L'anno della pandemia e del distanziamento sociale volge al termine.
In Italia un'intera generazione è scomparsa ma quali saranno gli effetti del lutto? Quali saranno gli effetti economici della chiusura protratta delle attività produttive ? Delle scuole e dei luoghi di cultura?
Giustizia Insieme prosegue gli approfondimenti dedicati agli effetti della pandemia per fotografare e stimolare una riflessione comune - come abbiamo scritto ieri- su quell’incredibile esperimento sociale che, tra le altre cose, è stato il lockdown.
Oggi affrontiamo il tema della cultura e della formazione (La formazione ai tempi della pandemia).
Il tema segue gli approfondimenti di ieri su diseguaglianza (Gli effetti della pandemia su diseguglianza e crescita economica) e educazione (Gli effetti del lockdown su bambini e adolescenti).
Effetti della pandemia sulla cultura
Michela Petrini e Laura Reale intervistano lo scrittore ERRI DE LUCA
1.La pandemia in corso ci ha imposto il distanziamento sociale e relazioni virtuali, ma ha anche costituito l’occasione per accelerare processi già in corso, con particolare riferimento alla digitalizzazione avvenuta nel mondo del lavoro. Anche nel settore artistico e culturale sono stati messi a disposizione un’enorme quantità di contenuti in formato digitale enfatizzando l’importanza del web quale spazio civico, piazza ove è possibile trovare l’esperto d’arte ma anche il neofita. Possiamo veramente affermare che, così, la cultura abbia resistito alla crisi in atto e sia oggi più “fruibile” ? Siamo di fronte alla stessa “esperienza sensoriale” oppure si è modificato il rapporto dell’uomo con l’arte? Quale può essere in questo contesto digitale il ruolo nuovo dei luoghi di cultura?
La cultura non ha luoghi, si produce ovunque e di preferenza nelle periferie. Nei periodi di oppressione, di restrizioni, aumenta di valore. Prendo a esempio la prigione, un concentrato di isolamento dal mondo di fuori e di reclusione: la lettura di un libro aumenta di intensità, di protezione. Un libro davanti al naso fa scomparire la cella e permette anche di non sentire il rumore e l’odore intorno. Così fa l’offerta di cultura alle persone in stato di limitazioni, facendo aumentare per esempio la loro richiesta di libri alle biblioteche comunali e alle librerie. Perciò questi luoghi devono restare aperti e omologati alle farmacie.
2.Nel periodo del lockdown abbiamo assistito a flashmob spontanei in cui espressioni artistiche popolari e condivise, come le canzoni cantate dai balconi dei condomini, gli striscioni ed i disegni dei bambini appesi alle finestre, sono diventate il canale per una socializzazione a distanza, capace di ricostruire i rapporti comunitari ed identitari tra la popolazione. Queste sono, a suo avviso, manifestazioni di un processo duraturo, oppure il frutto occasionale di un contesto, al contrario, in cui individualismo ed egoismo stanno avanzando sempre di più?
Sono offerte spontanee di condivisione dalle proprie stanze, balconi. Ho partecipato a un programma dal titolo “The Decameron 2020 “ su canale YouTube, dove degli scrittori di varie parti del mondo offrono gratuitamente una breve storia relativa al loro isolamento e altrettanti attori e attrici la interpretano filmandosi dalle loro abitazioni. Il mio racconto per esempio è stato letto dall’attore inglese a Julian Sands. Tutti i filmati hanno sottotitoli in varie lingue. Dunque una collaborazione spontanea tra varie specialità, comprese quelle dei traduttori, svolte per offrire un intrattenimento alla platea del mondo rinchiuso. Si tratta per me di intensificate e non depotenziate socialità.
