Ambiente e sicurezza
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L’inserimento dell’ambiente in Costituzione non è né inutile né pericoloso

L’inserimento dell’ambiente in Costituzione non è né inutile né pericoloso

di Gianfranco Amendola

Come è noto, dottrina e giurisprudenza hanno dibattuto a lungo la delicata problematica relativa alla assenza della tutela dell’ambiente nella nostra Costituzione, cui, con una intelligente e travagliata elaborazione, aveva tentato di porre rimedio la Corte Costituzionale attraverso la lettura congiunta degli artt. 9 (paesaggio) e 32 (salute). Pochi giorni fa, tuttavia, dopo un laborioso iter parlamentare, con una votazione praticamente unanime, la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi sono state inserite nella Carta attraverso la modifica degli artt. 9 e 41.

Stupisce, tuttavia, che una riforma costituzionale di tale rilevanza sia passata quasi sotto silenzio e, pertanto, appare opportuno evidenziarne subito alcuni aspetti particolarmente significativi, anche per tentare sommessamente di rispondere alle critiche che, da più parti, sono state formulate nei suoi confronti, a volte ancor prima che questa importante riforma giungesse a compimento.

Sommario: 1. Premessa - 2. Ambiente e Costituzione prima della modifica. - 3. In particolare, il valore-ambiente nella giurisprudenza costituzionale. - 4. La riforma degli artt. 9 e 41 della Costituzione - 5. Ambiente e paesaggio - 6. Conclusioni.

1. Premessa

Come è noto, dottrina e giurisprudenza hanno dibattuto a lungo la delicata problematica relativa alla assenza della tutela dell’ambiente nella nostra Costituzione, cui, con una intelligente e travagliata elaborazione durata decenni, aveva tentato di porre rimedio la Corte Costituzionale attraverso la lettura congiunta degli artt. 9 (paesaggio) e 32 (salute). Pochi giorni fa, tuttavia, con una votazione praticamente unanime, dopo un laborioso iter parlamentare che ha accorpato diversi disegni di legge costituzionale ed ha proceduto, nelle commissioni competenti, alla audizione di numerosi esperti[1], la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi sono state inserite nella Carta attraverso la modifica degli artt. 9 e 41.

Stupisce, tuttavia, che una riforma costituzionale di tale rilevanza sia passata quasi sotto silenzio e, pertanto, appare opportuno evidenziarne subito alcuni aspetti particolarmente significativi, anche per tentare sommessamente di rispondere alle critiche che, da più parti, sono state formulate nei suoi confronti, a volte ancor prima che questa importante riforma giungesse a compimento.

Resta solo da ricordare, in premessa, che, in realtà, come è noto, l’inserimento dell’ambiente in Costituzione era già formalmente avvenuto, anche se indirettamente, nel 2001 con la riscrittura dell’art. 117, ove compare per la prima volta “la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, ma solo per sancire che si tratta di materia soggetta a legislazione esclusiva dello Stato unitamente alla potestà legislativa concorrente delle Regioni per la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali. Senza, quindi, conferire in alcun modo all’ambiente quella tutela costituzionale giunta solo oggi con la modifica in esame.

2. Ambiente e Costituzione prima della modifica

In realtà, tuttavia, come si è accennato, attraverso un lungo processo di elaborazione, la tutela costituzionale dell’ambiente era stata affermata dalla Corte costituzionale leggendo congiuntamente l’art. 9 (tutela del paesaggio), rispetto al quale la Corte accoglieva «l’interpretazione data da Predieri del paesaggio come l’«ambiente naturale modificato dall’uomo» (Corte cost. n. 94 del 1985 e n. 151 del 1986; e l’art. 32 (diritto alla salute) «il quale ha permesso, dapprima alla Cassazione civile, poi alla stessa Corte costituzionale di affermare il diritto all’ambiente salubre (Cass. S.U. 6.10.1979, n. 5172; Corte cost. n. 167 del 1987)»[2].

