di Giovanni Ariolli
Sommario: 1. Premessa – 2. La nomofilachia tra legalità formale della legge e legalità effettuale del diritto vivente – 3. La prevedibilità delle decisioni: la «forza» del precedente – 4. La giustizia predittiva e l’intelligenza artificiale: quali criticità? – 5. Apologo conclusivo.
1. Premessa [1].
L’esigenza di far fronte all’aumento della domanda di giustizia, assicurando la ragionevole durata dei processi e, al contempo, l’uniforme interpretazione della legge, ha reso sempre più necessario il ricorso all’ausilio di strumenti informatici che agevolassero l’attività del giudice. Dall’uso del personal computer, inizialmente deputato all’archiviazione dei file dei lavori svolti, si è via via assistito alla creazione di programmi di ricerca di testi di legge e di precedenti giurisprudenziali, dotati di software altamente sofisticati, in cui le metodiche di selezione trascendono l’argomento per sfociare «nella regola del caso concreto».
La dichiarata utilità di tali sistemi ai fini della decisione di casi simili e al rispetto dei generali canoni ermeneutici racchiude però in sé alcuni rischi.
Alla «standardizzazione» del dato oggetto di ricerca può conseguire una stratificazione della giurisprudenza che mal si concilia con una società in divenire ove spesso la domanda di giustizia si accompagna a vuoti di tutela legale.
La nomofilachia, quale massima espressione del diritto vivente, si nutre degli orientamenti di merito, nell’ambito di una stretta complementarità tra il dato formale e quello giurisprudenziale, riferendosi la prevedibilità delle decisioni non tanto all’astratta previsione legale, bensì alla norma vivente risultante dall’applicazione e dall’interpretazione dei giudici, in stretto raccordo con le fonti costituzionali e convenzionali.
Per tale ragione è, dunque, utile interrogarsi sul rapporto e sull’utilità del ricorso a sistemi di giustizia predittiva governati da intelligenza artificiale, al fine di assicurare l’uniforme interpretazione della legge.
2. La nomofilachia tra legalità formale della legge e legalità effettuale del diritto vivente.
Il Legislatore assegna alla Corte di cassazione, quale organo supremo della giustizia, il compito di assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, l'unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni, nonché di regolare i conflitti di competenza e di attribuzioni, adempiendo agli altri compiti ad essa conferiti dalla legge[2].
Spetta alla Suprema Cassazione e, in particolare, al suo massimo organo collegiale, le Sezioni unite, il compito di «depotenziare il corto circuito fra la legalità formale della legge e la legalità effettuale del diritto vivente, attraverso la formazione di autorevoli precedenti, nell’esercizio della funzione coerenziatrice della giurisprudenza»[3].
Svolge, dunque, una funzione nomofilattica, la quale consiste nell'assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione delle norme di diritto, da intendersi quale definizione dei corretti criteri ermeneutici e controllo di razionalità dell’opera di selezione della regola effettuata dal giudice di merito. Le sue sentenze costituiscono, infatti, un criterio orientatore della giurisprudenza nazionale, la quale nell'assumere le proprie decisioni tiene conto e si confronta con le sentenze emesse dalla Corte di cassazione.
Il giudice ricerca seleziona e interpreta la norma seguendo, fra fatto, prove e diritto, il percorso della «interpretazione conforme» alla Costituzione, al diritto euro-unitario e a quello convenzionale, che comporta, altresì, la ricognizione della giurisprudenza costituzionale e di quella delle Corti di Lussemburgo e di Strasburgo, nell’ottica di una tutela multilevel dei diritti fondamentali della persona.
Dinanzi ai repentini cambiamenti della società moderna e dinanzi alla crescente domanda di giustizia che un’economia globale e lo sviluppo tecnologico pongono, spetta alla Corte Suprema assicurare la certezza del diritto, quale concreta attuazione del principio convenzionale e costituzionale dell’eguaglianza di ogni individuo dinanzi alla legge (artt. 3 Cost., 7 Convenzione E.D.U. e 20-26 della Carta di Nizza).
La certezza del diritto e la prevedibilità delle decisioni sono, infatti, una componente fondamentale del corretto funzionamento dell’economia di mercato e delle leggi ad essa connesse, dei rapporti tra le imprese e tra i cittadini o tra questi e lo Stato[4].
Non solo. La prevedibilità delle decisioni gioca un ruolo fondamentale anche sotto il profilo della previa conoscibilità della norma che pone il divieto, dei suoi contenuti applicativi e delle conseguenze della propria condotta e del diritto di difesa, così costituendo solido presidio della funzione di prevenzione generale, dell’uguaglianza di trattamento e delle libertà di autodeterminazione della persona.
