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Il ruolo dei Tribunali delle Acque pubbliche

Il ruolo dei Tribunali delle Acque pubbliche nella prospettiva sociale e giuridica della riforma del regime delle acque[1] 

di Franco De Stefano[2]

 sommario: 1. Il plesso giurisdizionale delle acque pubbliche.- 2. La giurisdizione delle acque pubbliche: qualità dell’acqua e giurisdizione del giudice ordinario; il plesso TSAP-TRAP come giudice specializzato, privo di giurisdizione esclusiva. -3. Cenni alle particolarità del rito. - 4. La tipologia delle controversie in tema di diritti soggettivi.- 5. Attualità dei tribunali delle acque. - 6. Appendice. Indicazioni bibliografiche essenziali.

 1. Il plesso giurisdizionale delle acque pubbliche.

La specialità e la complessità tecnica della legislazione in materia di acqua pubblica hanno, fin dall’epoca repubblicana di Roma, esaltato la centralità di quella risorsa nella gestione dell’economia e spesso giustificato l’istituzione di organismi amministrativi e pure di giurisdizioni ad hoc, dotati di particolare competenza e in grado di assicurare una tutela più rapida e specialistica.

Il tribunale superiore e gli otto tribunali regionali delle acque pubbliche[3] sono stati regolamentati dal r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 (d’ora in avanti, anche solo t.u. o t.u. acque). Si tratta di un plesso giurisdizionale sui generis, articolato su di una struttura in due gradi di merito in materia di diritti soggettivi ed un unico grado di legittimità in materia di interessi legittimi, con l’ulteriore peculiarità che il suo organo di vertice giudica ora appunto in grado di appello ed ora in unico grado e per di più a composizione variabile (rispettivamente con tre consiglieri di Cassazione ed un consigliere di Stato e con tre consiglieri di Cassazione e tre di Stato), sia pure sempre con l’intervento di un esperto esterno all’ordine giudiziario.

Se il singolo tribunale regionale delle acque pubbliche è sostanzialmente riconducibile ad una sezione specializzata della corte di appello presso cui è istituito[4] (con caratteristiche analoghe alla sezione specializzata agraria quanto ad istituzionale non riconducibilità all’ufficio, almeno a fini di competenza; e con la peculiarità di una circoscrizione territoriale pluridistrettuale specifica), il tribunale superiore è un autentico ibrido: una giurisdizione superiore a giurisdizione nazionale, che resta però giudice specializzato in entrambi i casi[5] e le cui decisioni sono soggette al controllo ordinario in sede di legittimità dinanzi alle Sezioni Unite della Corte suprema di cassazione.

La singolarità del plesso sta poi in ciò, che, mentre i tribunali regionali sono incardinati presso le corti di appello corrispondenti (di cui costituiscono una sezione, benché specializzata, con l’intervento di un tecnico iscritto all’albo degli Ingegneri nominato con decreto del Ministro della giustizia in conformità alla deliberazione del Consiglio superiore della magistratura adottata su proposta del presidente della Corte di appello), quello superiore è ufficio a sé stante, ma con un solo magistrato di carriera in pianta organica, cioè il suo presidente, mentre i consiglieri di Cassazione e quelli di Stato che lo compongono, effettivi e supplenti, sono destinati a tali funzioni con provvedimenti di durata quinquennale e l’esperto che integra ogni collegio (a seguito della riforma di cui al d.l. 24 dicembre 2003, n. 354, convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio 2004, n. 45) è un iscritto all’albo degli Ingegneri, nominato dal Ministro della Giustizia su delibera del Consiglio Superiore della Magistratura a seguito di proposta del Presidente del tribunale stesso.

Il collegio giudicante del tribunale regionale si articola in tre componenti, di cui uno è il tecnico esperto; il tribunale superiore giudica in collegio di sette componenti nelle controversie di cui all’art. 143 t.u. (in materia di interessi legittimi; di cui tre consiglieri di Cassazione, compreso il presidente, tre consiglieri di Stato e il tecnico esperto) e di cinque in quelle di cui all’art. 140 t.u. (in materia di diritti soggettivi; di cui tre consiglieri di Cassazione, compreso il presidente, un consigliere di Stato e il tecnico esperto).

Per concludere, due notazioni. In primo luogo, il tribunale superiore realizza un interessante e finora unico esempio di giurisdizione soggettivamente esclusiva, in cui cioè – a differenza delle ipotesi ordinarie di giurisdizione esclusiva, in cui ogni controversia è devoluta ad un organo giurisdizionale istituzionalmente deputato a conoscere o soltanto di diritti soggettivi o soltanto di interessi legittimi – la controversia può avere ad oggetto indifferentemente un diritto soggettivo o un interesse legittimo ed è trattata però non da due organi giurisdizionali differenti, bensì da un organo formalmente e sostanzialmente unitario, in cui la differenziazione è data dalla diversa provenienza dei suoi componenti.

Infine, il processo civile telematico non opera presso il tribunale superiore, mentre in quelli regionali segue le sorti dell’introduzione presso le rispettive corti d’appello: i tentativi di informatizzazione sono ancora embrionali e, nonostante gli sforzi ripetuti degli ultimi presidenti e del dirigente e del personale di cancelleria, non è riuscito l’inserimento dell’ufficio, verosimilmente per le sue modeste dimensioni a dispetto della centralità e dell’importanza economica del contenzioso, nei relativi programmi ministeriali. Tuttora non è possibile applicare, presso il TSAP, alcuna delle norme su quel processo, salva ovviamente la possibilità delle notifiche telematiche di atti ad opera delle parti (e, vista la natura di giurisdizione superiore, la teorica possibilità di estendere al rito davanti a tale ufficio la ricchissima problematica sulle ritualità delle notifiche elaborata per il giudizio di legittimità[6]).

 2. La giurisdizione delle acque pubbliche: qualità dell’acqua e giurisdizione del giudice ordinario; il plesso TSAP-TRAP come giudice specializzato, privo di giurisdizione esclusiva.

