Processo Penale
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La confisca senza condanna nel giudizio di impugnazione

La confisca senza condanna nel giudizio di impugnazione [1]  

di Pasquale Fimiani  

Fin dalla sua introduzione l’art. 578-bis c.p.p. ha posto dubbi interpretativi relativamente alle tipologie di confische per le quali, in presenza di reato estinto, il giudice di appello o la Corte di Cassazione possono decidere sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell’imputato. Le questioni interpretative si sono ulteriormente ampliate a seguito della “spazzacorrotti” che ha modificato la norma estendendo i poteri del giudice dell’impugnazione in tema di confisca relativa a reato prescritto a quella prevista dall’art. 322-ter c.p. (anche quindi quella per equivalente). Temi sui quali le recenti sentenze Perroni delle Sezioni Unite del 2020 e Cipriani della quinta sezione del 2021 consentono di ricostruire un quadro sufficientemente omogeneo, sia pure con qualche chiaroscuro.    

Sommario: 1. Premessa - 2. L’ambito di applicabilità dell’art. 578-bis secondo la sentenza Perroni -3. L’art. 578-bis e la confisca per equivalente - 4. L’art. 578-bis e la confisca facoltativa del profitto del reato prescritto - 5. Profili temporali dell’applicazione dell’art. 578-bis.  

1. Premessa

Fin dalla sua introduzione con il d.lgs. 1° marzo 2018, n. 21 (c.d. riserva di codice), l’art. 578-bis c.p.p. aveva posto dubbi interpretativi relativamente a:

1) le tipologie di confische per le quali, in presenza di reato estinto, il giudice di appello o la Corte di Cassazione possono decidere sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell’imputato ed in particolare la riferibilità della norma alla speciale confisca da lottizzazione urbanistica prevista dall’art. 44 TUE;

2) il rapporto tra l’art. 578-bis c.p.p. ed il principio di diritto affermato dalla sentenza Lucci delle Sezioni Unite, n. 31617/2015, secondo cui il giudice, nel dichiarare l’e­stinzione del reato per intervenuta prescrizione, può disporre, a norma del­l’art. 240, comma 2, n. 1, c.p., la confisca del prezzo e, ai sensi dell’art. 322-ter c.p., la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato a condizione che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna e che l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come prezzo o profitto rimanga inalterato nel merito nei successivi gradi di giudizio.

Le questioni interpretative si sono ulteriormente ampliate a seguito della legge n. 3/2019 “spazzacorrotti” che ha modificato l’art. 578-bis c.p.p. estendendo i poteri del giudice dell’impugnazione in tema di confisca relativa a reato prescritto a quella prevista dall’art. 322-ter c.p. (anche quindi quella per equivalente).

Il punto di partenza per esaminare tali questioni è il dictum delle Sezioni Unite penali con la sentenza Perroni del 30 aprile 2020, n. 13539, relativa ad un ricorso avverso una sentenza di appello confermativa della condanna per il reato di lottizzazione abusiva (art. 44 d.P.R. n. 380/2001).

Le Sezioni Unite, superato il dubbio di costituzionalità dall’art. 578-bis c.p.p. per eccesso di delega prospettato dall’ordinanza di rimessione, hanno enunciato i seguenti principi di diritto:

«La confisca di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva determinata dalla prescrizione del reato purché sia stata accertata la sussistenza della lottizzazione abusiva sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell’ambito di un giudizio che abbia assicurato il contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio non può, in applicazione dell’art. 129, comma 1, cod. proc. pen., proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento.

In caso di declaratoria, all’esito del giudizio di impugnazione, di estinzione del reato di lottizzazione abusiva per prescrizione, il giudice di appello e la Corte di cassazione sono tenuti, in applicazione dell’art. 578-bis cod. proc. pen., a decidere sull’impugnazione agli effetti della confisca di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001».

La sentenza, inoltre, ha ritenuto di non poter valutare l’illegittimità della statuizione della confisca urbanistica sotto il profilo del rispetto del principio di proporzionalità evocato dall’ordinanza di rimessione come questione rilevabile d’ufficio ed ha tratto la conseguenza di sistema della inapplicabilità della confisca in primo grado se il reato è già prescritto in quella sede, temi entrambi non oggetto del presente intervento.    

2. L’ambito di applicabilità dell’art. 578-bis secondo la sentenza Perroni

Il dubbio di applicabilità dell’art. 578-bis c.p.p. alla confisca da lottizzazione abusiva veniva argomentato dall’ordinanza di rimessione [2] con la genesi della norma, frutto del trasferimento – ad opera dell’art. 6, comma 4, d.lgs. n. 21/2018, attuativo della delega della riforma Orlando per la riserva di codice – del comma 4-septies dell’art. 12-sexies del d.l. n. 306/1992 in tema di confisca allargata.

Secondo tale comma, introdotto con la legge 21 ottobre 2017, n. 161 di riforma del Codice antimafia, «le disposizioni di cui ai commi precedenti, ad eccezione del comma 2-ter» (relativo alla confisca per equivalente) «si applicano quando, pronunziata sentenza di condanna in uno dei gradi di giudizio, il giudice di appello o la Corte di cassazione dichiarano estinto il reato per prescrizione o per amnistia, decidendo sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell’imputato».

L’art. 240-bis c.p. (parimenti riformulato e frutto del trasferimento dell’art. 12-sexies c.p. da parte del citato d.lgs. n. 21/2018), cui l’art. 578-bis c.p.p. fa richiamo, non contiene, a differenza dell’abrogato art. 12-sexies, riferimenti né al­l’art. 295 del d.P.R. n. 43/1973 (T.U. doganale), né all’art. 73, escluso il comma 5, del d.P.R. n. 309/1990 (T.U. stupefacenti). Ciò per il necessario allineamento all’art. 3-bis c.p. per il quale, se una materia è disciplinata in un testo unico, le disposizioni che la riguardano devono essere inserite all’interno di tale corpus normativo; ed infatti, nei menzionati testi unici sono state previste due nuove disposizioni sulla confisca allargata (art. 6, commi 5 e 6, d.lgs. n. 21/2018).

Secondo l’ordinanza di rimessione, tale essendo la genesi dell’art. 578-bis c.p.p., la riformulazione rispetto al comma 4-septies dell’art. 12-sexies era finalizzata solo a ripristinare la situazione precedente e quindi a consentire l’appli­cazione della confisca al giudice dell’impugnazione anche (ma solo) ai reati prescritti in materia di contrabbando e di sostanze stupefacenti: in tal modo si spiega l’inciso dopo il richiamo alla confisca di cui all’art. 240-bis c.p. «e da altre disposizioni di legge» che non avrebbe quindi portata di carattere generale.

