GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    Lo statuto penale della colpa medica dopo la legge Gelli – Bianco: la Corte di cassazione prova a rimediare alla “imperizia” del legislatore

    di Santi BOLOGNA

    Sommario: 1. I problemi della responsabilità medica in generale; 2.Il problema della colpa del medico; 3. Le ragioni della riforma; 4. La riforma Gelli Bianco: 4.1 Le linee guida e le buone pratiche, 4.2 La “sostituzione” dell’esonero di responsabilità per colpa lieve con l’esonero di responsabilità per imperizia; 5. L’eterno “ritorno” dell’art. 2236 c.c.; 6. La persistente rilevanza della distinzione tra colpa lieve e colpa grave; 7. Profili di diritto transitorio; 8. Conclusioni

    1. I problemi della responsabilità medica in generale

    I profili penalistici della responsabilità del sanitario possono essere ricondotti a tre macro aree tematiche:

    a) il tema della causalità, in particolare per omissione (sul tema la sentenza “Franzese” ha notoriamente dettato, sin dal 2002, regole probatorie e criteri di verifica di garanzia, cui è pronosticabile ancora lunga vita nelle applicazioni giurisprudenziali);

    b) il tema dei c.d. trattamenti sanitari arbitrari (la sentenza delle Sezioni Unite “Giulini” del 18 dicembre 2008 ha escluso che il trattamento medico-chirurgico eseguito senza consenso possa inquadrarsi nei delitti contro la vita e l’incolumità individuale nonché – a parte l’ipotesi della prevaricazione del rifiuto di cure espresso dal paziente compos sui – nei delitti contro la stessa libertà morale);

    c) lo statuto penale della colpa medica.

    2.Il problema della colpa del medico

    Venendo al punto c) del precedente paragrafo (oggetto precipuo della relazione), può dirsi che, sia la precedente riforma Balduzzi, sia l’odierna riforma in commento hanno il comune obiettivo di apporre un “argine” alla responsabilità penale dell’operatore sanitario che incorra in colpa nell’esercizio della sua attività professionale.

    L’obiettivo è ambizioso: definire un accettabile punto di equilibrio tra esigenze di tutela della salute del paziente, salvaguardia della serenità e della professionalità del medico e contenimento della spesa pubblica in ambito sanitario.

    3. Le ragioni della riforma

    Dalla lettura dei lavori preparatori, le ragioni della riforma - invero comuni anche alla precedente novella del 2012 -possono così sintetizzarsi:

    1) quadro giurisprudenziale confuso e frammentato (era vero prima del 2012, non dopo il 2015 per le ragioni che spiegherò nel prosieguo)

    2) la necessità di ridurre la mole del contenzioso giudiziario 1;

    L’aumento del contenzioso giudiziario – quantomeno nei gradi di merito – è da ricondurre ad una molteplicità di fattori.

    In primo luogo occorre fare riferimento a ragioni economiche atteso che la parte civile (il paziente o i suoi eredi) mira sempre più ad “usare” il processo per ottenere un ristoro economico ritenendo tale via più rapida, più efficace e meno onerosa di quella offerta dal processo civile.

    In secondo luogo, gioca un ruolo importante l’evoluzione socio-culturale in quanto la maggiore accessibilità di informazioni in ambito sanitario portata dal web (anche se, purtroppo, non sempre si tratta di informazioni debitamente controllate), ha portato il paziente a svincolarsi dall’atavico “timore reverenziale” nei confronti del medico e ad essere predisposto a criticare l’operato del sanitario anche attraverso l’attivazione di un contenzioso giudiziario.

    Ancora, da un posto di vista strettamente psicologico, i progressi compiuti dalla medicina negli ultimi anni hanno alimentato aspettative miracolistiche nei pazienti, spesso convinti di poter guarire da ogni malattia e psicologicamente indisponibili ad accettare esiti infausti dell’intervento terapeutico.

    Infine, non può trascurarsi che a livello organizzativo il medico, di norma, è inserito in una struttura sanitaria complessa e non è quasi mai l’unico soggetto della catena organizzativa a doversi confrontare direttamente con il paziente; pertanto, egli rischia di essere chiamato a rispondere anche di disfunzioni che, in realtà, prescindono dalla sua persona e dal suo operato (si pensi, ad esempio, ad una difettosa organizzazione dei turni, ad un sottodimensionamento del personale, alla mancata predisposizione o al mancato aggiornamento di protocolli o ancora alla carenza di macchinari sofisticati presso l’ospedale in cui il medico opera.

    3) il proliferare della c.d. medicina difensiva;

    - da intendersi sia come medicina difensiva positiva (viene prescritto un numero eccessivo di esami diagnostici, o vengono raccomandati farmaci molto potenti quando la terapia potrebbe invece essere avviata con farmaci più blandi, o si dispone il ricovero ospedaliero quando per contro si potrebbe seguire la via ambulatoriale, o ancora si consigliano consulti con medici specialistici in una fase assolutamente precoce del trattamento), sia come medicina difensiva negativa (rifiuto di eseguire procedure particolarmente complesse, la mancata presa in carico di pazienti con patologie rare o estremamente delicate, lo spostamento del paziente in altro reparto o in altra struttura)

    4. La riforma Gelli Bianco

    L’art. 6 della l. 24/2017 ha introdotto un nuovo articolo nel codice penale.

    Art. 590-sexies (Responsabilita' colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario). –

    Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell'esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.

    Qualora l'evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto».

    All'articolo 3 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, il comma 1 e' abrogato.

    In sintesi, tale disposizione:

    - abolisce la disciplina penale (relativa alla depenalizzazione della colpa lieve) della “legge Balduzzi”(più precisamente, ne abroga l’intero comma 1 dell’art. 3);

    - introduce quella che – a prima vista – appare una ipotesi di generalizzata depenalizzazione della colpa medica per (la sola) imperizia (e dunque non estesa alle ipotesi della negligenza e della imprudenza, per nulla riguardate dal novum legislativo), la cui operatività è subordinata alla contemporanea presenza di due presupposti:

    a) l’esercente la professione deve aver rispettato le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali,

    b) le raccomandazioni devono essere “adeguate” alle specificità del caso concreto.

