 1995, 106, in merito allo «sforzo di riforma sul giudice istruttore». Più recentemente, per un bilancio, v. F. Casibba, Udienza preliminare e controlli sull’enunciato d’accusa a trent’anni dal codice di procedura penale, in Arch. pen., Riv. Quadr., 2019, fac. 3, Pisa, Ius Pisa, 2019,843, che punta il dito sulla «invadenza della prassi…Il legislatore del 1988 aveva, in effetti, riposto un’eccessiva fiducia nella forza delle regole e nella loro capacità di orientare i comportamenti dei soggetti processuali ».

    [28] Scrive P. Ferrua, La prova nel processo penale: profili generali, in AA., VV., La prova penale, a cura di P. Ferrua-E. Marzaduri-G.Spangher, Torino, Giappichelli, 2013, 1-2: «Prova è ogni dato che, legittimamente acquisito al processo, sia valutabile dal giudice in ordine a una determinata proposizione da provare» e G. Ubertis, La prova penale. Profili di studi giuridici ed espistemologici, Utet, Torino, 1995, 27 si concentra sull’«elemento di prova, rappresentato da ciò che, introdotto nel procedimento, può essere utilizzato dal giudice come fondamento della sua successiva attività inferenziale».

    [29] Si levavano in dottrina forti dubbi di illegittimità, nel filtro ermeneutico della presunzione di non colpevolezza (ex multis, v. E. Amodio, La tutela della libertà personale dell’imputato nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Riv. it. dir. proc. pen., 1967, 864; M. Pisani, La custodia preventiva: profili costituzionali, in Ind. pen., 1970, 192; nonché V. Grevi, Libertà personale dell’imputato e Costituzione, Milano 1976, 131 s.; G. Illuminati, La presunzione d’innocenza dell’imputato, Bologna, Zanichelli, 1979, 52).

    [30]«Circa l'obbligo di motivazione imposto dall'art. 13 della Costituzione é da osservare che la dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale dell'art. 253 c.p.p. é sufficiente ad imporne l'osservanza in tutti i casi nei quali la legge - si tratti del codice processuale o di legge speciale - impone l'emissione del mandato di cattura… a prescindere dalla preferibilità di un sistema che demandi sempre al giudice il potere di valutare di volta in volta se il lasciare in libertà l'imputato determini un pericolo di entità tale da giustificarne la cattura e la detenzione» (sent. di Corte cost., n. 64 del 4 maggio 1970, in Giur. cost., 1970. 663; successivamente, sullo stesso tema, v.sentt. 21/74, cit; 19 giugno 1975, n. 146, «dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 148 del codice penale, nella parte in cui prevede che il giudice, nel disporre il ricovero in manicomio giudiziario del condannato caduto in stato d'infermità psichica durante l'esecuzione di pena restrittiva della libertà personale, ordini che la pena medesima sia sospesa»; 14 aprile 1976, n. 88, avvisa che «la detenzione preventiva non ha la funzione di anticipare la pena, applicabile solo dopo l'accertamento della colpevolezza»; 23 gennaio 1980, n. 1, allorché «risulta vulnerata la presunzione di non colpevolezza dell'imputato, la quale impedisce - fino alla sentenza definitiva  -  di considerare l'imputato come sicuramente responsabile dei reati a lui attribuiti»). In tema, da ultimo, v. Cass., sez. IV, 4 febbraio 2022, n. 3938 quando i ricorrenti con «il quarto motivo censurano il vizio di motivazione» e  Cass., sez. V, sent. 10 febbraio 2022,  n. 4930, in Norme & Trib., 10 febbraio 2022 allorché «la motivazione del provvedimento impugnato risulta esaustiva e priva di contraddizioni ed illogicità e che in essa si dà anche  atto dei vari riscontri  che assistono il racconto delle vittime».

    [31] Avverte Padovani, Diritto penale, cit., 398: «In particolare, potrà trattasi dell’eventuale applicazione della libertà vigilata (art. 228 c..p., con prescrizioni corrispondenti alle esigenze terapeutiche del soggetto e sufficienti a impedire la commissione di nuovi reati»). Da ultimo, v. F. Gualtieri, L’applicazione delle misure di sicurezza detentive e il “malfunzionamento strutturale” del sistema delle REMS, secondo C. Cost., sentenza n. 22 del 2022: un punto di svolta nel percorso di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, in Giust. ins., 7 febbraio 2022. V., altresì, A. Massaro, Tutela della salute mentale e sistema penale: dalla possibile riforma del doppio binario alla necessaria diversificazione della risposta “esecutiva”, in Quest.  giust., 13 maggio 2021.

    [32] V., invece, Cass., sez. lav. n. 4154: negato il risarcimento dei danno, patrimoniale e non, al soggetto che è stato sospeso dall’insegnamento a seguito  di una misura cautelare interdittiva (Cass., sez. lav., ord. 9 febbraio 2022, n. 4154, in Norme  & Trib., 9 febbraio 2022).

    [33] Con  sent. 44366 del primo dicembre 2021, la Corte di Cassazione muta orientamento interpretativo: rilevanti effetti sulla vicenda degli stranieri che hanno percepito il reddito senza aver maturato il requisito di 10 anni di residenza. La falsa dichiarazione per ottenere il reddito di cittadinanza non integra il reato specifico se il RDC è comunque dovuto (in ASGI, 24 gennaio 2022). È stata depositata ieri la sentenza n. 19/2022 della Corte che dichiara in parte inammissibili e in parte infondate la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 co. 1 lett. a) num. 1) DL 4/19 conv. in L. 26/19, in ASGI, 16 gennaio 2022.

    Quindi, la sentenza n. 44366 depositata il 1° dicembre 2021, in particolare, ha confermato il sequestro preventivo emesso a carico di una donna, indagata in ordine alla violazione di cui all’art. 7, comma 1, del Dl n. 4/2019, per aver omesso di fornire, in occasione della presentazione dell’istanza per accedere al reddito di cittadinanza, le complete informazioni concernenti la sussistenza dei requisiti per il godimento del beneficio. Reddito di cittadinanza: sequestro solo se le dichiarazioni omesse ostano al beneficio.

