Le DAT e la banca dati nazionale istituita dal Ministero della Salutedi Simona Cacace.
Sommario: 1. Le disposizioni anticipate di trattamento e la legge n. 219/2017. 2. La creazione della Banca dati nazionale. 3. I limiti delle disposizioni anticipate di trattamento.
1. Le disposizioni anticipate di trattamento e la legge n. 219/2017.
Ai sensi dell’art. 4 della legge n. 219/2017[1], le persone maggiorenni e capaci di intendere e di volere possono, previa acquisizione di «adeguate informazioni mediche», esprimere la loro volontà attraverso le c.d. disposizioni anticipate, ovvero il consenso o il diniego rispetto a determinati trattamenti sanitari in previsione di una loro futura ed eventuale incapacità di autodeterminarsi in merito.
Si tratta di un istituto, peraltro, già disciplinato con un certo dettaglio dall’art. 38, Dichiarazioni anticipate di trattamento, del Codice deontologico medico: il successivo mutamento del sostantivo indica come il potere di «disporre» potesse pacificamente derivare soltanto da un intervento normativo, che soprattutto e al contempo chiarisse i limiti e i contenuti dell’obbligo professionale di contraltare. Il medico, difatti, è ora «tenuto al rispetto delle DAT» (art. 4, quinto comma, l. n. 219/2017) e non deve più, semplicemente, «tenerne conto» (art. 38, terzo comma, CDM).
Nondimeno, le questioni sollevate dalla norma sono molteplici.
Il primo problema attiene all’individuazione del professionista in grado di fornire le «adeguate informazioni» di cui sopra. Il tema è di capitale importanza, perché riguarda il fondamento stesso del consenso informato, ovvero le caratteristiche della previa informazione, cruciali ai fini dell’adozione di una decisione libera e consapevole. Ciò è ancor più vero e fonte di preoccupazione ancor maggiore se si considera altresì il dilagante utilizzo del web per l’acquisizione di informazioni di natura sanitaria, eventualmente associato alla compilazione di una modulistica stereotipata ed estremamente generica, la quale difficilmente sarà idonea a guidare i medici, facendoli sentire a tali volontà vincolati, specie là dove un fiduciario non sia stato nominato[2]. È la formulazione letterale del testo normativo a non specificare, del resto, che sia un medico a rendere queste informazioni; senza contare che non tutti i medici sono competenti a fornire indicazioni adeguate e funzionali alla redazione delle DAT, non potendosi prescindere dalla specializzazione di ciascuno.
Al contrario, nel corso di una pianificazione condivisa delle cure – uno dei punti più interessanti della legge, disciplinato dall’art. 5 – l’ammalato prende anticipatamente decisioni in ordine ad una patologia diagnosticata e con un decorso sufficientemente individuato (attorno al quale è stata altresì resa, dunque, l’opportuna informativa), nell’àmbito di una relazione già instaurata con una determinata équipe sanitaria. Ai fini della conoscibilità di tali volontà, dunque, è sufficiente che la relativa documentazione sia inserita nella cartella clinica del paziente.
La accessibilità e pubblicità delle DAT è, difatti, il secondo problema, e non di poco momento: perché suscettibile di inficiare la razionalità stessa dell’intervento normativo, impedendone l’attuazione e vanificandone gli sforzi. Si tratta della conoscibilità su tutto il territorio nazionale della volontà previamente manifestata da un soggetto non ancora paziente riguardo ad una mera eventualità, e della creazione, dunque, di un unico archivio informatico.
Questa pubblicità attiene non solo all’esistenza e ai contenuti delle disposizioni anticipate di trattamento, ma anche all’eventuale indicazione del fiduciario, il quale rappresenta il paziente divenuto incapace nella relazione con il personale sanitario, curando che la sua volontà venga rispettata e realizzata. Peraltro, neanche la consegna delle DAT al fiduciario ex art. 4, secondo comma, risolve la questione di una tempestiva ed efficace conoscenza del documento da parte del personale sanitario, senza contare che la designazione di tale persona ‘di fiducia’ è solo eventuale e facoltativa.
