GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    La tutela del magistrato madre


    La disciplina dei congedi  (parte prima)

     

        La disciplina a tutela della genitorialità applicabile ai magistrati è regolata da una serie variegata di norme: è infatti applicabile, in quanto compatibile, la normativa prevista per tutti i pubblici dipendenti, cui si affianca la normativa speciale relativa all’ordinamento giudiziario, e la normativa secondaria prodotta dal CSM. Il quadro si presenta come di non agevolissima lettura, soprattutto se si considera che il magistrato madre – a fronte del ritardato ingresso in magistratura – è spesso un magistrato giovane in carriera, che si confronta per le prime volte non soltanto con le questioni amministrative ed ordinamentali, ma anche e soprattutto con le difficoltà lavorative che la presa di funzioni porta con sé. È facile allora immaginare che possa trovarsi sopraffatta dalle molte incombenze dell’ufficio da un lato, della maternità dall’altro, e non abbia il tempo di cimentarsi nella ricerca dei vari frammenti normativi e nella ricomposizione del mosaico dei diritti che le spettano. Può essere quindi utile tentare di mettere un po’ di ordine, anche con l’ausilio delle circolari riepilogative del CSM e con gli studi dell’Ufficio sindacale ANM, partendo da una panoramica sulla disciplina dei congedi, rinviando ad un successivo approfondimento l’esame delle disposizioni contenute nella circolare sulle tabelle del CSM.

     

    1. I congedi[1].

        a) Il congedo obbligatorio per maternità.

        Il primo diritto del magistrato madre, come quello di qualsiasi altra lavoratrice pubblica, è il congedo obbligatorio per maternità di cui all’art. 16 del d.lgs. 151/2001. Si tratta dell’astensione obbligatoria dal lavoro, a partire da due mesi prima della data presunta del parto e per i tre mesi successivi alla nascita del bambino. L’astensione obbligatoria copre anche il periodo che va dalla data presunta alla data effettiva del parto; se il parto è anticipato rispetto alla data presunta, l’astensione obbligatoria copre anche il numero di giorni non goduti prima del parto. L’art. 20 del d.lgs. 151/2001 consente inoltre di gestire tale congedo con un margine di flessibilità, posticipando l’astensione di massimo un mese, e godendo quindi di un periodo massimo di 4 mesi di astensione dopo il parto, oltre ai giorni eventualmente intercorrenti tra la data presunta e la data effettiva e quelli eventualmente non goduti prima del parto pretermine. Per fruire della flessibilità è necessario che il medico specialista attesti la compatibilità di tale scelta con lo stato di salute della madre e del bambino. Il parto gemellare non influisce sulla durata del congedo.

        Dal punto di vista amministrativo, la competenza ad autorizzare l’astensione è del capo dell’ufficio di appartenenza, cui va comunicata la propria scelta allegando la certificazione medica richiesta[2]. Il trattamento economico spettante, per tutto il periodo di astensione obbligatoria, è pari all’intero trattamento normalmente percepito, ivi inclusa la particolare indennità di cui all’art. 3 l. 27/81[3]. Anche per quanto riguarda la maturazione dei diritti accessori, quali ferie e tredicesima mensilità, nonché per quanto attiene all’anzianità ed all’avanzamento di carriera, il periodo di astensione obbligatoria è considerato come periodo di servizio effettivo.

        Nel caso di interruzione della gravidanza, l’art. 19 del d.lgs. 151/2001 distingue due ipotesi: al caso di interruzione volontaria o comunque precedente al 180° giorno di gestazione, si applicano le norme sul congedo straordinario per malattia; dopo il 180° giorno di gestazione, l’interruzione di gravidanza è equiparata al parto, e alla lavoratrice spetta un congedo di 3 mesi dalla data dello stesso, alle medesime condizioni del congedo obbligatorio per maternità, con la differenza che la donna può decidere di riprendere in qualsiasi momento a lavorare[4].

        b) Il congedo per complicanze della gestazione.