Al plesso dei tribunali delle acque pubbliche è devoluta la giurisdizione:

A) in materia di diritti soggettivi (art. 140 t.u.):

a) le controversie intorno alla demanialità delle acque;

b) le controversie circa i limiti dei corsi o bacini, loro alveo e sponde;

c) le controversie, aventi ad oggetto qualunque diritto relativo alle derivazioni e utilizzazioni di acqua pubblica;

d) le controversie di qualunque natura, riguardanti l’occupazione totale o parziale, permanente o temporanea di fondi e le indennità previste dall’articolo 46 della legge 25 giugno 1865, n. 2359, in conseguenza dell’esecuzione o manutenzione di opere idrauliche, di bonifica e derivazione e utilizzazione di acque; per quanto riguarda la determinazione peritale dell’indennità prima dell’emissione del decreto della espropriazione resta fermo il disposto dell’articolo 33 della presente legge;

e) le controversie per risarcimenti di danni dipendenti da qualunque opera eseguita dalla pubblica amministrazione e da qualunque provvedimento emesso dall’autorità amministrativa a termini dell’articolo 2 del testo unico delle leggi 25 luglio 1904, n. 523, modificato con l’articolo 22 della legge 13 luglio 1911, n. 774[7];

f) i ricorsi previsti dagli articoli 25 e 29 del testo unico delle leggi sulla pesca, approvato con r.d. 8 ottobre 1931, n. 1604 (espropriazione per non uso od uso inadeguato o contrarietà agli interessi pubblici dei diritti esclusivi di pesca in mare e negli altri corsi d’acqua).

B) in materia di interessi legittimi (art. 143 t.u., “cognizione diretta”):

a) i ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere e per violazione di legge avverso i provvedimenti definitivi presi dall’Amministrazione in materia di acque pubbliche;

b) i ricorsi, anche per il merito, contro i provvedimenti definitivi dell’autorità amministrativa adottati ai sensi degli articoli 217 e 221 della presente legge; nonché contro i provvedimenti definitivi adottati dall’autorità amministrativa in materia di regime delle acque pubbliche ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle leggi sulle opere idrauliche approvato con R. decreto 25 luglio 1904, n. 523, modificato con l’art. 22 della legge 13 luglio 1911, n. 774, del R. decreto 19 novembre 1921, n. 1688, e degli art. 378 e 379 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F;

c) i ricorsi la cui cognizione è attribuita al Tribunale Superiore delle acque dalla presente legge e dagli articoli 23, 24, 26 e 28 del testo unico delle leggi sulla pesca, approvato con R. decreto 8 ottobre 1931, n. 1604.

Sul presupposto che pubbliche sono soltanto le acque che possono rivestire una utilità per la collettività, sia pure poi variamente intesa e disciplinata, l’intero sistema giurisdizionale si riferisce al bene acqua inteso come suscettibile di sfruttamento in senso esclusivamente economico e si preoccupa di consentirlo ai singoli in modo da preservarne la destinazione a fini di utilità collettiva.

L’impostazione originaria del t.u. è caratterizzata pertanto da una visione strettamente patrimonialistica delle acque pubbliche, in conformità del resto alle nozioni ordinamentali del tardo Ottocento, di cui quel testo normativo, già di per sé ricognitivo di una legislazione disorganica e rudimentale, è espressione: in un’epoca in cui i diritti fondamentali cosiddetti di terza generazione non erano neppure ancora ipotizzati.

Non vi è traccia, quindi, nell’impostazione tradizionale del t.u. di un diritto all’acqua inteso come tale, né di alcuna prospettiva di un diritto di accesso all’acqua come bene fondamentale per la vita e l’esistenza quotidiana e quindi connesso alla salute od all’esistenza libera e dignitosa.

Anche sulle prime controversie in materia di qualità dell’acqua potabile non si è mai neppure ipotizzata una devoluzione al plesso giurisdizionale delle acque, sol che la causa sia impostata come diritto a ricevere l’acqua in condizioni corrispondenti a quelle fissate dalla legge quale oggetto del contratto di somministrazione[8]. Quanto poi alla condotta dello Stato italiano di imprecisa o mancata ottemperanza alla normativa eurounitaria, la giurisdizione è a maggior ragione del giudice ordinario[9]. E sono rimaste avvinte nella tradizionale impostazione patrimonialistica, regolate da ordinari criteri di equiordinazione tra diritti dello stesso rango, le cause per danni promosse dalle concessionarie di derivazioni idroelettriche rispetto agli enti locali per il prelievo di acqua a fini potabili o di consumo umano, se successivo al diritto soggettivo di attingimento delle prime[10].

È piuttosto in sede di delimitazione dei confini con la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria e del giudice amministrativo che il contenuto di quella devoluta al plesso delle acque ha trovato più puntuale definizione, finendo con il coincidere con il governo delle acque pubbliche e del territorio e delle opere ad esse connesse e restando quindi esclusa in caso di mere condotte della pubblica amministrazione[11] o di atti amministrativi involgenti solo in via mediata o riflessa il governo delle acque[12].

In conformità alla nettezza della ripartizione imperante all’epoca di redazione del testo normativo di riferimento, può rilevarsi che non potevano ritenersi sussistenti, in difetto di esplicite e testuali previsioni di legge (quali però potrebbero rilevarsi in tema di espropriazione per pubblica utilità quando sia coinvolto il governo delle acque), ipotesi di giurisdizione esclusiva devolute al TSAP in unico grado.

Resta questione di giurisdizione, soggetta ai particolari regimi di rilievo e di conseguente ammissibilità (come pure a quelli di proponibilità del regolamento di ufficio previsto dai rispettivi ordinamenti codicistici), quella del riparto tra TSAP in unico grado e TRAP (cioè il medesimo plesso, ma in duplice grado); e si ripropone in modo particolare, indotta dal carattere ibrido del plesso giurisdizionale, la problematica in tema di riparto della giurisdizione in caso di espropriazione: con la devoluzione alla giurisdizione del TSAP in unico grado di tutte le controversie diverse da quelle in materia di congruità dell’indennità, che restano devolute invece a quella del TRAP in primo grado (con l’ulteriore peculiarità che tali ultime controversie sono assoggettate ad un duplice grado di merito, mentre all’infuori del diritto delle acque esse, come è noto, sono devolute alla corte d’appello in unico grado di merito).