Conclusione che sarebbe stata rafforzata con l’inserimento, dopo tale inciso, con l’art. 1, comma 4, lett. ) della legge 9 gennaio 2019, n. 3 (c.d. spazzacorrotti), dell’ulteriore «o la confisca prevista dall’art. 322-ter c.p.» (confisca per equivalente), poiché «l’uso della congiunzione disgiuntiva “o”», renderebbe evidente «sia la diversa natura della natura ablativa, rispetto alla confisca di cui all’art. 240-bis c.p., sia la voluntas legis di limitare tassativamente l’applicabilità della norma processuale alle confische menzionate», per cui sarebbe esclusa dallo spettro applicativo della norma la confisca urbanistica, in quanto di natura diversa sia dalla confisca allargata che da quella per equivalente.

Per la verità, sulla portata del­l’art. 578-bis c.p.p. le Sezioni Unite si erano pronunciate già prima dell’udienza del 15 maggio 2019 in cui l’ordinanza di rimessione fu deliberata.

Infatti, il 7 febbraio 2019 era stata depositata la sentenza n. 6141 delle Sezioni Unite, assertiva dell’ammissibilità, sia agli effetti penali che civili, della revisione del­la sentenza del giudice di appello che, prosciogliendo l’imputato per l’estin­zio­ne del reato dovuta a prescrizione o amnistia e decidendo sull’impu­gna­zione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi concernenti gli interessi civili, abbia confermato la condanna al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile.

La sentenza, non massimata sul punto, ha ritenuto applicabile la revisione anche alle sentenze previste dall’art. 578-bis in quanto, stante l’analogia con l’art. 578 c.p.p. «all’interessato va, sia pur incidentalmente, riconosciuto lo status soggettivo di “condannato” (sia pur limitatamente alle statuizioni di confisca che conseguano all’incidentale accertamento di responsabilità richiesto dalla norma)» e, nel riportare il testo dell’art. 578-bis, ha chiosato le parole «o da altre disposizioni di legge» con l’inciso, tra parentesi: «il riferimento evoca le plurime forme di confisca previste dalle leggi penali speciali» (p. 27).

Vero è che l’ampia lettura, da parte delle Sezioni Unite, della locuzione «altre disposizioni di legge» che prevedono la confisca non era accompagnata da alcun iter argomentativo, ma sembrava evidente come le Sezioni Unite avessero già avallato i plurimi precedenti della terza sezione penale della Cassazione assertivi dell’applicabilità dell’art. 578-bis c.p.p. alla confisca urbanistica, per cui sfuggivano le ragioni per le quali l’ordinanza di rimessione ad esse non facesse alcun riferimento, né espresso, né implicito.

La sentenza Perroni non si è limitata a richiamare tale precedente, ma ha svolto ampie ed autonome considerazioni per giustificare l’applicabilità dell’art. 578-bis alla confisca urbanistica.

Viene riconosciuta l’esattezza della genesi della norma da parte dell’ordi­nan­za di rimessione, ma si osserva che la stessa non ha solo rappresentato il sostanziale trapianto, nel codice di rito, del contenuto dell’art. 12-sexies, comma 4-septies del d.l. n. 306/1992, ma ha ulteriormente aggiunto, sin dalla versione originaria, il richiamo alla confisca «prevista da altre disposizioni di legge» e, successivamente, per effetto della modifica intervenuta ad opera dell’art. 1, comma 4, lett. f ), legge 9 gennaio 2019, n. 3, il richiamo alla confisca «prevista dall’articolo 322-ter del codice penale».

Questa evoluzione rende «evidente che, quali che siano state le ragioni che hanno determinato il legislatore ad introdurre la norma in oggetto nel codice di rito, la stessa non può che essere letta secondo quanto in essa espressamente contenuto, in particolare non potendo non riconoscersi al richiamo alla confisca «prevista da altre disposizioni di legge», formulato senza ulteriori specificazioni, una valenza di carattere generale, capace di ricomprendere in essa anche le confische disposte da fonti normative poste al di fuori del codice penale».

Per confermare tale ampia lettura dell’art. 578-bis c.p.p., le Sezioni Unite si confrontano con i tre argomenti che secondo l’ordinanza di rimessione ne limiterebbero l’applicabilità alla sola confisca allargata ed a quella prevista dall’art. 322-ter c.p.

In primo luogo, ritenere l’inciso «altre disposizioni di legge» riferibile esclusivamente alla confisca allargata relativa al reato di cui all’art. 295, comma 2, d.P.R. n. 43/1973 ed a quella relativa al reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/1993 per il fatto che, in quanto disciplinate entrambe da testi unici, non avrebbero potuto, per il principio della “riserva di codice” di cui all’art. 3-bis c.p., essere e­spres­sa­mente menzionate nel codice penale, non considera che tale principio riguarda solo le «nuove disposizioni che prevedono reati», le quali «possono essere introdotte nel­l’or­di­namento solo se modificano il codice penale ovvero sono inserite in leggi che disciplinano in modo organico la materia», essendosi, cioè, voluto evitare che con leggi diverse da tali due fonti si possano introdurre nuove fattispecie di reato, mentre nella specie non si sarebbe trattato di introdurre nuove fattispecie di reato ma solo di menzionare, ai fini della regolamentazione della confisca per esse pre­vista, fattispecie già contemplate dall’or­dinamento.

Non appare poi rilevante il fatto che la rubrica della norma riguardi unicamente la “confisca in casi particolari”, in tal modo sembrando alludere alla sola confisca “allargata” di cui all’art. 240-bis, che in rubrica riporta la stessa formulazione, in quanto «le partizioni sistematiche di una legge, in particolare titoli, capi e rubriche, non fanno parte né integrano il testo legislativo e quindi non vincolano l’interprete, in quanto la disciplina normativa sulla formazione delle leggi prevede che solo i singoli articoli siano oggetto di esame e di approvazione da parte degli organi legislativi» [3].

Ed infine, non riveste carattere ostativo ad una lettura inclusiva anche della confisca urbanistica il fatto che, alla “confisca in casi particolari” e a quella “pre­vista … da altre disposizioni di legge”, tra loro legate dalla congiunzione “e”, si sia poi aggiunta anche la confisca di cui all’art. 322-ter cit., attraverso la diversa congiunzione “o”, in quanto «la versione originaria era limitata ai soli due primi elementi mentre il riferimento alla confisca di cui all’art. 322-ter c.p. è stato il frutto di interpolazione successiva, sicché l’affidamento sull’appropriata utilizzazione delle congiunzioni (dapprima la “e” e, poi, la “o”) e sulle sue conseguenze interpretative appare in definitiva assai labile ove non rapportato, come necessario, alla formulazione primigenia caratterizzata dal semplice riferimento ad una confisca prevista dall’art. 240-bis nonché da altre leggi speciali; ed anzi, ben potrebbe dirsi che è la stessa aggiunta posteriore, in realtà, ed in senso opposto a quanto si vorrebbe, a rafforzare una lettura della disposizione inclusiva anche dei provvedimenti ablatori aventi portata lato sensu sanzionatoria, come indubbiamente è la confisca per equivalente e come è la confisca urbanistica, avente natura, per consolidata esegesi di questa Corte, di “sanzione amministrativa”».

