Sommario: 1. Introduzione - 2. Genesi e ratio del consenso informato - 3. Il consenso informato in ambito scolastico - 4. Conclusioni.
1. Introduzione
Il mondo contemporaneo risente di tensioni e distorsioni culturali che sempre più gravemente influiscono sull’essere umano, specialmente nelle sue fasi di maggiore fragilità e vulnerabilità come il periodo degli anni di istruzione ed educazione che fin dalla più giovane età esigono invece razionalità, responsabilità e autenticità intellettuale, spirituale e umana.
Tutti i tentativi, che sempre più si moltiplicano, volti ad incidere sulla crescita e sullo sviluppo della gioventù non secondo una piena maturazione della consapevolezza integrale dell’umano, ma secondo paradigmi ideologici che tendono a riscrivere, per esempio secondo i canoni del transumano, la normatività naturale e la struttura antropologica fondamentale assurgono a momento critico e problematico di quel delicato comparto della pubblica amministrazione e della vita sociale che è rappresentata dall’esperienza scolastica.
In tal senso occorre prendere atto della distinzione strutturale tra un sistema di istruzione di uno Stato di diritto democratico e quello dei regimi totalitari che in passato hanno caratterizzato la tragica esperienza del XX secolo.
Nei regimi totalitari, proprio perché totalizzanti, cioè in grado di pervadere ogni aspetto della vita umana e di assorbire l’individuo all’interno del meccanismo sociale totalitario, il sistema di istruzione non era destinato a fornire quegli elementi conoscitivi necessari per la crescita integrale dell’essere umano, ma tutte le energie erano destinate a plasmare “l’uomo nuovo” che fosse obbediente e funzionale al regime totalitario medesimo e, dunque, alle sue finalità più o meno recondite e più o meno anti-umane.
Per ottenere questa finalità ogni regime totalitario novecentesco ha dovuto marginalizzare ed escludere il naturale ruolo educativo della famiglia ed avocare su di sé in modo esclusivo il compito di indottrinare le giovani generazioni al precipuo fine di piegarle ai propri stessi dettami ideologici.[1]
In uno Stato di diritto democratico, invece, bisogna tenere sempre ben presente la consapevolezza della distinzione tra cultura e nozionismo, tra istruzione e indottrinamento, tra verità e ideologia, tra ciò che consente un reale sviluppo intellettuale e spirituale del discente e ciò che, invece, ne potrebbe impedire la formazione nel senso più autentico e umano.
2. Genesi e ratio del consenso informato
Il diritto al consenso informato nasce, come risaputo, nell’alveo della medicina, specialmente dopo le tragiche esperienze del XX secolo in cui il regime nazionalsocialista aveva intrapreso un vasto programma di sperimentazione sugli esseri umani senza e perfino contro il loro consenso,[2] ponendo, dunque, le basi per il confezionamento di tutte quelle normative internazionali poste a tutela dell’umano, che sono giustamente fiorite subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale, come il Codice di Norimberga, la Convenzione di Oviedo, la Convenzione di Helsinki, le quali tutte hanno sostanzialmente sancito il principio per cui la ricerca bio-medica e la somministrazione farmaceutica devono sempre essere condotte rispettando la dignità umana e il consenso libero e consapevole dei soggetti che vi si sottopongono.
Il problema, tuttavia, non si è certamente esaurito con la fine del totalitarismo nazionalsocialista, essendosi registrati numerosi casi – nel cinquantennio del dopoguerra – in cui il principio del libero e consapevole consenso è stato ampiamente violato anche in contesti democratici,[3] a riprova che i diritti della persona e la sua dignità possono sempre e ovunque essere violati.
Nonostante ciò, non si può fare a meno di osservare come il riconoscimento del consenso informato nell’ambito della ricerca scientifica e delle applicazioni biomediche e farmaceutiche rappresenti un momento fondamentale dell’affermazione del principio personalistico che si propone come criterio etico guida a cavallo tra il mondo della scienza e quello del diritto.