    [34] V., ad esempio, E. Marzaduri, Sub art. 275, in Commento al Codice di procedura penale, coord. da M. Chiavario, Terzo Agg., Torino, Utet, 1998, 169 sulla  «formulazione di un giudizio di proporzionalità idoneo a soddisfare le esigenze garantistiche che ne costituiscono la ratio».

    Sull’accennata esigenza di riequilibrio dei rapporti, si tratterebbe della  introduzione di uno strumento inteso come meccanismo di riequilibrio sociale, il cui funzionamento presuppone una leale collaborazione e cooperazione tra cittadino e amministrazione, ispirata alla trasparenza. Per il commento alle sentenze 5289 e 5290 del 2019 della Corte di Cassazione, si rinvia a. M. Carani, Una prima

    lettura della disciplina penale in materia di reddito di cittadinanza, in Cass. pen., 2021, 1297 ss.

    [35] V. G. Cirioli, Bertoldo e la presunzione assoluta di pericolosità sociale: entrambi impiccati a una pianta di fragole? Un breve commento alla sentenza n. 253/2019 della Corte Costituzionale, in A. I. C., f. 4, 4 agosto 2020. Appunto, v. Corte cost., sent. n. 253, 23 ottobre 2019 (dep. il 4 dicembre 2019), Pres. Lattanzi, Red. Zanon, in www.giurcost.org, con note di  M. Ruotolo, Reati ostativi e permessi premio. Le conseguenze della sent. n. 253 del 2019 della Corte costituzionale, in Sist. pen., 12 dicembre 2019; A.Pugiotto, La sent. n. 253/2019 della Corte costituzionale: una breccia nel muro dell’ostatività penitenziaria, in Forum di Quaderni Costituzionali (web), fasc. 1/2020, 4 febbraio 2020, p. 160; M. Cerase, La Corte costituzionale sui reati ostativi: una sentenza, molte perplessità, in Forum di Quaderni Costituzionali (web), fasc. 1/2020, 5 febbraio 2020, 175; M. Chiavario, La sentenza sui permessi-premio: una pronuncia che non merita inquadramenti unilaterali,  in  Osservatorio AIC (web), fasc. 1/2020, 4 febbraio 2020, 211; A. Menghini, La Consulta apre una breccia nell’art. 4 bis o.p., Nota a Corte cost. n. 253/2019, in Osservatorio AIC (web), fasc. 2/2020, 3 marzo 2020, 307; S. Bernardi, Sull’incompatibilità con la Costituzione della presunzione assoluta di pericolosità dei condannati per reati ostativi che non collaborano con la giustizia: in margine a Corte cost., sentenza del 23 ottobre 2019 (dep. 4 dicembre 2019), n. 253, in Osservatorio AIC (web), fasc. 2/2020, 3 marzo 2020, 324; nonché G. Della  Monica, La irragionevolezza delle presunzioni che connotano il modello differenziato di esecuzione della pena per i condannati pericolosi. Riflessioni a margine della sentenza n. 253/2019 della Corte costituzionale, in Dirittifondamentali.it, fasc. 1/2020, 4 aprile 2020, 986; J. Mazzacuva, Reati ostativi e benefici premiali: l’emergere di un nuovo paradigma ermeneutico (Commento a C. Cost. 23 Ottobre 2019, n. 253), in Federalismi.it, fasc. 3/2020, 5 febbraio 2020,  84.

    [36] Per rendere plastico l’iter, si mutua il titolo, in precedenza, adottato da M. Chiavario, La custodia preventiva nel faticoso e tortuoso cammino delle riforme, in Riv. it. dir. proc. pen., 1982, 1314 ss.

    Cfr. G. Lozzi, Sulle principali innovazioni apportate al codice di procedura penale del 1930 dalla legge 5 agosto 1988 n. 330, in Giust. pen., 1988, III, 630.

    Non può non citarsi la legge 1995/332, su cui v. V. Grevi, Più ombre che luci nella l. 8 agosto 1995 n. 332 tra istanze garantistiche ed esigenze del processo, in Misure cautelari e diritto di difesa nella L. 8 agosto 1995 n. 332, a cura di V Grevi, Milano, Giuffrè, 1996, 4: «Luci ed ombre nella nuova legge. O meglio, per molti aspetti, più ombre che luci».

    [37] Cass., sez. VI, sent. 29 maggio (dep. 11 giugno) 2019, n. 25771, Pres. Paoloni, rel. Bassi, ric. P. A., nel commento di  E. Zuffada, La Cassazione scardina in via interpretativa l’automatismo applicativo delle prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale: verso una questione di legittimità costituzionale?, in Dir. pen. cont., 23 settembre 2019.

    [38] Cass., sez. I, sent. 22 aprile 2021 (dep. 20 maggio 2021), n. 20156, Pres. Boni, est. Magi, in Sist. pen., 27 settembre 2021 (con nota di M. Griffo, Una ante-prima della pronuncia delle Sezioni Unite in tema di rimedio esperibile per far valere gli effetti della pronuncia della Corte costituzionale n. 24 del 2019).

    [39] Corte cost., sent. 24 gennaio-27 febbraio 2019, n. 24, in Arch. pen., 2019 e Dir. pen, cont., 4 marzo 2019.  Sul punto, v. F. Basile, E. Mariani, La dichiarazione di incostituzionalità della fattispecie preventiva dei soggetti “abitualmente dediti a traffici delittuosi”: questioni aperte in tema di pericolosità, in DisCrimen, 10 giugno 2019; M. Cerfeda, La prevedibilità ai confini della materia penale: la sentenza n. 24/2019 della Corte costituzionale e la sorte delle “misure di polizia”, in Arch. pen., 2019, n. 2; S. Finocchiaro, Due pronunce della Corte costituzionale in tema di principio di legalità e misure di prevenzione a seguito della sentenza De Tommaso della Corte edu, in Dir. pen. cont., 4 marzo 2019; C. Forte, La Consulta espunge dal sistema le misure di prevenzione nei confronti dei soggetti “abitualmente dediti a traffici delittuosi”, in il Penalista.it, 28 marzo 2019; V. Maiello, La prevenzione ante delictum da pericolosità generica al bivio tra legalità costituzionale e interpretazione tassativizzante, in Giur. cost., 2019, 332.

