GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    L’estinzione del reato per prescrizione e il regime delle impugnazioni in grado di appello.

    L’estinzione del reato per prescrizione e il regime delle impugnazioni in grado di appello. 

    Paolo Carfì

    Ho seguito con interesse in questo periodo il dibattito che è seguito alla proposta di rivedere , per l’ ennesima volta negli ultimi 13 anni,  l’ istituto della prescrizione  stabilendo la definitiva interruzione al momento della pronuncia della sentenza di I° grado . Alla fine sono giunto alla conclusione che così come si è dipanato – cioè isolatamente considerato -  è un tema che non mi appassiona più di tanto.  Cerco di spiegarmi. Partirei da una  affermazione che a me sembrava e sembra scontata : la tematica della prescrizione del reato non ha nulla  a che  vedere con il principio costituzionale della “ ragionevole durata del processo “ il cui conseguimento  la nostra Costituzione con l’ art. 111 ha affidato  alla legge ( “ la legge ne assicura la ragionevole durata “) . Se , come da qualcuno anche  tra i colleghi magistrati , è stato osservato  che la nuova riforma si pone in contrasto con il principio costituzionale  (cosa che non mi vede d’ accordo) allora mi chiedo perché questa osservazione non sia stata fatta in precedenza visto che nel  nostro attuale sistema proliferano , dopo che si è messo progressivamente riparo agli effetti  nefasti della legge ex Cirielli , moltissime ipotesi di prescrizioni sospese  non in eterno ma  comunque molto vicine all’ eternità secondo i parametri umani .

    1.    Dal 2005 ad oggi si sono succedute infatti un numero spropositato di modifiche legislative: nel 2005 la famosa legge ex Cirielli  accompagnata da una norma transitoria  studiata non per dare attuazione al principio della ragionevole durata “ del processo “ bensì per abbreviare i termini di “ due o tre processi “ allora in corso . L’ intervento dell’ allora Presidente della Repubblica portò  attraverso la norma transitoria alla attenuazione degli effetti ma le conseguenze furono comunque nefaste per l’ intero sistema. Basti pensar che  con la ex Cirielli i termini di prescrizione per la grande maggioranza dei delitti , a partire da quelli contro la PA ma non solo , fu abbattuta , non trovo altro termine , da 15 a soli 7 anni e mezzo . Poi ci si è resi evidentemente conto che oltre alla corruzione  a prescrizione certa erano avviati anche una serie di delitti di grande impatto sociale e mediatico e allora nel 2008 si sono raddoppiati i termini per  le più gravi ipotesi di omicidio colposo stradale o in violazione delle norme antinfortunistiche sul lavoro . E più di recente sono stati raddoppiati anche i termini della corruzione.
    Sull’ onda dell’ incremento dei  reati di maltrattamenti in famiglia e di abuso sessuale nel 2012 la prescrizione è stata  raddoppiata per questi delitti nonché per quelli di cui all’ art. 51 co. 3 bis e quater.
    Successivamente sono stati raddoppiati anche i termini per i reati di corruzione (in realtà più che raddoppiati se si pone mente all’ aumento della pena edittale massima) e infine nel 2017 la cd riforma Orlando ha  introdotto due nuove ipotesi di sospensione  che decorrono dalla emissione della sentenza di I° grado e di quella di II° grado , sospensione che complessivamente può arrivare a 3 anni e che si cumula al termine interrotto.
    Non solo : sempre nel 2017 la riforma Orlando ha previsto , al nuovo art. 159 cp , che  la prescrizione decorre dal compimento del 18° anno di età  delle vittime dei reati di cui agli artt  572 , quelli in tema di  pedopornografia , 609 ter , 612 bis  salvo che l’ azione penale sia stata esercitata precedentemente nel qual caso il termine di prescrizione decorre dalla acquisizione della notizia di reato  .   Il che mi fa pensare che estendere questa ultima soluzione a tutta una serie di reati il cui momento consumativo quasi mai coincide con quello della emersione giudiziaria (non solo i reati contro PA ma anche ad esempio molti reati in materia ambientale)  potrebbe presentarsi  come più utile rispetto ad una sospensione “ definitiva “ della prescrizione.
    Vero che gli effetti della riforma Orlando non sono ancora noti essendo la nuova normativa applicabile ai soli reati commessi a partire dal 4 Agosto 2017. Ma non ci vuole molto, a mio avviso, per immaginarli.