Il consenso informato, del resto, ha segnato il superamento proprio di quelle pervasive tendenze, tipiche del paternalismo medico,[4] per le quali si doveva considerare l’essere umano come oggetto di ricerca, a favore del modello etico relazionale dell’alleanza terapeutica in cui invece sia il medico che il paziente sono pienamente riconosciuti come soggetti liberi e responsabili.
Le stesse modifiche legislative intervenute nel corso del tempo hanno sempre maggiormente rafforzato la centralità etica e giuridica del consenso informato, come testimonia quella parte della legge n. 219/2017 che di ciò si occupa, e che non a caso già da tempo è stato definito dalla Corte Costituzionale come diritto fondamentale costituzionalmente garantito in quanto sintesi di altri due diritti costituzionali quali il diritto alla libertà personale e quello alla salute.[5]
Il consenso informato, in sostanza, è esso stesso un diritto fondamentale inderogabile poiché non soltanto catalizza una migliore attuazione di altri diritti costituzionali, ma poiché la sua ratio iuris più intima consiste nell’impossibilità di reificare l’essere umano in ossequio al principio personalistico che informa non soltanto l’intera architettura costituzionale italiana, come ricordato più volte dalla stessa Consulta,[6] ma anche e soprattutto l’intera esperienza giuridica.
3. Il consenso informato in ambito scolastico
Nell’ambito scolastico il consenso informato è strettamente legato con il superiore tema della libertà di insegnamento e apprendimento che trova nell’articolo 33 della Costituzione il suo specifico fondamento.
In tal senso, infatti, si sono mosse le passate novelle legislative, come l’introduzione della legge n. 153/1969, che ha riconosciuto il diritto dei genitori di scegliere l’educazione dei propri figli con la possibilità di frequentare istituzioni scolastiche non statali, e la legge n. 62/2000 che ha equiparato le scuole non statali a quelle statali rafforzando la libertà di scelta dei genitori.
La norma che, tuttavia, più di altre risulta essere centrale è senza dubbio l’articolo 30 della Costituzione italiana il quale sancisce il dovere e diritto dei genitori di educare e istruire i figli.
Da quest’ultima disposizione costituzionale si evincono almeno tre dati imprescindibili che suggeriscono l’opportunità di disciplinare in modo espresso e sistematico tale materia.
In primo luogo, la stessa Costituzione affida all’educazione statale un ruolo sussidiario rispetto all’educazione famigliare, comportando ciò una incomprimibilità della libertà di scelta educativa che spetta alla famiglia rispetto a tutte le altre valutazioni di ordine pubblico e statale.
In secondo luogo, la stessa Costituzione riconosce una gerarchizzazione implicita tra educazione e istruzione, anteponendo la prima alla seconda, poiché contempla la prima nell’articolo 30 e la seconda nell’articolo 34, riconoscendo così alla prima una priorità e una superiorità non soltanto di ordine quantitativo, cioè inerente alla quantità di conoscenza che i figli possono apprendere, ma anche e soprattutto di ordine qualitativo, poiché l’educazione è ben più dell’istruzione, essendo cioè la crescita morale e umana dell’individuo ben al di là delle mere nozioni specifiche che si possono apprendere nel corso della vita scolastica.
In terzo e ultimo luogo, e questo è probabilmente il punto più delicato e rilevante, l’articolo 30 della Costituzione precisa in modo esplicito che quello ricadente sui genitori in merito all’educazione dei figli è prima un dovere e soltanto dopo un diritto.
La figura del dovere comporta da un lato l’inderogabilità e la creazione di un vincolo che obbliga tutti e da cui nessuno può sollevare o esimere, ma anche e soprattutto, come ha insegnato Immanuel Kant, che si agisce all’interno di un orizzonte di bene morale oggettivo e razionalmente esperibile che si traduce in una volontà buona.[7]
Tutto ciò significa che prima dello Stato sono i genitori a conoscere il vero bene per l’educazione dei figli e che proprio per questo a loro spetta il godimento della massima libertà dei tempi, dei modi e degli strumenti per assicurare che l’educazione dei figli sia corrispondente non tanto e non solo ai propri convincimenti soggettivi, ma al bene oggettivo della prole che deve essere educata e istruita.