    [40] C. edu, Grande camera, 23 febbraio 2017 De Tommaso c. Italia, in Arch. pen., 2017, n.1, 1 ss., con commento di A. Dello  Russo, La Corte EDU sulle misure di prevenzione. Altro caso di conflitto istituzionale?, e in Dir. pen. cont.,  3 marzo 2017, e su cui v.  F. Viganò, La Corte di Strasburgo assesta un duro colpo alla disciplina italiana delle misure di prevenzione personali, ivi, fasc. 3/2017, 370; S. Finocchiaro, Le misure di prevenzione italiane sul banco degli imputati a Strasburgo, in Riv. it. dir. proc. pen., 2, 2017, 881; V. Maiello, De Tommaso c. Italia e la cattiva coscienza delle misure di prevenzione, in Dir. pen. proc., 2017, 1039; A. M. Maugeri, Misure di prevenzione e fattispecie a pericolosità generica: la Corte europea condanna l’Italia per la mancanza di qualità della “legge”, ma una rondine non fa primavera, in Dir. pen. cont., fasc. 3/2017, 15.

    Sui presupposti applicativi della confisca di prevenzione, cfr. AA.VV., Le sanzioni patrimoniali come moderno strumento di lotta contro il crimine: reciproco riconoscimento e prospettive di armonizzazione, a cura di A. Maugeri, Milano, Giuffrè, 2007, 145 ss.; A. Aiello, La tutela civilistica dei terzi nel sistema della prevenzione patrimoniale antimafia, Milano, Giuffrè, 2005, 44 ss.; A. Balsamo, Le prospettive di riforma del sistema delle misure patrimoniali, in AA.VV., I costi dell’illegalità, Bologna, Il Mulino, 2008, 58 ss.;  A. Balsamo, La prevenzione ante delictum, in AA.VV., Contrasto al terrorismo interno e internazionale, a cura di R. Kostoris – R. Orlandi, Torino, Giappichelli, 2006,  28 ss.

    [41] Cass., sez. VI, sent. 29 maggio (dep. 11 giugno) 2019, n. 25771, in Dir. pen. cont. 2019. V., pure per uno spunto, Corte cost., sent 3 febbraio 2022, n.30. In tale ordine di idee, considerando il carattere residuale gli arresti domiciliari di carattere residuale e  il c.d. allontanamento una misura di sicurezza, v. Cass., sez. VI, sent. 7 febbraio 2022, n. 4213, in Guida dir., 26 febbraio 2022, n. 7, 55: il convivente alcolista che ha commesso il reato di maltrattamento in famiglia contro la propria compagna può essere sottoposto a misure che ne limitano la libertà personale al fine di scongiurare il rischio di reiterazione della condotta criminosa. Tuttavia la gradazìone della limitazione della libertà personale deve essere approfonditamente valutata al momento dell’adozione della misura. A ricordarlo è la Cassazione che, nel confermare la misura cautelare degli arresti domiciliari, non aveva preso in considerazione alcune circostanze di fatto che potevano far propendere per l’applicazione di una misura di sicurezza come l’allontanamento della casa familiare, il divieto di avvicinamento alla persona offesa e ai luoghi da essa frequentati oppure il divieto di dimora nel medesimo Comune della vittima. Nel caso di specie vi era stata la fine della convivenza, il cambio di residenza e la presa di contatto con il Sert del luogo della nuova dimora, tutti elementi che non sono stati valorizzati in alcun modo  dai giudici (v. C. D. Leotta, Ammissibile il concorso materiale tra maltrattamenti in famiglia e tortura privata, che commenta Cass., sez. III, 31 agosto 2021, n. 32380, in Giur. it., 2020, 194 ss.). Sull’obbligo di dimora, v. Cass., sez. V, 14 ottobre 2020, n. 28757, in Giur. it., 2020, 2598.

    In dottrina, v. F. Cordero, Procedura penale, Milano, Giuffrè, 2012, 505: «Allontanamento dalla casa familiare. Dalla l. 4 aprile 2001 n.154 nascono un titolo IX-bis nel codice civile, recante “ordini di protezione contro gli abusi familiari”, e correlativamente, nell’art. 282 bis, una nuova misura prescrittiva: N lasci immediatamente la casa coniugale e non vi rientri né vi acceda senza permesso, secondo date modalità (comma 1)». Cfr. T. Padovani, Sicurezza pubblica: quel collasso dei codici “figlio della rincorsa” all’ultima emergenza, in Guida dir., 2013, n. 36, 10.

    [42] In materia, v. E. Marzaduri, A trent’anni dall’entrata in vigore del c.p.p.:le disposizioni generali sulle misure cautelari personali, in Arch. pen., Riv. Quadr., 2019, fac. 3, Pisa, Ius Pisa, 2019,893 ss.

    [43] v. A. De Cacro, Strumenti cautelari e precautelari, in Manuale di diritto processuale penale, AA. VV., Torino, Giappichelli, 2017, 354.

    [44] M. Chiavario, Diritto processuale penale, Torino, Utet, VIII ed., 2019, 923, ora in Id., Diritto processuale penale, IX ed., Torino, Utet, 2022, 945 ss.

    [45] A. Marandola, Le misure cautelari personale, AA. VV., Manuale teorico-pratico di diritto processuale penale, Padova, Cedam, 2018, 694: «il panorama delle misure cautelari si è arricchito di una nuova “cautela”».

    [46] Quindi, si tratterebbe della neutralizzazione dell’ animus manendi et revertendi.

