GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    Direttive a tutela del segreto investigativo

    Procura della Repubblica di Torino.
    Direttive a tutela del segreto investigativo conseguenti all’art. 18 (Disposizioni Transitorie e finali) n. 5 del Decreto Legislativo 19 agosto 2016, n. 177 - Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato, ai sensi dell’articolo 8, co. 1, lettera a), della Legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.

    PROCURA DELLA REPUBBLICA

    PRESSO IL TRIBUNALE DI TORINO

    Prot. n. 544/17/S.P. Torino, 7 febbraio 2017

    Ai MAGISTRATI DELLA PROCURA DELLA REPUBBLICA

    SEDE

    Al Sig. QUESTORE

    Al Sig. COMANDANTE PROVINCIALE

    DELL’ARMA DEI CARABINIERI

    Al Sig. COMANDANTE PROVINCIALE

    DELLA GUARDIA DI FINANZA

    AI RESPONSABILI DELLE ALIQUOTE DELLA SEZIONE DI P.G.

    PROCURA DELLA REPUBBLICA

    T O R I N O

    e per conoscenza:

    Al Sig. PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA

    PRESSO LA CORTE D’APPELLO di T O R I N O

    Al Sig. PREFETTO

    di T O R I N O

    OGGETTO: Direttive a tutela del segreto investigativo conseguenti all’art. 18 (Disposizioni Transitorie e finali) n. 5 del Decreto Legislativo 19 agosto 2016, n. 177 - Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato, ai sensi dell’articolo 8, co. 1, lettera a), della Legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.

    L’art. 18 co. 5 del Decreto Legislativo n. 177/2016, in oggetto specificato, prevede che entro sei mesi dalla sua entrata in vigore (avvenuta il 13.9.2016):

    “… al fine di rafforzare gli interventi di razionalizzazione volti ad evitare duplicazioni e sovrapposizioni, anche mediante un efficace e omogeneo coordinamento informativo, il capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza e i vertici delle altre Forze di polizia adottano apposite istruzioni attraverso cui i responsabili di ciascun presidio di polizia interessato trasmettono alla propria scala gerarchica le notizie relative all’inoltro delle informative di reato all’autorità giudiziaria, indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale ”.

    Si tratta di una previsione che, al di là di altri rilievi che seguono, potrebbe determinare rischi di compromissione del segreto investigativo previsto innanzitutto dall’art. 329 c.p.p., la cui violazione da parte di pubblici ufficiali ed incaricati di pubblico servizio può dar luogo a responsabilità penale ex art. 326 c.p. . Tanto più che i componenti della “ scala gerarchica” cui fa riferimento la norma in questione non sempre rivestono la qualifica di “ufficiali di polizia giudiziaria”. Peraltro, l’art. 329 cpp non vincola solo la polizia giudiziaria ma ogni soggetto depositario del segreto investigativo, sicchè sarebbe singolare che solo la prima possa essere sciolta dall’obbligo del segreto, sia pure in parte e per il fine previsto dall’art. 18 co. n. 5 del D. Lgs.vo 177/2016.

    Desta anche perplessità il fatto che l’articolo 8, co. 1, lettera a), della Legge Delega 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, richiamato quale fonte di legittimazione della norma in discussione, ad avviso dello scrivente, non detta alcun principio che possa giustificare la previsione di un obbligo di trasmissione alla propria scala gerarchica, da parte dei responsabili di ciascun presidio di polizia interessato, delle “ notizie relative all’inoltro delle informative di reato all’autorità giudiziaria ”, tanto più in presenza di obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale che sembra vengano di fatto ritenute irrilevanti: non altrimenti può qualificarsi la previsione secondo cui detta trasmissione di notizie deve avvenire “ indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale ”.

    I rilievi appena esposti, tra l’altro, sono stati oggetto di discussione, in vista del parere di competenza, in seno alle Commissioni riunite I (Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) e IV (Difesa) della Camera sullo specifico articolo, al punto che, nel corso della discussione del 12 luglio 2016, alcuni deputati hanno chiesto di espungere dal testo in discussione la previsione in questione o, quanto meno, il rinvio della decisione, mentre altro deputato ha rilevato che comunque essa non produrrebbe “.. gli effetti paventati poiché già adesso l’obbligo di informare il superiore dell’inoltro delle informative di reato all’autorità giudiziaria non è previsto qualora il magistrato chieda di non trasmettere gli atti 1 . Un’affermazione – quest’ultima – convalidata anche dal principio di cui agli artt. 109 Cost. (“ L’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria” ) e 56 co. 1 cpp, secondo cui “ Le funzioni di polizia giudiziaria sono svolte alle dipendenze e sotto la direzione dell’autorità giudiziaria”.

    La previsione in oggetto indicata, a dire il vero, trova uno specifico precedente nell’art. 237 del DPR 15.3.2010, n. 90 (Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, a norma dell’art. 14 della Legge 28 novembre 2005, n. 246) che così recita:

    Art. 237 – Obblighi di polizia giudiziaria e doveri connessi con la dipendenza gerarchica .

    Indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale, i comandi dell’Arma dei carabinieri competenti all’inoltro delle informative di reato all’autorità giudiziaria, danno notizia alla scala gerarchica della trasmissione, secondo le modalità stabilite con apposite istruzioni del Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri”

    Nella pratica quotidiana, peraltro, tale norma - a prescindere dal rango di “regolamento” del DPR n. 90/2010 in cui è inserita - ha trovato applicazione attenta ad opera della polizia giudiziaria appartenente all’Arma dei Carabinieri, attraverso una serie di disposizioni interne, in gran parte compendiate nella pubblicazione dell’Arma “Guida per le segnalazioni”, che disciplinano attentamente i dati da fornire, con estrema attenzione al necessario rispetto del segreto investigativo. Proprio per tale ragione, le segnalazioni si riferiscono a fatti già di massima conoscibili e incidenti sull’ordine e sulla sicurezza pubblica, locale e nazionale. Infatti, a proposito dell’oggetto di tali comunicazioni, si legge nella citata Guida 2 che “ le segnalazioni devono riportare gli elementi essenziali del fatto sulla base delle prescrizioni particolari di cui alla parte II della pubblicazione e con l’osservanza degli obblighi di cui al codice di procedura penale e delle relative norme di attuazione . Ed in altro paragrafo della stessa pubblicazione in cui si chiede di anticipare i contenuti delle “operazioni di particolare rilievo”, si precisa che ciò deve avvenire “escludendo qualsiasi aspetto di interesse prettamente investigativo”.

    Comunque, indipendentemente da tali apprezzabili indicazioni e/o dalla loro interpretazione, resta evidente che quanto previsto dall’art. 18 del Decreto Legislativo n. 177/2016, co. n. 5, non potrebbe giustificarsi con esigenze di coordinamento investigativo , funzione peraltro esercitata innanzitutto, ai sensi dell’art. 327 c.p.p., dal Pubblico Ministero, le cui disposizioni non potrebbero essere in alcun modo disattese neppure nei casi in cui la P.G. - come lo stesso art. 327 cpp e l’art. 348 co. 1 cpp prevedono – proceda di propria iniziativa: l’obbligo del segreto, infatti, è posto a tutela di valori che non sono certo recessivi rispetto a quelli della razionalizzazione degli interventi.

    Il contenuto della norma in questione, a dire il vero, fa riferimento non ad un obbligo dei responsabili di ciascun presidio di polizia interessato di trasmettere alla propria scala gerarchica le informative di reato inoltrate all’A.G., ma solo le notizie relative a tale inoltro, il cui contenuto dovrebbe, logicamente, essere “inferiore” a quello delle informative in sè: ma sia che si ritenesse l’obbligo riferito alla trasmissione per via gerarchica di copia delle informative di reato inoltrate alla A.G., sia che lo si ritenesse riferito alla trasmissione di più generali notizie sull’inoltro all’A.G. delle informative di reato (ipotesi questa che, attraverso un’interpretazione estensiva della norma, potrebbe indurre a ritenerla applicabile, addirittura, ai momenti precedenti la redazione e l’inoltro all’A.G. di tali atti), appare necessario evitare potenziali ragioni di criticità nelle indagini visto che, di solito, proprio nelle informative di reato – pur se non ancora conclusive – si compendiano e si illustrano i fatti accertati, di particolare riservatezza investigativa.

    Peraltro, anche nella fase successive all’inoltro all’A.G. delle informative di reato, il valore della segretezza investigativa va doverosamente tutelato , poiché trattasi della fase in cui normalmente si dispiegano e trovano attuazione le direttive del P.M. che possono essere anche finalizzate all’acquisizione – se non ancora intervenuta – delle prove decisive ai fini del promovimento dell’azione penale. Un diverso orientamento finirebbe con il consentire il disvelamento (sia pure in termini generici) delle deleghe investigative direttamente provenienti dal P.M. o con il vanificare la finalità del potere di segretazione riconosciuto al P.M. dall’art. 391 quinquies c.p.p. .

    Il coordinamento informativo, cui l’art. 18 del Decreto Legislativo n. 177/2016, co. n. 5 fa esplicito riferimento, è nozione diversa da quella del coordinamento investigativo (che, come si è detto, spetta innanzitutto al PM) ed esprime a sua volta un apprezzabile valore, quello di consentire alle forze di polizia l’acquisizione di conoscenze utili per l’espletamento dei propri compiti: ma appare evidente che esso non è direttamente riferito al momento in cui le indagini sono in corso (in quel caso, si deve parlare di necessità di “coordinamento investigativo” che include quello “informativo”) e ben può essere rinviato - quando ritenuto necessario - alla fase in cui le esigenze di segretezza investigativa siano cessate, così determinando la circolazione anche informatica dei dati acquisiti e l’arricchimento delle banche dati dei presidi di polizia giudiziaria.