Basta ricordare, a questo proposito, che già nel 1987 (sent. n. 210) la Corte si sforzava «di dare un riconoscimento specifico alla salvaguardia dell'ambiente come diritto fondamentale della persona ed interesse fondamentale della collettività e di creare istituti giuridici per la sua protezione»; modellandola, quindi, sul diritto alla salute[3], e concludendo che «trattasi di valori che in sostanza la Costituzione prevede e garantisce (artt. 9 e 32 Cost.), alla stregua dei quali, le norme di previsione abbisognano di una sempre più moderna interpretazione»; conclusione ribadita dopo la riforma del 2001, tra le altre, con sentenza n. 536/2002, secondo cui «già prima della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, la protezione dell’ambiente aveva assunto una propria autonoma consistenza … configurandosi l’ambiente come bene unitario, che può risultare compromesso anche da interventi minori e che va pertanto salvaguardato nella sua interezza. La natura di valore trasversale, idoneo ad incidere anche su materie di competenza di altri enti nella forma degli standards minimi di tutela, già ricavabile dagli artt. 9 e 32 della Costituzione, trova ora conferma nella previsione contenuta nella lettera s) del secondo comma dell’art. 117 della Costituzione, che affida allo Stato il compito di garantire la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema»; ricordando, infine, più di recente (sentenza n. 126 del 2016), che «è noto che, sebbene il testo originario della Costituzione non contenesse l’espressione ambiente, né disposizioni finalizzate a proteggere l’ecosistema, questa Corte con numerose sentenze aveva riconosciuto (sentenza n. 247 del 1974) la preminente rilevanza accordata nella Costituzione alla salvaguardia della salute dell’uomo (art. 32) e alla protezione dell’ambiente in cui questi vive (art. 9, secondo comma), quali valori costituzionali primari (sentenza n. 210 del 1987)».

3. In particolare, il valore-ambiente nella giurisprudenza costituzionale

Giova, a questo punto, soffermarsi brevemente sul significato che la giurisprudenza della Corte ha attribuito al termine ”ambiente” nel riconoscergli tutela costituzionale. Come già si intuisce dalle citazioni precedenti, infatti, per la Corte occorre far capo ad «una concezione unitaria del bene ambientale comprensiva di tutte le risorse naturali e culturali. Esso comprende la conservazione, la razionale gestione ed il miglioramento delle condizioni naturali (aria, acque, suolo e territorio in tutte le sue componenti), la esistenza e la preservazione dei patrimoni genetici terrestri e marini, di tutte le specie animali e vegetali che in esso vivono allo stato naturale ed in definitiva la persona umana in tutte le sue estrinsecazioni» (sentenza n. 210 del 1987, cit.[4]). Più in particolare, quindi,  «l’ambiente è protetto come elemento determinativo della qualità della vita. La sua protezione non persegue astratte finalità naturalistiche o estetizzanti, ma esprime l’esigenza di un habitat naturale nel quale l’uomo vive ed agisce e che è necessario alla collettività e, per essa, ai cittadini, secondo valori largamente sentiti; è imposta anzitutto da precetti costituzionali (artt. 9 e 32 della Costituzione) per cui essa assurge a valore primario ed assoluto» (sentenza n. 641 del 1987[5]). E peraltro, «come si evince anche dalla Dichiarazione di Stoccolma del 1972, la biosfera viene presa in considerazione non solo per le sue varie componenti, ma anche per le interazioni fra queste ultime, i loro equilibri, la loro qualità, la circolazione dei loro elementi, e così via. Occorre, in altri termini, guardare all'ambiente come “sistema”, considerato cioè nel suo aspetto dinamico, quale realmente è, e non soltanto da un punto di vista statico ed astratto» (sentenza n. 378 del 2007), tenendo conto che nella tutela dell’ambiente esiste «un contenuto allo stesso tempo oggettivo, in quanto riferito ad un bene, l'ambiente (sentenze n. 367 e n. 378 del 2007; n. 12 del 2009), e finalistico, perché tende alla migliore conservazione del bene stesso (vedi sentenze n. 104 del 2008; n. 10, n. 30 e n. 220 del 2009)» (sentenza n. 225 del 2009).