    [47] Su cui v.  Trib. Ferrara, sez. pen., sent. 12 ottobre 2021, n.1201, cit., relativamente al provvedimento di foglio di via obbligatorio  che deve contenere non solo il divieto di far ritorno nel territorio del Comune di emissione del provvedimento, ma anche l’ordine di rimpatrio in un determinato luogo (al fini del reato di cui all’art. 76 co. 3, D.Lgs. 6 settembre 2011, n.159).Per il foglio obbligatorio di via del Questore  illegittimo v. Cass. pen., sez. I, sent. 29 agosto 2019 n. 36652. In materia, v. Cons.  St., sent. 17 maggio 2021, n. 3829; Cons. St., sez. III,  sent. 6 settembre 2016, n. 3818; T. A. R. Liguria, 24 febbraio 2016, n. 202. Secondo Cons. St., sez. III, sent. 8 giugno 2011, n. 3451 non è richiesta la comunicazione dell’avviso di procedimento.

    [48] In dottrina, v. F. Viganò, Sub art. 2 Prot. n. 4. Libertà di circolazione, in Corte di Strasburgo e giustizia penale, a  cura di G. Ubertis e F. Viganò, Torino, Giappichelli, 2016, 354, il quale avverte: «Le garanzie previste dall’art. 2 Prot. n. 4 Cedu, che corrisponde nella sostanza a quelle riconosciute dall’art. 16 della Costituzione italiana, nonché a quelle sancite dall’art. 12 Pidu, sono entrambe riconducibili al genus rappresentato dalla libertà di movimento nello spazio».

    [49] V. art. 342-bis c. c. (Ordini di protezione contro gli abusi familiari)  «Quando la condotta del coniuge o di altro convivente è causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell'altro coniuge o convivente» e art. 342-ter c.c. (Contenuto degli ordini di protezione): «Con il decreto di cui all'articolo 342-bis il giudice ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l'allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall'istante, ed in particolare al luogo di lavoro, al domicilio della famiglia d'origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro». In giurisprudenza, v.Trib. Monza, 7 maggio 2012 (ord.), M.F., in Giur. Mer., 313, 294, in tema di allontanamento dalla casa familiare ai sensi degli artt. 342-bis  e 342-ter c.c. Pure, v. Cass. civ., sez. VI, 7 dicembre 2017, n. 29492. Est. Scaldaferri.

    [50] Trib. Roma, 25 giugno 2022, Servizio, in Giur. mer., 2002, 1290.

    [51] Su cui v. M. Montagna, Obblighi convenzionali, tutela della vittima e completezza delle indagini, in Arch. pen., Riv. Quadr., 2019, fac. 3, Pisa, Ius Pisa, 2019, 771 s. Altresì, v. B. Romano- A. Marandola  (a cura di), Codice rosso. Commento alla l. 19 luglio 2019 n. 69, in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, Pisa, Pacini giuridica, 2020.

    [52] G.i.p. Trib. Palermo, 25 giugno 2001, Lo Coco, in Giur. Mer., 2002, 1047. In dottrina, per esempio, v. G. De Amicis, Sub art. 282-bis, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e dottrina, dir. da G. Lattanzi-E.Lupo, IV, a cura di G. Canzio-P.Spagnolo-G. De Amicis, Milano, Giuffrè, 2003, 459; G. Cariolo, Sub art. 282-bis, in Codice di procedura penale, a cura di G Tranchina, T. I, Milano, Giuffrè, 2008, 2072 ss.

    Per la manualistica, v. P. Corso, Le misure cautelari, in Aa. Vv., Procedura penale, Torino, Giappichelli, 2015, 371: «l’allontanamento dalla casa familiare è una misura coercitiva specificamente prevista per gli imputati di violenza nelle relazioni familiari: introdotta con l’art. 282 bis (norma pluriemendata)».

    [53] Montagna, Obblighi convenzionali, tutela della vittima e completezza delle indagini, cit., 774.

    [54]V. in dottrina G. Lozzi, Lezioni di procedura penale, Torino, Giappichelli, 2020, 305: «L’istituto può trovare applicazione nei confronti di chi sia colto in flagranza di uno dei delitti elencati nell’art. 282 bis comma 6° c. p. p. e consta…nell’allontanamento urgente dalla casa familiare». Appunto, «con tale misura il giudice prescrive all’imputato di lasciare immediatamente la casa familiare». (F. Tonini, Manuale breve. Diritto processuale penale, Milano, Giuffrè, 2021). Nello stesso senso, in materia, v. E. Zappalà-V. Patanè, Le misure cautelari personali, in  AA. VV., Diritto processuale penale,  a cura di G. Di Chiara, V. Patanè, F. Siracusano, Milano, Giuffrè, 2018, 335: «In vista delle esigenze connesse con le indagini, e quindi al di fuori di ogni finalità di tipo propriamente cautelare, la legge concede agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria il potere di procedere all’arresto o al fermo della perdona indiziata di un delitto, nonché all’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare…nei confronti di chi è colto in flagranza dei delitti di cui all’art. 282-bis, comma 6», e ciò, appunto, «per i delitti che sono indicati espressamente dal comma 6 dell’art. 282-bis» (P. Tonini-C.Conti, Lineamenti di diritto processuale penale, XIX ed., Milano,  Giuffrè, 2021, 262).

     Il giudice che ritenga adeguata e proporzionata la sola misura cautelare dell’obbligo di mantenere una determinata distanza dalla persona offesa (art. 282-ter, comma 1, c. p. p.) può limitarsi ad indicare tale distanza. Nel caso in cui, al contrario, nel rispetto dei predetti principi, disponga, anche cumulativamente, le misure del divieto di avvicinamento ai luoghi da essa abitualmente frequentati e/o di mantenimento della distanza dai medesimi, deve indicarli specificamente [così, in materia di misure cautelari, Cass. pen., sez. un., 28 ottobre 2021 (29 aprile 2021), n. 39005 - Pres. Cassano - Rel. Di Stefano - P.M. Gaeta (parz. diff.) - Ric. G., in Dir. pen. proc., 2022, n.1, 13]. Qualora il giudice applichi la misura del divieto di avvicinamento a favore della persona offesa, è sufficiente che stabilisca la distanza che l'imputato deve mantenere da questa, non essendo necessario che indichi anche i luoghi preclusi all'imputato, nella “sintassi” di Cass., sez. un., sent. 28 settembre 2021, n. 39005.