Il moltiplicarsi ed il sovrapporsi delle fonti normative e giurisprudenziali, dovuto alla difficoltà di governare una società complessa in cui la mediazione del conflitto tende spesso a spostarsi dal momento della creazione della regola a quello della sua applicazione, assieme alle oscillazioni e alla tendenza espansiva delle interpretazioni dei giudici di merito, costituiscono un disvalore che pregiudica la certezza dei rapporti giuridici e rende meno agevoli quelli economici e le relazioni tra i componenti della collettività.
L’interpretazione della legge data dalla Corte suprema ed i principi di diritto da essa affermati assumono negli ordinamenti degli Stati una funzione unificante e costituiscono punto di riferimento per tutti gli operatori del diritto.
A differenza delle sentenze pronunciate dai tribunali, le decisioni delle Corti supreme si dirigono, infatti, non solo alle parti della controversia, ma anche alla collettività che da quelle pronunzie saprà cogliere la regola generale destinata a disciplinare casi analoghi ed a prevenire nuove controversie, così assicurandosi una maggiore efficienza dei traffici giuridici e, auspicabilmente, una deflazione del contenzioso.
3. La prevedibilità delle decisioni: la «forza» del precedente.
La prevedibilità delle decisioni costituisce un valore da preservare; l’operatore economico vedrebbe aggiungersi al rischio di impresa insito nella natura dell’attività esercitata un’alea ulteriore alla quale non è culturalmente preparato e che la propria capacità organizzativa non può affrontare: ossia fronteggiare decisioni giudiziali del tutto imponderabili e incontrollabili perché slegate da criteri interpretativi certi, necessari al corretto funzionamento dell’economia di mercato e dei meccanismi di creazione e redistribuzione della ricchezza ad essa correlati.
Va da sé che il disorientamento provato dall’attore economico di fronte alla giustizia risulta aggravato nel caso del comune cittadino (nelle vesti, a seconda dei casi, di consumatore, utente, contribuente, contraente debole o semplice membro della comunità tenuto ad osservare precetti preservati da sanzioni), spesso sprovvisto degli strumenti economici e culturali per poter accedere in modo pieno ed effettivo alla tutela dei propri diritti, soprattutto allorché questi risultano potenzialmente compromessi da processi informatici che hanno carattere invasivo o dall’invadenza dei pubblici poteri.
L’instabilità delle decisioni pregiudica la possibilità per gli avvocati di svolgere in modo efficace l’attività di mediazione stragiudiziale e di consigliare e difendere in giudizio i cittadini medesimi, individuando anche le scelte processuali che meglio si attagliano al caso concreto.
Inoltre, la difformità della regola da applicare può compromettere, in ambito penale, la funzione di prevenzione generale e ledere il principio di eguaglianza.
Per tali ragioni i principi di certezza del diritto e della prevedibilità delle decisioni sono un valore condiviso tra gli ordinamenti giuridici; al fine di formare “precedenti” che siano autorevoli, ha assunto negli ultimi anni un rilievo preminente il dialogo con le altre Corti supreme.
L’esistenza di un mondo globale, la dimensione internazionale dei traffici giuridici ed economici, la comparsa di nuovi strumenti destinati a regolare aspetti primari delle relazioni tra i consociati anche al di fuori dai confini nazionali, rendono opportuno un confronto con le soluzioni adottate dalle altre Corti. La condivisione delle decisioni arricchisce la conoscenza del giudice nazionale, può essere fonte di ispirazione, migliora la qualità della giurisdizione e permette di fissare comuni standard di tutela dei diritti fondamentali che diventano patrimonio giuridico dei Popoli, traducendosi anche in principi di diritto comunemente affermati dalle Corti sovranazionali.
Il relazionarsi con le decisioni di altre Corti su questioni comuni giova, del resto, alla stessa funzione nomofilattica, la quale non va intesa quale statica conservazione di orientamenti giurisprudenziali cristallizzati nel tempo, ma quale capacità di adeguare l’interpretazione delle norme al continuo mutare delle esigenze e della società, alla luce anche del contributo offerto dai giudici di merito ai quali si presentano i nuovi casi. Comprendere cosa fa un altro giudice arricchisce la cultura giuridica di tutti. In questo percorso assume anche particolare rilievo il contributo dell’Accademia alla quale spetta un fondamentale ruolo guida nel processo ermeneutico, nella formazione alla cultura della legalità e nell’opera di persuasione del giudice verso soluzioni rispettose dei diritti fondamentali.
