GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    ​Ritorno alle vecchie regole per il concorso in magistratura. Ma anche pensando al futuro?

    Ritorno alle vecchie regole per il concorso in magistratura. Ma anche pensando al futuro?

    di Angelo Costanzo 

    1. Con il decreto “Aiuti-ter” approvato il 16 settembre è stata anticipata la scelta, contenuta nella legge-delega n.71/2022, di riformare l’ordinamento giudiziario riaprendo l’accesso al concorso per la magistratura ordinaria anche ai neolaureati.

    Viene così eliminato l’obbligo di frequentare previamente tirocini  o scuole di specializzazione per le professioni legali.

    Le Scuole universitarie di specializzazione nelle professioni legali sono state frequentate per accedere al concorso, ma sempre meno. Invece, è cresciuta la partecipazione ai tirocini presso gli Uffici giudiziari che sono utili, se ben impostati, per concorrere a formare un buon magistrato ma che non forniscono una preparazione specifica per il concorso nella sua forma attuale. Inoltre, risulta che la gran parte dei vincitori del concorso si è preparata frequentando scuole private, spesso efficaci nel preparare a superare il concorso ma non per formare un buon magistrato.

    In realtà, negli ultimi anni è accaduto che una massa di laureati ha impiegato anni, denaro e energie per approdare a un fallimento. Inoltre, i vari meccanismi di selezione hanno privilegiato coloro che beneficiano di migliori condizioni economiche e di maggiori risorse temporali. Né questo sistema ha affinato sensibilmente la preparazione giuridica degli aspiranti magistrati perché li ha condotti a munirsi soprattutto delle tecniche e delle nozioni utili per superare il concorso, che però non sono quelle specificamente necessarie per esercitare adeguatamente la giurisdizione.

    In questo quadro, la scelta del Governo può essere salutata come un intelligente ritorno al passato e anche a una maggiore equità sociale.

    2. Tuttavia, risulterà presto una scelta insoddisfacente e miope se non sarà seguita da una seria rielaborazione della formazione degli aspiranti magistrati.

    In realtà, la causa prossima della scelta del Governo sta nell’obiettivo del Piano nazionale di ripresa e resilienza di ampliare e accelerare le procedure di reclutamento così da colmare i vuoti dell’organico per ridurre i tempi dei processi e per smaltire l’arretrato.

    Pare evidente che permettere anche ai neolaureati di accedere al concorso amplierà ulteriormente la massa dei candidati, sicché deve auspicarsi che non si introducano meccanismi grossolani e fuorvianti di preselezione (ne esiste una vasta e a volte stramba congerie) fra i quali il più perverso è quello che, per ridurre il numero di coloro che consegnano gli elaborati, individua come temi delle prove questioni periferiche rispetto ai nuclei fondamentali della preparazione del giurista forense. Questa via, infatti, aumenta il rischio di scartare candidati dalla preparazione solida, ma spiazzati da un tema anomalo, e di favorire coloro che, in qualche modo, si sono trovati nella condizione di affrontarlo.

    Invece, occorre valorizzare una preparazione ancorata alla solida conoscenza degli istituti giuridici e alla capacità di padroneggiare le argomentazioni. Questa impostazione potrebbe rivitalizzare il ruolo della dottrina giuridica e ridestarne le energie a volte rese latitanti dal mero ancorarsi agli andamenti della giurisprudenza. Dovrebbe anche ridurre la dipendenza  degli aspiranti magistrati dalle scuole (private) di preparazione al concorso, dipendenza in gran misura correlata alla esigenza di supporti alla continua ricerca di aggiornamenti sulla giurisprudenza.

    3. In generale, serve un sistema di preparazione alle professioni legali (magistratura e avvocatura) più evoluto, che configuri meccanismi di selezione non incentrati sulla ‘sfida/scommessa’ del concorso ma sullo sviluppo graduale di un percorso teorico-pratico pluriennale.

    Varie idee possono svilupparsi al riguardo. Ma sembra ragionevole individuare qualche possibile punto considerando quanto potrebbe utilmente realizzarsi mediante le istituzioni già esistenti: le Università, le Scuole di Specializzazione nelle Professioni legali (SSPL) e la Scuola Superiore della Magistratura (SSM).

    a) I piani di studio universitari dovrebbero delineare nel secondo biennio un percorso di formazione verso le professioni forensi, distinto da altri percorsi professionali,  dato adeguato spazio, oltre alle materie tecniche specifiche, a discipline che offrono le basi metodologiche delle professioni forensi: l’ermeneutica giudiziaria (anche per padroneggiare le conseguenze di tecniche legislative fondate sulla normazione “per principi” che si giustappone a quella tradizionale “per regole”),  la logica e l’argomentazione giuridica, l’epistemologia giudiziaria (per rendere più attenti a una corretta ricostruzione dei fatti oggetto dei processi) e lo studio del diritto comparato entro i confini dell’Unione Europea.

    b) La successiva formazione dei magistrati e degli avvocati andrebbe mantenuta comune all’interno delle SSPL per poi diversificarsi attraverso distinti meccanismi di selezione conducenti i primi alla SSM e i secondi verso l’Avvocatura.

    c) L’accesso alle SSPL dovrebbe avvenire mediante selezioni (su base nazionale) e con l’assegnazione, a ogni singola SSPL di un numero di corsisti ‘sostenibile’ che segua un percorso di formazione comune delineato secondo le direttive della SSM.

    d) L’accesso alla SSM dovrebbe avvenire mediante una ulteriore selezione nazionale, dotando i corsisti di borse di studio e munendo coloro che non superano le prove finali di un titolo spendibile per i concorsi pubblici o per l’attività lavorativa privata.

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