    Le osservazioni che precedono (e le disposizioni che seguono) risultano ovviamente pertinenti anche ai casi in cui il presidio di polizia giudiziaria operante sia costituito dalla Sezione di polizia giudiziaria, direttamente operante alle dipendenze del Procuratore che ne dispone direttamente ai sensi del già citato art.109 Cost. e degli artt. 58 e 59 c.p.p. .

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    Gli orientamenti dello scrivente sin qui illustrati non hanno carattere meramente astratto, né possono essere interpretati come spia di scarsa sensibilità rispetto al doveroso principio di leale collaborazione tra istituzioni della Stato .

    Al contrario, se correttamente applicati, possono non solo rafforzare la virtuosa collaborazione tra Autorità Giudiziaria e Polizia Giudiziaria, ma anche meglio garantire l’indipendenza investigativa dei presidi di polizia giudiziaria rispetto ad immaginabili e potenziali conflitti di interesse, che potrebbero compromettere il buon esito delle indagini e l’immagine della Istituzione di appartenenza.

    E’ evidente, infatti, che i rilievi critici che precedono non possono che riferirsi, in concreto, ad indagini e notizie di particolare rilievo, nazionale ed internazionale, in ragione della tipologia dei reati per cui si procede e delle qualità soggettive degli indagati.

    In tali casi, ben più che in altri, infatti, può comprensibilmente esistere un interesse preminente e decisivo a tutelare fino all’ultimo passo dell’indagine, cioè fino ai momenti formali di cessazione del segreto investigativo ai sensi dell’art. 329 co. 1 c.p.p., le notizie acquisite durante le indagini stesse.

    Si tratta, peraltro, di tutelare non solo un “interesse” investigativo, ma anche il dovere del pubblico ministero di assicurare il buon esito del possibile promovimento dell’azione penale, un dovere desumibile dal principio di cui all’art. 109 della Costituzione ( “L’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria” ) che consente al P.M. di vietare la diffusione – anche rispetto ai vertici delle Forze di polizia cui appartengono gli organismi che indagano sotto la sua direzione - delle informative di reato in presenza delle ragioni appena specificate.

    Occorre, allora, ricercare un bilanciamento dei “beni” in potenziale conflitto che va attuato per casi specifici e/o per gruppi di casi, partendo dall’assunto che non può in alcun modo pretermettersi – prima dell’inoltro in questione – un controllo da parte del Pubblico Ministero: il fatto che l’art. 18 n. 5 del D. Lgs.vo n. 177/2016 non preveda tale controllo è irrilevante perché quella disposizione va coordinata con l’intero sistema, non potendo configurarsi quale monade normativa.

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    Pertanto, alla luce di quanto sin qui specificato ed in conformità all’ orientamento manifestato dagli altri Procuratori della Repubblica di questo Distretto nel corso della riunione dell’1 c.m., convocata dal Procuratore Generale, si dispone che i magistrati della Procura della Repubblica di Torino, con la necessaria urgenza, comunichino motivatamente al sottoscritto i casi in cui ritengano di dover segnalare ai presidi di polizia giudiziaria delegati alle indagini preliminari da loro dirette e coordinate il rispetto assoluto del segreto investigativo anche nei confronti delle rispettive “scale gerarchiche ”.

    In particolare, i sostituti ne riferiranno innanzitutto ai Procuratori Aggiunti o ai sostituti coordinatori dei gruppi specializzati di appartenenza, in modo da consentire una preliminare loro valutazione.

    Il sottoscritto, nelle ipotesi di condivisione di tale necessità, provvederà a conseguente comunicazione formale diretta ai dirigenti o comandanti dei presidi di polizia giudiziaria interessati , inclusi servizi centrali di polizia giudiziaria. Ciò anche al fine di valutare opposte ragioni ed esigenze a sostegno della utilità di invio alle scale gerarchiche delle notizie in questione.

    Nei casi in cui i responsabili dei presidi di polizia giudiziaria interessati dovessero ritenere, ai sensi dell’art. 18 co. 5 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, di non poter aderire alla richiesta di preservare il segreto investigativo, dovranno comunicarlo formalmente allo scrivente per ogni possibile iniziativa dell’ufficio (non escluso il ricorso per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, ai sensi dell’art. 37 L. 11 marzo 1953 n. 87).

    Il Sig. Questore ed i Sigg.ri Com.ti Provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza di Torino sono pregati di volere cortesemente curare la diffusione delle presenti direttive ad Uffici e Comandi di polizia giudiziaria rispettivamente dipendenti.

    Sono ovviamente autorizzati a trasmetterne copia anche alle rispettive “scale gerarchiche”, in particolare al Sig. Capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza ed ai vertici delle altre Forze di polizia

    IL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA

    Armando SPATARO

    1 Si rinvia sul punto a quanto può leggersi nel verbale della predetta seduta di Commissioni riunite del 12 luglio 2016.

    2 Pubblicazione G4 dell’Arma dei Carabinieri “ Guida delle segnalazioni”, Disposizioni di carattere generale, Parte prima n. 2, lettera “A”.

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