La nomofilachia, pertanto, non è l’imposizione di una regola interpretativa, bensì l’approdo di un percorso multilivello e stratificato che origina dal caso concreto e si arricchisce di una pluralità dialettica in continuo divenire che ne alimenta la valenza e la persistenza, così discostandosi dal modello del precedente.
4. La giustizia predittiva e l’intelligenza artificiale: quali criticità?
Così evidenziato il valore della prevedibilità delle decisioni quale base legale del sistema giuridico, si apre la riflessione sull’impiego in tale ambito dell’intelligenza artificiale[5].
Centrale per la modernizzazione della società, l’I.A. svolge da anni un ruolo primario anche nel comparto giustizia, con particolare riguardo alla digitalizzazione dei servizi al fine di assicurare all’utenza un servizio più trasparente ed efficiente, nonché per creare sistemi che consentano di identificare previamente i casi ad alto rischio o ad alta priorità, permettendo agli uffici giudiziari di assegnare le risorse in modo più efficiente e di indirizzare e trattare i procedimenti secondo moduli predefiniti volti ad assicurare il principio della ragionevole durata del processo.
Le sperimentazioni avviate hanno, poi, ampliato gli strumenti di conoscenza ed analisi, in fatto e in diritto, a disposizione del magistrato, così da renderlo autenticamente consapevole delle proprie scelte, soprattutto consentendo di avere un quadro completo della giurisprudenza, di merito o di legittimità, astrattamente riferibile al caso di specie, sulla base dell’analisi automatizzata del materiale disponibile, così da evitare conflitti giurisprudenziali inconsapevoli e da accrescere, come effetto derivato persuasivo e non vincolato, la uniformità delle decisioni di fattispecie simili.
Va, pertanto, riconosciuta l’utilità di quegli strumenti tecnologici di supporto del lavoro del giudice volti a ridurre l’alea del giudizio e a garantire una maggiore prevedibilità delle decisioni giudiziarie, attraverso l’uso di algoritmi che possono analizzare grandi quantità di dati giuridici, tra cui testi legislativi, precedenti giudiziari e decisioni dei tribunali, delle corti di merito, della Corte di legittimità e di quelle sovranazionali.
Una implementazione che renda maggiormente fruibile il sapere giuridico, così assicurando al giudice di disporre del complesso delle cognizioni necessarie per svolgere in modo ottimale il proprio lavoro è auspicabile, proprio perché l’adozione di decisioni ragionate che tengono conto degli orientamenti nomofilattici e convenzionali può contribuire a ridurre la discrezionalità delle decisioni giudiziarie, garantendo maggiore coerenza nell’applicazione della legge.
Problemi, invece, si pongono a fronte di quei sistemi che mirano a realizzare processi decisionali alternativi (robotici) a quelli, costituzionalmente vincolati, basati sull’autonomia e sull’indipendenza del giudice, per comprimerne - direttamente o indirettamente – l’ambito valutativo del giudizio.
Si tratta di modelli predittivi volti a fornire una previsione sulla decisione del singolo caso, con l’obiettivo – non inizialmente dichiarato – di sostituire il ragionamento giuridico affidato al giudice e all’interprete con un rigido meccanismo legato a dati probabilistici o statistici desunti da casi catalogati come analoghi.
L’esito di un tale meccanismo non solo finisce per condizionare la decisione, ma anche i successivi esiti impugnatori laddove si giungesse ad assumere quale parametro valutativo il concorrente «esito predittivo» fornito dall’ausilio di intelligenza artificiale. Con possibili ricadute sulla sorte della difesa tecnica, dell’appello, del ricorso per cassazione, ove l’ambito dell’error iuris sarebbe confinato ad ipotesi del tutto residuali, e della stessa motivazione che finirebbe per perdere la funzione essenziale di verifica dell’iter logico seguito dal giudice.
L’attività di interpretazione ed applicazione del diritto, affidata al giudice, non si risolve mai in un’operazione meramente meccanica, soprattutto se si tiene conto della realtà delle società moderne, la cui dinamica risulta spesso troppo fluida e vivace per essere prevista e adeguatamente regolata da norme predeterminate e specifiche.
Con ciò non si vuole affermare che spetti al giudice la funzione creativa del diritto, la cui appartenenza al potere legislativo rappresenta un pilastro del principio della separazione dei poteri, oppure validare egemoni dottrine dell’interpretazione che possono sfociare nell’arbitrio o nel soggettivismo.