    Per la dottrina, v. G. Bellantoni, Divieto di avvicinamento alla persona offesa ex art. 282 ter c. p. p. e determinazione di luoghi e distanze, ivi, 2013, 1283 s.; P. Bronzo, Profili critici delle misure cautelari “a tutela dell’offeso”, in Cass. pen., 2012, 3466 s.; V. Maffeo, Il nuovo delitto di atti persecutori (stalking): un primo commento al d.l. n. 11 del 20009 (conv. con modif. dalla l. n. 38 del 2009), ivi, 2009, 2719 s.; A. Marandola, I profili processuali delle nuove norme in materia di sicurezza pubblica, di contrasto alla violenza sessuale e stalking, in Dir. pen. proc., 2009, 946 s.; C. Minnella, Divieto di avvicinamento e ordine di protezione europeo: il difficile equilibrio tra la tutela “dinamica” alle vittime di stalking e le libertà dell’imputato, in Cass. pen., 2014, 2207 ss.; Id., In assenza di un’individuazione dettagliata il provvedimento è nullo per indeterminatezza, in Guida dir., 2014, 18, 67; F. Peroni, I luoghi oggetto del divieto di avvicinamento devono essere indicati in maniera specifica e dettagliata, in Dir. pen. proc., 2011,1081 ss.

    [55] Per Cass., sez. VI, sent. 12 aprile 2010, n. 1389, è  inidonea ed inadeguata la misura cautelare che impone l'allontanamento dall'ambiente familiare del genitore che assuma un atteggiamento nei confronti dei figlio minore scarsamente apprezzabile come strumento educativo, e tuttavia generalmente ricorrente nei rapporti familiari, quale quello di rivolgergli epiteti ingiuriosi (nella specie quello di “deficiente”), senza che tenga in debito conto delle ripercussioni che possono derivare sull'assetto affettivo e organizzativo della stessa famiglia e la misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare, prevista dall'art. 282 bis c.p.p., non rientrando tra quelle espressamente previste dagli artt. 19 e ss. del D.P.R. 22 settembre 1988 n. 448, non può trovare applicazione nei confronti di soggetto minorenne (Cass., sez. V, sent. 25 maggio 2007,  n. 20496).

    Addirittura, la misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare (art. 282 bis c. p. p.) è applicabile anche quando l'indagato abbia già abbandonato il domicilio domestico per intervenuta separazione coniugale (Cass.,sez. VI, sent. 26 maggio 2006, n. 18990).

    [56] La fattispecie del delitto di omicidio, realizzata a seguito di quella di atti persecutori da parte dell’agente nei confronti della medesima vittima, contestata e ritenuta nella forma del delitto aggravato ai sensi dell’artt. 575 c. p. e 576, comma 1, n. 5.1, c. p. - punito con la pena edittale dell’ergastolo - integra un reato complesso, ai sensi dell’art. 84,comma 1, c. p. in ragione della unitarietà del fatto [Cass. pen., sez. un., 26 ottobre 2021 (15 luglio 2021), n. 38402 - Pres. Cassano - Rel. Zaza - P.M. Birritteri (diff.) - Ric. A.M., in Dir. pen. proc., 2022, n.1, 14]. In dottrina, v. R. Bricchetti-L. Pistorelli, Sulla circostanza aggravante dell’omicidio c’è il rischio di interpretazioni forzate, in Guida dir., 2009, 19, 43; F. Macrì, Modifiche alla disciplina delle circostanze aggravanti dell’omicidio e nuovo delitto di “Atti persecutori”, in Dir. pen. proc., 2009, 816.

    [57] Ai fini della sussistenza del reato di molestie “col mezzo del telefono”, ciò che rileva è l’invasività in sé del mezzo impiegato per raggiungere il destinatario e non la possibilità per quest’ultimo di interrompere l’azione perturbatrice, già subita e avvertita come tale, ovvero di prevenirne la reiterazione, escludendo il contatto o l’utenza sgradita senza  nocumento della propria libertà di comunicazione [Cass. pen., sez. I, 22 ottobre 2021 (u.p. 18 marzo2021), n. 37974 - Pres. Siani - Rel. Saraceno - P.M. Zacco (conf.) - Ric. D.F., in Dir.pen. proc., 2022, n.1, 17 s.].

    [58] A. Marandola, Le misure cautelari personale, AA. VV., Manuale teorico-pratico di diritto processuale penale, Padova, Cedam, 2018, 694: «sebbene» -  prosegue l’A. - «in analogia con quanto stabilito per le misure di cui all’art. 283, pare ovvio ritenere che il provvedimento debba essere comunicato all’interessato e alla polizia giudiziaria competete a controllarne la misura».  Sul punto, v. P. Corso, Le misure cautelari, in Aa. VV., Procedura penale, VII ed., Torino Giappichelli 2021, 389: «il rispetto può essere garantito con modalità di controllo elettronico, ove possibili (art. 282 bis in relazione all’art. 275 bis)» .

    [59] V., ad esempio il seguente principio: l’inammissibilità dell’appello, scaturente da un precedente rigetto di istanza di rimessione in termini per impugnare, va dichiarata con procedura “de plano”, senza necessità di fissare l’udienza camerale e di avvisare i difensori, trovando applicazione l’art. 127, comma 9, c.p.p., secondo il quale l’inammissibilità dell’atto introduttivo del procedimento è dichiarata dal giudice con ordinanza, anche senza formalità di procedura, salvo che sia diversamente stabilito [Cass pen., sez. II, 2 settembre 2020 (C.C. 24 luglio 2020), n. 24808 - Pres. Imperiali - Est. Pacilli - P.M. Corasaniti  - Ric. Koiyf Redwan, in Dir.pen. proc., 2022, f.1, 40]. Fra gli altri, v. G. Colaiacovo, Procedimento in camera di consiglio e declaratoria de plano dell’inammissibilità dell’impugnazione, in Proc. pen. giust., 2019, 3; G. Spagnoli, Osservazioni a Sez. III, 22 dicembre 2010, n. 3895, in Cass. pen., 2011, 3483.