Rinviando al paragrafo successivo per considerazioni specifiche sul riferimen­to alla confisca per equivalente, l’ampia lettura dell’art. 578-bis c.p.p. nel senso che il giudizio sulla praticabilità della confisca non debba arrestarsi in Cas­sazione in presenza di reato prescritto va condivisa, quanto alla confisca da lottizzazione abusiva, per due ulteriori ragioni specifiche.

La prima è che alla Cassazione non è preclusa, secondo il dictum della sentenza Matrone delle Sezioni Unite [4], la possibilità di pronunciare sentenza di annullamento senza rinvio «se ritiene superfluo il rinvio e se, anche all’esito di valutazioni discrezionali, può decidere la causa alla stregua degli elementi di fatto già accertati o sulla base delle statuizioni adottate dal giudice di merito, non risultando necessari ulteriori accertamenti».

Ben potrebbe, infatti, la sentenza di merito descrivere in modo puntuale lo stato dei luoghi, la consistenza dell’abuso ed i beni confiscati, in modo da consentire alla Corte di annullare senza rinvio per violazione del principio di proporzionalità e di decidere nel merito sulla confisca ai sensi dell’art. 620, lett. l), c.p.p.

Sarebbe anche in tal caso incongrua una soluzione che faccia dipendere la competenza del giudice penale piuttosto che della P.A. a decidere sulla ablazione delle aree abusivamente lottizzate dal come il giudice del merito abbia motivato nel descrivere gli elementi fattuali giustificativi della confisca da lui disposta o confermata.

La seconda considerazione si fonda sull’obbligatorietà dell’intervento del giudice penale quale garanzia dell’effettività della tutela in materia di illeciti urbanistici nel caso di inerzia della P.A. (retro).

Sarebbe invero incongruo consentire che il processo penale, sede propria di esercizio di tale funzione, debba arrestarsi senza consentirne il pieno e completo svolgimento, affidando la tutela ad un intervento dell’Amministrazione meramente eventuale, nell’an e nel quomodo.

Considerazioni queste che confermano come l’applicabilità dell’art. 578-bis c.p.p. alla confisca urbanistica potesse già fondarsi su ragioni di sistema, come rilevato da un primo commento alle Sezioni Unite Perroni [5] secondo cui «anziché intraprendere una faticosa interpretazione letterale, il più ampio consesso della nomofilachia avrebbe potuto privilegiare una lettura logico-sistematica», valorizzando «la circostanza che l’art. 578-bis c.p.p. costituisce il precipitato dei principi elaborati dalla giurisprudenza costituzionale e convenzionale proprio in relazione ai rapporti fra confisca ex art. 44 d.P.R. n. 380 del 2001» [6].

Va poi sottolineato come le Sezioni Unite si sono concentrate sulla risposta al quesito della applicabilità dell’art. 578-bis c.p.p. alla confisca urbanistica, ma non hanno esaminato in modo pieno ed esaustivo la questione di quali siano le ipotesi di confisca cui si riferisce l’inciso «altre disposizioni di legge», tema che si pone sotto un duplice versante:

1) se la valorizzazione da parte delle Sezioni Unite della comune natura sanzionatoria della confisca urbanistica e di quella per equivalente consenta di affermare che anche quest’ultima ricade, in ogni caso, nello spettro applicativo della norma;

2) se l’art. 578-bis sia riferibile alla sola confisca obbligatoria od anche a quella facoltativa.

Rinviando ai seguenti due paragrafi per l’esame di tali questioni, sembra opportuno precisare sinteticamente l’operatività della regola della confiscabilità in presenza di reato prescritto nel corso del giudizio di impugnazione.

L’applicazione di tale regola nel giudizio di appello presuppone in ogni caso una condanna in primo grado, non essendo consentita la confisca se questo si sia concluso con assoluzione e la prescrizione maturi durante il giudizio di secondo grado, poiché lo stesso dovrebbe proseguire al solo fine di compiere l’ac­certamento di responsabilità, in contrasto con il dictum delle Sezioni Unite.

Per le stesse ragioni, qualora la prescrizione maturi nel corso del giudizio di cassazione, l’art. 578-bis è inapplicabile non solo nel caso di doppia conforme di assoluzione, ma anche qualora la sentenza d’appello abbia assolto nel merito l’im­putato già condannato in primo grado, non potendosi ammettere la reviviscen­za della confisca disposta in tale giudizio [7].

Diverso è il caso di condanna in appello conseguente alla assoluzione in primo grado, con applicazione della confisca, poiché in tal caso la prescrizione viene a maturare nel corso del giudizio di cassazione dopo una precedente pronuncia di condanna. 

3. L’art. 578-bis e la confisca per equivalente

La sentenza Perroni ha esaminato la specifica questione dell’applicabilità del­l’art. 578-bis alla confisca da lottizzazione urbanistica sulla base di un’ampia lettura della locuzione “altre disposizioni di legge” affermando, tra l’altro, che l’ag­giunta delle parole «o la confisca prevista dall’articolo 322-ter del codice penale» da parte della legge n. 3/2019 potrebbe contribuire a «rafforzare una lettura della disposizione inclusiva anche dei provvedimenti ablatori aventi portata lato sensu sanzionatoria, come indubbiamente è la confisca per equivalente e come è la confisca urbanistica, avente natura, per consolidata esegesi di questa Corte, di “sanzione amministrativa”».

Si pone dunque la questione se con tali affermazioni le Sezioni Unite abbiano inteso l’art. 578-bis c.p.p. riferibile a qualsiasi ipotesi di confisca per equivalente [8] e non solo a quella di cui all’art. 322-ter c.p.

Nonostante l’equivocità dell’incidentale riferimento alla confisca per equivalente tout court possa giustificare il dubbio [9], deve ritenersi preferibile la seconda opzione.