        L’ art. 17 del d.lgs. 151/2001 disciplina l’ipotesi di complicanze della gestazione, nonché le ipotesi in cui c’è rischio che la gestazione aggravi il rischio di patologie preesistenti della madre, e spetta in tutti i casi in cui le condizioni di lavoro o ambientali possano pregiudicare la salute della donna o del bambino, a condizione che la lavoratrice non possa essere adibita ad altre mansioni maggiormente compatibili, il che – essendo le funzioni del magistrato piuttosto omogenee – appare improbabile. Nel caso in cui il parto prematuro avvenga in questo periodo (prima quindi dell’inizio dei due mesi di astensione obbligatoria), la lavoratrice ha diritto ad un periodo di 5 mesi di astensione da fruire dopo il parto.

        Anche in questo caso, le circostanze che legittimano all’astensione anticipata devono essere comunicate, con la relativa documentazione medica, direttamente al capo dell’ufficio di appartenenza. Il trattamento economico dovuto, per l’intero periodo di astensione, anche in questo caso include la particolare indennità di cui all’art. 3 l. 27/81 ed è valido ad ogni altro effetto.

        c) Il congedo di paternità alternativo a quello della madre naturale.

        L’art. 28 del d.lgs. 151/2001 consente in determinate ipotesi (morte o grave infermità della madre, abbandono del  bambino da parte della stessa, affidamento esclusivo del bambino al padre, riconoscimento da parte del solo padre) che il padre possa godere del congedo non fruito dalla madre, fino ad un massimo di tre mesi dalla nascita del bambino. Tale congedo, essendo equiparato a quello della madre, è coperto da trattamento economico integrale, è valido ad ogni altro effetto, ed è di competenza del capo dell’ufficio di appartenenza.

        d) Il congedo parentale.

        L’art. 32 del d.lgs. 151/2001, gli artt. 7 e 9 del d.lgs. 80/2015, l’art. 43 del d.lgs. 148/2015 disciplinano il congedo parentale facoltativo, che va ad aggiungersi a quello obbligatorio. Si tratta della possibilità, per entrambi i genitori, di astenersi dal lavoro, per un massimo di sei mesi per ogni genitore ed un massimo di dieci mesi totali (elevati ad 11 se il padre decide di astenersi per almeno tre mesi), fino al dodicesimo anno di vita del bambino.

        Il trattamento economico spettante varia a seconda dell’età del bambino. Fino al sesto anno, il trattamento economico per i primi 45 giorni di congedo per ogni anno solare, corrisponde a quello previsto per il congedo straordinario, in virtù dell’equiparazione effettuata dall’art. 41, co. 2, del DPR 3/57[5]; per gli ulteriori periodi, spetta una retribuzione pari al 30% dello stipendio,  con esclusione della speciale indennità di cui all’art. 3 l. 27/81, per un periodo massimo complessivo retribuito tra i genitori di sei mesi ogni anno solare. Dopo i sei anni del bambino e fino agli otto, tale retribuzione spetta entro dati limiti di reddito; oltre, il congedo parentale non è retribuito[6]. I periodi fruiti contano ai fini dell’anzianità di servizio, con esclusione degli effetti relativi alle ferie, alla tredicesima annualità, alla gratifica natalizia. Spetta la contribuzione figurativa per tutto il periodo, anche quello non retribuito. La competenza è del C.S.M. [7].

        e) Il congedo per la malattia del figlio.

         L’art. 47 del d.lgs. 151/2001 prevede che entrambi i genitori, alternativamente, hanno il diritto di astenersi dal lavoro in occasione alle malattie di ogni figlio. La durata dell’astensione ed il trattamento economico dipendono dall’età del bambino. Fino ai tre anni, il diritto spetta per l’intera durata delle malattie di ogni figlio, e tali periodi sono retribuiti come il congedo straordinario, a condizione che il magistrato non abbia già fruito, ad altro titolo, dei relativi 45 giorni (eventualmente, potrà beneficiare del contributo economico per il periodo residuo); dopo i primi tre anni di vita, e fino agli otto anni, non è retribuito e spetta per 5 giorni annui[8].