    I punti controversi da affrontare sono :

    1) le linee guida e le buone pratiche

    2) la sostituzione dell’esonero di responsabilità per colpa lieve con l’esonero di responsabilità per imperizia

    4.1 Le linee guida e le buone pratiche

    Il nuovo legislatore ha posto rimedio alla criticità applicativa più evidente della legge Balduzzi, connessa alla indeterminatezza del “sapere scientifico codificato” (tanto è vero che il medico fino ad oggi doveva allegare le linee guida 2 e dimostrare che non erano linee guida giustificate solo da ragioni economiche3 ), mettendo al centro la codificazione delle linee guida 4.

    Sul versante strettamente penalistico, inoltre, la scelta agevola la conoscenza, prima che la condotta venga tenuta, del discrimine tra lecito e illecito e la fattispecie colposa ne guadagna in termini di determinatezza.

    Avere sottratto al singolo medico - ma soprattutto al giudice - il vaglio preventivo di credibilità e affidabilità delle fonti cui doversi attenere rappresenta un sicuro passo avanti verso il superamento delle note obiezioni relative al numero elevato di linee guida elaborate dalle numerose società scientifiche che intervengono, sovente su posizioni contrapposte, alimentando il rischio di una selezione ex post delle fonti per giustificare, anzitutto in sede processuale, la condotta medica.

    Inoltre, a mio modo di vedere, la codificazione ex ante delle linee guida può contribuire a far superare quel pregiudizio recondito di una parte della giurisprudenza - ricollegato all’originale coincidenza tra produttore e destinatario finale della regola - che porta(va) il giudice a guardare con elevato tasso di scetticismo la loro (reale o potenziale) idoneità rispetto allo scopo di garantire la migliore cura della salute paziente, in maniera non dissimile da quanto avviene, in altro ambito e su altri presupposti, con riferimento alla valutazione della portata esimente dei modelli organizzativi ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001.

    Insomma i vantaggi delle linee guida sono chiari:

    - oggettivizzano il sapere medico e, quindi, diminuiscono il rischio di errore derivante dal fatto che in molti casi il medico si trova ad operare in situazioni di emergenza;

    - risolvono il problema dell’accesso “al” e dell’eccesso “del” sapere scientifico, aiutando il medico sulla strada sempre più impegnativa del costante aggiornamento;

    - tendono all’ uniformazione delle prassi mediche assottigliando le disuguaglianze nella distribuzione di servizi e prestazioni;

    - contribuiscono a traghettare il rapporto medico-paziente da una visione paternalistica, in cui il medico è un super uomo depositario di un sapere irraggiungibile, ad un rapporto più trasparente, che favorisce la c.d. “alleanza terapeutica” tra medico e paziente.

    Tuttavia, le linee guida non rappresentano la panacea contro tutti i mali, ma presentano anche svariati svantaggi; in particolare:

    - non possono tener conto della specificità dei singoli casi concreti, ma soprattutto non possono coprire ogni ambito e ogni settore attesa l’immensa varietà delle situazioni di pericolo che il sanitario deve individuare e valutare;

    - spesso le indicazioni in esse contenute sono difficilmente realizzabili nelle diverse realtà per competenza e tecnologie disponibili;

    Inoltre vi è il forte rischio di creare una medicina di Stato, per di più non efficiente, e ciò alla luce dell’odierna formulazione del processo di validazione delle linee guida che porta a ritenere probabile un eccesso di burocratizzazione su tempi e modalità di aggiornamento 5.

    Inoltre può dubitarsi della legittimità costituzionale della nuova normativa sotto due punti di vista.

    In primo luogo, se si considera che il Tribunale di Milano (ord. del 21 marzo 2013, giudice unico B. Giordano 6), all’indomani della entrata in vigore della legge cd. “Balduzzi”, aveva posto la questione di costituzionalità dell’art. 3,comma 1, per violazione del principio di libertà della scelta terapeutica ex art. 3 e 33 Cost. (ipotizzando effetti frenanti sulla ricerca scientifica e la sperimentazione clinica derivanti dal possibile appiattimento delle prassi mediche), si potrebbe fondatamente ritenere che vengano oggi a delinearsi, per effetto delle nuove e ben più “stringenti” previsioni normative, ragioni maggiormente pregnanti di sostegno ad analoga questione.

    Inoltre, a mio avviso, la clausola di depenalizzazione appare irragionevole nella misura in cui non prevede una rilevanza egualmente esimente della colpa medica per imperizia in caso di osservanza da parte del medico di principi scientifici dotati di pari o superiore credito all’interno della comunità scientifica internazionale rispetto a quelli validati nei modi di legge.

    Venendo alle buone pratiche, sotto il vigore della Balduzzi, non era chiaro il loro rapporto rispetto alle linee-guida, cioè se si trattasse della stesso fenomeno sostanziale 7, oppure se attraverso tale locuzione il legislatore abbia voluto riferirsi a qualcosa di differente, richiamando, ad esempio, i protocolli, vale a dire i modelli rigidi che prescrivono nel dettaglio comportamenti da riprodurre fedelmente nell’esecuzione del singolo trattamento.

    In ogni caso, fino ad oggi, il problema è stato più teorico che pratico tanto è vero che allo stato non risulta nessuna sentenza di legittimità che si sia confrontata con l’interpretazione della locuzione “buone pratiche”.

    A mio avviso questo significa che finora – in giudizio - nessun difensore ha ritenuto congruo o comunque strategicamente opportuno giocare la carta delle buone pratiche, attesa la vaghezza e genericità di tale locuzione.

    Con la novella Gelli Bianco il legislatore ha previsto l’obbligo di attenersi alle buone pratiche (e la corrispondente esenzione da responsabilità) qualora non siano disponibili delle linee guida per le stesse esigenze di trattamento.

    La subordinazione in parola sembra dovuta al fatto che le buone pratiche clinico-assistenziali, pur condividendo con le linee guida la stessa natura epistemologica di modelli comportamentali basati sulle evidenze scientifiche, non abbiano ancora passato un vaglio formale tale da condurle ad una “positivizzazione” espressa.

    Per esse, comunque, l’art. 3 della legge “Gelli-Bianco” istituisce presso l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS), l’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità.

    4.2 La “sostituzione” dell’esonero di responsabilità per colpa lieve con l’esonero di responsabilità per imperizia

    Sul punto la prima domanda che viene da porsi leggendo l’art. 590 sexies c.p. è la seguente: non è contraddittorio parlare di colpa in relazione alla condotta di un medico che ha rispettato le linee-guida?