Occorre infatti considerare la genesi dell’art. 578-bis c.p.p., che ha trasferito nel codice di procedura il comma 4-septies dell’art. 12-sexies del d.l. n. 306/1992 in tema di confisca allargata, il quale escludeva espressamente dal suo spettro applicativo il comma 2-ter, relativo alla confisca per equivalente e, fin dalla sua prima versione, fa espresso riferimento alla sola confisca diretta ex art. 240-bis, comma 1, c.p., con pretermissione dell’art. 240-bis, comma 2, c.p. disciplinante la confisca per equivalente.

Per tal verso, come è opinione diffusa [10], la norma ha inteso fotografare lo schema delineato dalla sentenza Lucci nella parte in cui escluse la possibilità per il giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, di pronunciarsi sulla confisca per equivalente anche quando vi sia stata una precedente pronuncia di condanna e l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come prezzo o profitto rimanga inalterato nel merito nei successivi gradi di giudizio, atteso il carattere “afflittivo e sanzionatorio“ della confisca per equivalente, preclusivo della c.d. condanna sostanziale.

Vero è che con la legge n. 3/2019 è stato aggiunto il rinvio all’art. 322-ter c.p., comprensivo dell’intero dettato della norma e dunque anche del suo comma 2 relativo alla confisca per equivalente, ma tale addizione non sarebbe stata necessaria se il rinvio alle altre disposizioni di legge fosse stato già inclusivo della confisca per equivalente.

Sembra allora che il legislatore del 2019, avvertito di una potenziale interpretazione restrittiva quale quella proposta dall’ordinanza di rimessione, abbia inteso eliminare ogni dubbio sull’ampia portata della clausola, precisando che essa comprende anche la confisca di cui all’art. 322-ter c.p. Soluzione, questa, condivisa da quanti ritengono che la legge n. 3/2019, «nell’aggiungere – mediante l’uso della disgiuntiva “o” la cui funzione è proprio quella di segnalare la diversa natura della misura ablatoria associata – il rinvio all’art. 322-ter c.p., esprime la volontà di limitare l’ambito di operatività dell’art. 578-bis c.p.p. alle confische ivi indicate in via tassativa, senza che siano possibili applicazioni analogiche o assimilazioni» [11].

È peraltro indubbio che, per tal via, la legge n. 3/2019 finisca per escludere l’originario stretto collegamento dell’art. 578-bis con la specifica materia di cui si è occupata la sentenza Lucci, rendendo meno significativa la circostanza che tale sentenza giustifica il suo esito decisorio con esclusivo riferimento alla confisca obbligatoria del prezzo o profitto del reato (misure ripristinatore non iscrivibili nel paradigma dell’art. 7 Cedu) [12].

Soluzione, questa, sulla cui tenuta convenzionale e costituzionale occorrerà riflettere, quantomeno per la tensione con il principio di ragionevolezza che genera, a causa della diversa disciplina in tema di applicazione della confisca per equivalente in presenza di prescrizione, tra i reati contro la P.A. e gli altri [13].

L’affermazione incidentale contenuta nella sentenza Perroni deve quindi ritersi giustificatrice non già dell’applicabilità dell’art. 578-bis a tutte le forme di confisca per equivalente ma, stante l’estensione della norma alla confisca per equivalente prevista dall’art. 322-ter c.p., quale mero (ulteriore) argomento a sostegno della sua riferibilità alla confisca urbanistica in ragione della comune natura sanzionatoria.

Tale identità di natura, va aggiunto, non può giustificare l’applicabilità del­l’art. 578-bis a tutte le forme di confisca per equivalente, in quanto tra le due ipotesi sussiste una fondamentale differenza per essere quella urbanistica una confisca diretta [14].    

4. L’art. 578-bis e la confisca facoltativa del profitto del reato prescritto

La quinta sezione della Cassazione, con ordinanza n. 7881/2020 [15], aveva rimesso alle Sezioni Unite la questione «inerente la legittimità o meno della confisca facoltativa diretta del profitto del reato ai sensi dell’art. 240 c.p., comma 1, in presenza di pronuncia di prescrizione, pur facente seguito a condanna di primo grado; altrimenti detto, quella del se la confisca facoltativa citata presupponga o meno un giudicato formale di condanna o, piuttosto, se la stessa possa semplicemente accedere ad un completo accertamento da parte del giudice del merito in ordine al profilo soggettivo e oggettivo del reato di riferimento, accertamento che può essere ribadito anche in una sentenza di proscioglimento per prescrizione».

Nella fattispecie la Corte territoriale, in qualità di giudice del rinvio, aveva confermato la confisca ai sensi dell’art. 240, comma 1, c.p., del profitto del reato di cui all’art. 416 c.p., già disposta con precedente sentenza dichiarativa della prescrizione del reato, poi annullata dalla Sez. I penale della Corte di Cassazione n. 42887/2018, con rinvio limitatamente alla confisca del profitto derivante all’imputato dal reato associativo, chiedendo di “qualificare” la natura della confisca, se cioè disposta ai sensi dei commi 1 e 2 dell’art. 240 c.p.

La Corte d’appello aveva sostenuto che, nel rimettere ad essa, quale giudice del rinvio, la qualificazione della confisca del profitto come obbligatoria o facoltativa, la Corte di Cassazione aveva, implicitamente, preso posizione in termini inequivoci in ordine alla applicabilità dei principi della sentenza Lucci anche alla confisca facoltativa di cui all’art. 240, comma 1, c.p. Sul punto la Corte territoriale aveva argomentato, sostenendo che «se il S.C. avesse ritenuto inapplicabile alla confisca facoltativa il principio affermato dalla sentenza S.U. Lucci, non avrebbe annullato la sentenza della Corte di assise d’appello demandando al giudice di rinvio di qualificare la confisca come obbligatoria o facoltativa e di accertarne i relativi presupposti. Infatti, una volta qualificati i beni in questione come profitto del (provato) reato di associazione per delinquere, il S.C. avrebbe potuto decidere direttamente in ordine alle statuizioni relative alla confisca». Infatti, l’esclusione dell’applicabilità dei principi affermati dalla sentenza Lucci avrebbe determinato, stante la mancanza di una sentenza di condanna, l’annul­lamento senza rinvio della sentenza relativamente alla confisca facoltativa. Dun­que, secondo la Corte d’appello l’annullamento con rinvio sì giustifica in quanto la Corte di Cassazione ha ritenuto applicabile il principio della sentenza Lucci anche al caso di confisca facoltativa, essendo il rinvio funzionale ad operare una «valutazione connotata da margini di discrezionalità, come tale preclusa al giudice di legittimità».

Questa lettura era confermata, secondo la Corte d’appello, dalla circostanza che la sentenza di annullamento della Corte di cassazione «non ha accolto l’e­splicita deduzione della difesa che lamentava proprio il mancato rispetto dei principi affermati dalla sentenza S.U. Lucci», in quanto riferibili alla sola confisca obbligatoria del prezzo o del profitto e non alla confisca facoltativa del profitto, oggetto del processo.