In sostanza, quindi, prima della riforma odierna, la Corte costituzionale aveva riconosciuto l’ambiente come «bene immateriale» e «valore costituzionale primario e assoluto» di tipo trasversale, comprensivo di tutte le risorse naturali e culturali con incidenza diretta sulla qualità della vita dell’uomo.

4. La riforma degli artt. 9 e 41 della Costituzione

È pertanto in questo quadro sommariamente delineato che va letta la riforma degli artt. 9 e 41 di cui riportiamo il testo attuale (le modifiche in maiuscolo) insieme all’art. 32 (rimasto invariato):

art. 9

La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica

Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

TUTELA L’AMBIENTE, LA BIODIVERSITÀ E GLI ECOSISTEMI, ANCHE NELL’INTERESSE DELLE FUTURE GENERAZIONI.

LA LEGGE DELLO STATO DISCIPLINA I MODI E LE FORME DI TUTELA DEGLI ANIMALI.

       art. 41.

L’iniziativa economica privata è libera.

Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, ALLA SALUTE E ALL’AMBIENTE.

La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali E AMBIENTALI.

art. 32.

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. 

Già a caldo[6], sotto il profilo letterale, alcune osservazioni appaiono di tutta evidenza:

1) la tutela dell’ambiente viene equiparata alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico della nazione;

2) insieme, ed accomunate alla tutela dell’ambiente, compaiono anche la tutela della biodiversità e quella degli ecosistemi;

3) queste tre nuove tutele sono qualificate dal richiamo (anche) all’interesse delle future generazioni;

4) aumentano i limiti alla libertà dell’iniziativa economica privata, che non solo non deve recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, ma (ora) neanche alla salute e all’ambiente;

5) in più, per l’attività economica pubblica e privata, si aggiunge che la legge deve indirizzarla e coordinarla a fini non solo sociali ma anche ambientali;

6) contestualmente si sancisce anche la tutela degli animali senza, però, attribuirle diretta rilevanza costituzionale ma rinviandone l’attuazione alla legge ordinaria.

Il primo interrogativo che si presenta attiene, ovviamente, alla portata di questa modifica, contro cui, ancor prima della sua approvazione, si erano levate diverse voci per sostenerne la inutilità (se non, come vedremo, la pericolosità) visto che, per merito della giurisprudenza sopra citata, la tutela dell’ambiente era, di fatto, già esistente in Costituzione.

Diciamo subito, a questo proposito, che, in ogni caso, la trasformazione di una condivisibile acquisizione giurisprudenziale in legge non può che essere vista con favore, dato che elimina ogni dubbio anche in vista di possibili oscillazioni giurisprudenziali. In più, anche a livello formale, vista la rilevanza della questione ambientale per la nostra stessa esistenza, è necessario e doveroso far risultare con chiarezza che la nostra Costituzione tutela direttamente l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi come valori a sé senza doverli ricavare in via interpretativa da altri valori e diritti costituzionali.

Ciò premesso, per comprendere a pieno la portata innovativa di queste modifiche, occorre leggerle e considerarle non separatamente ma nel loro insieme. Se, infatti, è certamente vero che la tutela della biodiversità e degli ecosistemi deve intendersi ricompresa nella tutela dell’ambiente, è altrettanto vero che aver elencato insieme la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, accomunandole tutte attraverso il richiamo (anche) all’interesse delle future generazioni fornisce dell’ambiente un quadro complessivo di ampio respiro sociale e politico che racchiude in sé sia l’elemento naturalistico (con particolare riferimento alla biodiversità ed agli ecosistemi) sia tutti gli altri elementi che, direttamente o indirettamente, sia oggi sia per il futuro, possono incidere sulla vita e sulla qualità della vita dell’uomo.