    La contraddizione è solo apparente atteso che, come chiarito dalla Suprema Corte (Sez. 4, Sentenza n. 16237 del 29/01/2013):

    1) le linee guida non indicano una analitica, automatica successione di adempimenti, ma propongono solo direttive generali, istruzioni di massima, orientamenti. Esse, dunque, vanno in concreto applicate senza automatismi, ma rapportandole alle peculiari specificità di ciascun caso clinico ;

    2) le linee-guida non valgono come regole cautelari “scritte” ai sensi dell’art. 43 c.p. La loro inosservanza, pertanto, non fonda, di per sé, un rimprovero per colpa specifica e, reciprocamente, la loro osservanza non mette, di per sé, al riparo da un rimprovero per colpa specifica.

    In buona sostanza, l’osservanza o l’inosservanza delle linee guida ha un valore meramente indiziante dell’assenza o della presenza di colpa, ma non implica l’automatica esclusione o affermazione dell’imputazione soggettiva” 8

    A chiarire ulteriormente il quadro è intervenuta la Corte di Cassazione (Sez. 4, Sentenza n. 28187 del 2017 dep. 07/06/2017), che risponde al quesito che ci siamo posti sopra “perimetrando” in maniera chiara e puntuale i casi in cui l’esclusione di responsabilità per imperizia non opera:

    Perché sia esclusa la responsabilità si richiede, altresì, che la novella trova applicazione quando le raccomandazioni generali siano pertinenti alla fattispecie concreta . Qui si tratterà di valutare se esse "risultino adeguate" e siano cioè state attualizzate in forme corrette, nello sviluppo della relazione terapeutica, avuto naturalmente riguardo alle contingenze del caso concreto. Entro queste coordinate, l'agente ha diritto a vedere giudicata la propria condotta alla stregua delle medesime linee guida che hanno doverosamente governato la sua azione. Si tratta di un novità di non poco conto, se si considerano le divergenze di opinioni e di valutazioni solitamente espresse dagli esperti nei giudizi di merito, alimentate solitamente proprio da differenti approcci tecnico-scientifici ad una medesima questione. Insomma, il professionista si troverà ad agire in una situazione di ben maggiore determinatezza rispetto al passato; e sarà giudicato alla stregua dei medesimi, definiti parametri che hanno regolato la sua attività. (si tratta di quello che le SU 2013 definiscono errore di adattamento 9)

    Ancora,si richiede che le linee guida siano appropriate rispetto al caso concreto ; e cioè che non vi siano ragioni, dovute solitamente alle comorbilità, che suggeriscono di discostarsene radicalmente. (si tratta di quello che le SU 2013 Cantore definiscono “errore di strategia”10 )

    Il nuovo paradigma non dispiega i suoi effetti in relazione alle condotte che , sebbene poste in essere nell'ambito di relazione terapeutica governata da linee guida pertinenti ed appropriate, non risultino per nulla disciplinate in quel contesto regolativo .11

    In sintesi, l’esclusione della “punibilità” 12 opera solo a condizione che non vi siano un errore di strategia, non vi sia un errore di adattamento e la condotta non sia disciplinata anche da contesti regolativi estranei alle linee guida.

    Quanto al riferimento all’imperizia, la nuova norma ha voluto mettere in chiaro che l'art. 590-sexies si applica solo quando sia stata elevata o possa essere elevata imputazione di colpa per imperizia superando il precedente orientamento più favorevole (volto ad estendere l’esonero di responsabilità per colpa lieve anche ai casi di negligenza e imprudenza) maturato sotto la vigenza della legge Balduzzi 13.

    A fronte di una giurisprudenza precedente che aveva man mano allargato la portata delle linee guida anche all’imprudenza e alla negligenza, la restrizione operata dalla norma di nuovo conio implica un assottigliamento degli spazi di impunità e determina un'ipotesi di nuova incriminazione in relazione ai profili della negligenza e imprudenza lieve.

    Il rischio penale del sanitario perito potrebbe dunque paradossalmente aumentare, all'esito dell'intervento riformatore.

    Inoltre, la distinzione tra i vari profili della colpa generica, della cui limpidezza molta dottrina dubita già in astratto, viene comunque a offuscarsi frequentemente nella pratica, anche in ragione della polivalenza di talune regole di condotta.

    Da questo punto di vista, le esigenze di certezza alle quali l'intervento riformatore mirava sono frustrate.

    Infatti, la qualificazione dei profili di colpa rilevanti nel caso concreto diviene oggi il filtro per determinare la rilevanza penale delle condotte del sanitario che si sia conformato alle linee guida (da escludersi, se si tratti di imperizia; da ammettersi, laddove si ricada nella negligenza o nell'imprudenza).

    Si tratta, però, di un'attività ad altissimo tasso di discrezionalità, rimessa, come sempre più spesso accade, all'apprezzamento del giudice e, in prima battuta, del pubblico ministero chiamato a costruire l'imputazione.

    Che il problema definitorio in esame sia tutt’altro che semplice, che, insomma, il confine tra negligenza 14 /imprudenza 15, da un lato, e imperizia, dall’altro, non sia netto e preciso, risulta in modo palese dalle sentenze che, seppur in riferimento alla vigenza della Balduzzi, in relazione a singoli casi concreti, hanno dovuto stabilire se si trattava di ipotesi di negligenza/imprudenza, ovvero di imperizia.

    Si considerino, ad esempio, le seguenti tre sentenze:

    - la sentenza Cass. 2013, Cantore, riguarda il caso di un medico il quale, per operare un’ernia discale recidivante, aveva proceduto ad un’operazione di pulizia del disco erniario, ma durante la sua esecuzione aveva spinto lo strumento chirurgico ad una profondità superiore a 3 centimetri, in tal modo provocando la lesione della vena e dell’arteria iliaca, con conseguente decesso della paziente: la Cassazione qualifica tale comportamento come imperito;

    - la sentenza Cass. 2015, Piccardo, è relativa alla condotta di un medico impegnato in un intervento di plastica protesica: il medico, nel posizionare con una sorta di pistola (Trocar) le clips di ancoraggio di una protesi sintetica (una retína di materiale biocompatibile) alla parete addominale della paziente, fallisce la mira e spara erroneamente alcune di tali clips nella vescica, così provocando alla paziente dolori e complicanze varie rilevanti ex art. 590 c.p.: la Cassazione qualifica tale comportamento come imperito;

    - la sentenza Cass. 2015, Rota, infine, riguarda il caso di un medico impegnato in una manovra di inserimento della guida metallica di un catetere vascolare (c.d. incannulazione) all’interno di una vena giugulare; la suddetta manovra veniva, tuttavia, effettuata forzando eccessivamente lo scorrimento della guida metallica all'interno del catetere, così da cagionare lo sfondamento dell’atrio destro del cuore, con conseguente decesso del paziente; ma questa volta la Cassazione qualifica la condotta del medico come imprudente.