Con provvedimento del 20 aprile 2020 [16] il Presidente aggiunto ha restituito gli atti alla Sezione remittente osservando che il giudice del rinvio aveva ritenuto essersi formato una sorta di giudicato implicito interno in ordine alla possibilità di disporre la confisca facoltativa in presenza di un reato estinto per prescrizione e che su questo tema l’ordinanza non si era soffermata, mentre avrebbe dovuto preliminarmente valutare l’eventuale esistenza della preclusione così come ritenuta dalla Corte d’appello e, solo dopo averla esclusa, rimettere la questione alle Sezioni Unite.

Va condiviso il dissenso dell’ordinanza nei confronti di una e­quiparazione tra confisca obbligatoria del prezzo del reato ex art. 240 c.p., comma 2, n. 1, e del profitto del reato ex art. 322-ter c.p. (fattispecie alla base della sentenza Lucci) e la confisca facoltativa del profitto ex art. 240 c.p., comma 1, fondata sulla comune finalità specialpreventiva.

Al contrario, come osservato dalla sezione quinta, le Sezioni Unite Lucci hanno «elaborato le loro tesi attorno ad una peculiare tipologia di confisca, fortemente connotata dalla funzione specialpreventiva di sterilizzare tutte le utilità prodotte dal reato in capo al suo autore. Una funzione, infatti, che, nell’inter­pre­tazione proposta dalle Sezioni Unite e nel bilanciamento con diritti fondamentali dell’individuo, come il diritto di proprietà e di iniziativa economica, è stata ritenuta prevalente con riferimento alla speciale tipologia di provvedimento ablativo obbligatorio considerato, ma che, proprio per tale peculiarità non sembra poter divenire criterio univoco di interpretazione in malam partem, anche laddove quel bilanciamento sia operabile partendo da presupposti diversi. E che la funzione socialpreventiva comune alla confisca facoltativa del profitto e a quella obbligatoria del prezzo del reato non possa valere ad esaurire il tema del rapporto fra le due misure, rendendole sovrapponibili quanto a disciplina applicativa, è dimostrato anche dal fatto che solo la seconda viene ritenuta, dal legislatore, compatibile col decreto penale di condanna (art. 460 c.p.p., comma 2)».

L’obbligatorietà delle confische cui si riferiscono la sentenza Lucci e l’art. 578-bis appare quindi decisiva per escluderne l’estensione alla confisca facoltativa del profitto, anche per coerenza con il principio di legalità che sovraintende al regime delle misure ablative [17].

Questa è stata la conclusione cui è pervenuta la quinta sezione con la sentenza n. 52/2021, negando una possibile “interpretazione generalizzante di sezioni unite Lucci che ne consenta l’applicabilità alla confisca facoltativa”.

Nell’argomentare tale esito la Corte ripropone la propria lettura della sentenza Lucci come riferita ad “una peculiare tipologia di confisca, fortemente connotata dalla funzione specialpreventiva di sterilizzare tutte le utilità prodotte dal reato in capo al suo autore”.

Rispetto a questa impostazione, già presente nell’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite cui è seguita la restituzione in sezione, del tutto nuova invece è l’interpretazione che la sentenza in discorso dà alla novella dell’art. 578-bis c.p.p.

Ed infatti, nell’ordinanza si era soltanto delimitata la sua riferibilità non ad “ogni ipotesi di confisca, ma solo con riferimento ad ipotesi di confisca obbligatoria specificamente enunciate (ex art. 240-bis, comma 1 ed ex 322-ter c.p.)”.

Veniva pertanto omesso nell’ordinanza ogni richiamo alla locuzione “altre disposizioni di legge” di cui invece in sentenza si ritiene di esaminare la portata con un richiamo alla giurisprudenza delle Sezioni Unite (sentt. 6141/2019 e 13539/2020) per le quali si tratterebbe di “espressione riferita alle fonti legislative diverse dal codice penale”.

Va subito rimarcato, come già anticipato, che le Sezioni Unite 6141/2019 hanno affermato che l’inciso in discorso “evoca le plurime forme di confisca previste dalle leggi penali speciali” e, pertanto, adotta un verbo, “evoca”, che non esclude la riferibilità anche a confische obbligatorie previste dal codice penale come ad esempio quella ex art. 416-bis, comma 7, c.p.

 Quanto poi alla sentenza 13539/2020, le Sezioni Unite riconoscono senz’altro all’inciso in questione una valenza generale, capace di ricomprendere “anche” quelle disposte da fonti normative extra codice penale.

È evidente, dunque, come non possa ancorarsi al diritto vivente delle Sezioni Unite l’affermazione della sentenza 52/2021 per la quale “esulano dalla disposizione di nuovo conio dell’art. 578-bis le ipotesi di confisca dell’art. 240 c.p.”. 

Un chiaro infortunio ermeneutico, finalizzato ad un ulteriore conforto della tesi di inapplicabilità alla confisca facoltativa di una confisca senza formale condanna, ma che dimentica la presenza nell’art. 240 c.p. anche del comma 2, n. 1, disciplinante la confisca obbligatoria del prezzo del reato, decisamente inclusa nello spettro applicativo della sentenza Lucci.    

5. Profili temporali dell’applicazione dell’art. 578-bis

L’incidenza temporale della “spazzacorrotti” riguarda due profili.

Il primo concerne le conseguenze del nuovo regime della sospensione della prescrizione con la pronuncia della sentenza di primo grado, introdotto con la modifica dell’art. 159 c.p. a decorrere dal 1° gennaio 2020.

Considerato che la nuova disciplina è inapplicabile retroattivamente, trattandosi di novità produttiva di effetti sostanziali in malam partem (come anche l’ordinanza di rimessione n. 40380/2019 precisa), l’applicabilità dell’art. 578-bis finisce per impattare sui reati commessi precedentemente, sempre che, stante il dictum della sentenza Perroni, la prescrizione sia maturata dopo la sentenza di condanna in primo grado [18].

Per i reati commessi dopo il 1° gennaio 2020, essendo sospeso il corso della prescrizione dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, l’art. 578-bis non può essere applicato dal giudice dell’impugnazione.

Il secondo versante in cui la “spazzacorrotti” pone questioni di regime transitorio riguarda l’applicabilità dell’art. 578-bis alla confisca di cui all’art. 322-ter c.p. per i reati contro la P.A. commessi prima dell’entrata in vigore della modifica della norma da parte della legge n. 3/2019 (31 gennaio 2019).