    Basta qualche esempio :  

    il reato di maltrattamenti (  art. 572 cp ) si prescrive  nella più breve delle ipotesi in 15anni per i fatti ante riforma Orlando ,  ( 12 anni di prescrizione base  + 1/ 4 per la interruzione. ) Ma se l’ imputato è recidivo non dico reiterato ma anche solo specifico il termine di scadenza sale a  22  anni e 6 mesi che diventeranno  25 anni e 6 mesi  a seguito della riforma Orlando per i fatti commessi  dopo la data del 4 agosto 2017  e forse anche di più se la vittima è un minorenne; Una violenza sessuale commessa dopo il 2012 , senza aggravanti ad effetto speciale o recidiva qualificata  si prescrive in 25 anni ,  per i fatti ricadenti sotto la riforma Orlando in 28 anni  anni  ; se poi commessa a danno di minore ex art. 609 ter u.c. cp ( infradecenne ) si prescrive in 32 anni , con la riforma Orlando in 35 ma decorrenti da quando il minore ha compiuto 18 anni o da quando è stata acquisita la notitia criminis .
    Per rimanere un po’ più vicini alla durata media della carriera di un magistrato un furto pluriaggravato commesso da un non recidivo – un furto di una autovettura sulla pubblica via per intenderci - si prescrive con la riforma Orlando in non meno di 15 anni e 6 mesi . Tutti gli altri delitti puniti con pena non superiore ai 6 anni con la riforma Orlando si prescrivono in non meno di 10 anni e 6 mesi (7 anni e mezzo + 3 anni di sospensioni ) e tutte le contravvenzioni in non meno di 8 anni.
    Il reato  di sequestro di persona a scopo di estorsione si prescrive in 60 anni solo  per il disposto dell’ art. 157 co. 6 (non ho fatto ulteriori calcoli).
    Insomma io penso che la proposta di fermare la prescrizione alla data della sentenza di I° grado , al di là della sua natura di “ spot “ svincolato da una qualsiasi disegno di complessiva riforma del sistema , può avere al più il merito di rendere l’ istituto più leggibile e meno caotico, sia pur nell’ arco di diversi anni trattandosi di istituto di diritto sostanziale.  Ma penso anche   che se  oggi come oggi  siamo ancora qui a parlare di riforma della prescrizione ( ma in realtà soprattutto di  “ non ragionevole durata del processo “ ,  perché cosa può esserci di ragionevole in un processo che si chiude , pur nel rispetto dei termini di prescrizione , in una ventina o in trentina di anni dai fatti ) , il problema non sta nel ritornello del “  lassismo dei magistrati  o delle  strumentali manovre delle difese “ ,  che l’ uno e l’ altro esistono ma in misura del tutto fisiologica e non patologica ; bensì  in una elefantiasi processuale che il  sistema  non è in grado di sostenere.

    2.     Certamente un buona organizzazione del lavoro da parte di noi magistrati – parlo per quanto mi compete del settore giudicante ovviamente – in uno con una accettabile , anche se mai completa  , dotazione organica del personale di magistratura e di quello amministrativo   può aiutare a salvaguardare in modo almeno dignitoso il binomio “  effettività del processo/ diritto delle parti ad una ragionevole durata“. A Milano , limitando le mie considerazioni all’ ufficio della Corte di Appello della quale faccio parte ,  ci siamo in qualche modo riusciti  sia pur con grandissimi sacrifici personali non facilmente reiterabili nel tempo , se è vero che  a fronte di una stabile sopravvenienza  annuale, le pendenze sono scese dalle oltre 17.000 del 2011 alle attuali scarse 8000  con un decremento dunque di oltre il 50% . Contestualmente è grandemente diminuita la declaratoria di NDP per prescrizione  che si attesta su percentuali di molto inferiori alla media nazionale e questo  grazie
    - ad un attento controllo sui tempi di trasmissione dei fascicoli dalle sedi periferiche alla Corte. E’ noto infatti come i “ tempi morti “ incidano pesantemente su quelli strettamente processuali. L’ attività di controllo esercitata dal Consiglio Giudiziario e la collaborazione  negli anni passati tra la Presidenza della Corte e i dirigenti degli uffici del distretto ha  consentito di  ridurli grandemente ;
    -  alla predisposizione di criteri automatici di attribuzione alle diverse sezioni e conseguentemente alla celere trasmissione da parte della Cancelleria Centrale della Corte  alle sezioni competenti per materia ;  
    -    allo spoglio settimanale delle nuove sopravvenienze da parte dei Presidenti di Sezione o di loro delegati . Il che permette di individuare da subito  i processi a rischio di prescrizione e dunque di fissarli tempestivamente oltre che , in generale , di procedere ad una oculata programmazione del lavoro . Il che ci consente di dire che degli 8.000 processi attualmente pendenti presso la Corte di Appello di Milano solamente l’ 1% sono pervenuti nel 2015 , il 9% sono pervenuti nel 2016 , il 32 % nel 2017 e il 57% quest’ anno. Rimane  un 1% di processi pervenuti prima del 2015 ma si tratta esclusivamente si processi sospesi ex art. 420 ter cpp per irreperibilità dell’ imputato . Il che vuol dire in conclusione che i tempi medi di smaltimento dal momento del pervenimento  in Corte del fascicolo sono inferiori ai  2 anni e sono in continuo calo.
    E se l’ organico dei magistrati  dovesse   continuare ad essere adeguatamente coperto , quello del personale amministrativo incrementato e magari qualche aspetto processuale rivisto , questo trend che garantisce non solo quantità ma anche qualità delle decisioni , potrebbe essere anche ulteriormente migliorato.