L’introduzione di un consenso informato e perfino dell’eventuale esenzione dalla frequenza di corsi o percorsi formativi scolastici su temi attinenti all’ambito della sessualità che dai genitori sono reputati in contrasto con il bene educativo oggettivo dei propri figli, dunque, rappresenterebbe l’attuazione concreta e completa di istanze costituzionali e di principi generali della logica costitutiva dello Stato di diritto democratico.
Con tutta evidenza non ci si ritrova in quella selva di confusione teoretica costituita dalla odierna moda della moltiplicazione dei cosiddetti “nuovi diritti” da cui trova scaturigine l’incresciosa e inarrestabile inflazione del valore del diritto oggi così diffusa,[8] ma si tratta della migliore modulazione della tutela della persona attraverso un rafforzamento delle garanzie poste a salvaguardia del cosiddetto “foro interno” dei genitori e, quindi, anche della loro prole.
L’ampia griglia di carte e convenzioni internazionali che espressamente contemplano l’esigenza di tutelare una tale libertà in capo ai genitori, del resto, offre un ulteriore sostegno sulla legittimità e opportunità di una simile iniziativa legislativa.
Così, per esempio, l’articolo 2 del Protocollo 1 della CEDU e l’articolo 14 della stessa CEDU riconoscono la libertà dei genitori di educare i propri figli in adesione ai propri convincimenti filosofico-religiosi; l’articolo 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani dell’ONU del 1948 sancisce che i genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai propri figli; la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Fanciullo del 1989, infine, riconosce il diritto dei genitori di guidare l’educazione dei figli.
A tal fine come nell’ambito medico-sanitario il consenso informato – secondo i consolidati indirizzi della giurisprudenza costituzionale più sopra richiamata – è la sintesi dei diritti tutelati dall’articolo 13 in tema di libertà personale e dall’articolo 32 in tema di diritto alla salute, così il consenso informato in ambito scolastico non può che apparire come la sintesi del predetto diritto di libertà ex articolo 13 Cost. e del dovere/diritto sancito dall’articolo 30 della Costituzione medesima.
I genitori, dunque, devono essere informati sui tipi di corsi legati alla sessualità, poiché essa non soltanto rappresenta un tema fondamentale della crescita personale dell’individuo che deve imparare a conoscere la propria dimensione corporea, ma poiché proprio su questo tema oggi si stanno registrando le più drammatiche pagine della profonda lacerazione antropologica occidentale che si traduce, infatti, in una radicale negazione della naturale identità sessuata umana, in favore di una sua presunta molteplice declinazione culturale la quale, tuttavia, è ben poco scientifica e fin troppo ideologica,[9] come comprova – ex plurimis – la recentissima sentenza del caso For Women Scotland Ltd vs The Scottish Ministers dello scorso 16 aprile 2025 con cui si è correttamente sancita la corrispondenza dell’essere uomo o donna con il sesso biologico e non con altre costruzioni del tutto astratte dalla realtà.
Proprio sull’affermazione della libertà educativa, del resto, anche la Corte Suprema degli Stati Uniti, nel recentissimo caso Mahmoud vs Taylor del 27 giugno 2025 ha riconosciuto l’illegittimità costituzionale della legge scolastica del Maryland che non consentiva ai genitori di esentare i propri figli dalla frequenza di corsi sulla sessualità in cui venivano utilizzati testi contrari al credo religioso delle famiglie.
Nell’epoca dell’esaltazione dell’autodeterminazione soggettiva, del resto, non si comprende la ragione per cui dopo essere stata riconosciuta l’autodeterminazione procreativa, o ancora quella terapeutica, o quella eutanasica, non possa e non debba altresì essere riconosciuta l’autodeterminazione educativa che peraltro trova ben più ampio fondamento normativo e di principio rispetto alle predette forme di decisioni individuali.
