Domani inizierà il giro d'Italia 2023
Piemonte, Italia, 10 giugno 1949.
Si respira, in città, un buon odore di pane; si ode il fresco clamore della libertà ritrovata; si avverte, nel luminoso mattino, il gradito torpore dell’estate incipiente.
Le biciclette brillano al sole, annunciando una felicità nuova: mentre si avvicinano al confine amico la festa fa luogo alla gara.
Il carosello si slabbra sulle pendici della MADDALENA, un uomo si stacca dagli altri e sale in solitudine i quasi duemila metri della cima.
È solo il primo dei cinque monti da scalare.
Non può essere una fuga decisiva. Non può essere neppure un tentativo. Se lo fosse, si tratterebbe di un’impresa impossibile, di un vero suicidio.
Il fuggitivo entra in territorio francese. Le ruote della sua bicicletta sembrano spinte da un motore silenzioso. Salgono ancora: il ripido VARS, oltre duemilacento, dietro non si vede nessuno.
Il distacco, nonché regredire, si accresce.
Non durerà, è certo: ben presto il freddo alpino penetrerà nel petto; il sudore si muterà in ghiaccio; i muscoli si riempiranno di umore doloroso; le gambe pesteranno sui pedali sempre più pesanti.
Il ribelle dovrà rallentare, finirà riassorbito nel mucchio selvaggio.
Forse sarà così, ma non ora: ora il temerario cavaliere sfreccia velocissimo lungo la sinuosa discesa, gli occhi incuranti del pericolo come le gambe della fatica. Questa sembra sciogliersi sulla catena della sua bicicletta come i fiocchi di nevischio sulle sue calde gote.
È pronto per la terza scalata: il superbo IZOARD, duemilatrecentosessanta circa.
Solo due movimenti: il primo per togliere dal petto il giornale che era servito da riparo al vento; il secondo per bere un sorso dalla borraccia.
Poi, solo le gambe si muovono: ritmicamente, di lena, sgretolano la salita, conducono al valico; si fermano, dopo aver raggiunto la cima, sull’inerzia del mutato pendio.
Nessun inseguitore è men che lontano. Si può virare verso l’Italia, con animo sereno, con la propria fiducia finalmente accompagnata da altre fiducie; con l’impresa già compiuta di aver convertito altri alla propria fede; e con l’impresa da compiere di mantenere la promessa.
Per raggiungere il confine si deve passare dal MONGINEVRO, il colle che lega gli itinerari della storia, unendo la via Romea al Cammino di Santiago. Il cavaliere solitario sale ancora, ora con maggiore fatica: le pedalate sono più lente e più dure; il vento sembra avere eretto un muro invalicabile; i fantasmi della via francigena minano la fiducia e incutono la paura del fallimento.
Finalmente, dopo la dolorosa cima, una nuova agognata discesa. Il fuggitivo si scuote. Tutti sono ancora tanto distanti. Il primo inseguitore, il rivale di sempre, è a quasi dodici minuti. Non lo raggiungeranno s’egli avrà la forza di resistere.
L’ultimo sorso d’acqua prima di introdurre il rapporto leggero. Lo scatto del cambio annuncia l’estrema scalata: il SESTRIERE.
Il cavaliere coraggioso fende con il viso la gelida foschia delle Alpi piemontesi, gli occhi densi di lacrime, il sangue pulsante sulle vene rigonfie, la mente fissa sull’ultima cima.
Tutta la forza del mondo si concentra nelle sue gambe; tutta la luce dell’universo si accende nel suo cuore.
Superba la scalata, sontuosa la progressione, trionfale l’arrivo: “Un uomo solo al comando ... la sua maglia è biancoceleste ... il suo nome è Fausto Coppi”.