La questione non si pone per la confisca diretta del profitto e del prezzo prevista obbligatoriamente dall’art. 578-bis, in quanto il principio di irretroattività della legge penale non opera, trattandosi di misura di sicurezza (art. 200 c.p.).

Si pone invece per la confisca per equivalente, considerata la sua natura sanzionatoria.

Secondo un orientamento[19] «la norma in discorso, smussando la fisionomia punitiva della confisca per equivalente, non ha natura meramente processuale, ma almeno mista, dunque anche sostanziale. Ciò importa l’indefettibile ossequio al principio di irretroattività».

Altri[20] ritengono che l’art 578-bis c.p.p. è norma di carattere processuale per cui vige il principio tempus regit actum, pur criticando le conseguenze di tale qualifica, in quanto «si consentirebbe l’operatività del provvedimento di confisca per equivalente anche in via retroattiva, in contrasto con l’art. 2 c.p. e 25 Cost., 7 CEDU in punto di irretroattività della legge penale sfavorevole».

Sviluppando tali considerazioni si dovrebbe però affermare l’operatività di tale principio non solo nel caso in cui il legislatore introduca, per un determinato reato, la confisca per equivalente[21], ma anche quando, come nel caso di specie, la sua applicabilità sia estesa per effetto di una modifica di una norma processuale. Se, infatti, la ratio del principio di irretroattività della legge penale sfavorevole è quella di tutelare l’affidamento e la libertà di autodeterminazione, questa esigenza di tutela dovrebbe valere anche in caso di applicazione di legge processuale, ma con effetti sostanziali in malam partem, come affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 32/2020 [22], in merito al divieto di applicazione retroattiva delle modifiche peggiorative della disciplina delle misure alternative alla detenzione.

Coerentemente con tale impostazione, si dovrebbe concludere che, per i reati contro la P.A. commessi prima dell’entrata in vigore della modifica dell’art. 578-bis da parte della legge n. 3/2019, il giudice, nel dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, non potrebbe disporre, atteso il suo carattere afflittivo e sanzionatorio, la confisca per equivalente.

Tale soluzione è stata peraltro esclusa da una recente decisione della S.C.[23], in tema di peculato prescritto, la quale ha ritenuto l’art. 578-bis norma processuale di immediata applicazione, secondo il principio "tempus regit actum", anche ai fini della conferma o meno della confisca per equivalente del prezzo o del profitto del reato prevista dall’art. 322-ter c.p., poiché in essa «connotata, al pari di quella urbanistica, da un prevalente carattere afflittivo e sanzionatorio ..., convergono evidenti finalità ripristinatorie, di semplificazione probatoria ed esecutiva, che la differenziano sostanzialmente da una pura e semplice pena patrimoniale»[24].

Trattasi di un salto in avanti rispetto alla sentenza Lucci che, partendo dalla «funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica, modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l'imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile», aveva concluso nel senso che la confisca per equivalente è «connotata dal carattere afflittivo e da un rapporto consequenziale alla commissione del reato proprio della sanzione penale, mentre esula dalla stessa qualsiasi funzione di prevenzione che costituisce la principale finalità delle misure di sicurezza», affermando in altro punto che trattasi di «una forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti", avente "carattere preminentemente sanzionatorio».

Il riferimento ad entrambi i profili, già presente nella sentenza Lucci non senza una certa ambiguità di fondo[25], viene ripreso e valorizzato per attribuire sostanzialmente una natura mista alla confisca per equivalente, senza però spiegare perché l’aspetto sanzionatorio risulti recessivo rispetto a quello ripristinatorio per consentire la piena applicazione principio "tempus regit actum", mentre, di contro, risulti prevalente per affermare che «la confisca di beni per un valore corrispondente al prezzo o profitto di taluni reati contro la pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 322-ter c.p. deve, per il suo carattere sanzionatorio, trovare fondamento in una norma sostanziale entrata in vigore prima dei fatti per cui si procede (vedi, L. n. 300 del 2000, art. 15[26].

La natura sanzionatoria sembra invece costituire un dato caratterizzante l’istituto in ogni sua applicazione, sol che si consideri che, secondo un orientamento consolidato, ai fini della confisca per equivalente rileva l'effettiva disponibilità giuridica dei beni, anche per interposta persona, al momento in cui sia disposto il vincolo, essendo ininfluente la circostanza che gli stessi siano stati acquisiti antecedentemente o dopo la commissione del reato[27] (situazione evidentemente incompatibile con la natura anche ripristinatoria).

Resta quindi in campo la possibilità di una interpretazione coerente con la sentenza della Corte costituzionale n. 32/2020 con la conseguente inapplicabilità dell’art. 578-bis alla confisca per equivalente relativa ai reati contro la P.A. commessi prima dell’entrata in vigore della sua modifica da parte della legge n. 3/2019 (31 gennaio 2019). 


[1] Articolo tratto, con modifiche ed aggiornamenti, dal capitolo “La confisca senza condanna: la modifica dell’art. 578‐bis c.p.p.” dell’opera collettanea a cura di G. Fidelbo, Il contrasto ai fenomeni corruttivi, Dalla "spazzacorrotti" alla riforma dell'abuso d'ufficio, Giappichelli, 2020. Si ringraziano il curatore e editore per la concessione.  

[2] In linea con l’impostazione di parte della dottrina (A. Esposito, Il dialogo imperfetto sulla confisca urbanistica Riflessioni a margine di sentenze europee e nazionali, in Archivio penale Web, 22 maggio 2019, alle cui argomentazioni l’ordinanza all’evidenza si ispira ampiamente).

[3] Viene sul punto richiamata Cass. pen., Sez. I, n. 16372/2015, De Gennaro.

[4] Sentenza n. 3464/2018, in Cass. pen., 2018, VI, Sez. II, p. 1880, con nota di R. Rizzuto, Le Sezioni Unite ampliano il potere di annullamento senza rinvio della Cassazione, in Dir. pen. proc., 2018, VI, p. 766 con nota di M. Cecchi, Annullamento senza rinvio: la Cassazione rimodula i propri poteri ed in Giur. it., 2018, III, p. 748, con nota di C. Morselli, Annullamento senza rinvio della Cassazione (quale “Corte Suprema”): contenimento dei costi ed effetti deflattivi.

[5] A. Bassi, Confisca urbanistica e prescrizione del reato, cit.