Va peraltro conclusivamente notato che, in materia di tutela di interessi legittimi (e quindi nella giurisdizione del tribunale superiore in unico grado), la visione eminentemente patrimonialistica del bene acqua è stata fortemente ridimensionata: la cura di interessi pubblici anche sensibilmente diversi, soprattutto in materia ambientale, ha consentito un controllo accurato dell’adeguatezza dell’azione amministrativa del governo delle acque orientandola anche al contemperamento di esigenze pubblicistiche importanti e via via assurte ad autentica centralità.

Tuttavia, l’analisi sarà qui condotta limitatamente al contenzioso in materia di diritti, che da quell’impostazione patrimonialistica continua ad essere caratterizzato ancor oggi.

 3. Cenni alla particolarità del rito.

Non è questa la sede per una compiuta trattazione del rito davanti ai tribunali delle acque. Basti comunque rinviare alla disciplina contenuta negli artt. 140 ss. del r.d. 1775 del 1933, con alcune importanti specificazioni:

- il rito speciale prevede l’impostazione tardo ottocentesca della suddivisione dei compiti tra giudice istruttore (qui chiamato delegato) e collegio, con riserva però a quest’ultimo di ogni potere decisionale finale[13]: e, quindi, con similitudine rispetto al rito civile collegiale (o di appello) anteriore alla riforma del 1990/95, ma con una sensibile accentuazione dei poteri monocratici del presidente del TSAP, tra cui quello di dirimere le questioni di competenza interne al plesso;

- vi è una norma generale di rinvio (l’art. 208) ai rispettivi sistemi processuali civile (per le controversie in materia di diritti soggettivi, o in doppio grado di merito) ed amministrativo (per quelle in materia di interessi legittimi, o in unico grado), che va inteso a quelli via via vigenti, a meno di un’espressa previsione incompatibile;

- il rito è caratterizzato da una straordinaria agilità, a partire dalla forma del ricorso da notificarsi a controparte quale atto introduttivo e dalla sostanziale carenza di preclusioni (assertive, ma anche istruttorie), almeno in primo grado, fino all’udienza di precisazione delle conclusioni dinanzi al giudice delegato[14], per connotarsi della tendenziale sanabilità di qualunque nullità; tuttavia, le preclusioni derivanti dal sistema delle impugnazioni devono intendersi comunque operanti (tra cui quelle degli artt. 342 e 343 cod. proc. civ., coi conseguenti oneri di specificità dei motivi di appello[15], di proposizione dell’appello incidentale entro il termine perentorio di venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nel ricorso[16]; ma ne discende analoga estensione dell’onere di riproposizione delle domande ed eccezioni non esaminate, nonché del divieto di domande ed eccezioni nuove e di prove nuove);

- la sentenza di primo grado del tribunale regionale non è provvisoriamente esecutiva ope legis, salvo che quel giudice non la abbia dichiarata tale (e solo in tale ultima evenienza sussistendo la competenza del giudice di appello a sospenderla[17]);

- i termini per l’impugnazione decorrono dalla comunicazione del dispositivo anche se effettuata a mezzo p.e.c. ed in uno all’intero testo della sentenza[18];

- l’impugnazione è data alle Sezioni Unite della Corte di cassazione[19] coi consueti limiti (tra cui quelli elaborati sul vizio motivazionale da Cass. Sez. U. nn. 8053 e 8054 del 2014[20]), ma rimane operativo l’istituto della rettificazione prevista dal codice di rito civile del 1865 per i casi di ultrapetizione od infrapetizione e di contraddittorietà della motivazione[21], mentre la revocazione è data per motivi corrispondenti a quelli regolati dall’attuale art. 395 cod. proc. civ.[22];

- poiché si tratta di una giurisdizione superiore e poiché la normativa che regola il patrocinio dinanzi a queste prevale su quella speciale, mentre in primo grado dinanzi ai tribunali regionali è di norma ammessa anche la difesa personale in giudizio, dinanzi al tribunale superiore è sempre necessario il ministero di avvocato iscritto agli albi speciali per il patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori[23].

 4. La tipologia di contenzioso in materia di diritti soggettivi.

In materia di diritti soggettivi, vale a dire di controversie riconducibili all’art. 140 del t.u., il contenzioso – fermo il riconoscimento dell’inammissibilità di una condanna ad un facere da parte del giudice specializzato nei confronti delle autorità amministrative[24] – può grosso modo suddividersi in due grandi categorie: cause relative allo sfruttamento complessivo della risorsa idrica (canoni, sovracanoni, altre prestazioni patrimoniali, concessioni e altre modalità di intervento pubblicistico; ma pure tendenziale esclusione di prestazioni a carico di operatori del settore delle telecomunicazioni[25]) e cause relative alla regimentazione della risorsa idrica ed ai danni conseguenti (espropriazioni, acquisizioni sananti, delimitazioni del demanio, danni da esondazioni o disastri analoghi).

Le due grandi tipologie di controversie corrispondono poi, singolarmente, grosso modo a due macroaree geografiche: concentrandosi soprattutto le prime nell’Italia settentrionale e le seconde in quella centromeridionale. Tanto può ascriversi verosimilmente al fatto che la non limitatezza della risorsa idrica – soprattutto a fini di sfruttamento economico e di produzione di energia da fonte evidentemente rinnovabile – nel primo contesto socio-geografico implica dispute sul suo fisiologico utilizzo e di conseguenza sulle necessità di contemperare gli interessi in conflitto tra aspiranti utilizzatori o tra costoro e titolari dei poteri in materia di governo, mentre la fragilità geologica del secondo contesto sposta l’accento sulla verifica dell’adeguatezza dell’ordito infrastrutturale finalizzato a contemperare quelle caratteristiche intrinseche con le esigenze di sviluppo o di fruizione ordinaria del bene ambiente.