Ma la tendenza legislativa ad un ricambio sempre più veloce di disposizioni spesso superate dagli eventi e dall’emersione di nuovi diritti bisognevoli di tutela, accompagnata anche dall’opacità dei testi normativi e dalla presenza di lacune nell’ordinamento, rende non agevole il formarsi del diritto vivente.
L’individuazione dell’effettivo contenuto concreto della norma da applicare al caso concreto passa, infatti, attraverso un’attività interpretativa a cui partecipano, anzitutto, i giudici di merito, mediante un’innovazione giurisprudenziale che consente all’individuo di evolvere nel rispetto dei principi dettati dalla Costituzione e dalle Convenzioni sovranazionali.
Analogamente è a dirsi con riguardo al processo inverso. L’esistenza di indirizzi giurisprudenziali radicati nel tempo non preclude che, a fronte del mutato assetto sociale e all’esigenza di dare piena attuazione ai principi costituzionali e convenzionali, si inneschino i presupposti dell’overruling.
Il delicato compito di bilanciamento tra l’interesse all’affidamento dei cittadini nella prevedibilità del diritto applicato e all’uguaglianza di trattamento, da un lato, e il contrapposto interesse alla dinamica evoluzione dell’interpretazione, dall’altro, non può essere di certo affidato a processi meccanici governati da algoritmi, per quanto sofisticati, rivelandosi del tutto fallace proprio in ragione della molteplicità dei contributi che governano tale necessario dinamismo.
Il valore della prevedibilità delle decisioni non significa affatto postulare una sorta di immobilismo giuridico mediante l’imposizione di un vincolo – financo meccanico – di automatica conformazione. Significa assicurare uniformità laddove manchino valide argomentazioni a sostegno del dissenso tali da determinare la costruzione condivisa di un opposto, nuovo o più autorevole indirizzo.
Per tali ragioni anche l’introduzione di meccanismi sofisticati volti ad individuare l’orientamento giurisprudenziale da applicare al caso in esame presta il fianco a decise riserve.
Vincolare il robot alla giurisprudenza pregressa impedisce l’evoluzione degli indirizzi giurisprudenziali e preclude al diritto di esercitare la sua funzione primaria, ossia fornire risposte a bisogni umani regolandone i rapporti in modo corrispondente alle esigenze sociali del particolare momento storico.
Un simile vincolo, poi, si pone in contrasto con l’art. 101 della Costituzione, subordinando il giudice non solo alla legge, ma alla giurisprudenza predittiva.
5. Apologo conclusivo.
L’introduzione di modelli predittivi basati su dati oggettivi che tengano conto, attraverso un’analisi quantitativa, dei precedenti giudiziari può senz’altro contribuire a ridurre l’area di instabilità degli orientamenti, garantendo una maggiore uniformità nell’applicazione della legge e nella formazione del diritto vivente.
Attraverso l’analisi dei precedenti giudiziari e l’estrazione di informazioni rilevanti dai testi normativi, i sistemi di I.A. possono rivelarsi utili per supportare i giudici nell’adozione di decisioni informate e basate su precedenti consolidati ed autorevoli, evitandosi, al contempo, possibili esiti discriminatori delle decisioni.
Analogamente, l’individuazione di precedenti che siano certi ed autorevoli può svolgere un effetto deflattivo rispetto ad una domanda di giustizia sempre più in crescita, consentendo agli avvocati di adottare strategie di composizione delle liti di carattere stragiudiziale ovvero ricorrere, nel settore penale, a quegli istituti di carattere premiale che, evitando il giudizio di merito, ridondino favorevolmente sulla posizione dell’imputato. Allo stesso modo per i pubblici ministeri, orientando al meglio le determinazioni in ordine all’esercizio dell’azione penale, con ricadute positive anche in ordine ad una migliore allocazione delle risorse per svolgere le investigazioni preliminari.
A conclusioni differenti, invece, deve giungersi con riguardo a quei sistemi che, allontanandosi dall’analisi giuridica e dalla ricerca delle pertinenti informazioni di tale genere, muovano attraverso l’idea del giudice automa o robot, verso una standardizzazione delle decisioni giudiziarie, così impedendo all’ordinamento stesso di progredire, di evolversi e di mutare in ragione del mutamento del contesto di riferimento.
La prevedibilità delle decisioni giudiziarie racchiude in sé una pretesa di certezza giuridica, non di infallibilità matematica.
E tanto a prescindere dall’ulteriore concreto rischio, non oggetto del presente lavoro, ma già evidenziato dalla letteratura a proposito dei sistemi – per lo più di stampo anglosassone ma propri anche di ordinamenti differenti (si pensi al caso del c.d. procuratore robot recentemente introdotto nel sistema cinese) – in cui la prevedibilità delle decisioni passa attraverso algoritmi forieri di pregiudizi ovvero volti a profilare la persona del giudice.