    Tutti e tre i casi riportati riguardano medici che usano approssimativamente gli strumenti del mestiere (lo strumento chirurgico per ripulire il disco erniario; la pistola spara-clips; la guida metallica del catetere vascolare): ma quale è, allora, la ragione per cui nei primi due casi la manovra scorretta è stata qualificata in termini di imperizia, e nel terzo caso, invece, in termini di imprudenza?16 .

    Si può rispondere con le parole dell’ex presidente della IV sez della Corte di Cassazione C. Brusco che afferma: “non è sempre facile la qualificazione della condotta come negligente o imperita e spesso neppure possibile: si pensi ai casi di esistenza di plurimi trattamenti farmacologici per la medesima patologia, ai casi di alternativa tra trattamenti chirurgici e farmacologici, alla mancata o ritardata richiesta di accertamenti preliminari ritenuti necessari ecc. Il medico ha compiuto la sua scelta perché non adeguatamente informato sulle conseguenze che ne sarebbero derivate (imperizia) o per semplice trascuratezza, mancanza di attenzione o disinteresse (negligenza)” 17 .

    Finora per il giudice di merito (ma anche quello di legittimità) è stato sufficiente valutare, sotto il profilo soggettivo, se una regola cautelare era stata violata non di qualificare questa violazione.

    In sintesi, il fare dipendere così tanto dalla distinzione tra imperizia e negligenza/imprudenza ha come conseguenza che la certezza del diritto, da intendersi come prevedibilità delle decisioni giudiziarie, viene messa duramente alla prova dalla novella legislativa.

    5. L’eterno “ritorno” dell’art. 2236 c.c.

    La Corte di Cassazione – nella sentenza n. 28187 del 2017 - “consiglia” al giudice del rinvio la strada maestra da seguire – per “mitigare” le conseguenze in peius che derivano dall’applicazione della Gelli Bianco affermando che non può tralasciarsi che “situazioni tecnico scientifiche nuove, complesse o influenzate e rese più difficoltose dall'urgenza implicano un diverso e più favorevole metro di valutazione. In tale ambito ricostruttivo, si è infatti considerato che il principio civilistico di cui all'art. 2236 cod. civ., che assegna rilevanza soltanto alla colpa grave, può trovare applicazione in ambito penalistico come regola di esperienza cui attenersi nel valutare l'addebito di imperizia, qualora il caso concreto imponga la soluzione di problemi di speciale difficoltà” . 18

    La tesi della Corte è suffragata, a mio avviso, anche dal dato letterale atteso che l’art. 590-sexies c.p. si limita ad abrogare l’art. 3, comma 1, della “legge Balduzzi”, senza fare alcun riferimento alla previsione civilistica richiamata, per cui non pare ravvisarsi alcuna probante ragione per una interruzione dell’illuminato corso giurisprudenziale che, in tema di imperizia, ha mostrato di farsi sempre di più carico delle elevate difficoltà di un irreprensibile esercizio dell’attività medica in taluni complessi contesti circostanziali.

    6. La persistente rilevanza della distinzione tra colpa lieve e colpa grave

    Se si applica l’art. 2236 c.c. anche in tema di colpa medica, torna di attualità la distinzione tra colpa lieve e colpa grave.

    Ciò premesso, la sentenza Cass. 2013, Cantore – seguendo un approccio del tutto simile a quello che, a distanza di pochi mesi, seguiranno anche le Sezioni Unite in relazione al dolo eventuale - individua una pluralità di indicatori, dalla cui presenza è rilevabile la gravità della colpa:

    1) “poiché la colpa costituisce la violazione di un dovere obiettivo di diligenza, un primo parametro attinente al profilo oggettivo della diligenza riguarda la misura della divergenza tra la condotta effettivamente tenuta e quella che era da attendersi sulla base della norma cautelare cui ci si doveva attenere. Occorrerà cioè considerare di quanto ci si è discostati da tale regola. Così, ad esempio, occorrerà analizzare di quanto si è superato il limite di velocità consentito; o in che misura si è disattesa una regola generica di prudenza” ;

    2) “occorrerà altresì considerare quanto fosse prevedibile in concreto la realizzazione dell’evento, quanto fosse in concreto evitabile la sua realizzazione” ;

    3) “vi è poi nel grado della colpa un profilo soggettivo che riguarda l’agente in concreto. Si tratta cioè di determinare la misura del rimprovero personale sulla base delle specifiche condizioni dell’agente. Quanto più adeguato il soggetto all’osservanza della regola e quanto maggiore e fondato l’affidamento dei terzi, tanto maggiore il grado della colpa. Il quantum di esigibilità dell’osservanza delle regole cautelari costituisce fattore importante per la graduazione della colpa. Ad esempio, per restare al nostro campo, l’inosservanza di una norma terapeutica ha un maggiore disvalore per un insigne specialista che per comune medico generico. Per contro il rimprovero sarà meno forte quando l’agente si sia trovato in una situazione di particolare difficoltà per ragioni quali, ad esempio, un leggero malessere, uno shock emotivo o un’improvvisa stanchezza” ;

    4) “altro elemento di rilievo sul piano soggettivo è quello della motivazione della condotta. Come si è già accennato, un trattamento terapeutico sbrigativo e non appropriato è meno grave se compiuto per una ragione d’urgenza” ;

    5) “infine, un profilo soggettivo è costituito dalla consapevolezza o meno di tenere una condotta pericolosa e, quindi, dalla previsione dell’evento. Si tratta della colpa cosciente, che rappresenta la forma più prossima al dolo” ;

    7. Profili di diritto transitorio.

    I rapporti successori tra le disposizioni penali della legge n. 24/2017 e della “legge Balduzzi” sono necessariamente condizionati dal fatto che l’applicazione del nuovo statuto di disciplina è subordinata alla acquisita disponibilità delle linee guida accreditate e validate secondo la procedura regolata dalla recentissima legge (ex art. 5 della stessa).