In tal modo, quindi, non solo si confermano le migliori conclusioni della giurisprudenza costituzionale ma si inserisce la novità del richiamo all’interesse delle future generazioni, altamente qualificante al fine di interpretare nel suo giusto valore l’ambito di applicazione di tutta la riforma[7]

Peraltro, a proposito dell’art. 41, la lettura complessiva delle modifiche apportate alla Costituzione porta a ritenere che esse, in sostanza, hanno anche introdotto il cd. principio dello “sviluppo sostenibile”, oggi tanto di moda (pare che ormai sia tutto “sostenibile”), chiarendo opportunamente che, poiché l’attività economica deve essere indirizzata e coordinata dalla legge “a fini sociali e ambientali” (e cioè, ex art. 9 novellato, tenendo conto anche dell’interesse delle future generazioni), la “sostenibilità” deve essere valutata e perseguita con riferimento alla tutela dell’ambiente e della collettività nel suo complesso e con un occhio al futuro, e non, come spesso si intende, alle esigenze dell’economia e del profitto immediato[8]

5. Ambiente e paesaggio

È, pertanto, sulla base di queste considerazioni che deve essere affrontato il difficile rapporto tra ambiente e paesaggio.

Abbiamo, visto, infatti che la tutela del paesaggio sancita dall’art. 9 (unitamente all’art. 32) è stato il fulcro su cui si è basata la giurisprudenza per pervenire alla tutela dell’ambiente; allargando, a tal fine, l’ambito del “paesaggio”[9], non più considerato solo come un valore estetico ma facendolo coincidere «con quello di habitat e con la tutela degli interessi ecologici e degli equilibri ambientali (sentt. nn. 302 e 356/1994), e dunque con la tutela ambientale nel suo complesso … comprensiva tanto dell'ambiente naturale che di quello antropizzato...» [10].

Adesso, tuttavia, la tutela dell’ambiente viene formalmente separata da quella del paesaggio che   deve, quindi, ritenersi limitata al solo “aspetto visivo” relativo alla “morfologia del territorio” (sentenza n. 367 del 2007[11]). Proprio per questo “sdoppiamento”, ben prima che questa modifica costituzionale diventasse definitiva, si sono levate diverse voci preoccupate del possibile contrasto tra ambiente e paesaggio in quanto «si profila con ogni serietà il rischio che la modifica costituzionale possa provocare, quale suo immediato effetto tangibile, quello di subordinare la tutela paesaggistica alla straripante diffusione degli impianti industriali di produzione di energia da fonti rinnovabili». E pertanto, specie in considerazione delle esigenza di far fronte alla mutazione climatica, il diritto all’ambiente potrebbe trasformarsi, a fini di speculazione economica, in «un nuovo “interesse tiranno”, capace di facilmente travolgere la tutela paesaggistica», finendo per «veicolare senza remore la trasformazione industriale dei paesaggi agrari e appenninici del Paese» attraverso il massiccio collocamento di pale eoliche e sconfinate distese di pannelli fotovoltaici[12].

Trattasi, certamente, di preoccupazione legittima visto lo scempio e gli ecomostri che, nonostante l’art. 9, la speculazione edilizia ha sovente generato in alcune delle più belle località del nostro paese. Ma questa riforma non ha eliminato né depotenziato la tutela del paesaggio e, anzi, a nostro sommesso avviso, se ben applicata ed interpretata, potrebbe indurre elementi non di preoccupazione ma di cauto ottimismo.

In primo luogo, infatti, tutela del paesaggio e tutela dell’ambiente, se pure ora sono formalmente distinte, hanno pari dignità costituzionale e fanno parte di uno stesso filone contenuto nell’art. 9 che comprende, come ben evidenziato dalla Corte, beni immateriali non monetizzabili ma necessari per garantire all’uomo e alle future generazioni una accettabile qualità della vita[13]. E, pertanto, si tratta di tutele che, in sostanza, non si contrappongono ma si integrano con la differenza che mentre prima, con qualche (benedetta) forzatura, la tutela dell’ambiente si ricavava da quella del paesaggio adesso, più propriamente, si tutelano insieme ambiente e paesaggio. Anzi, vista la pregressa giurisprudenza della Corte sull’ampiezza dell’ambiente e visto il richiamo all’ interesse delle future generazioni, si dovrebbe ritenere, al di là del dato formale, che, in realtà, la tutela dell’ambiente non può non ricomprendere anche quella del paesaggio. Osservazione particolarmente rilevante quando ambiente e paesaggio vengono messi in pericolo da attività economiche le quali non devono recar danno alla salute e all’ambiente e devono essere indirizzate e coordinate dalla legge a fini sociali ed ambientali. In altri termini la nuova formulazione degli artt. 9 e 41 porta a concludere che la tutela dell’ambiente non può essere perseguita a scapito della tutela del paesaggio e che è compito della legge attuare una programmazione tale da indirizzare e coordinare tutte le iniziative economiche in modo da “bilanciare”[14] opportunamente due esigenze di valenza costituzionale formalmente separate ma, in realtà, attinenti entrambe alla qualità della vita di oggi e delle future generazioni.

