L’11 gennaio 1999, 25 anni fa, moriva Fabrizio De Andrè, forse il più grande tra gli autori di musica e parole passati alla storia con il nome di “cantautori” e tra i più importanti intellettuali italiani degli ultimi decenni.
Per ricordarlo avremmo potuto pescare una qualsiasi tra le decine di capolavori contenuti nei suoi (dolorosamente pochi) album: abbiamo scelto “Smisurata preghiera”, che può essere considerato una sorta di testamento spirituale non solo per la collocazione nel canzoniere (è l’ultimo brano del suo ultimo disco), ma soprattutto perché riassume in poche immagini di abbacinante bellezza la sua visione del mondo (e un po’ la nostra).
Una preghiera laica, ma profondamente mistica, un affresco dell’umanità abbracciata idealmente in uno sguardo corale che dall’alto mostra l’eterna divisione del mondo in due categorie tra loro inconciliabili.
Da un lato, in alto, la maggioranza delle persone, che vive di parole celebrative del nulla, portata e cullata dal “facile vento della sazietà”, un mondo fondato sull’astuzia e sulla superbia.
Dall’altro lato, in basso, come in una bolgia dantesca, chi non ce l’ha fatta, i respinti, i marchiati dalla disperazione.
Chiunque conosce De Andrè sa dove egli ha messo il suo cuore in questa scena apocalittica e bellissima: il suo amore, la sua attenzione, le sue carezze poetiche sono tutte per il popolo dei disperati, dei diversi, perché è lì che si cela l’unico senso della vita: custodire e consegnare alla propria morte “una goccia di splendore”, un briciolo di umanità nel senso più vivo e pieno.
E allora eccola la preghiera che Fabrizio consegna a Dio e a tutti noi: non dimenticare ogni singolo volto di questi servi disobbedienti, e donare loro un pizzico di fortuna.
Tutti siamo chiamati a questo dovere civico: perché aiutare i respinti, ristabilire la giustizia, ognuno a proprio modo, “è appena giusto”, è un dovere che ci coinvolge, ciascuno, ogni giorno.
De Andrè è stato nei suoi piccoli poemi uno dei più feroci castigatori della magistratura, associata alla gestione del potere e in definitiva alla perpetrazione delle ingiustizie del “mondo di sopra”.
Ma esiste un altro modo di esercitare la nostra funzione: farne strumento per il contrasto alle disuguaglianze e alle ingiustizie, per la riduzione delle distanze tra gli altri e tra i mondi.
Smisurata preghiera (1996)
Alta sui naufragi
dai belvedere delle torri
china e distante sugli elementi del disastro
dalle cose che accadono al disopra delle parole
celebrative del nulla
lungo un facile vento
di sazietà di impunità
Sullo scandalo metallico
di armi in uso e in disuso a guidare la colonna
di dolore e di fumo
che lascia le infinite battaglie al calar della sera
la maggioranza sta la maggioranza sta
recitando un rosario
di ambizioni meschine
di millenarie paure
di inesauribili astuzie
Coltivando tranquilla
l'orribile varietà
delle proprie superbie
la maggioranza sta
come una malattia
come una sfortuna
come un'anestesia
come un'abitudine
per chi viaggia in direzione ostinata e contraria
col suo marchio speciale di speciale disperazione e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi
per consegnare alla morte una goccia di splendore
di umanità di verità
per chi ad Aqaba curò la lebbra con uno scettro posticcio
e seminò il suo passaggio di gelosie devastatrici e di figli
con improbabili nomi di cantanti di tango
in un vasto programma di eternità
ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco
non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti
come una svista
come un'anomalia
come una distrazione
come un dovere