        I periodi fruiti a tale titolo contano ai fini dell’anzianità di servizio, con esclusione degli effetti relativi alle ferie, alla tredicesima annualità, alla gratifica natalizia. La competenza è del C.S.M.

        f) Il congedo straordinario.

        L’art. 37 del t.u. 3/57 disciplina la possibilità, per tutti i magistrati, di fruire di 45 giorni ogni anno solare di congedo straordinario per gravi motivi. Tale periodo è valutabile a fini economici, giuridici e di carriera. Il trattamento economico previsto dalla normativa è così articolato: per il primo giorno di ogni periodo ininterrotto spettano gli assegni ridotti di 1/3, per i giorni successivi gli assegni interi; per tutto il periodo è esclusa la particolare indennità di cui all’art. 3 l. 27/81 (art. 41, co. 2, d.p.r. 3/57). Come si è visto, tale trattamento è esteso al congedo parentale, per i primi 45 giorni di ogni anno solare.

     

        2. Disciplina dei congedi: tramutamenti, valutazioni di professionalità, formazione.

        Al di là di quanto già visto sul trattamento giuridico e retributivo spettante al magistrato in occasione dei congedi, vi sono dei profili di disciplina comuni a tutte le tipologie.

        Va innanzitutto chiarito che, per quanto riguarda il congedo parentale e per il congedo straordinario, i genitori hanno diritto di fruire contemporaneamente dell’astensione, così come il magistrato padre ha diritto di fruirne nel periodo in cui la madre sta fruendo del periodo di congedo obbligatorio: l’art. 32 del d.l.gs. 151/2001, infatti, attribuisce espressamente il diritto a «ciascun genitore». 

        Nel caso di tramutamento durante il periodo di congedo obbligatorio, il magistrato ha diritto a posticipare la presa di possesso al termine del congedo stesso; per quanto riguarda invece i congedi facoltativi, la prassi è l’interruzione degli stessi per la presa di possesso[9].

        I congedi non hanno influenza sulla valutazione di professionalità, in quanto il CSM ha chiarito che il parere deve essere redatto ugualmente, anche laddove l’intero periodo quadriennale di riferimento fosse stato trascorso in astensione obbligatoria per maternità, congedo straordinario, congedo parentale o ordinario[10]. In tali ipotesi, il parere deve basarsi sull’autorelazione, nonché sulle informazioni acquisibili presso gli enti competenti quanto a capacità, competenze, impegno, come emersi nel precipuo contesto in cui il magistrato si è trovato ad operare nel periodo di congedo.

        Quanto alla formazione permanente, nel periodo di congedo (obbligatorio, facoltativo o straordinario) il magistrato non è tenuto a parteciparvi. Non vi sono invece esoneri per il magistrato genitore di figli fino a sei anni che si trovi in servizio: l’art. 25 del d.lgs. 26/2006 pone infatti un vero e proprio obbligo di partecipazione alla formazione da parte del magistrato, trattandosi peraltro ad attività necessaria anche ai fini del superamento delle valutazioni di professionalità. 

     

        3. I congedi non fruibili dai magistrati: il congedo di paternità.

        Alcuni dei congedi previsti per la generalità dei lavoratori non sono fruibili dai magistrati, per ragioni inerenti la specificità del lavoro o per altre ragioni, non tutte ugualmente condivisibili. È il caso, ad esempio, del congedo parentale su base oraria di cui all’art. 21 d.lgs. 151/01, non fruibile dal magistrato in quanto quest’ultimo non ha un orario di lavoro predeterminato.