[6] Nella stessa prospettiva avevamo ritenuto applicabile l’art. 578-bis nel Nostro, La confisca urbanistica nella lottizzazione abusiva prescritta, ne Il Penalista, 5 dicembre 2019., in cui si osservava: «L’art. 578-bis, al di là dell’idea originaria del legislatore, ben si presta a questa operazione di adattamento del sistema in funzione del controllo effettivo della legalità convenzionale della confisca urbanistica – sanzione; uno schema di adattamento, questo, già praticato e diffusamente argomentato dalla citata Sez. III, n. 8350/2019 nella parte in cui ha ritenuto che il principio enunciato dalla sentenza G.I.E.M. della necessaria partecipazione della persona giuridica al processo penale di cognizione in materia di lottizzazione abusiva, può essere attuato “nel rispetto dei principi convenzionali, attraverso l’applicazione estensiva di norme interne quali, l’art. 197 c.p. e l’art. 89 c.p.p.”, in tema di obbligazione civile delle persone giuridiche per il pagamento delle multe e delle ammende)». Analogo approccio si rinviene in A. Pulvirenti, Il difficile connubio dell’art. 578-bis c.p.p., cit., secondo cui dell’art. 578-bis c.p.p. si deve «proporre una lettura convenzionalmente orientata, in virtù della quale la Cassazione, tutte le volte in cui non possa confermare la sentenza di proscioglimento e debba dichiarare estinto il reato per prescrizione o amnistia, deve annullare con rinvio al giudice di merito affinché accerti, nel rispetto degli indefettibili requisiti probatori, la responsabilità dell’imputato e la conseguente sussistenza dei presupposti applicativi della confisca».

[7] Conforme A. Bassi, Confisca urbanistica e prescrizione del reato, cit., secondo cui, in tal caso, «stante la divaricazione dei giudizi di primo e di secondo grado sulla penale responsabilità e l’im­possibilità di far continuare il giudizio in sede di rinvio ai fini dell’”accertamento” dei presupposti del reato di lottizzazione abusiva strumentale all’adozione della confisca, pare arduo ritenere che la Corte di legittimità possa stimare “accertata” la sussistenza della lottizzazione abusiva, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nel senso prescritto dalle Sezioni Unite e dalla Corte di Strasburgo».

[8] Come sembra adombrare G. Civello, La confisca nell’attuale spirito dei tempi: tra punizione e prevenzione, in Archivio penale Web, 20 maggio 2019, secondo cui l’emanazione di una previa condanna rispetto al maturare della prescrizione è un canone generale traibile dall’art. 578-bis c.p.p. destinato a valere a fortiori nell’ambito di quelle confische che, come quella urbanistica, non abbiano natura di mera misura di sicurezza, bensì di vera e propria sanzione penale afflittiva.

[9] Alimentato dal fatto che nella “Documentazione per l’esame di Progetti di legge, Contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, prescrizione e trasparenza dei partiti e movimenti politici A.C. 1189-A”, predisposta dalla Camera dei deputati, è chiaramente indicato che la riforma del­l’art. 578-bis c.p.p. estendeva la disciplina della confisca nel caso di prescrizione alla confisca per equivalente (p. 31).

[10] A. Dello Russo, Prescrizione e confisca dei suoli abusivamente lottizzati: non è necessaria una sentenza di condanna, neppure in primo grado? in Archivio penale Web, 17 marzo 2019; G. Ranaldi, Principio della “riserva di codice” e decisione sul reato estinto: prolegomeni di una tendenza in progressivo consolidamento, in Archivio penale Web, 18 giugno 2018.

[11] G. Varraso, La decisione sugli effetti civili e la confisca senza condanna in sede di impugnazione. La legge n. 3 del 2019 (c.d. “spazzacorrotti”) trasforma gli artt. 578 e 578-bis c.p.p. in una disciplina “a termine”, in dirittopenalecontemporaneo.it, 4 febbraio 2019. Conforme R. Tuzzi, L’art. 578-bis c.p.p.: tra vecchi orientamenti pretori e nuove formulazioni codicistiche, in discrimen.it, 12 marzo 2019, per il quale sebbene la riforma dell’art. 578-bis c.p.p. non possa essere degradata a espressione di mero “lapsus calami”, l’adozione della confisca per equivalente “senza condanna” «suscita una contrapposizione con il principio di legalità di cui agli artt. 25, comma 2, 27, 117 Cost., 7 CEDU e 1 cod. pen., essendo … un vero e proprio provvedimento di natura sanzionatoria».

[12] Conforme V. Mongillo, La legge “spazzacorrotti”: ultimo approdo del diritto penale emergenziale nel cantiere permanente dell’anticorruzione, in dirittopenalecontemporaneo.it, 27 maggio 2019, secondo cui «il dipanarsi di questa creazione giurisprudenziale sino alla confisca ex art. 322-ter c.p. ribalta gli approdi a cui erano pervenute le Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza Lucci, che in nome di un asserito carattere afflittivo e sanzionatorio della value confiscation aveva escluso – a differenza della confisca diretta del prezzo o profitto storico del reato (art. 240 c.p.) – la possibilità di applicarla in caso d’intervenuta prescrizione. Tale innovazione normativa assesta pertanto un duro colpo agli sforzi giurisprudenziali – invero non del tutto convincenti – di sistematizzare la materia delle confische attorno alla dicotomia tra misura di sicurezza patrimoniale a scopo di prevenzione di una pericolosità di tipo obiettivo (confisca diretta, confisca allargata), com’è noto sottratta a svariate garanzie penalistiche, e confisca sanzionatoria (quella per equivalente), assoggettata a tutti i corollari del principio di legalità, al principio di colpevolezza, alla presunzione di non colpevolezza (e quindi alla necessità di una condanna), ecc.».

[13] Dubbi di costituzionalità di carattere generale sono espressi da L. Roccatagliata, Confisca per equivalente e prescrizione del reato. Le contrastanti indicazioni del Giudice di legittimità e i seri dubbi sulla compatibilità con il dettato costituzionale, in Giurisprudenza penale Web, 13 maggio 2020, il quale, commentando Cass. pen., Sez. III, n. 14218/2020, PG C/Palmieri, assertiva, sulla base della sentenza Lucci, della inapplicabilità della confisca per equivalente prevista dall’art. 12-bis, d.lgs. n. 74/2000, in ipotesi di reati tributari (nella specie, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte ex art. 11) dichiarati estinti per intervenuta prescrizione, ritiene che «una norma che permetta di irrogare la confisca per equivalente nei casi in cui il reato si sia estinto per intervenuta prescrizione sembra porsi in contrasto con il principio di colpevolezza e di presunzione di innocenza ex art. 27 Cost., dal quale si ritiene discenda l’ulteriore principio per cui l’irrogazione di una sanzione penale può conseguire solo ad un provvedimento di condanna». Non è invece condivisibile il diverso dubbio di costituzionalità espresso da G. Varraso, La decisione sugli effetti civili e la confisca senza condanna in sede di impugnazione, cit., il quale ritiene l’art. 578-bis non compatibile «con il nucleo assiologico della presunzione di innocenza» già nella parte in cui si riferiva al­l’art. 240-bis, comma 1, c.p., considerato dall’Autore, non già misura di sicurezza atipica, ma sanzione punitiva, dovendosi invece ribadire la natura della confisca allargata quale “misura di sicurezza patrimoniale atipica” con funzione dissuasiva, parallela all’affine misura di prevenzione antimafia, affermata dalla giurisprudenza fin dalle Sezioni Unite Montella del 2004 e confermata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 33/2018 (richiamata adesivamente da Corte costituzionale n. 24/2019 nella quale espressamente si afferma che confisca di prevenzione e confisca allargata costituiscono altrettante species di un unico genus di confische di beni di sospetta origine illecita accertata mediante uno schema legale di carattere presuntivo).