    Tuttavia finché non si saranno rese disponibili le linee guida “legali”, il parametro di valutazione della colpa per imperizia rimane unicamente il rispetto delle buone pratiche clinico assistenziali (così interpretando – in termini di generale succedaneità – il comma 2 dell’art. 590-sexies c.p.).

    Tuttavia, data l’assenza – nella legge n. 24/2017 – di qualsiasi definizione e qualificazione di tali buone pratiche, queste dovrebbero essere ragionevolmente identificate con le prassi mediche accreditate dalla comunità scientifica e sostenute da principi scientifici generalmente condivisi.

    Infine, le condotte di colpa lieve – non solo per imprudenza o negligenza, ma anche per imperizia al di fuori dell’esonero ex art. 590 sexies 19 - poste in essere sotto il vigore della Balduzzi continueranno ad essere regolate dalla legge abrogata ex art. 2 c. 4 c.p.

    8. Conclusioni

    A mio avviso una prima conclusione che può trarsi dall’analisi condotta è che sono da smentire le ricorrenti affermazioni in ordine ad un’eccessiva severità dei giudici di legittimità sul tema della responsabilità penale medica.

    In tutte le pronunce di legittimità sopra richiamate emerge da parte dei giudici la chiara consapevolezza che i medici “non operano in una campana di vetro” né tantomeno in condizioni di laboratorio.

    Il giudizio sulla colpa è ispirato quasi sempre a comprensione e larghezza di vedute, sia nei casi di elevata difficoltà tecnica della prestazione da eseguire (per la enigmaticità, l’atipicità, la originalità del quadro patologico del paziente), sia in relazione alle molteplici e multiformi contingenze in cui il sanitario si trova ad operare (l’urgenza – e, ancor di più, l’emergenza – terapeutica, la mancanza di macchinari adeguati, le difficoltà organizzative proprie della struttura, le difficoltà specifiche di settori particolarmente “delicati” come quello della medicina psichiatrica).

    In secondo luogo in ordine alla distinzione tra imperizia e imprudenza/negligenza vi è il fortissimo rischio che si tendano a trasformare casi di imperizia (soprattutto quella grave) in imputazioni per negligenza e imprudenza, rispetto alle quali non valgono i profili di esenzione della responsabilità nelle ipotesi di ossequio alle linee guida.

    Infine, de iure condendo, sarebbe bastato approvare la prima stesura, approvata dalla Camera dei Deputati, della nuova legge che prevedeva:

    «1. Dopo l’articolo 590-bis del codice penale è inserito il seguente: Art. 590-ter. – (Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario). – L’esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento della propria attività, cagiona a causa di imperizia la morte o la lesione personale della persona assistita risponde dei reati di cui agli articoli 589 e 590 solo in caso di colpa grave.

    Agli effetti di quanto previsto dal primo comma, è esclusa la colpa grave quando, salve le rilevanti specificità del caso concreto, sono rispettate le buone pratiche clinico-assistenziali e le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge».

    In buona sostanza si escludeva la colpa lieve in caso di imperizia e si inseriva nel sistema normativo una presunzione (relativa) di non gravità della colpa in caso di inosservanza delle linee guida.

    Dott. Santi Bologna

    1 E’ veramente così?

    Leggendo le statistiche della IV sezione della Corte di Cassazione (la sezione che si occupa di responsabilità medica), quello che emerge è il numero incredibilmente dei processi penali che giungono alla Suprema Corte.

    Il dato è ancor più incredibile se si tiene conto che i medici in Italia sono prossimi ai 250.000.

    Ciò premesso i dati statistici sono i seguenti:

    67 sentenze nel 2013

    56 nel 2014

    55 nel 2015

    Quale è stato l’esito di questi processi?

    Nell’ipotesi di ricorsi dell’imputato o dal responsabile civile, i casi di conferma della sentenza impugnata di condanna sono stati:

    35 nel 2013

    27 nel 2014

    27 nel 2015

    I casi di accoglimento del ricorso dell’imputato e annullamento della sentenza di condanna con o senza rinvio sono stati:

    14 nel 2013

    14 nel 2014

    10 nel 2015

    Fonte: Carlo Brusco, Consigliere Corte Suprema, dato del 14 luglio 2016

    2 Sez. 4, Sentenza n. 21243 del 18/12/2014 Ud. (dep. 21/05/2015 ) Rv. 263493

    Presidente: Foti G. Estensore: Esposito L. Relatore: Esposito L. Imputato: Pulcini. P.M. Viola AP. (Parz. Diff.)

    (Annulla in parte senza rinvio, App. Messina, 14/12/2012)

    PROFESSIONISTI - MEDICI E CHIRURGHI - Esonero da responsabilità per colpa lieve - Condizioni - Linee guida - Onere di allegazione.

    In tema di responsabilità medica, ai fini dell'applicazione della causa di esonero da responsabilità prevista dall'art. 3 del D.L. 13 settembre 2012, n. 158, come modificato dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, è necessaria l'allegazione delle linee guida alle quali la condotta del medico si sarebbe conformata, al fine di consentire al giudice di verificare: a) la correttezza e l'accreditamento presso la comunità scientifica delle pratiche mediche indicate dalla difesa; b) l'effettiva conformità ad esse della condotta tenuta dal medico nel caso in esame.

    3 Sez. 4, Sentenza n. 7951 del 08/10/2013 Ud. (dep. 19/02/2014 ) Rv. 259334

    Presidente: Zecca G. Estensore: Esposito L. Relatore: Esposito L. Imputato: Fiorito e altro. P.M. Volpe G. (Parz. Diff.)

    (Rigetta, App. Napoli, 21/11/2012)

    PROFESSIONISTI - MEDICI E CHIRURGHI - Art. 3 della legge n. 189 del 2012 - Conformazione della condotta a linee guida ispirate a esclusive logiche di contenimento della spesa sanitaria - Rilevanza ai fini dell'esonero da responsabilità - Esclusione.