    [60] A. Camon, Le prove,  in Aa. Vv., Fondamenti di procedura penale, seconda edizione, Vicenza, Cedam, 2020, 282, sul «procedimento probatorio», rinviandosi (al tema può solo accennarsi perché perimetro risulta esulante dai confini della presente analisi).

    [61] G. Conso, Introduzione (agg. da M. Bargis), in G. Conso-V.Grevi-M.Bargis, Compendio di procedura penale, Padova, Cedam, 2019, LXXXIX.

    [62] Cfr. M. Cassano, Il procedimento in absentia. Principi sovranazionali e profili applicativi a confronto, Milano, Giuffrè, 2015; L. Iannone, Procedimento in absentia, in il Penalista, 2021.

    In dottrina, v. lo studio, ancorché non  più recente egualmente d’interesse, sulla «mancata partecipazione dell’imputato ad atti dibattimentali», di G. Ubertis, Dibattimento senza imputato e tutela del diritto di difesa, Milano, Giuffrè, 1984, p.224.

    [63] G. Illuminati, Relazione, in AA. VV., G.i.p. e libertà personale. Verso un contraddittorio anticipato?, Napoli, Jovene, 1997, 24, seccamente: «  Il giudice per decidere deve conoscere deve conoscere le ragioni di entrambe le parti. Enzo Zappalà…parlava nel 1993 di “giurisdizione senza cognizione”, con riferimento al giudice per le indagini preliminari che adotta il provvedimento restrittivo della libertà personale. Questa definizione ha avuto fortuna ed è stata ripresa da molti ». Parimenti, si interroga M. Nobili, Dal garantismo inquisitorio all’accusatorio non garantito?, in Scenari e trasformazioni del processo penale, Padova, Cedam, 1998, 30: «giudice senza poteri di conduzione o, altresì, giudice senza poteri di cognizione degli atti compiuti?».

    [64] V., per uno spunto,  Corte cost., ord. 19 novembre 2002, n. 460: «d'altra parte - posto che la funzione dell'avviso di cui al richiamato articolo 415-bis appare essere chiaramente quella di assicurare una fase di “contraddittorio” tra indagato e pubblico ministero, in ordine alla completezza delle indagini - consegue che l'espletamento di quella fase e la garanzia di uno specifico ius ad loquendum dell'indagato in tanto si giustificano, in quanto il pubblico ministero intenda coltivare una prospettiva di esercizio dell'azione penale». Altresì,  v. Cass., sez. IV, 19 maggio 2016, n. 20993.

    Ma vi sono casi in cui, invece, la parola non è data, all’opposto, alla persona offesa, e su cui v. C. Morselli, È tempo di dare la parola alla persona offesa dal reato nella discussione finale ex art. 523 c.p.p. (riconosciuta all’imputato ma non alla sua vittima non costituita parte civile), passibile di una censura di incostituzionalità nella formulazione attuale, in A. I. C., 19 febbraio 2019, n. 2, 351 s.

    [65] In merito all’esame dell’imputato (art. 208 c.p.p.), su tale mezzo istruttorio, v., per uno spunto, Corte e. d. u.  8 luglio 2021, causa Maestri ed altri contro Italia, in Proc. pen. giust., 2021, Sist. pen., 30 settembre 2021, che «ha censurato l’ordinamento processuale italiano per non aver previsto, a garanzia dell’imputato assolto nel primo grado del giudizio e condannato nel processo di appello, uno specifico onere di audizione del medesimo  prima di assumere la decisione di condanna. A tal fine è necessario che l’imputato…sia destinatario di una chiamata in giudizio al fine di porlo in condizione di rendere l’esame: a questo scopo non è sufficiente l’ordinaria citazione in appello, ma è richiesta una chiamata specifica con l’indicazione dell’incombente istruttorio da compiersi…Invero, il recente arresto costituisce una tappa ulteriore di una sempre più approfondita verifica  -  da parte della Corte europea - dei diritti e delle garanzie dell’imputato  previste dall’ordinamento, in caso di ribaltamento della sentenza di assoluzione nel giudizio di appello. A partire dal famoso caso Dan c. Moldavia del 15 luglio 2011, la Corte EDU ha mostrato una specifica attenzione all’applicazione dei canoni del giusto processo…in caso di condanna dell’imputato, per la prima volta, nel secondo grado di giudizio…La sentenza Maestri c. Italia, ad avviso della Corte, individua un vulnus  sia procedurale che sostanziale, laddove non ci sia stata  apposita citazione dell’imputato per l’esame innanzi al giudice di appello prima di essere condannato -  per la prima volta - a seguito di un giudizio di primo grado  definito con  pronuncia di assoluzione. 3. Tale situazione richiede la rimessione al più alto consesso della Corte, pur in assenza di uno specifico strumento previsto nel codice di rito vigente, a differenza del codice di procedura civile…art. 374 secondo comma…operando in via estensiva e sistematica, per esigenza di armonia  dei sistemi  processuali» (v. Cass., sez. I,  ord. 7 dicembre 2021, n. 45179, Pres. A. Tardio, in Norme & Trib., 7 dicembre 2021; v. D. D’Auria, Caso Maestro c. Italia: una nuova ipotesi estensiva della rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello?, in Quot. giur., 24 dicembre 2021; altresì L. Roccatagliata, Obbligo del giudice di appello di rinnovare l’esame dell’imputato assolto in primo grado: rimessa una questione alle Sezioni Unite, in Giur. pen., 24 dicembre 2021).