Ma la strategia italiana di transizione digitale, attenta anche a recepire le indicazioni, le linee guida e la normativa dettata in sede di Unione Europea, muovono nel binario di mantenere salda l’indipendenza della magistratura dagli algoritmi, tenendo fermo il controllo umano sulle decisioni. L’intelligenza artificiale può essere un prezioso strumento a supporto dell’attività del giudice, ma non deve mai diventare un suo sostituto.
Note:
[1] Relazione tenuta al Webinar della SSM “La digitalizzazione della Giustizia tra presente e futuro - Giornate di studi, Capri il 13-14 ottobre 2023”. Per un approfondimento dei temi trattati al Convegno si vedano gli atti pubblicati sul sito della SSM.
[2] Artt. 65 del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 e 111 della Costituzione.
[3] G. Canzio, Legalità penale, processi decisionali e nomofilachia, in Sistema penale (online), 26 giugno 2022: Id, Nomofilachia e diritto giurisprudenziale, in AaVv, Il vincolo giudiziale del passato. I precedenti (a cura di Carleo), Bologna, 2018. Sul tema v anche R. Rordorf, Giudizio di cassazione. Nomofilachia e motivazione, in Treccani (encicl. On line), 2012; P. Curzio, Il futuro della cassazione, in Quest. giust., 3/2017; Id, Il giudice ed il precedente, in Quest. giust., 4/2018; G. Mammone, Intelligenza artificiale e rapporto di lavoro tra robot e gig economy. Ci salveranno i giudici e l’Europa?, in Lavoro, diritti ed Europa, 21.2.2023.
[4] M. Luciani, La decisione giudiziaria robotica, in Associazione Italiana Costituzionalisti (Rivista), 3/2018, p. 872 ss.
[5] M. Cassano, Sostenibilità, tecnologia e giustizia: quali i contorni del nuovo sistema? - Lectio magistralis, «Edizione 3» Festival della Giustizia, Camera dei Deputati, Montecitorio, 7 luglio 2023; GM. Flick – C. Flick, L' algoritmo d'oro e la torre di Babele. Il mito dell'informatica, B+C, 2022.
Bibliografia:
Considerata la vastità degli scritti sul tema, possono richiamarsi le relazioni e i contributi recenti resi nell’ambito dell’attività formativa della SSM, unitamente ad altri articoli dotati di riferimenti bibliografici: AaVv, La giustizia digitale, in Quaderni SSM (n. 15), a cura di A. Ciriello, Roma, 2022; Id, Il diritto nell’era digitale Persona, Mercato, Amministrazione, Giustizia, Milano (Giuffrè), 2022; Id, M. Libertini – M.R. Maugeri – E. Vincenti, Intelligenza artificiale e giurisdizione ordinaria. Una ricognizione delle esperienze in corso, SSM, 10.3.2022, P21098; Id, Amedeo, Santosuosso e Giovanni Sartor, La giustizia predittiva: una visione realistica, SSM, 4.10.2022, P22065; Id, Daniela Paliaga e Vincenzo De Lisi, L’algoritmo nel contenzioso giuslavoristico, SSM, 24.11.2021, P21094; Id, Francesco Amigoni, Viola Schiaffonati, Marco Somalvico, Intelligenza artificiale, SSM, 10.1.2023, P20020; Id, Alessandro Pajno, Marco Bassini, Giovanni De Gregorio, Marco Macchia, Francesco Paolo Patti, Oreste Pollicino, Serena Quattrocolo, Dario Simeoli, Pietro Sirena, Intelligenza Artificiale: criticità emergenti e sfide per il giurista, SSM, 10.5.2023, P23024; Id, A. Pajno, F. Donati, A. Perrucci (a cura di), Intelligenza artificiale e diritto: una rivoluzione?, Mulino, 2022; Id., G.M. Riccio, G. Ziccardi, G. Scorza, Intelligenza artificiale. Profili giuridici, Padova, 2022; Id, A. Ciriello, G. Buono, P. Bonanni, G. 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Ziroldi, Intelligenza artificiale e processo penale tra norme, prassi e prospettive, SSM, 13.9.2019, P19069.
(L'immagine di copertina è una litografia riprodotta in Scientific American, Vol. 88, N. 16, aprile 1903 che ritrae Pierre Jaquet-Droz con le sue bambole automatiche dette Automata, talvolta considerate tra i precursori dei computer, alla corte di Luigi XV).