6. Conclusioni

Ci sarà tempo e modo per approfondire l’importanza di questa modifica della Costituzione, ma, a nostro sommesso avviso, vista la pessima qualità di gran parte della nostra normativa ambientale,  sin da ora si può dire che una lettura complessiva della riforma alla luce degli importanti risultati cui era giunta la Corte costituzionale può portare sin da ora a prevedere rilevanti conseguenze di questa modifica costituzionale rispetto a numerose norme di legge esistenti troppo spesso più attente alle esigenze dell’economia che a quelle dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi anche nell’interesse delle future generazioni; e, pertanto, oggi fondatamente sospette di illegittimità.

Si pensi solo, a titolo di esempio, al delitto di disastro ambientale che consiste (oltre all’offesa per la pubblica incolumità) in un danno rilevante o irreversibile per l’ambiente e l’ecosistema che sono beni oggi direttamente tutelati dall’art. 9 della Costituzione e che, tuttavia, viene punito solo se cagionato “abusivamente”; ipotizzando, quindi, che qualcuno possa attentare a beni costituzionalmente protetti, agendo non «abusivamente», e, quindi, in modo legittimo e consentito. In palese contrasto, peraltro, anche con il novellato art. 41, secondo cui, come abbiamo visto, nessuna iniziativa economica privata può recare danno alla salute e all’ambiente e, se si tratta di attività economica pubblica o privata, la legge deve determinare i programmi ed i controlli per indirizzarla e coordinarla «a fini…ambientali», evitando, ovviamente, che possa provocare addirittura un disastro ambientale[15].

 

[1] Per approfondimenti, si rinvia al nostro L’inserimento del diritto all’ambiente nella Costituzione all’esame del Senato, in Diritto e giurisprudenza agraria, alimentare e dell’ambiente, 2019, n. 6, ricavato dalla rielaborazione degli appunti utilizzati dallo scrivente, nella audizione informale del 24 ottobre 2019 presso la Commissione Affari Costituzionali del Senato, per la formulazione di alcune proposte fra cui quella di modificare anche l’art. 41 della Costituzione.

[2] S. Grassi, Ambiente e Costituzione, Riv. quadr. dir. amb. 2017, n. 3, p. 12, cui si rinvia per approfondimenti e richiami.

[3] Qualificato dall’art. 32 come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.

[4] La quale valorizza anche la tutela costituzionale contro il danno ambientale definito come «pregiudizio arrecato, da qualsiasi attività volontaria o colposa, alla persona, agli animali, alle piante e alle risorse naturali (acqua, aria, suolo, mare), che costituisce offesa al diritto che vanta ogni cittadino individualmente e collettivamente».

[5] La quale aggiunge che l’ambiente è un «bene immateriale unitario, sebbene a varie componenti, ciascuna delle quali può anche costituire, isolatamente e separatamente, oggetto di cura e di tutela; ma tutte, nell’insieme, sono riconducibili ad unità. Il fatto che l’ambiente possa essere fruibile in varie forme e differenti modi, così come possa essere oggetto di varie norme che assicurano la tutela dei vari profili in cui si estrinseca, non fa venir meno e non intacca la sua natura e la sua sostanza di bene unitario che l’ordinamento prende in considerazione».

[6] Cfr. il nostro L’ambiente in Costituzione. Primi appunti, www.osservatorioagromafie.it, 14 febbraio 2022.