Quanto allo sfruttamento delle risorse idriche, la stessa morfologica diversità di queste ultime e del territorio nel suo complesso rende più frequenti nelle regioni settentrionali le controversie sull’esatta delimitazione tra demanio e proprietà privata, soprattutto in prossimità di rive di laghi o di fiumi (suscettibili, particolarmente le prime, di intenso sfruttamento economico: si tratta di porzioni di demanio sostanzialmente appropriate a fini abitativi o residenziali, ma pure di svolgimento di attività economiche, soprattutto turistiche[26]), ma pure quelle in tema di prestazioni patrimoniali imposte, variamente denominate (soprattutto i sovracanoni, tra cui particolare rilievo hanno quelli dovuti ai Consorzi dei bacini imbriferi montani o b.i.m.), connesse allo sfruttamento della risorsa idrica e finalizzate ad una sorta di compensazione delle comunità locali[27]. Le cause risarcitorie attengono soprattutto, in questo contesto geografico, agli ostacoli all’accesso alle acque quali beni produttivi[28] o, talvolta, alla compensazione di un loro sfruttamento al di là o senza specifici titoli e corrispettivi[29], ivi compresi i danni da sottensioni - o simili condotte - illegittime.

Comune a tutto il territorio nazionale, ma con prevalenza nelle regioni centromeridionali, è il contenzioso in materia di interventi ablatori per pubblica utilità, ovviamente – trattandosi di controversie in materia di diritti soggettivi; in materia di acque, gli interventi sostanzialmente espropriativi spesso riguardano l’imposizione di specifiche servitù, soprattutto di acquedotto, ma sono sempre più frequenti quelle finalizzate a specifiche modalità di regolazione del regime delle acque (destinazione a cassa di espansione). Alcune zone della Campania e della Puglia sono accomunate da tematiche connesse alla realizzazione di importanti opere di somministrazione di acqua a scopo umano o irriguo, a servizio rispettivamente di grandi centri urbani o di notevoli estensioni territoriali sfruttate a fini agricoli.

Praticamente tipico delle regioni centromeridionali – ma pure dell’area ligure, accomunata da un analogo sostrato geologico di precarietà – è poi il contenzioso risarcitorio da malgoverno delle opere idrauliche e soprattutto in tema di danni ascritti ad allagamenti, inondazioni, esondazioni, frane, dissesti, il tutto prospettato come inadeguatezza delle opere che avrebbero dovuto prevenirli ed in relazione alle scelte di pianificazione dei relativi interventi. Questi sono talvolta stati posti in discussione in caso di istituzione di oasi[30] o riserve naturali o di opzioni in caso di gestione di emergenze, ma soprattutto ai fini della concreta determinazione della soglia di prevedibilità degli eventi da prevenire in rapporto al cosiddetto tempo di ritorno ed all’entità ed al costo delle opere[31]; ma grande attenzione, evidentemente per le ricadute pratiche quanto a concreta e pratica eseguibilità forzata delle eventuali condanne, è stata dedicata all’individuazione dei soggetti pubblici responsabili.

A questo riguardo, la giurisprudenza in tema di diritti soggettivi ha potuto ribadire concetti generali elaborati nella teoria generale del danno e soprattutto di responsabilità oggettiva da danni da cose in custodia, individuando - parallelamente all’elaborazione messa a punto dalla Corte di cassazione[32] - di norma quale prima responsabile la titolare attuale della proprietà e delle potestà amministrative in materia di corsi d’acqua e cioè la Regione[33], aggiungendovi però, a titolo di concorso (ai sensi dell’art. 2055 cod. civ.), quella degli altri Enti a vario titolo coinvolti nella gestione o manutenzione di quelli e quindi, ove sussistessero peculiarità delle singole legislazioni anche regionali e vi fosse stata la loro effettiva attuazione con traslazione del potere di signoria di fatto sui beni (a sua volta presupposto della responsabilità ai sensi dell’art. 2051 cod. civ.), dei Consorzi di Bonifica o degli altri enti territoriali intermedi, a rafforzamento della tutela del danneggiato.

 5. Attualità dei tribunali delle acque.

Il contenzioso odierno dinanzi al plesso giurisdizionale delle acque pubbliche è tuttavia quantitativamente modesto, a dispetto della rilevanza economica delle controversie e del loro impatto sul complessivo assetto di intere comunità e delle ricadute appunto sul bene fondamentale costituito dall’acqua e nel settore della principale fonte di energia rinnovabile di cui naturalmente può fruire il nostro Paese.

È un contenzioso di poche centinaia di controversie annue, per di più, soprattutto negli ultimi anni, in gran prevalenza in tema di interessi legittimi: trovando le questioni in materia di diritti evidentemente adeguata risoluzione in pronunce di principio, idonee ad assumere la natura di decisioni-pilota. Da un lato, il contenzioso risarcitorio vero e proprio tende a trasferirsi dinanzi al giudice ordinario; dall’altro lato, quello sui diritti demaniali riveste caratteri di spiccata marginalità soggettiva e territoriale.

Ancora, la tematica sulle prestazioni patrimoniali comunque imposte ai privati concessionari di acque pubbliche è sempre più puntualmente disciplinata dalla legge, con progressive specificazioni dei presupposti ed individuazione di limiti temporali più chiari, generalmente in favore dei concessionari ed al fine di rendere meno imprevedibili i costi economici dei progetti di sfruttamento della risorsa pubblica.

Né può dirsi che il rito delle acque in materia di diritti possa offrire, tranne che per la presenza di un componente tecnico di particolare preparazione, spunti di riflessione utili per il rito civile: il primo è restato quasi un fossile vivente ibridato, quasi un Celacanto giuridico, legato com’è ancora ad istituti tempi e concetti propri del tardo Ottocento ed al contempo vivificato dall’innesto del tessuto vitale di un processo civile radicalmente mutato e caratterizzato da scansioni temporali e decadenziali prima sconosciute, ma al contempo teso ad una incontenibile, benché poco convincente, sommarizzazione. Ed è proprio questa ibridazione a legittimarlo, senza neppure bisogno di una formale riconduzione ad unità almeno al rito sommario del processo civile ordinario: la quale potrebbe, tutt’al più, giustificarsi per esigenze di uniformità sistematica e, comunque, al pur sempre pregevole scopo della certezza del diritto a garanzia dell’effettività della tutela delle posizioni giuridiche del giustiziabile.