    In tema di responsabilità medica, le linee guida rilevanti ai fini dell'accertamento della colpa ex art. 3 legge n. 189 del 2012, non devono essere ispirate ad esclusive logiche di economicità della gestione, sotto il profilo del contenimento della spesa, poiché l'efficienza del bilancio può e deve essere perseguita sempre garantendo il miglior livello di cura, con la conseguenza del dovere del sanitario di disattendere indicazioni stringenti dal punto di vista economico che si risolvano in un pregiudizio per il paziente.

    4 Di seguito si riporta la nozione di linea guida fornita dalla Suprema Corte:

    raccomandazioni di comportamento clinico, elaborate mediante un processo di revisione sistematica della letteratura e delle opinioni scientifiche, al fine di aiutare medici e pazienti a decidere le modalità assistenziali più appropriate in specifiche situazioni cliniche” (Cass., 11 maggio 2016, Denegri, n. 23283);

    le linee-guida costituiscono sapere scientifico e tecnologico codificato, metabolizzato, reso disponibile in forma condensata, in modo che possa costituire un’utile guida per orientare agevolmente, in modo efficiente ed appropriato, le decisioni terapeutiche. [tramite esse] si tenta di oggettivare, uniformare le valutazioni e le determinazioni; e di sottrarle all’incontrollato soggettivismo del terapeuta” (Cass., 29/01/2013, Cantore, n. 16237);

    5 In particolare, l’art. 5, comma 3 della legge “Gelli-Bianco” valorizza il Sistema Nazionale per le Linee guida (SNLG), già operativo dal 2004 (d.m. 30 giugno 2004), al quale un successivo decreto, da emanare entro centoventi giorni, attribuirà ulteriori compiti e funzioni.

    . Nel frattempo, la legge stabilisce che esso raccoglierà («integrerà») le linee guida, che saranno poi pubblicate sul sito internet dell’Istituto superiore di sanità pubblica, «previa verifica della metodologia adottata a standard definiti e resi pubblici dallo stesso Istituto, nonché della rilevanza delle evidenze scientifiche»

    6 La si vede in Resp. civ. prev., 2013, 1256 ss., con nota di F. Pontis, La nuova responsabilità penale del sanitario per sola colpa grave. Illegittimità costituzionale o riscoperta della misura soggettiva della colpa? e in Danno e resp., 2013, 370 con nota di V. Carbone, La responsabilità del medico pubblico dopo la legge Balduzzi, ivi, 378.

    7 Forse l’unica differenza potrebbe essere scorta nel fatto che, mentre le linee-guida sono sempre trasfuse in un testo scritto, le buone pratiche potrebbero non aver ancora ricevuto una formalizzazione su carta

    8 In senso confermativo v.

    Sez. 4, Sentenza n. 35922 del 11/07/2012 Ud. (dep. 19/09/2012 ) Rv. 254618

    Presidente: Brusco CG. Estensore: Piccialli P. Relatore: Piccialli P. Imputato: p.c. in proc. Ingrassia. P.M. Aniello R. (Conf.)

    (Annulla ai soli effetti civili, App. Catania, 09/05/2011)

    PROFESSIONISTI - MEDICI E CHIRURGHI - Responsabilità medica - Linee guida - Rilevanza - Condizioni.

    In tema di responsabilità medica, le linee guida - provenienti da fonti autorevoli, conformi alle regole della miglior scienza medica e non ispirate ad esclusiva logica di economicità - possono svolgere un ruolo importante quale atto di indirizzo per il medico; esse, tuttavia, avuto riguardo all'esercizio dell'attività medica che sfugge a regole rigorose e predeterminate, non possono assurgere al rango di fonti di regole cautelari codificate, rientranti nel paradigma dell'art. 43 cod. pen. (leggi, regolamenti, ordini o discipline), non essendo né tassative né vincolanti e, comunque, non potendo prevalere sulla libertà del medico, sempre tenuto a scegliere la migliore soluzione per il paziente. D'altro canto, le linee guida, pur rappresentando un utile parametro nell'accertamento dei profili di colpa riconducibili alla condotta del medico, non eliminano la discrezionalità giudiziale insita nel giudizio di colpa; il giudice resta, infatti, libero di valutare se le circostanze concrete esigano una condotta diversa da quella prescritta dalle stesse linee guida. Pertanto, qualora il medico non rispetti le linee guida il giudice deve accertare, anche con l'ausilio di consulenza preordinata a verificare eventuali peculiarità del caso concreto, se tale inosservanza sia stata determinante nella causazione dell'evento lesivo o se questo, avuto riguardo alla complessiva condizione del paziente, fosse, comunque, inevitabile e, pertanto, ascrivibile al caso fortuito.

    9 l’errore di adattamento delle linee-guida al caso concreto ricorre allorquando “il professionista si orienti correttamente in ambito diagnostico o terapeutico, si affidi cioè alle strategie suggeritegli dalle linee-guida (...), inquadri correttamente il caso nelle sue linee generali e tuttavia, nel concreto farsi del trattamento, commetta qualche errore pertinente proprio all’adattamento delle direttive di massima alle

    evenienze ed alle peculiarità che gli si prospettano nello specifico caso clinico

    10 l’errore di strategia – ricorre invece quando, “sebbene in relazione alla patologia trattata le linee-guida indichino una determina strategia, le già evocate peculiarità dello specifico caso suggeriscano addirittura di discostarsi radicalmente dallo standard, cioè di disattendere la linea d’azione ordinaria. Una tale eventualità può essere agevolmente ipotizzata, ad esempio, in un caso in cui la presenza di patologie concomitanti imponga di tenere in conto anche i rischi connessi alle altre affezioni e di intraprendere, quindi, decisioni anche radicalmente eccentriche rispetto alla prassi ordinaria”

    11 Un chirurgo imposta ed esegue l'atto di asportazione di una neoplasia addominale nel rispetto delle linee guida e, tuttavia, nel momento esecutivo, per un errore tanto enorme quanto drammatico, invece di recidere il peduncolo della neoformazione, taglia un'arteria con effetto letale. In casi del genere, intuitivamente ed al lume del buon senso, non può ritenersi che la condotta del sanitario sia non punibile per il solo fatto che le linee guida di fondo siano state rispettate”.