        Altra ipotesi è quella del congedo di paternità obbligatorio previsto della l. 92/2012, art. 4, co. 24, 25, 26, e prolungato, per il 2018, dalla l. 232/2016, art. 1, comma 354; si tratta di quattro giorni di congedo obbligatorio, del tutto equiparato a quello della madre, e quindi con pieni diritti quanto a trattamento economico e giuridico.

        L’inapplicabilità di tale strumento al padre magistrato è stata sancita dal CSM nella risposta al quesito del 18 novembre 2015, in cui il Consiglio ha argomentato a partire dalla considerazione che la nuova forma di congedo di paternità, in presumibile connessione con il suo carattere temporaneo e sperimentale, è stata introdotta in via autonoma rispetto al Testo Unico compendiato nel d.lgs n. 151/2001, in quanto le disposizioni della l. n. 92/2012 costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del d.lgs n. 151/2001, ma gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti pubblici richiedono iniziative, anche normative, da assumersi da parte del Ministro per la Pubblica Amministrazione e la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle Amministrazioni pubbliche[11].

        Tale disposto è stato interpretato dal CSM nel senso che, qualora non sia stabilita in modo univoco l’estensione dell’ambito applicativo della regolamentazione ai rapporti di lavoro del settore pubblico, i precetti e gli istituti contenuti nella legge n. 92/2012 siano destinati a fungere da criteri ispiratori di separata, analoga regolamentazione da dettarsi per quelle categorie di lavoratori. Quindi il congedo di paternità, in attesa di tale regolamentazione, non si applicherebbe ad alcun lavoratore della pubblica amministrazione, da intendersi come tale la categoria dei dipendenti pubblici contrattualizzati, e deve quindi, a maggior ragione, escludersi l’applicabilità di tale congedo alle categorie rimaste in regime di pubblico impiego, tra cui appunto i magistrati.

    A prescindere, infatti, dall’esistenza di contrasti tra quanto sostenuto in dottrina e giurisprudenza amministrativa e quanto sostenuto dal CSM stesso, sul fatto se la magistratura sia ricompresa nel novero del personale delle amministrazioni pubbliche elencate dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001, residua la necessità che l’estensione ai membri dell’Ordine giudiziario delle regole dettate per la generalità dei dipendenti pubblici operi previo il vaglio di compatibilità ex art. 276, comma 3, r.d. n. 12/1941.

    L’assenza di un periodo di congedo obbligatorio per il padre magistrato rappresenta uno dei principali ostacoli alla realizzazione di una piena parità di genere in materia, oltre a costituire un vulnus importante per la persona, soprattutto se si considera che, così come il magistrato madre, anche il padre è il più delle volte giovane in carriera, con la frequente conseguenza di prestare servizio in una sede lontana da quella di residenza della famiglia. Egli sarà quindi costretto ad organizzarsi con i (pochi) giorni di ferie disponibili e con i congedi straordinario e facoltativo (e le conseguenti decurtazioni stipendiali).

     

        4. L’effettività della fruizione dei congedi.

        Così come in altre ipotesi (si pensi al congedo per ferie o, salvi i casi gravi, quello per malattia), qualsiasi magistrato sa benissimo che il periodo di congedo non sempre, ed anzi, quasi mai, coincide realmente con l’astensione dal lavoro, a fronte degli strascichi costituiti dall’arretrato e dai provvedimenti in decisione i cui termini per il deposito vanno a scadere durante il periodo relativo. Il magistrato madre che, fino all’ultimo giorno in servizio (o comunque fino a 80 giorni prima, nel caso di procedimento civile ordinario), prenda cause in decisione, si trova inevitabilmente costretta a lasciare il lavoro con un carico notevole di “compiti a casa”, che di fatto impediscono la fruizione piena del congedo stesso, posto che (così come per le ferie e per la malattia) non è prevista alcuna sospensione dei termini di deposito dei provvedimenti durante tale periodo. Di tale problema si è fatto carico il CSM, rimettendone tuttavia la soluzione al singolo giudice, cui è demandata la modulazione del proprio lavoro in modo da evitare che nel periodo immediatamente antecedente all’astensione siano introitate decisioni da depositarsi ad astensione iniziata. Precisato, infatti, che nel periodo di astensione obbligatoria per maternità viene meno l'obbligo della prestazione lavorativa, il CSM ha comunque ribadito che l’astensione obbligatoria e facoltativa non danno luogo a sospensione dei termini per il deposito della motivazione[12]. La giurisprudenza disciplinare, ad ogni modo, è orientata nel senso di non sanzionare i ritardi dei depositi che siano concomitanti con il periodo di congedo obbligatorio per maternità[13].