Nondimeno, l’esiguità quantitativa del contenzioso non fa venir meno la sua peculiare rilevanza qualitativa già soltanto nell’impostazione tradizionale dell’acqua pubblica come risorsa economica suscettibile di sfruttamento da razionalizzare e regolare, né scalza la singolare importanza, ai fini della correttezza e ponderatezza della decisione, dell’apporto della professionalità tecnica esterna e della contaminazione interattiva tra Consiglieri di Cassazione e Consiglieri di Stato; e tanto, in uno verosimilmente alla complessità delle conseguenze tecniche della scarsa ponderazione del relativo intervento, è valso il fallimento dei conati di soppressione dell’ordinamento delle acque ai primi anni del millennio e, neppure giunto a vedere la luce in un testo normativo, alla metà del 2016[34].

Nuovi orizzonti potrebbero utilmente aprirsi ove l’idea ed il concetto stessi di acqua pubblica fossero rivisti nel senso contemporaneo di diritto fondamentale della persona, anziché di oggetto di diritti di sfruttamento economico.

Tanto è reso evidente già nella giurisdizione in tema di interessi ed a legislazione invariata, come si è visto in occasione dell’emergenza idrica della Capitale; ma nulla vieta che, sia pure a prezzo di un intervento legislativo chiaro ed univoco, la cognizione dei tribunali delle acque sia estesa al diritto del singolo all’accesso all’acqua salubre.

Anzi, l’esperienza finora maturata nel settore tradizionale costituisce un titolo di merito per presentare i tribunali delle acque come attrezzati tutori dei diritti dei singoli in un settore che, da vitale per l’economia, si è oggi compreso vitale per l’esistenza stessa, per la dignitosa e libera quotidiana esistenza di ogni individuo quale Persona.

 6. Appendice. Indicazioni bibliografiche essenziali

6.A. In generale sul sistema dei tribunali delle acque

G. Mastrangelo, I tribunali delle acque pubbliche, Corr. giur., monografie, Milano (IPSOA) 2009 (anche per un compiuto sistema di ulteriori riferimenti)

H. Simonetti, Passato e presente del tribunale superiore delle acque pubbliche: la ricerca di un modello oltre la specialità, in Foro Amministrativo (Il), fasc. 4, 1 giugno 2019, pag. 739

V. Giomi, Giusto processo, effettività della giurisdizione e concentrazione dei giudizi: la Corte di Cassazione riforma in via interpretativa la specialità della giurisdizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche, in Dir. proc. amm., 2013, fasc. 4, p. 1153

V. Parisio, I tribunali delle acque: un modello giurisdizionale tutto italiano, in Foro amm. TAR, fasc. 12, 2009, pag. 3679

G. Fuochi Tinarelli, Il ricorso contro i provvedimenti del tribunale superiore delle acque pubbliche, in G. Ianniruberto, U. Morcavallo (a cura di), Il nuovo giudizio di Cassazione, 2010, pp. 67 ss.

G. Conte, Tribunali delle acque pubbliche, in Enc. dir. XLV, Milano, 1992, pp. 51 ss.

P.F. Pratis, Tribunale superiore delle acque pubbliche, in NSS Dig. it., XIX, Torino, 1973, p. 719

 

6.B. In generale sul diritto all’acqua

A. Di Lieto, Il diritto all’acqua nel diritto internazionale, in Riv. giur. ambiente, fasc. 5, 2004, pag. 749

F. Di Dio, Acqua, derivazioni e conflitti d’uso: per la prima volta un Tribunale riconosce che bere è un diritto primario rispetto alle concessioni per produrre energia elettrica, in Riv. giur. ambiente, fasc. 6, 2008, pag. 1018 (nota a Trib. reg. acque, 04 febbraio 2008, n. 12)

F. Castoldi, La riforma dei servizi pubblici locali a rilevanza economica al vaglio della Corte Costituzionale: i riflessi di alcune delle questioni trattate dalla sentenza sul servizio idrico integrato nazionale, in Riv. giur. ambiente, fasc. 2, 2011, pag. 0260B (nota a Corte Cost., 17 novembre 2010, n. 325)

A. Sandulli, L’acquedotto pugliese e la gestione del servizio idrico: slapstick comedy del legislatore regionale e carattere pervasivo della tutela della concorrenza, in Giur. Cost., fasc. 2, 2012, pag. 828 (nota a Corte Cost., 21 marzo 2012, n. 62)

F. Staiano, La progressiva emersione di un diritto umano e fondamentale all’acqua in sistemi di diritto internazionale e costituzionale: principi generali e prospettive di implementazione, in www.federalismi.it, 13/02/2013, ultimo accesso 26/08/2019

R. Palladino, Iniziativa legislativa dei cittadini dell’Unione europea e democrazia partecipativa: a proposito dell’iniziativa Right2Water, in Diritto dell’Unione Europea (Il), fasc. 3, 2014, pag. 493

S. De Vido, Tutela della biodiversità e rispetto dei diritti umani. Le sentenze CGUE nei casi Cascina Tre Pini e deviazione del fiume Acheloo, in Riv. Giur. dell’Ambiente, fasc. 6, 2014, pag. 803

F. Nicotra, Un “diritto nuovo”: il diritto all’acqua, in www.federalismi.it, n. 14/2016, ultimo accesso 26/08/2019

A. Crismani, La protezione costituzionale del diritto all’acqua pubblica tra crisi finanziaria e diritti umani. L’art. 70.a della Costituzione slovena sul “Diritto all’acqua potabile”, 30 dicembre 2016, in Amministrazione in cammino, ultimo accesso 27/08/2019

A. Cauduro, La fornitura del quantitativo minimo vitale di acqua, in Dir. amm., fasc. 4, 1 dicembre 2017, pag. 837

F. Spagnuolo, L’accesso universale all acqua potabile di qualità come Obiettivo di sviluppo sostenibile e diritto umano fondamentale: sviluppi recenti e possibili evoluzioni future in ambito UE, in Dir. e giur. agraria alimentare e dell’ambiente, n. 3/18

R. Cavallo Perin, Proprietà pubblica e uso comune dei beni tra diritti di libertà e doveri di solidarietà, in Dir. amm., fasc. 4, 1 dicembre 2018, pag. 839

C. Toresini, Il diritto all’acqua nelle regioni: water, water, every where, nor any drop to drink, in Riv. giur. ambientediritto.it, fasc. 1/19

 

 

[1] Intervento al Corso "Il diritto all’acqua come diritto fondamentale" organizzato dalla Struttura di formazione decentrata della Corte di Cassazione della Scuola Superiore della Magistratura e tenutosi a Roma il 19 settembre 2019. Articolo sottoposto a referaggio anonimo.