    3.    Il che mi permette di passare al tema   che riguarda le misure che a mio parere dovrebbero non seguire ma accompagnare la nuova  riforma della prescrizione E cominciamo dalle risorse umane  perché la realtà giudiziaria  italiana è come noto assai variegata.
    Parlo di  risorse umane , sia del personale di magistratura che di quello amministrativo , perché al di là del “ processo penale telematico “ che chissà se e quando sarà mai introdotto , per far funzionare la macchina ci vogliono pur sempre uomini . Ma di questo si parla sempre molto poco e solo di recente per il personale amministrativo si è fatto qualcosa , ma ancora non sufficiente .
    Ho letto poco tempo fa  un messaggio di un collega di  Venezia , Presidente di sezione penale della Corte, persona seria ed affidabile : 5870 fascicoli pendenti , 1 Presidente e 5 magistrati ; in cancelleria un  funzionario applicato dal 1° grado, 1 assistente , una operatrice esterna , un ex cancelliere volontario che cura le prescrizioni predibattimentali. Credo di non dover fare commenti se non ricordare un dato complessivo che rimane ormai costante dal 2004 .
    La legge prevede per il personale di magistratura un organico  di 10.151 unità. Dall’ ultimo dato riportato sul sito del CSM i posti vacanti ammontano però a ben 1130 , ovvero ad una percentuale media che supera l’ 11% . Un dato pressoché costante dal 2004 allorquando dopo che l’ allora Ministro Castelli ebbe a sostenere che i magistrati erano troppi e lavoravano poco , i concorsi vennero bloccati per ben 3 anni , fino al 2007. Siccome ogni anno la media di assunzioni è di circa 300 , 320 unità , i conti sono presto fatti . Come in passato il Ministero dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di indire per due o tre anni due concorsi l’ anno per provare a ripianare, anche solo parzialmente , una scopertura di organico che non può non incidere proprio sul principio della “ ragionevole durata del processo “ .
    Quanto al personale amministrativo alle scoperture di organico ha  finalmente cominciato a far  fronte il precedente governo ,anche se ancora solo parzialmente , e speriamo che si proceda su questa strada senza dimenticare che se non sbaglio nel 2006 alle scoperture di organico di questo fondamentale settore ( da cui dipendono ad esempio i tempi di trasmissione dei fascicoli da un grado all’ altro ) si fece fronte semplicemente diminuendo l’ organico per legge , con conseguenze che si avvertono ancora oggi.

    4.    Venendo al sistema delle impugnazioni e in particolare al grado di appello. Mi rendo conto ormai , dopo 35 anni di carriera , che in Italia non si riuscirà mai  non dico a superare ma forse neppure a semplicemente contenere il principio “ non costituzionale “ della possibilità da parte dell’ imputato di appellare le sentenze penali senza alcun limite e senza alcuna conseguenza anche in caso di palese  pretestuosità dell’ impugnazione . Però almeno si potrebbe pensare a binari diversi a seconda della tipologia di reati e dei motivi di appello.