        In prospettiva futura, sarebbe senz’altro auspicabile la previsione, analoga a quella in materia di ferie, di un “periodo cuscinetto” a tutela dell’effettività della fruizione del periodo di astensione. Tale strumento consentirebbe di concentrare almeno l’ultimissimo periodo nella scrittura, sgravando il magistrato gestante dal peso dell’udienza e degli incombenti connessi.

        In conclusione, la disciplina posta a tutela della genitorialità applicabile ai magistrati appare sufficientemente garantista, sebbene la reale effettività di tali strumenti sia destinata a scontrarsi con le ben note problematiche conseguenti al cronico sotto-organico degli uffici giudiziari ed all’impossibilità di sostituzioni effettive. Riservando i commenti all’esito di un completamento dell’analisi della normativa, attraverso l’esame delle circolari del CSM in materia tabellare, devono fin d’ora segnalarsi due profili sensibili. Il primo attiene al periodo precedente alla fruizione del congedo, inevitabilmente corredato da sensi di colpa nei confronti dei colleghi e preoccupazione per la sorte del proprio ruolo e dei fascicoli più delicati. Il secondo attiene alla fase del rientro, in cui la neo-mamma si troverà a scontrarsi con gli accresciuti problemi di un ruolo che sarà purtroppo rimasto, nella maggioranza delle ipotesi, sostanzialmente abbandonato a sé stesso.

    [1] Oltre a quelli qui analizzati, vi sono anche altri strumenti, alla cui disciplina ci si limita a rinviare, quali l’aspettativa per motivi di famiglia di cui all’art. 69 del TU 3/57, ed il congedo per eventi e cause particolari di cui all’art. 4 comma 2 d.lgs. 53/2000.

    [2] Cfr. delibera dell’11.12.2015 del CSM, che  ha semplificato la materia dei congedi, individuando le competenze ad autorizzare i singoli benefici riconosciuti dalla legge ed ha ricapitolato i relativi presupposti e trattamento economico previdenziale.

    [3] Cfr. art. 41 del DPR 3/57.

    [4] Previa presentazione di due certificati, quello del medico ASL o di struttura convenzionata e quello del medico competente a fini di tutela della salute sul lavoro.

    [5] Come chiarito dalla circolare del CSM 1697g/DIM/4126 del 16 luglio 1994.

    [6] Ai sensi dell’art. 34 d.lgs. 151/2001.

    [7] Cfr. delibera dell’11.12.2015 del CSM.

    [8] Cfr. documento dell’Ufficio sindacale ANM, “Tutela della genitorialità”.

    [9] Cfr. documento dell’Ufficio sindacale ANM, “Tutela della genitorialità”, che sottolinea come, per il congedo obbligatorio, ciò non sia possibile, con possibili conseguenze discriminatorie in termini di legittimazione.

    [10] CSM, risposta al quesito 88/VQ/2012.

    [11] Cfr. art. 1, commi 7 e 8, della Legge n. 92/2012.

    [12] CSM, risposta al quesito del 23 ottobre 2002.

    [13] Cfr. Cass., Sez. U., Sent. n. 20815/2013 e CSM, Sent. n. 80/2015.

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