[2] Consigliere della Corte Suprema di Cassazione e Componente titolare del Tribunale Superiore delle Acque pubbliche.

[3] Istituiti, rispettivamente, presso le corti di appello di:

- Torino: per le circoscrizioni delle Corti di Appello di Torino e Genova;

- Milano: per le circoscrizioni delle Corti di Appello di Milano e Brescia;

- Venezia: per le circoscrizioni delle Corti di Appello di Venezia (, Trento) e Trieste;

- Firenze: per le circoscrizioni delle Corti di Appello di Bologna e Firenze;

- Roma: per le circoscrizioni delle Corti di Appello di Roma, Aquila ed Ancona;

- Napoli: per le circoscrizioni delle Corti di Appello di Napoli (, Campobasso, Salerno), Bari (,Lecce, s.d. Taranto, Potenza) e Catanzaro;

- Palermo: per le circoscrizioni delle Corti di Appello di Palermo (, Caltanissetta), Catania e Messina;

- Cagliari: per la circoscrizione della Corte di Appello di Cagliari (e la s.d. di Sassari).

[4] Sulla natura di giudice specializzato dei tribunali regionali, nella giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, tra le ultime, v. Cass. Sez. U. ord. 12/07/2019, n. 18827; in generale, v. pure Cass. Sez. U. ord. 19/04/2013, n. 9534.

[5] Tra le ultime, v. Cons. St., sez. V, 19/10/2017, n. 4839: “è ormai non più dubitabile che, come in giurisprudenza è recepito da tempo risalente (cfr. Cass., 18 febbraio 1955, n. 475; 10 giugno 1955, n. 1786; 16 giugno 1973, n. 1776; Cass., SS.UU., 30 luglio 2007, n. 16798; 2 dicembre 2008, n. 28535; cfr. anche Cons. Stato, Ad. gen., 6 febbraio 1958, n. 5) e come in dottrina è stato da tempo sottolineato con attenzione alla sua composizione, che il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche sia un organo giudiziario ordinario, seppure specializzato. Il che è confermato da vari altri indici, che sono stati essenzialmente ravvisati nella nomina dei componenti con decreto del presidente della Repubblica su proposta del Ministro della giustizia; nella circostanza che dal 1947 sia previsto per il presidente del TSAP un apposito posto nel ruolo organico della magistratura ordinaria; nel dato normativo storico che per il d.lgs. C.p.S. 1° ottobre 1947, n. 1696, il presidente del TSAP ha il «grado secondo, corrispondente a quello di procuratore generale della Corte di cassazione»; nel dato normativo che l’art. 6 (Conferimento di uffici direttivi a magistrati di Corte di cassazione) l. 24 maggio 1951, n 392 (Distinzione dei magistrati secondo le funzioni. Trattamento economico della Magistratura nonché dei magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei conti, della Giustizia militare e degli avvocati e procuratori dello Stato) affermi che l’“ufficio direttivo” di presidente del TSAP è conferito, analogamente agli altri, «per anzianità e per merito a magistrati di Corte di cassazione»; nel dato normativo che l’art. 10 (sulle funzioni dei magistrati ordinari), comma 15, d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160 (Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati) dispone che «le funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità sono quelle di presidente aggiunto della Corte di cassazione e di presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche»; nel fatto che l’ammissione al gratuito patrocinio è di competenza dell’apposita commissione la Corte di cassazione (art. 209 r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 - Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici)”.

Va segnalato però che, in origine, era diversa l’impostazione quanto al tribunale superiore: per Cass. Sez. U. 18/02/1955, n. 475, in Rass. dir. pubbl., 1956, II, 586, quel tribunale superiore era invece giudice speciale (preesistente alla Costituzione e quindi immune dal divieto di cui all’art. 102, ma pur sempre in teoria soggetto alla VI disposizione transitoria e al disegno di riordino in essa previsto), soprattutto perché i giudici ordinari vi decidono – nelle controversie su interessi legittimi – in minoranza.

[6] Per una ricognizione, senza pretesa di completezza, può farsi riferimento a Cass. Sez. U. 24/09/2018, n. 22438, ove ulteriori riferimenti.

[7] E così in materia di opere di qualunque natura e pure sugli usi, atti o fatti, anche consuetudinari, che possono aver relazione col buon regime delle acque pubbliche, con la difesa e conservazione delle sponde, con l’esercizio della navigazione, con quello delle derivazioni legalmente stabilite e con l’animazione dei molini ed opifici sovra le dette acque esistenti; inoltre, in materia di condizioni di regolarità dei ripari ed argini od altra opera qualunque fatta entro gli alvei o contro le sponde.

[8] L’alternativa poteva infatti, tutt’al più, porsi non con i tribunali delle acque, ma col giudice amministrativo. È il caso di recente deciso da Cass. Sez. U. 19/12/2018, n. 32780, a mente della quale “l’azione risarcitoria proposta dall’utente nei confronti del gestore del servizio idrico integrato - qualora si controverta soltanto del risarcimento del danno cagionato all’utente dalla fornitura di acqua in violazione dei limiti ai contenuti di sostanze tossiche (nella specie, arsenico e floruri) imposti da disposizioni anche di rango eurounitario, ovvero del diritto alla riduzione del corrispettivo della fornitura stessa per i vizi del bene somministrato - rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, atteso che in tale ipotesi l’attività di programmazione o di organizzazione del servizio complessivo di fornitura di acqua posta in essere dalla P.A. costituisce solo il presupposto del non esatto adempimento delle obbligazioni gravanti sul gestore in forza del rapporto individuale di utenza.”

[9] Per tutte, Cass. ord. 28/06/2018, n. 17058, ovvero Cass. ord. 20/06/2019, n. 16633 (che hanno peraltro escluso, per la peculiarità della normativa, una sua concreta violazione da parte dello Stato).

[10] Tra le ultime, Cass. Sez. U. 25/05/2018, n. 13195.