    [66] F. Cordero, Riti e sapienza del diritto, Roma-Bari, Laterza, 1981, 44.

    [67] Il corsivo è nostro, per far risaltare la base solida del diniego, rappresentata da una sentenza di merito non da un provvedimento cautelare.

    [68] Su ciò pone l’accento G. Spagnher, Inquadramento generale, in Aa. Vv., Manuale teorico-pratico di diritto processuale penale, loc.cit., sulla «eccezionalità della restrizione (con il conseguente riconoscimento del minor sacrificio) della libertà personale prima della condanna se non in presenza di valori costituzionalmente protetti…con il conseguente corollario della provvisorietà (conseguente contingentamento del tempo della restrizione, anche per evitare l’anticipazione della pena)  e della rivedibilità…,la libertà personale può subire limitazioni» [sul punto, in precedenza, v. C. De Robbio, (Penale e processo) Le misure cautelari personali, 2016, 1: «Sembrerebbe fuori dal sistema ed  illegittima…ogni forma di “anticipazione della pena”»].

    Cfr., pure, M. L. Di Bitonto, La tutela cautelare, in Aa Vv., Fondamenti di procedura penale, seconda edizione, Vicenza, Cedam, 2020, 821, sui provvedimenti «attraverso i quali  è possibile disporre in via provvisoria la restrizione di diritti, al fine di salvaguardare specifiche esigenze».

    [69] L’introduzione nell’ordinamento, con legge 11 febbraio 2015, n.15, del preavviso di rigetto ha segnato l’ingresso di una modalità di  partecipazione al procedimento, con la quale si è voluto “anticipare” l’esplicitazione delle ragioni del provvedimento sfavorevole alla fase endoprocedimentale, allo scopo di consentire una difesa ancora migliore all’interessato, mirata a rendere possibile in confronto con l’amministrazione, ancor prima della decisione finale (Cons. St., sez. 3, sent. 8 ottobre 2021, n. 6743 , in Il Merito, febbraio 2022, n.2, 73). L'istituto del c.d. preavviso di rigetto mira a  far conoscere alle Amministrazioni, in contraddittorio rispetto alle motivazioni da esse assunte sulla scorta degli esiti dell'istruttoria espletata, quelle ragioni, fattuali e giuridiche, dell'interessato, che possono contribuire a far assumere agli organi competenti una diversa determinazione finale, derivante  dal vaglio e dalla ponderazione di tutti gli interessi in campo e determinando una possibile riduzione del contenzioso fra le parti (cfr. Cons. St., sez. III, 5 dicembre 2019, n.834 e 26 giugno 2019, n. 4413; sez. VI, 06 agosto 2013, 4111; sez. III 27 giugno 2013, n. 3525).

    [70] Cfr. O. Mazza, Garanzie di indipendenza e di imparzialità degli organi giurisdizionali, in Giurisprudenza sistematica di diritto processuale penale, diretta da M. Chavario ed E. Marzaduri, Torino Utet, 1995, 3, traccia un interessante percorso inverso a quello da noi descritto: «Il ruolo del giudice…è…emblematico del percorso attraverso il quale il modello originario si è confrontato con parametri costituzionali rilevatisi più severi del previsto e con esigenze e sollecitazioni della pratica, emerse con forza nel clima di esasperato impegno in cui il rinnovato processo penale ha fatto le sue prime prove. All’esito si registra un sensibile recupero di centralità d’una figura che la riforma tendeva a spogliare, almeno in parte, delle sue, un tempo soverchianti, attitudini propulsive, a beneficio delle parti», richiamando V. Zagrebelsky,  Sul ruolo del giudice nel nuovo processo penale, in Cass. pen., 1989, 913.

    [71] Di Bitonto, La tutela cautelare, in Aa. Vv., Fondamenti di procedura penale, cit., 875: «L’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare è misura esperibile in relazione al novero dei reati per i quali è prevista la misura cautelare di cui all’art 282 bis. L’individuazione dei relativi casi di applicabilità, quindi…per relationem».Si osserva che «Il provvedimento impositivo della misura è, altresì, comunicato alla persona offesa, la quale deve essere informata anche della facoltà di richiedere l’emissione di un ordine di protezione europeo, al fine di ottenere che gli effetti della misura cautelare si estendano al territorio di altro Stato membro dell’Unione europea in cui decida di risiedere o soggiornare (art. 282, quater)» (op. cit.,.280).

    [72] Tonini-Conti, Manuale di procedura penale, cit., 449, ricordandosi, per le misure, che «la loro applicazione deve rispettare il principio di proporzionalità che ha un fondamento sovranazionale e nel diritto interno, oltre che nella giurisprudenza della Consulta». Da ultimo, v. A. Rizzo, La sentenza della Corte costituzionale sul Reddito di cittadinanza: una critica di merito e “di metodo”, in AISDUE, 2022, sulla sentenza della Corte costituzionale n. 19 del 2022: breve analisi alla luce dei rapporti tra diritto nazionale e diritto dell’Unione europea.

    Con la sentenza n. 67 depositata l’11 marzo scorso, la Corte Costituzionale (in ASGI, 17 marzo  2022)  ha posto fine al contenzioso in materia di Assegno al Nucleo Familiare, affermando l’obbligo del giudice di applicare anche ai titolari di permesso di lungo periodo e di permesso unico lavoro il trattamento più favorevole previsto per gli italiani.

    [73] Trib. Ascoli Piceno, 5 ottobre 2021 (che richiama la circolare INPS n.100 del 5 luglio 2019), sez. I, sent. 5 ottobre 2021 n. 201, in Il Merito, 2022, n. 1, p.13: in tema di reddito di cittadinanza, non ha diritto al sussidio il componente del nucleo familiare disoccupato a seguito di dimissioni volontarie, nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa. In caso di dimissioni volontarie, perderà il diritto a percepire il reddito di cittadinanza il solo componente del nucleo familiare che si è volontariamente licenziato dal lavoro. V., collegata con tale decisione, l’analisi di C. Insarda, Reddito di cittadinanza negato per abbandono volontario del lavoro ma riconosciuto in misura ridotta ad altro componente del nucleo familiare (ivi, 16 ss).