[7] «È realistico aspettarsi che chi è ossessionato dalla massimizzazione dei profitti si fermi a pensare agli effetti ambientali che lascerà alle prossime generazioni? All’interno dello schema della rendita non c’è posto per pensare ai ritmi della natura, ai suoi tempi di degradazione e di rigenerazione, e alla complessità degli ecosistemi che possono essere gravemente alterati dall’intervento umano. Inoltre, quando si parla di biodiversità, al massimo la si pensa come una riserva di risorse economiche che potrebbe essere sfruttata, ma non si considerano seriamente il valore reale delle cose, il loro significato per le persone e le culture, gli interessi e le necessità dei poveri» (Enciclica Laudato si, n. 190).

[8] «In questo quadro, il discorso della crescita sostenibile diventa spesso un diversivo e un mezzo di giustificazione che assorbe valori del discorso ecologista all’interno della logica della finanza e della tecnocrazia, e la responsabilità sociale e ambientale delle imprese si riduce per lo più a una serie di azioni di marketing e di immagine» (Enciclica Laudato si, n. 194).

[9] Da ultimo, sulla nozione di «paesaggio», cfr. Cons. Stato Sez. IV, n. 624 del 28 gennaio 2022, www.lexambiente.it, 10 febbraio 2022, secondo cui «in tema di tutela del paesaggio, la nozione accolta dalla Convenzione europea del paesaggio, stipulata dagli Stati membri del Consiglio d’Europa a Firenze il 20 ottobre 2000 e ratificata dall’Italia con la l. 9 gennaio 2006, n. 14, introduce un concetto certamente ampio di “paesaggio”, non più riconducibile al solo ambiente naturale statico, ma concepibile quale frutto dell’interazione tra uomo e ambiente, valorizzando anche gli aspetti identitari e culturali, di modo che è pertanto la sintesi dell’azione di fattori naturali, umani e delle loro interrelazioni a contribuire a delineare la nozione, complessa e plurivoca, di “paesaggio”».

[10] R. Montaldo, Il valore costituzionale dell’ambiente tra doveri di solidarietà e prospettive di riforma, Forum di Quaderni Costituzionali, 2, 2021, p. 443, www.forumcostituzionale.it, cui si rinvia per citazioni e richiami di dottrina e giurisprudenza.

[11] La quale aggiunge che « è lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale».

[12] G. Severini, P. Carpentieri, Sull’inutile, anzi dannosa modifica dell’articolo 9 della Costituzione, in questa Rivista, 22 settembre 2021. Trattasi, peraltro, di preoccupazione largamente diffusa in parte del mondo ambientalista.

[13] Non a caso, l’art.117 richiama, insieme, “la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, e cioè, in sostanza gli stessi valori tutelati dall’art. 9 novellato.

[14] “Bilanciamento”, peraltro, è il termine usato dalla Corte costituzionale nella sentenza sull’ILVA n. 85 del 2013 a fronte del contrasto tra diritto alla salute e diritto al lavoro (e alla produzione), unitamente alla precisazione che  nella Costituzione non vi sono “diritti-tiranni” e che «il punto di equilibrio, proprio perché dinamico e non prefissato in anticipo, deve essere valutato – dal legislatore nella statuizione delle norme e dal giudice delle leggi in sede di controllo – secondo criteri di proporzionalità e di ragionevolezza, tali da non consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale». Si noti, in proposito, che, cinque anni dopo e sempre sull’ILVA, la stessa Corte, rifacendosi espressamente al disposto (di allora) dell’art. 41, specificava che l’attività di impresa «si deve esplicare sempre in modo da non recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Rimuovere prontamente i fattori di pericolo per la salute, l’incolumità e la vita dei lavoratori costituisce infatti condizione minima e indispensabile perché l’attività produttiva si svolga in armonia con i principi costituzionali, sempre attenti anzitutto alle esigenze basilari della persona.» (sentenza n. 58 del 2018). Conclusione valida, a maggior ragione, adesso che il divieto di recare danno è stato espressamente ampliato per comprendere, oltre alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana, anche la salute e l’ambiente. Per approfondimenti e richiami, ci permettiamo rinviare al nostro L’ambiente in Costituzione. Primi appunti, cit.

[15] Per approfondimenti, citazioni e richiami, anche con riferimento ad altri casi, ci permettiamo di rinviare ancora al nostro L’ambiente in Costituzione. Primi appunti, cit.  

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