    12 L’espressione legislativa è atecnica atteso che, la mancanza di imperizia comporta il venir meno dell’elemento soggettivo del reato mentre la categoria della punibilità presuppone un reato già completo in tutti i suoi elementi (si pensi alla causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p.)

    13 Sez. 4, Sentenza n. 45527 del 01/07/2015 Ud. (dep. 16/11/2015 ) Rv. 264897

    Presidente: Sirena PA. Estensore: Izzo F. Relatore: Izzo F. Imputato: Cerracchio. P.M. Iacoviello FM. (Diff.)

    (Annulla con rinvio, App. Torino, 07/05/2014)

    PROFESSIONISTI - MEDICI E CHIRURGHI - Attività medico - Chirurgica - Limitazione della responsabilità in caso di colpa lieve - Condotta negligente - Operatività della limitazione - Sussistenza.

    In tema di responsabilità medica, la limitazione della responsabilità in caso di colpa lieve prevista dall'art. 3 del D.L. 13 settembre 2012, n. 158, conv. in legge 8 novembre 2012, n. 189, pur trovando terreno d'elezione nell'ambito dell'imperizia, può tuttavia venire in rilievo anche quando il parametro valutativo della condotta dell'agente sia quello della diligenza.

    Sez. 4, Sentenza n. 23283 del 11/05/2016 Ud. (dep. 06/06/2016 ) Rv. 266903

    Presidente: Blaiotta RM. Estensore: Montagni A. Relatore: Montagni A. Imputato: Denegri. P.M. Cedrangolo O. (Diff.)

    (Annulla con rinvio, App. Genova, 18/05/2015)

    PROFESSIONISTI - MEDICI E CHIRURGHI - Attività medico chirurgica - Condotta conforme alle linee guida ed alle buone pratiche - Limitazione della responsabilità in caso di colpa lieve e ipotesi di imperizia - Esclusione - Ragioni.

    La limitazione della responsabilità del medico in caso di colpa lieve, prevista dall'art. 3, comma primo, legge 8 novembre 2012, n.189, opera, in caso di condotta professionale conforme alle linee guida ed alle buone pratiche, anche nella ipotesi di errori connotati da profili di colpa generica diversi dall'imperizia. (In motivazione la Corte ha precisato che tale interpretazione è conforme al tenore letterale della norma, che non fa alcun richiamo al canone della perizia e risponde alle istanze di tassatività dello statuto della colpa generica delineato dall'art. 43 comma terzo, cod. pen.).

    Senz’altro convincenti paiono pure i due argomenti posti a base di tale svolta:

    1) “la scienza penalistica non offre indicazioni di ordine tassativo, nel distinguere le diverse ipotesi di colpa generica, contenute nell’art. 43, terzo alinea, c.p. (...). Allo stato della elaborazione scientifica e giurisprudenziale, neppure la distinzione tra colpa per imprudenza (tradizionalmente qualificata da una condotta attiva, inosservante di cautele ritenute doverose) e colpa per imperizia (riguardante il comportamento, attivo od omissivo, che si ponga in contrasto con le leges artis) offr[e] uno strumento euristico conferente, al fine di delimitare l’ambito di operatività della novella sulla responsabilità sanitaria; ciò in quanto si registra una intrinseca opinabilità, nella distinzione tra i diversi profili della colpa generica, in difetto di condivisi parametri che consentano di delineare, in termini tassativi, ontologiche diversità, nelle regole di cautela”;

    2) la littera legis della disposizione di cui all’art. 3 della L. n. 189 del 2012 “non contiene alcun richiamo al canone della perizia”

    Per avere un’idea dell’alveo applicativo allargato, si pensi, ad esemplificazione di un tale contesto, alla conta delle garze, alle misure per la prevenzione di gesti autolesivi da parte dei pazienti, alle procedure per la disinfezione, alle dimissioni dei ricoverati, ecc.

    14 La negligenza si ha nei casi di condotta omissiva, inosservante di cautele ritenute doverose.

    15 L’imprudenza si ha nei casi di condotta commissiva, inosservante di cautele ritenute doverose.

    16 Inoltre merita di essere evidenziato come, sebbene sottotraccia, sia rilevabile la tendenza della Suprema Corte a qualificare come negligenza/imprudenza ipotesi che sarebbero da ricondurre nella imperizia grave o gravissima.

    Per esempio nella sentenza Cass. 2013, Pagano, al sanitario viene rimproverata colpa per negligenza per non aver operato, pur in presenza di tracciati cardiotocografici significativi di concreto rischio per il benessere del feto, un costante monitoraggio della accertata situazione di preallarme, e per non aver predisposto ed eseguito un intervento di parto cesareo che, se operato, avrebbe evitato l’asfissia intrapartum ed il conseguente decesso della neonata.

    Ancora nella sentenza Cass. 2015, Bottini, al medico, che aveva eseguito l’intervento chirurgico viene rimproverata colpa per imprudenza e negligenza per aver somministrato un farmaco, notoriamente allergizzante, pur sapendo che la paziente era un soggetto allergico, senza avere proceduto, nel pre-operatorio, ad alcun approfondimento, essendosi limitata la raccolta anamnestica a quanto riferito dalla paziente, senza il riscontro di adeguata documentazione sanitaria.

    Infine nella sentenza Cass. 2014, Pulcini, al medico viene rimproverata colpa per negligenza e imprudenza per non aver valutato, a fronte della sintomatologia del paziente, la probabilità che fosse in atto una cardiopatia ischemica con rischio di eventi clinici gravi a breve termine, omettendo di trattenere il paziente in osservazione per gli approfondimenti diagnostici del caso.

    Ebbene, in tutti questi casi di “macroscopica” rimproverabilità del sanitario è indubbio (o meglio dovrebbe esserlo) che si verta in tema di regole tecniche che riguardano l’ars medica.

    17 C. BRUSCO, Informazioni statistiche sulla giurisprudenza penale di legittimità in tema di responsabilità medica, in Diritto Penale Contemporaneo, 14 luglio 2016, p. 1 ss.