    [74] Testualmente, v., in dottrina, P. Tonini, Lineamenti di diritto processuale penale, Milano, Giuffrè, 2017, 228 (più recentemente ribadito in Tonini-Conti, Manuale di procedura penale, cit., 448, e in aggiunta: «Il provvedimento di allontanamento dalla casa familiare è comunicato all’autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell’eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni»).

    Sullo stesso articolo del c. p. p., v. G. Lozzi, Lineamenti di procedura penale, Torino, Giappichelli, 2016, 173.

    [75] Sulla «“creatività del giudice” o “della giurisprudenza”…” si ammette che la sua attività…si possa spingere a compiere operazioni più complesse, quali la creazione di una regola…Come è noto, l’ordinamento italiano…consente l’analogia  legis  e l’ analogia iuris » (G.Alpa, L’arte di giudicare, Roma.Bari, Laterza, 1996, 5-6-7). Sul punto, v. P. Trimarchi, Istituzioni di diritto privato, Milano, Giuffrè, 2000, 9-12: « sovente la norma va interpretata; talvolta non esiste una norma di legge direttamente applicabile al caso…L’art. 12 comma 2 delle disposizioni sulla legge in generale impone qui di aver riguardo a disposizioni che regolano casi simili o materia analoghe (procedimento per analogia)». Da ultimo, v. A. Torrente-P.Schlesinger, Manuale di diritto privato, XV ed., a cura di F. Anelli e C. Granelli, Milano, Giuffrè, 2021, 51: «È impossibile che il legislatore riesca a disciplinare l’intero ambito dell’esperienza umana, per quanto possa essere attento e minuzioso. È inevitabile, infatti, che si presentino casi che nessuna norma di legge ha espressamente previsto e regolato (le c.d. lacune dell’ordinamento)».

    [76]  A. Pizzorusso, Giustizia e giudici, in La  Costituzione ferita, Roma-Bari, Laterza, 1999, 136.

    [77]  M. R. Damaska, I volti della giustizia e del potere. Analisi comparativa del processo, Bologna, Il Mulino, 1991, 258. Sulla più generale categoria, costituzionale   del c.c. giusto processo, v., fra gli altri,  Chiavario, Diritto processuale penale (IX ed 2022), cit., 11.; Tonini-Conti, Lineamenti di Diritto processuale penale, cit., 12 ss.

    [78] Volendo considerare l’atto della sospensione del RdC una specie di revoca amministrativa ratione temporis (di carattere sanzionatorio se non propriamente “repressivo”, per la immediata e diretta incidenza sulla condizione personale e patrimoniale del soggetto passivo: v. retro nota 4), di cui nella previsione mancano “l’avvio” e “l’avviso” (le due “a”), in via comparativa, v. T. A. R. Lazio, sez. staccata di Latina, sez. I, 15 dicembre 2018, n. 647: in materia di carta di soggiorno ai sensi dell'art. 9, d.lgs. n. 286/98, il mancato avviso dell'avvio del procedimento ex art. 7, legge 241/90, attraverso cui la questura competente comunica al soggetto interessato la revoca della stessa a seguito di reati penali a suo carico che non lo rendono meritevole della permanenza sul territorio italiano, viola il principio del contraddittorio necessario in siffatte fattispecie. Infatti, attraverso la comunicazione dell'avvio del procedimento e il seguente contraddittorio tra le parti, si rende l'Amministrazione procedente edotta di tutte quelle circostanze che la stessa è obbligata a valutare prima della definizione del procedimento di annullamento o revoca della carta di soggiorno, giacché l'organo amministrativo competente deve prendere in considerazione anche l'eventuale esistenza di nuovi elementi che potrebbero eventualmente consentire il mantenimento in capo al ricorrente del permesso di soggiorno che invece si intende revocare.

    Sul requisito del possesso della carta di soggiorno (ora permesso per lungo soggiornanti), v. Cass., sez. lav. civ., 10 agosto 2020, n. 16867, in Immigrazione.it., 2020. In tema, v. T. A. R Lombardia, sez. VI, 4 agosto 2021, n. 1885, ivi, 2021.

    L'interessato che lamenta la violazione dell'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo ha anche l'onere di allegare e dimostrare che, grazie alla comunicazione, egli avrebbe potuto sottoporre all'Amministrazione elementi che avrebbero potuto condurla a una diversa determinazione da quella che invece ha assunto (art. 7 L. n. 241/1990) (Cons. St., sez. III, sent. 12 maggio 2017, n. 2218). Sulla c.d.  garanzia partecipativa di cui all'art. 7 L. 241/1990, v. Cons.  St., sez. V, sent. 29 dicembre 2014,  n. 6402.

    D’interesse la decisione -  sul generale procedimento amministrativo e il c.d. preavviso di diniego - di  T.A.R. Veneto, Venezia, sez. I, 16 giugno 2021, n. 611, in Norme & Trib., 23 giugno 2021: l’istituto del cosiddetto. preavviso di diniego (articolo 10 bis legge n. 241/1990) assicura che ogni momento del procedimento immediatamente precedente l’adozione del provvedimento sia utile alla P.a. per pervenire alla scelta discrezionale migliore. La norma esige, non solo che l’Amministrazione enunci compiutamente nel preavviso di provvedimento negativo le ragioni che intende assumere a fondamento del diniego, ma anche che le integri, nella determinazione conclusiva (se ancora negativa), con le argomentazioni finalizzate a confutare la fondatezza delle osservazioni formulate dall’interessato nell’ambito del contraddittorio predecisorio attivato dall’adempimento procedurale in questione. La disposizione de qua assolve la sua funzione di consentire un effettivo ed utile confronto dialettico con l’interessato prima della formalizzazione dell’atto negativo, evitando che si traduca in un inutile e sterile adempimento formale.

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