    Per esempio :

    - l’ art. 599 cpp indica i casi in cui è possibile che  l’ appello sia trattato con la procedura in CdiC ex art. 127 cpp  ovvero quando i motivi riguardano solamente “ specie e misura della pena , comparazione fra circostanze, applicazione delle attenuanti generiche , sanzioni sostitutive , benefici di legge “  . Si tratta di un numero assai consistente di appelli ai quali se ne potrebbero anche aggiungere sicuramente altri  . Devo dire che non ci si ricorre e non ci si ricorrerà praticamente mai ma per un motivo per me molto semplice : perché nel grado di appello quasi nulla cambia tra la fissazione “ di una camera di consiglio ex art. 127 cpp” e  la trattazione in  una normale udienza pubblica :  le parti vanno citate , hanno il diritto di presenziare all’ udienza camerale, se sussiste un legittimo impedimento la CdiC  va rinviata, la presenza dell’ assistente di udienza è necessaria . In sostanza quello che capita in una normale udienza pubblica. Mi chiedo se non si possa fare , in casi come questi ove non si discute della responsabilità dell’ imputato , un ulteriore passo in avanti ovvero prevedere la trattazione in CDiC ma senza le forma del 127 cpp come capita ad esempio per le istanze de libertate :  parere scritto del PG e un semplice avviso via Pec al difensore che quel giorno verrà trattata la sua impugnazione in CdiC con la possibilità di presentare entro un certo termine  una memoria scritta integrativa dell’ atto di appello.  Un procedimento camerale solo cartaceo dunque , senza partecipazione fisica delle parti ,  dove senza alcuna violazione del diritto di difesa  si potrebbe concentrare un consistente numero di questi appelli e che , non necessitando della presenza del cancelliere , ben potrebbero essere trattati con udienze bis – e dunque con incremento delle  definizioni complessive e accelerazione dei tempi -  con conseguente alleggerimento delle udienze pubbliche  riservate a quei procedimenti ove i motivi di appello riguardano la responsabilità dell’ imputato o comunque questioni di rilievo.  
    -   Mi chiedo ancora se una procedura di appello solo camerale e solo cartacea non possa essere prevista per la maggior parte delle contravvenzioni che sono quelle maggiormente colpite dalla prescrizione .  , al limite con qualche eccezione per quelle che riguardano complesse competenze specialistiche .  Davvero  pensiamo che in un sistema costituzionale che prevede per tutte le sentenze la sola possibilità del ricorso in Cassazione , sarebbe un vulnus ai diritti e alle garanzie difensive che un processo per guida in stato di ebrezza magari con tasso alcolemico pari a 0,81 , ovvero di uno 0,1 superiore alla soglia di non rilevanza penale , debba essere trattato  con la stessa identica procedura di un processo per mafia o  per terrorismo ?
    -E ancora : in un sistema che prevede senza  limite alcuno tre  gradi di giudizio per qualunque ipotesi di reato ( quattro se ci aggiungiamo l’ udienza preliminare ) , perché  non pensare ad una competenza monocratica anche per la Corte di Appello per le fattispecie più semplici  impegnando il Collegio in ciò per cui veramente ne vale la pena ?  Ne guadagnerebbero i tempi e soprattutto la qualità delle decisioni , tema questo della qualità che , sotto il peso insopportabile dei numeri, sembra essere un po’ caduto nel dimenticatoio .  Naturalmente  questo comporterebbe  quanto meno nell’ immediato  un adeguamento del personale amministrativo e in prospettiva un vero potenziamento del processo penale telematico , oggi ben al di là dal venire.
    -  Ancora mi chiedo se non sia possibile rivedere la procedura del concordato in appello ex art.  599 bis cpp e 602 co. 1 bis cpp : nella mia personale esperienza il ricorso al concordato prima della udienza è modestissimo anche se questo consentirebbe la definizione in camera di consiglio e senza le forme del 127 cpp  ( visto che in tal caso la norma non le richiama ) . Si aspetta regolarmente la citazione a giudizio – e del resto se fossi io il difensore farei lo stesso consentendomelo il codice -   e la proposta viene praticamente sempre  fatta in udienza ex art. 602 co. 1 bis cpp o se tutto va bene il giorno prima. Con un notevole dispendio di energie non solo da parte del relatore e degli altri componenti la Corte  ma anche  da parte della cancelleria , l’ inutile inserimento in ruolo  di procedimenti che potevano essere decisi fuori udienza e  che dunque prendono il posto di altri che avrebbero potuto essere utilmente fissati al loro posto  .  La realtà è che non c’è alcun interesse da parte della difesa e da parte dell’ imputato ad accedere al concordato prima della fissazione dell’ udienza che certamente comporta una accelerazione del procedimento e una ovvia riduzione dei motivi di ricorso in Cassazione .  E allora mi  dico che forse l’ istituto avrebbe maggior successo e anche un effetto realmente deflattivo ed acceleratorio  se si stabilisse  un termine di decadenza oltre il quale la richiesta non può più essere avanzata. Non so , entro un termine dalla trasmissione degli atti alla Corte di Appello o anche , se si vuole essere più garantisti ,  entro  sette giorni dalla notifica del decreto  che dispone il giudizio , un termine che consentirebbe in caso di accoglimento la revoca della citazione , che normalmente viene effettuata due o tre mesi prima , e  dunque l’ inserimento di altri processi in quella udienza .