    18 Di seguito si riporta un breve excursus sulle alterne fasi relative all’applicazione dell’art. 2236 c.c. in tema di colpa medica

    1° fase: L’approccio dominante fino agli anni 70’

    Sez. 4, Sentenza n. 447 del 06/03/1967 Ud. (dep. 06/07/1967 ) Rv. 104929

    Presidente: ROSSO G. Estensore: ZEMA M. Imputato: IZZO. P.M. MAUCERI. (CONF)

    104929 REATO - ELEMENTO SOGGETTIVO PSICOLOGICO - COLPA - IN GENERE - COLPA PROFESSIONALE DELL'ESERCENTE LA PROFESSIONE MEDICA - VALUTAZIONE - CRITERI.*

    La colpa professionale del sanitario deve essere valutata dal giudice con larghezza di vedute e comprensione, sia perche la scienza medica non determina in ordine allo stesso male un unico criterio tassativo di cure, sia perche nell'arte medica l'errore di apprezzamento e sempre possibile. Pur tuttavia la esclusione di colpa professionale medica trova un limite nella condotta del professionista incompatibile col minimo di cultura e di esperienza che deve legittimamente pretendersi da chi sia abilitato all'Esercizio della professione medica.

    L’avallo di Corte cost., sentenza 28 novembre 1973, n. 166. ( “la deroga alla regola generale della responsabilità penale per colpa ha in sé una adeguata ragione d’essere”, essendo “l’indulgenza del magistrato direttamente proporzionata alla difficoltà del compito” )

    2° fase: La giurisprudenza tra il 1973 e il 2012

    3 orientamenti

    1) si applica il 2236 c.c.

    Sez. 4, Sentenza n. 14446 del 02/10/1990 Ud. (dep. 06/11/1990 ) Rv. 185685

    Presidente: LO COCO G. Estensore: GOLIA M. Imputato: FONDA. P.M. FUSARO. (CONF)

    PROFESSIONISTI - MEDICI E CHIRURGHI - COLPA PROFESSIONALE - ART. 2236 COD. CIV. - VALUTAZIONE - CRITERI.*

    In tema di colpa professionale, l'errore del medico riceve un trattamento giuridico particolare, nel senso che esso, per essere penalmente rilevante, non può che configurarsi nel quadro della colpa grave, richiamata dall'art. 2336 cod. civ., la quale si riscontra nell'errore inescusabile che trova origine o nella mancata applicazione delle cognizioni generali e fondamentali attinenti alla professione o nel difetto di quel minimo di abilità e perizia tecnica nell'uso dei mezzi manuali o strumentali adoperati nell'atto operatorio e che il medico deve essere sicuro di poter adoperare correttamente o, infine, nella Mancanza di prudenza o diligenza che non devono mai difettare in chi esercita la professione sanitaria

    2) non si può applicare il 2236 c.c.

    Sez. 4, Sentenza n. 28617 del 16/06/2005 Ud. (dep. 29/07/2005 ) Rv. 232447

    Presidente: Coco GS. Estensore: Novarese F. Relatore: Novarese F. Imputato: De Stefano ed altri. P.M. Geraci V. (Conf.)

    (Annulla in parte senza rinvio, App. Napoli, 28 Ottobre 2002)

    REATO - ELEMENTO SOGGETTIVO - COLPA - IN GENERE - Colpa professionale - Elemento psicologico - Colpa grave - Limitazione - Esclusione.

    La valutazione della colpa professionale in sede penale non è limitata all'ipotesi di colpa grave, posto che, a differenza di ciò che avviene nel processo civile in ragione dell'art. 2236 cod. civ. ai fini del risarcimento del danno, l'accertamento dell'elemento psicologico ai sensi dell'art. 43 cod. pen. non ammette restrizioni.

    3) il 2236 che “esce dalla porta ed entra dalla finestra”

    Sez. 4, Sentenza n. 39592 del 21/06/2007 Ud. (dep. 26/10/2007 ) Rv. 237875

    Presidente: Coco GS. Estensore: Bartolomei L. Relatore: Bartolomei L. Imputato: Bugge'. P.M. Geraci V. (Diff.)

    (Rigetta, App. Milano, 9 Gennaio 2004)

    REATO - ELEMENTO SOGGETTIVO - COLPA - IN GENERE - Colpa professionale - Criteri di valutazione.

    In tema di colpa professionale, qualora la condotta incida su beni primari, quali la vita o la salute delle persone, i parametri valutativi debbono essere estratti dalle norme proprie al sistema penale e non già da quelle civilistiche sull'inadempimento nell'esecuzione del rapporto contrattuale. (In motivazione la Corte ha chiarito che peraltro, nella fattispecie della colpa professionale medica, l'art. 2236 cod.civ. può trovare applicazione come regola di esperienza cui attenersi nel valutare l'addebito di imperizia, qualora il caso concreto imponga la soluzione di problemi di specifica difficoltà).

    Sez. 4, Sentenza n. 16328 del 05/04/2011 Cc. (dep. 26/04/2011 ) Rv. 251960

    Presidente: Marzano F. Estensore: Blaiotta RM. Relatore: Blaiotta RM. Imputato: p.c. in proc. Montalto e altro. P.M. Fodaroni MG. (Diff.)

    (Rigetta, Gup Trib. Rossano, 09 febbraio 2010)

    REATO - ELEMENTO SOGGETTIVO - COLPA - IN GENERE - Colpa professionale - Criteri di valutazione - Art. 2236 cod. civ. - Diretta applicazione nel campo penale - Limiti - Validità come regola di esperienza - Sussistenza - Fattispecie.

    In tema di colpa professionale medica, la norma prevista dall'art. 2236 cod. civ. trova applicazione come regola di esperienza cui attenersi nel valutare l'addebito di imperizia del sanitario qualora il caso concreto imponga la soluzione di problemi di speciale difficoltà ovvero qualora si versi in una situazione di emergenza, in quanto la colpa del terapeuta deve essere parametrata alla difficoltà tecnico-scientifica dell’intervento richiesto ed al contesto in cui esso si è svolto (Nella specie, relativa ad errore diagnostico in un'ipotesi di coma dipendente da dissezione dell'aorta ma attribuito dai medici curanti a problemi neurologici ancorché all'esito di esami cardiologici specifici quali un elettrocardiogramma ed un ecocolordoppler, la Corte ha osservato che la particolare difficoltà ricorre anche laddove si versi in situazioni di emergenza turbate dall'impellenza).

    19 Si pensi alla violazione di una regola tecnica dell’ ars medica non regolata da alcuna linea guida.

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