L’idea, peraltro, che i corsi scolastici sulla sessualità consentano di porre le basi per contrastare gli speciosi e sempre più drammaticamente diffusi fenomeni dei femminicidi, della violenza domestica, dei maltrattamenti su minori e di altri tragici analoghi misfatti, non soltanto non è idonea a sopprimere una libertà e un dovere che per Costituzione sono riconosciuti in capo ai genitori, ma peraltro è anch’essa in contrasto con il dato di realtà.
Come ha osservato già da tempo Luca Ricolfi, infatti, occorre prendere atto del cosiddetto “paradosso nordico”, cioè quello per cui proprio nei Paesi del nord Europa come Svezia, Danimarca e Finlandia in cui da decenni si effettuano corsi di sessualità e affettività si registra il maggior incremento della violenza contro le donne.
Il problema, dunque, non è risolvibile con i corsi sulla sessualità o con un espansionismo illimitato della sfera penale, ma si tratta di un problema di ordine culturale e antropologico ben più ampio, poiché all’interno della cultura materialistica ed edonistica odierna, come giustamente evidenziato da Mauro Ronco, «invece di un pacifico benessere materiale e di una serena accondiscendenza alle regole del vivere civile è inaspettatamente comparsa una società violenta in cui la donna, liberata completamente dai vincoli della moralità sessuale tradizionale e della sua vocazione di madre, è diventata la vittima sacrificale della prevaricazione fisica e psicologica di quanti le stanno intorno, non per rispettare la sua libertà, ma per approfittare della sua eventuale fragilità».[10]
Il consenso informato in ambito scolastico, dunque, non può che garantire la tutela del minore da parte di tutti quegli insegnamenti che vengono ritenuti scientifici, ma che invece tali non sono e che si limitano ad essere soltanto un vero e proprio camouflage di istanze ideologiche che mirano al sovvertimento del dato di realtà, poiché come ha chiosato Aleksandr Zinov’ev, il più delle volte, «l’ideologia non brama altro che presentarsi in abiti scientifici».[11]
4. Conclusioni
Nell’epoca in cui si registra un acuirsi della divisione antropologica che oramai da decenni consuma la civiltà occidentale,[12] e nell’epoca in cui la scienza viene piegata alle esigenze politiche,[13] nonché alle istanze ideologico o agli interessi economici,[14] occorre sempre vigilare, specialmente nel campo dell’educazione e dell’istruzione, e quindi proprio a beneficio dei diritti delle nuove generazioni, che non intervengano corsi scolastici i quali non sono gestiti da educatori e formatori come tali interessati al bene reale e integrale dei giovani esseri umani consegnati alle loro cure, ma da veri e propri pericolosi “ingegneri di anime”.[15]
Contro tali rischi, e contro le derive totalitarie degli attuali sistemi liberali,[16] i genitori devono poter esercitare la propria libertà educativa che prende le mosse esattamente dalla consapevolezza circa i corsi proposti ai propri figli durante gli anni della frequenza scolastica.
In quest’ottica i genitori devono poter selezionare l’offerta formativa proposta ai propri figli, decidendo cosa può essere inutile, o peggio, dannoso per la loro crescita intellettuale e morale che li conduca ad essere e realizzare pienamente la propria umanità.
Si può ritenere, dunque, che non si può immaginare una libertà educativa senza una società sostanzialmente umana e democratica, come, soprattutto, non si può teorizzare una società umana e democratica senza una compiuta libertà educativa.
Del resto, in conclusione, il più importante esponente del pensiero umanista come Erasmo da Rotterdam, che larga parte delle proprie fatiche ha speso per ipotizzare sistemi pedagogici realmente rispettosi della dignità umana, oggi tuttavia fin troppo spesso dimenticato, già nel 1530 così ha avuto modo di scrivere: «La maggior parte degli uomini sbagliano qui in tre modi: o trascurano del tutto l’educazione dei figli; o cominciano tardi a modellarne gli animi secondo la norma etica; o li affidano a maestri da cui imparano cose da disimparare[…]. Una volta scelto il maestro, i genitori non saranno nel frattempo meno attenti e solleciti. Sorveglieranno maestro e figlio insieme e non deporranno questa responsabilità».[17]
Il presente testo costituisce la rielaborazione dell’Audizione tenuta dall’autore presso la VII Commissione Cultura Scienza e Istruzione della Camera dei Deputati in data 1° luglio 2025 sul Disegno di Legge A.C. 2423 recante disposizioni in tema di consenso informato in ambito scolastico.
