L’impatto del d.l. n. 11/2020 sull’attività processuale delle Commissioni tributarie.
di Enrico Manzon
sommario: 1. Premesse. - 2. I procedimenti avanti alle Commissioni tributarie: le diverse tipologie. - 3. I procedimenti da rinviare e quelli non rinviabili. - 4. Una conclusione pratica ed un auspicio.
1. Premesse
L’art. 1, comma 4, del decreto legge 8 marzo 2020, n. 11 prevede che «Le disposizioni del presente articolo, in quanto compatibili, si applicano altresì al procedimenti relativi alle commissioni tributarie..».
Queste brevi note mirano a fornire prime –molto sommarie- valutazioni interpretative circa l’impatto di questa disposizione e quindi della correlativa fonte normativa sulle attività processuali degli organi provinciali e regionali della giurisdizione tributaria di merito.
2. I procedimenti avanti alle Commissioni tributarie: le diverse tipologie.
E’ necessario premettere una sintetica ricostruzione delle tipologie di procedimenti avanti alle Commissioni tributarie, ovviamente con l’attenzione esclusivamente rivolta agli aspetti che direttamente rientrano nella ratio di questa lex specialis, anzi meglio exceptionalis, dunque alle modalità di trattazione dei procedimenti stessi, principali ed incidentali.
Vi è anzitutto un procedimento “ordinario” di primo grado che ha essenzialmente due forme di svolgimento: la trattazione in camera di consiglio e la discussione in pubblica udienza (rispettivamente, artt. 33 e 34 d.lgs. 546/1992).
La prima attività processuale è espressamente “non partecipata” (art. 33, comma 2, d.lgs. 546/1992); la seconda al contrario prevede non solo la presenza delle parti e dei loro difensori, ma addirittura di quisque de populo.
Tali modalità processuali sono estese al grado di appello dall’art. 61, d.lgs. 546/1992.
Vi sono poi altre forme di giudizio principale ovvero incidentale, quali:
-il giudizio di revocazione, cui si applicano le stesse disposizioni del giudizio “ordinario” (art. 66, d.lgs. 546/1992);
-il giudizio di ottemperanza, per il quale l’art. 70, comma 7, d.lgs. 546/1992 prevede una camera di consiglio “partecipata”(dalle parti);
-i procedimenti incidentali di sospensione dell’atto impugnato, di sospensione degli atti volti al recupero di aiuti di Stato, di sospensione dell’esecutività delle sentenze di primo e di secondo rado, per i quali sono previste camere di consiglio “partecipate” (dalle parti), rispettivamente, dagli artt. 47, comma 4, 47-bis, comma 3, 52, comma 5, 62-bis, comma 4, d.lgs. 546/1992).
Le disposizioni del d.l. 11/2020 vanno quindi parametrate a queste forme processuali.
3. I procedimenti da rinviare e quelli non rinviabili
In primo luogo penso si debba convenire con chi su questa stessa rivista [De Stefano, L’emergenza sanitaria rimodula i tempi della giustizia: i provvedimenti sul civile (note a primissima lettura del d.l. n. 11 del 2020)] ha espresso l’opzione di un’interpretazione estensiva secundum ratio –peraltro molto chiara- del termine «udienze» impiegato dal legislatore.
Quindi il “rinvio secco” al 22 marzo (salvo proroghe ..) deve senz’altro considerarsi esteso anche al procedimento camerale ordinario di cognizione (in primo grado ed in appello) nonchè al giudizio di revocazione; tutti gli altri procedimenti suindicati prevedono la partecipazione delle parti e quindi il problema nemmeno si pone.
In secondo luogo bisogna chiedersi cosa sarà per la “ripresa post blocco” e quindi guardare in particolare alle pieghe dell’art. 2 del decreto.
A partire però dalla previsione dell’art. 1, comma 2, del decreto medesimo, secondo la quale sono sospesi anche i termini per le attività processuali finalizzate alla trattazione dei procedimenti (memorie).
Nel riorganizzare l’attività bisognerà prestare una particolare attenzione a questo aspetto della questione, perchè altrimenti si rischiano nullità processuali per violazione del diritto di difesa/principio del contraddittorio (sul punto, v. ancora, per le analoghe problematiche del processo civile, De Stefano, cit.).
Ciò posto, il problema interpretativo più pressante risulta evidentemente essere quello delle eccezioni al rinvio d’ufficio ed a quello, correlato, delle misure discrezionali delegate ai Dirigenti giudiziari, quindi ai Presidenti delle Commissioni provinciali e regionali, previste rispettivamente dagli artt. 1, comma 1, ultima parte e 2, d.l. 11/2020.
Infatti, con riguardo alle due diverse modalità dell’intervento normativo (rinvio automatico al 22 marzo, discrezionale fino al 31 maggio), si pone per entrambe la questione dei procedimenti incidentali cautelari analoghi a quelli civilistici indicati nella lett. g) del comma 1, dell’art. 2 del d.l.: «..procedimenti di cui all’articolo 283, 351 e 373, del codice di procedura civile e, in genere, in tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio per le parti».
Peraltro, ancorchè si tratti di procedimenti “partecipati” sia per le inibitorie civili che per quelle tributarie, non sembrano ravvisabili elementi di “incompatibilità” che inducano a ritenere non completamente estensibile l’eccezionale disciplina processual-civilistica a quella speciale tributaria, nelle articolazioni che sopra si sono sinteticamente indicate.
Ebbene, non può non notarsi una sensibile differenza tra tali, molto “essenziali”, scelte normative e la più articolata e “protettiva” disciplina data con l’art. 3 del decreto ai procedimenti avanti agli organi di giustizia amministrativa, che tuttavia non può essere applicata a quelli avanti le Commissioni tributarie, stante il generale rinvio di cui all’art. 1, comma 2, d.lgs. 546/1992.
Comunque sia, per i sub-procedimenti cautelari ed inibitori tributari non appaiono ravvisabili ragioni di rinvio, né “secco” né “discrezionale”, ma solo l’applicabilità di misure di natura preventiva sulle modalità di esercizio delle attività.
4. Una conclusione pratica ed un auspicio.
Sul piano delle situazioni concrete e volendo dunque calare l’intervento nella realtà, non bisogna dimenticare che l’edilizia giudiziaria tributaria spesso presenta situazioni di precarietà e promiscuità che possono essere anche deteriori rispetto a quelle, anch’esse non sempre “ottimali”, degli uffici giudiziari ordinari.
Se dunque lo scopo –dichiarato ed evidente- della normativa indifferibile ed urgente è quello di limitare al massimo il “contatto sociale” nelle aule di giustizia, allora i Presidenti delle Commissioni dovranno esercitare con particolare attenzione e prudenza le prerogative loro date dall’art. 2 del decreto.
E l’auspicio è che ciò avvenga