[11] Ricorrente è l’interrogativo del riparto in caso di controversie risarcitorie, anche se la giurisprudenza della Corte di cassazione pare ormai saldamente basata sulla devoluzione al plesso specializzato di quelle in cui la causa petendi sia ascritta a vizi di progettazione o realizzazione delle opere idrauliche e non soltanto a difetti di manutenzione ordinaria o condotte meramente inerti. Da ultimo, v. Cass. ord. 20/06/2019, n. 16636, a mente della quale “nelle controversie aventi per oggetto il risarcimento dei danni derivanti dallo straripamento di un corso d’acqua pubblico per omessa cura o manutenzione dello stesso, ex art. 140, lett. e), del r.d. n. 1775 del 1933, spettano alla competenza dei tribunali regionali delle acque le domande in relazione alle quali l’esistenza dei danni dipenda dall’esecuzione, dalla manutenzione o dal funzionamento di un’opera idraulica, mentre restano riservate alla cognizione del giudice in sede ordinaria quelle aventi per oggetto pretese che si ricollegano solo indirettamente e occasionalmente alle vicende relative al governo delle acque, atteso che la competenza del giudice specializzato si giustifica in presenza di comportamenti, commissivi o omissivi, che implichino apprezzamenti circa la deliberazione, la progettazione e l’attuazione di opere idrauliche o comunque scelte della P.A. dirette alla tutela di interessi generali correlati al regime delle acque pubbliche.”

[12] Per Cons. Stato, IV sez., 05/08/2019, n. 5555 (che richiama anche Cass. Sez. U. 26/02/2019, n. 5641), “sono devoluti alla giurisdizione in unico grado del Tribunale superiore delle acque pubbliche, ai sensi dell’art. 143, comma 1, lett. a, r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775, anche i ricorsi avverso provvedimenti amministrativi che, sebbene non costituiscano esercizio di un potere propriamente attinente alla materia delle acque pubbliche, riguardino comunque l’utilizzazione del demanio idrico, incidendo in maniera diretta e immediata sul regime delle acque”. Ad esempio, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo sulla causa avente ad oggetto l’annullamento del provvedimento emesso dal gestore dei servizi energetici con riguardo agli incentivi economici per la produzione di energia da fonte rinnovabile, poiché viene in rilievo un atto che non ha incidenza diretta sulla materia delle acque pubbliche, ma concerne l’indirizzo della produzione energetica nazionale (Cass. Sez. U. ord. 03/11/2017, n. 26150); ancora, ai sensi dell’art. 143, comma 1, lett. a), del r.d. n. 1775 del 1933, i provvedimenti riguardanti gli ambiti territoriali ottimali rientrano tra quelli riservati alla cognizione del Tribunale superiore delle acque pubbliche, in unico grado di legittimità, quando da essi discendano ricadute sulla organizzazione e sulla conduzione del sistema idrico integrato che, mirando a garantire la gestione di tale servizio in termini di efficienza, efficacia ed economicità, abbiano incidenza diretta sul regime delle acque pubbliche e del loro utilizzo (Cass. Sez. U. ord. 11/06/2018, n. 15105). Per Trib. sup. Acque 28/02/2019, n. 90, la giurisdizione del TSAP sussiste anche in tema di opere dirette a scongiurare il rischio di esondazione.

[13] Tuttavia, compete al g.d. l’immediato rilievo delle eventuali questioni di giurisdizione, a pena di inammissibilità del successivo regolamento d’ufficio: Cass. Sez. U. ord. 08/05/2017, n. 11143.

[14] Cass. Sez. U. 20/06/2017, n. 15279.

[15] Cass. Sez. U. 28/12/2017, n. 31113; Trib. sup. Acque 17/02/2016, n. 55.

[16] Trib. sup. Acque 15/07/2016, n. 237; Cass. Sez. U. 25/06/2019, n. 16979.

[17] Trib. sup. Acque, ord. 19/12/2016, n. 1097 cron.; Trib. sup. Acque 12/02/2019, n. 60; Trib. sup. Acque 11/07/2018, n. 113.

[18] Tra le ultime, Trib. sup. Acque 23/11/2018, n. 193: la comunicazione a mezzo posta elettronica certificata della sentenza, in quanto ne contenga anche il dispositivo per intero, è idonea a fare decorrere il termine per l’impugnazione previsto dal primo comma dell’art. 189 del r.d. 1775/1933 in relazione alla notificazione prevista dal terzo comma del precedente art. 183 (Trib. sup. Acque 16/02/2016, n. 53, seguita poi dalle sentenze nn.: 70, 270, 311 e 333 del 2016; 143, 166, 176, 181, 219, 231 del 2017; 16, 18, 32 del 2018). Il principio è stato confermato anche da Cass. Sez. U. 26/02/2019, n. 5642 (seguita già da Cass. Sez. U. 13/06/2019, n. 15900), che ha rigettato il ricorso avverso Trib. sup. Acque n. 176/17.

[19] Entro i termini previsti espressamente a tal fine. Al riguardo, i termini per proporre ricorso per cassazione contro le sentenze del Tribunale Superiore delle acque pubbliche in unico grado, ai sensi degli artt. 201 e 202 del r.d. n. 1775 del 1933, sono quelli indicati nell’art. 518 c.p.c. del 1865, ridotti alla metà (quarantacinque giorni): da ultimo, Cass. Sez. U. 30/03/2018, n. 8048.

[20] Cass. Sez. U. 07/01/2016, n. 67.

[21] Per tutte, v. Trib. sup. Acque 01/10/2018, n. 128, oppure Cass. Sez. U. 25/06/2019, n. 16979.

[22] Trib. sup. Acque n. 128/18, cit.; in particolare: in materia di impugnazioni di sentenze rese dal Tribunale superiore delle acque pubbliche in grado di appello, la rettificazione prevista dall’art. 517, nn. da 4 a 6, del cod. proc. civ. 1865, richiamata dall'art. 204 cpv. r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 (rimedio concesso quando la sentenza «abbia pronunciato su cosa non domandata» - n. 4 dell’art. 517 cod. proc. civ. del 1865, «abbia aggiudicato più di quello ch'era domandato» - n. 5 del medesimo art. 517 - ovvero «abbia omesso di pronunciare sopra alcuno dei capi della domanda stati dedotti per conclusione speciale …» - n. 6 di detta disposizione -), comporta l’identificazione dell’oggetto dell'impugnazione nel vizio di ultra-, infra- od extrapetizione come elaborato anche successivamente nel vigore dell'art. 112 cod. proc. civ. del 1942; peraltro, poiché la rettificazione è ammessa in via alternativa e mutuamente esclusiva col ricorso per cassazione, essa non è ammissibile se non nel caso in cui l’omissione lamentata integri una totale pretermissione della domanda o dell’eccezione, derivante dalla radicale carenza di considerazione di argomenti anche con l’una o con l’altra incompatibile ed alla stregua dei quali ricostruire appunto una pronuncia implicita o per assorbimento: dovendo, in mancanza di tali caratteristiche, risolversi in altro dei vizi di ricorso per cassazione.