[1] Cfr. Aldo Rocco Vitale, Introduzione alla bioetica. Temi e problemi attuali, Il Cerchio, Rimini, 2019, pag. 58-59.
[2] Richard Overy, Interrogatori. Come gli Alleati hanno scoperto la terribile realtà del Terzo Reich, Mondadori, Milano, 2002; Luciano Sterpellone, Le cavie dei lager. Gli esperimenti medici delle SS, Mursia, Milano, 1978; Robert Jay Lifton, I medici nazisti, Bur, Milano, 2002.
[3] Andrew Goliszek, In the name of science. A history of secret programs, medical research, and human experimetation, St. Martin’s Press, New York, 2003. Cfr. altresì Aldo Rocco Vitale, All’ombra del Covid-19. Guida critica e biogiuridica alla tragedia della pandemia, Il Cerchio, Rimini, 2022, pag. 233-240.
[4] «Il paternalismo indica la concezione etica che prescrive di agire, o di omettere di agire, per il bene di una persona senza il suo assenso»: Piergiorgio Donatelli, voce “Paternalismo”, in Eugenio Lecaldano, Dizionario di bioetica, Laterza, Bari, 2007, pag. 212; cfr. inoltre: AA.VV., Respect for autonomy and medical paternalism reconsidered, in Theoretical Medicine, 6/1985; AA.VV., Four models of the physician-patient relationship, in Journal of American Medical Association, 16/1992; Raanan Gillon, Paternalism and medical ethics, in “British Medical Journal”, 29 giugno 1985.
[5] «Funzione di sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello all'autodeterminazione e quello alla salute, in quanto, se è vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato, egli ha, altresì, il diritto di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai possibili sviluppi del percorso terapeutico cui può essere sottoposto, nonché delle eventuali terapie alternative; informazioni che devono essere le più esaurienti possibili, proprio al fine di garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa libertà personale, conformemente all'art. 32, secondo comma, della Costituzione»: C. Cost. n. 438/2008.
[6] Ex plurimis cfr: C. Cost. n. 1146/1988; C. Cost. n. 13/1994; C. Cost. n. 223/1996.
[7] «Il concetto del dovere […] contiene quello di una volontà buona»: Immanuel Kant, Fondazione della metafisica dei costumi, Bur, Milano, 1995, pag. 91.
[8] Aldo Rocco Vitale, Dal sorgere dei diritti al tramonto del diritto, in Archivio Giuridico, 2/2024.
[9] Aldo Rocco Vitale, Gender. Questo sconosciuto, Fede&Cultura, Verona, 2016.
[10] Mauro Ronco, L’oscillazione tra l’abolizionismo e l’espansione incongrua del diritto penale, in L’ircocervo, 2/2024, pag. 180.
[11] Aleksandr Zinov’ev, Cime abissali, Adelphi, Milano, 2015, pag. 265.
[12] Aldo Rocco Vitale, L’Occidente diviso e i due modelli antropologici, in Centro Studi Livatino, 6 febbraio 2025.
[13] Roger Pielke Jr., Scienza e politica. La lotta per il consenso, Laterza, Bari, 2005.
[14] «Nell’attuale situazione l’attività scientifica è sempre più spesso subordinata a interessi politici e le conseguenze si vedono: la corruzione dilaga e non c’è abbastanza trasparenza»: Richard Feynman, Il senso delle cose, Adelphi, Milano, 1999, pag. 113
[15] Frank Westerman, Ingegneri di anime, Iperborea, Milano, 2020.
[16] Ryszard Legutko, The demon in democracy. Totalitarian temptations in free societies, Encounter Cooks, New York-London, 2018.
[17] Erasmo da Rotterdam, Per una libera educazione, Bur, Milano, 2004, pag. 24-26.
Immagine: Thomas Brooks, Il nuovo studente, 1854