3.La scuola può definirsi una grande palestra di democrazia in cui la crescita culturale è costituita da un complesso di fattori, dal saper condividere spazi, luoghi, idee con gli altri, dibatterne e capirle insieme in sorta di grande opera “collettanea” che non annulla ma valorizza l’individuo. Don Milani affermava che la scuola “siede tra il passato ed il futuro e deve averli presenti entrambi”. Le generazioni più sacrificate da questo lockdown sono senza dubbio i più giovani, dai bambini della scuola materna agli adolescenti i cui luoghi di formazione, le scuole, sono stati chiusi per un periodo di tempo prolungato. Ancora oggi si assiste un massiccio ricorso alla didattica a distanza. Tale situazione ha determinato o determinerà secondo lei diseguaglianze sociali o comunque amplificato quelle già esistenti?
La scuola pubblica resta un luogo che, almeno nelle sue aule, cerca di praticare un’uguaglianza. Nelle lezioni a distanza invece l’allievo che si trova in condizioni abitative sovraffollate, risente della differenza con quello che ha migliori condizioni. La scuola ha tutte le possibilità di garantire un controllo sanitario al suo interno, non sono le sue aule a costituire assembramento contagioso, ma i mezzi di trasporto per raggiungerle. Siamo in un tempo sperimentale in cui le misure di contenimento dipendono dagli investimenti per migliorare comunicazioni e loro condizioni sanitarie. In simili periodo bisogna immaginare e credo che la nostra comunità sia attrezzata per adeguarsi alle necessità, per mentalità noi italiani siamo elastici, sopportiamo meglio le tensioni. Su scala di mondo ce la stiamo cavando meglio di altre nazioni.
4. Giovanna Melandri, presidente della fondazione Maxxi, ha lanciato sulle pagine del settimanale “L’Espresso” l’idea di rendere deducibili dalle tasse le spese per cinema, spettacoli teatrali, concerti e musei, come quelle per i farmaci, sulla base della convinzione che “la cultura fa bene” e che l’accentuazione delle disuguaglianze economiche e sociali prodottasi in questa fase storica potrà, in futuro, forse inibire a molti l’accesso alle tradizionali forme di arte. Esiste, secondo lei, un diritto alla cultura? E come andrebbe declinato?
Come chiedere se esiste un diritto alla felicità, che si trova del resto scritto nella costituzione americana. Da parte mia credo che la felicità sia un dovere. Va perseguita con impegno quotidiano, insieme al proprio miglioramento culturale.
5. La cultura diffusa e partecipata e la cultura del territorio. Si vanno diffondendo nel Paese i viaggi della cultura, gli itinerari turistici allietati da lettura di autori che aiutino a comprendere la bellezza del territorio del paesaggio, della storia dei luoghi del passato. Qual è il ruolo della società civile rispetto alla tutela di questo patrimonio culturale? Qual è in questo contesto il ruolo degli artisti?
Siamo il paese che ha in deposito e in consegna il più vasto patrimonio culturale del mondo. La nostra specialità dipende da questo lascito e dalla variegata bellezza del territorio e del clima: questa è la nostra offerta sul mercato del mondo. Il ministero della cultura e del turismo dovrebbe essere il principale destinatario di fondi. Al contrario è l’ultimo, a dimostrazione di incapacità di lungimirante pensiero politico ed economico. L’accesso ai luoghi d’arte, alle manifestazioni culturali dovrebbe essere gratuito, il cinema, il teatro, le librerie dovrebbero essere tutelati come siti d’interesse strategico nazionale
6. L’arte ha sempre rappresentato un avamposto per interpretare la complessità del presente. Quale insegnamento può dunque trarsi dal mondo della cultura, a suo giudizio, da questa esperienza pandemica?
Gertrude Stein diceva di Picasso che l’artista non è un anticipatore di tempi futuri, ma il primo ad accorgersi di quello sta accadendo nella sua generazione. Per ora non mi risulta che si sia manifestata questa specie di personalità individuale o collettiva, riguardo a questa epoca che ha sostituito al vertice gli economisti con i medici.