    - inoltre  sempre con riferimento al 599 bis trovo priva di una logica spiegazione l’ esclusione dalla possibilità di concordato in appello di una serie di delitti certamente odiosi ma peraltro puniti con pene anche meno pesanti di altri per i quali invece il concordato in appello è ammesso . Mi riferisco ai delitti di abuso sessuale di cui agli art. 609 bis , ter ed octies che coprono, come ben sanno tutti coloro che , magistrati e avvocati , trattano questa materia , una infinita varietà di condotte , dalle più gravi ed odiose ad altre sicuramente infinitamente meno gravi . Si va dagli abusi sessuali più odiosi nei confronti di bambini ad un semplice  bacio sulle labbra o al fugace palpeggiamento strappati con repentinità  , dalle violenze di gruppo al’ atto lascivo della classica mano morta . Il legislatore , senza alcuna distinzione o eccezione neppure per i fatti qualificabili di “ minor gravità “ ai sensi dell’ ult. co. dell’ art. 609 bis ,   ha escluso  in qualunque caso la possibilità di ricorrere al concordato in appello che è invece consentito , se non vado errato , in casi di forse anche maggior gravità come ad esempio le più efferate rapine aggravate , con armi e magari con annessi ferimenti o uccisioni. Si può concordare la pena per un omicidio e non per un palpeggiamento per quando odioso sia. Questa limitazione comporta un ennesimo appesantimento del giudizio di appello  che già risente della necessaria rinnovazione istruttoria ex art. 603 co. 3 bis cpp  che maggiormente riguarda proprio la stessa categoria di delitti.
    - Da ultimo non voglio affrontare la tematica della “ revisione del divieto di reformatio in peius“. Si tratta di un tema di grande complessità che alle volte viene approcciato più sul piano emotivo che su quello strettamente giuridico e di sistema. Dico solo però che per come è congegnato oggi il giudizio di appello , compresa l’ autocertificazione dei redditi per il gratuito patrocinio senza possibilità alcuna di seri controlli , non c’è ragione alcuna per cui ogni sentenza di I° grado , anche la più inattaccabile , non venga appellata . Ancor più oggi che accanto al divieto di reformatio in peius  si è ritenuto di dover limitare ex art. 593 cpp       ( Dlvo  6.2.2018 nr. 11 ) il potere del PM  di appellare le sentenze di condanna solo quando “ modificano il titolo del reato o escludono la sussistenza di una circostanza aggravante ad effetto speciale o stabiliscono una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato” . Con conseguenze tra l’ altro singolari : se il giudice di I° grado sbaglia ( e ogni tanto capita ) e irroga una pena detentiva sotto il limite edittale minimo nessuno potrà porvi rimedio visto che il PM non può impugnare ( non trattandosi di pena di specie diversa bensì della stessa specie ma errata ) e  la Corte non può riformare in peius. O ancora se il giudice di I° grado , nella sua discrezionalità e sensibilità  ritiene che  un abuso sessuale ripetuto nel tempo a danno di una bambina di 7 od 8 anni sia meritevole della concessione dell’ attenuante di cui all’ ult. co. dell’ art. 609 bis cp prevalente sull’ aggravante speciale dell’ art. 609 ter cp  , il PM non potrà impugnare questo punto della sentenza perché il giudice non ha escluso l’ aggravante speciale ma solamente ritenuto prevalente l’ attenuante con l’ irrogazione magari di una pena quasi irrisoria . Mi domando : quale è la ratio di una così marcata limitazione dei poteri di impugnazione del PM , se  non quello di rendere sempre più conveniente impugnare da parte dell’ imputato qualsiasi sentenza.
    Concludo : qualsiasi riforma che razionalizzi l’ istituto della prescrizione riportandolo alla sua originaria funzione e sottraendolo a sempre possibili usi strumentali , va benissimo . Ma se manca un sentire comune tra gli operatori del diritto  ed  una vera e precisa volontà da parte del potere legislativo  (  che  da molto tempo manca  a mio parere  ) , di razionalizzare un sistema processuale a dir poco farraginoso , alle volte quasi contorto e  di ben difficile gestione , ci ritroveremo tra qualche anno a discutere  in che modo , a fronte della prescrizione interrotta o sospesa ( non è tanto chiaro… ) a tempo indeterminato con la sentenza di I° grado , si debba e possa porre fine  “ in tempi ragionevoli “ a processi pendenti per un tempo indefinito .

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