[14] Emblematico il punto 11 della sentenza Lucci: «la confisca per equivalente … viene ad assolvere una funzione sostanzialmente ripristinatoria della situazione economica, modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, mediante l’imposizione di un sacrificio patrimoniale di corrispondente valore a carico del responsabile ed è, pertanto, connotata dal carattere afflittivo e da un rapporto consequenziale alla commissione del reato proprio della sanzione penale, mentre esula dalla stessa qualsiasi funzione di prevenzione che costituisce la principale finalità delle misure di sicurezza».

[15] In sistemapenale.it, 9 marzo 2020, con nota redazionale di E. Florio, Alle Sezioni Unite la questione relativa alla applicabilità della confisca facoltativa ex art. 240 co. 1 c.p. in caso di proscioglimento per intervenuta prescrizione.

[16] In cortedicassazione.it.

[17] L’ordinanza ricorda al riguardo la sentenza della Corte costituzionale n. 24/2019 in tema di confisca di prevenzione, nella parte in cui ha affermato che l’applicazione della misura ablativa non può non tenere conto del compendio di garanzie che la Costituzione (artt. 41 e 42) e le Carte internazionali dei diritti umani (art. 1 Prot. add. Cedu) accordano ai suddetti diritti, tra le quali va annoverata la garanzia della legalità, ossia l’esistenza di una previsione di legge, che consenta al destinatario della misura limitativa del diritto di prevederne la futura possibile applicazione. Nella stessa prospettiva v. G. Civello, Confisca facoltativa e reato prescritto: rimessa alle Sezioni unite la questione della “confisca senza condanna”, in Archivio penale Web, 10 aprile 2020, per il quale «non appare ammissibile sostenere che una determinata confisca possa operare “senza condanna” nella misura in cui essa esibisca la medesima ratio special-preventiva di un’analoga misura ablatoria prevista altrove dall’ordinamento, poiché tale ragionamento sottende evidentemente una analogia in malam partem».

[18] Notazione fatta anche da G. Varraso, La decisione sugli effetti civili e la confisca senza condanna in sede di impugnazione, cit.

[19] V. Mongillo, La legge “spazzacorrotti”: ultimo approdo, cit.

[20] R. Tuzzi, L’art. 578-bis c.p.p.: tra vecchi orientamenti pretori e nuove formulazioni codicistiche, cit.

[21] Cfr. Sez. Un., Adami, n. 18374/2013, secondo cui «la confisca per equivalente, introdotta per i reati tributari dall’art. 1, comma 143, l. n. 244 del 2007 ha natura eminentemente sanzionatoria e, quindi, non essendo estensibile ad essa la regola dettata per le misure di sicurezza dall’art. 200 c.p., non si applica ai reati commessi anteriormente all’entrata in vigore della legge citata».

[22] Per primi commenti si rinvia a: A. Apollonio, I guardiani della legge: le ragioni dell’in­ter­vento della Consulta sulla “spazzacorrotti”, in giustiziainsieme.it, 13 febbraio 2020; F. R. Dinacci, Psoriasi interpretative: la legge nel tempo in tema di prescrizione e termini di custodia nell'emergenza Covid. Alla ricerca di una "legalità" perduta, in Archivio penale Web, 22 maggio 2020; F. Gianfilippi, Lo Stato di diritto e l’incostituzionalità di una interpretazione retroattiva delle modifiche peggiorative in tema di concedibilità delle misure alternative. Una prima lettura della sentenza Corte cost. 32/2020 sulla “spazzacorrotti”, in giustiziainsieme.it, 2 marzo 2020; I. Giugni, La differenza fra “dentro” e “fuori” il carcere è radicale: la Corte costituzionale dichiara illegittimo l’art. 1, co. 6, lett. b), della legge cd Spazzacorrotti, in diritticomparati.it, 11 marzo 2020; F. Martin, La sentenza 12 febbraio 2020 n. 32: la Consulta sancisce la prevalenza dello Stato di diritto e della tutela del cittadino, in giurisprudenzapenale.com, 24 marzo 2020.

[23] Cass. pen., Sez. VI, n. 14041/2020, Malvaso + 2.

[24] Precisa la decisione che «la confisca per equivalente ex art. 322 c.p. non ha la capacità di infliggere un quid pluris afflittivo, poichè si limita a privare l'autore di uno dei reati contro la pubblica amministrazione contemplati dalla norma di un valore equivalente a quanto da lui illecitamente ed effettivamente conseguito attraverso il reato e di cui sia divenuta impossibile l'apprensione diretta. Si tratta, in altre parole, di una forma di confisca che trova il proprio fondamento e limite nel vantaggio tratto dal reato e per la quale, non a caso, si ritiene applicabile il principio di solidarietà passiva, proprio delle misure riparatorie, che limita la misura ablatoria alla quota di prezzo o profitto conseguita effettivamente e personalmente da ciascuno degli imputati».

[25] In tema, cfr. V. Mongillo, Confisca per equivalente e risparmi di spesa, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2015, II, 716 e, più di recente, G. Nuara, Confisca del profitto del reato e prescrizione: fra vecchi e nuovi orientamenti, in Dir. Pen. e Processo, 2020, VIII, 1049.

[26] La conseguenza, “ratione temporis” è che «ai fatti oggetto dell'accertamento demandato al giudice di rinvio, potrà eventualmente applicarsi solo la confisca di beni il cui valore sia equivalente al prezzo del reato di peculato, ma non quella del profitto di tale reato, atteso che mentre la prima è stata introdotta dalla L. 29 settembre 2000, n. 300 e, quindi, in data anteriore ai fatti per i quali si procede, la seconda è stata introdotta dalla L. 6 novembre 2012, n. 190, e quindi in epoca successiva ai reati oggetto di accertamento».

[27] Ex plurimis, Cass. pen., Sez. III, n. 41135/2019.

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