Infine, la rettificazione ai sensi del n. 7 dell’art. 517 cod. proc. civ. del previgente codice di rito, anch’essa richiamata dal citato art. 207, co. 2, r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, è ammessa dinanzi alla totale ed assoluta, cioè non riducibile in via interpretativa neppure sistematica, contraddittorietà tra parti essenziali della sentenza da gravare, in applicazione della giurisprudenza consolidatasi in ordine al vizio di violazione di legge ai sensi del previgente testo dell’art. 360 cod. proc. civ. del 1942 sul ricorso straordinario per cassazione, nuovamente attuale dopo la riforma del 2012 di quella norma, come interpretata dalle Sezioni Unite della Corte di legittimità.

[23] Trib. sup. Acque 19/04/2017, n. 75; Cass. Sez. U. ord. 22/05/2019, n. 13903, ove altri riferimenti.

[24] Per tutte: Trib. sup. Acque 23/08/2018, n. 107; Trib. sup. Acque 21/06/2016, n. 210. Non può trovare infatti applicazione, nel regime delle acque ed in forza dell’art. 2 del r.d. 25 luglio 1904, n. 523, la regola generale elaborata dalla giurisprudenza di legittimità per la quale l’inosservanza, da parte della P.A., nella gestione (e manutenzione) dei beni che ad essa appartengono, delle regole tecniche, ovvero dei comuni canoni di diligenza e prudenza, può essere denunciata dal privato davanti al giudice ordinario sia quando tenda a conseguire la condanna ad un facere, sia quando abbia per oggetto la richiesta del risarcimento del danno patrimoniale, giacché una siffatta domanda non investe scelte ed atti autoritativi dell’amministrazione, ma un’attività soggetta al rispetto del principio del neminem laedere (Cass. Sez. U. 06/09/2013, n. 13571; Cass. Sez. U. 20/10/2014, n. 22116; Cass. 12/07/2016, n. 14180).

[25] Su tale ultimo punto, v. ad es. Trib. sup. Acque 16/05/2019, n. 129, ove ulteriori riferimenti anche alla giurisprudenza di legittimità.

[26] È il caso dei laghi principali, soprattutto di quello di Garda. In generale, la controversia ha ad oggetto la demanialità di un terreno, in genere quando la competente amministrazione pubblica agisce per conseguirne il rilascio o, più di frequente, la sottoposizione ad un canone od altra indennità di occupazione senza titolo. È sempre esclusa la sdemanializzazione di fatto (tranne che per le fattispecie anteriori al 1994, ma pur sempre a rigorose condizioni), per la peculiare connotazione del demanio idrico: per tutte, ove riferimenti, Trib. sup. Acque 22/11/2018, n. 189.

[27] Non sono mancate cause in materia di validità di convenzioni tra enti locali e concessionarie in merito a corrispettivi, variamente denominati, dell’utilizzo del suolo a fini produttivi, anche se di recente la Corte di cassazione ha escluso la loro devoluzione alla giurisdizione del plesso delle acque. Per Cass. ord. 23/02/2017, n. 4699, “in tema di riparto di competenza fra giudice ordinario e tribunale regionale delle acque pubbliche, non rientrano nella cognizione del giudice specializzato le controversie che, pur ricollegandosi al presupposto della sussistenza di una concessione di acqua pubblica, non investano la legittimità o la portata di quest’ultima e non tocchino, quindi, i relativi interessi pubblici, ma riguardino esclusivamente reciproci obblighi negoziali tra le parti, previsti da fonti contrattuali che semplicemente presuppongano l’attuazione e l’esercizio dei diritti di uso delle acque, di modo che non sia necessaria un’indagine sul contenuto e sui limiti della concessione al fine di individuarne la portata e gli effetti e di stabilire se essa abbia, o meno, l’attitudine ad incidere, modificandoli, sui rapporti tra le parti. (Nella specie, la S.C., sul presupposto dall’assenza di competenza diretta in capo ai comuni sul rilascio delle concessioni in materia di acque pubbliche, ha ritenuto competente il giudice ordinario in merito ad un’azione di nullità di clausola di una convenzione-quadro, che prevedeva la realizzazione di un impianto idroelettrico con derivazione delle acque di un canale pubblico ed in base alla quale la società contraente si era impegnata a corrispondere al comune una royalty sul ricavato della vendita dell’energia prodotta).”. In casi analoghi, ma evidentemente perché la relativa questione non era mai tempestivamente stata posta, era stata rilevata la nullità delle clausole che imponevano la corresponsione di somme aggiuntive rispetto ai canoni ed ai sovracanoni espressamente previste: Trib. sup. Acque 02/02/2016, n. 23.

[28] V. ad es. Trib. sup. Acque 11/11/2016, n. 309.

[29] Per l’interferenza di manufatti su opere idrauliche, v. Trib. sup. Acque 11/04/2016, n. 111.

[30] Trib. sup. Acque 16/02/2016, n. 54.

[31] Trib. sup. Acque 11/04/2016, n. 109.

[32] Soprattutto Cass. ordd. 01/02/2018, n.. 2478, 2480 e 2482.

[33] Tra molte: Trib. sup. Acque nn. 198 e 199 del 15/06/2016; n. 219 del 04/07/2016; n. 60 del 23/02/2016; n. 21 del dì 08/02/2017.

[34] Com’è noto, il d.d.l. 1075 Senato della corrente Legislatura prevede la soppressione dell’intero plesso giurisdizionale delle acque con devoluzione della relativa giurisdizione al giudice amministrativo (eccettuate le sole controversie sulle misure delle indennità di espropriazione).


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