La legge, dunque, indica le forme di manifestazione e le modalità di raccolta, ma non scioglie il problema della completa ed immediata conoscibilità delle DAT.
La redazione può avvenire per atto pubblico o per scrittura privata autenticata ovvero per scrittura privata consegnata personalmente dal disponente presso l’ufficio dello stato civile del suo comune di residenza, ai fini dell’annotazione su registro, oppure presso la stessa struttura sanitaria, se situata in una regione che abbia adottato modalità telematiche di gestione della cartella clinica o del fascicolo sanitario elettronico o altre modalità informatiche di gestione dei dati del singolo iscritto al Servizio sanitario nazionale. Le banche dati regionali, d’altronde, benché utili là dove esistenti, consentono un’organizzazione delle informazioni solo frammentaria, che non può ritenersi soddisfacente rispetto al perseguimento dell’obiettivo normativo[3].
2. La creazione della Banca dati nazionale
Il decreto del Ministero della Salute n. 168 del 10 dicembre 2019, Regolamento concernente la Banca dati nazionale destinata alla registrazione delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT)[4], interviene trascorsi due anni dall’emanazione della legge n. 219/2017.
Le funzioni assolte da questo archivio informatico unico e nazionale sono quelle di raccogliere copia delle DAT e delle eventuali successive modifiche, copia della nomina del fiduciario, della sua accettazione, della sua possibile rinuncia ovvero della intervenuta revoca da parte del disponente; nonché, di conseguenza, di consentire l’accesso a questi dati al medico curante e al fiduciario del paziente divenuto incapace di autodeterminarsi, senza che debba egli necessariamente essere iscritto, peraltro, al Servizio sanitario nazionale[5].
I soggetti abilitati ad alimentare la Banca dati nazionale sono coloro che il legislatore ha incaricato di ricevere le DAT: si tratta, dunque, degli ufficiali di stato civile dei comuni di residenza dei disponenti, o dei loro delegati, nonché degli ufficiali di stato civile delle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane all’estero; dei notai e dei capi degli uffici consolari italiani all’estero, nell’esercizio delle loro funzioni notarili; dei responsabili delle unità organizzative competenti nelle regioni che abbiano adottato modalità di gestione della cartella clinica o del fascicolo sanitario elettronico o altre modalità di gestione informatica dei dati degli iscritti al Servizio sanitario nazionale, e che abbiano, con proprio atto, regolamentato la raccolta di copia delle DAT ex art. 4, settimo comma, della l. n. 219/2017.
All’atto della ricezione dei documenti sopra elencati, tali soggetti ne trasmettono copia elettronica alla Banca dati nazionale: nell’ipotesi di acquisizione di disposizioni contraddittorie, viene presa in considerazione quella con la data di redazione più recente. Modalità di trasmissione ad hoc sono previste, inoltre, per le DAT espresse attraverso videoregistrazione o per mezzo di altri dispositivi che consentano alla persona disabile di comunicare.
Il decreto prevede, peraltro, la interoperabilità tra la Banca dati nazionale, la Rete unitaria del notariato e quelle eventualmente istituite a livello regionale ex art. 3, primo comma, lettera c). Titolare del trattamento dei dati personali presenti nella Banca dati è il Ministero della Salute, trattamento che viene effettuato per i motivi di interesse pubblico rilevante di cui all’art. 2-sexies, secondo comma, lett. t) e u) del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196[6] e con la possibilità di diffondere le relative informazioni solo in forma anonima e aggregata. Parimenti, i notai, i comuni di afferenza degli ufficiali di stato civile, le rappresentanze diplomatiche o consolari italiane all’estero, le unità organizzative di cui all’art. 3, primo comma, lett. c), e le strutture sanitarie sono titolari del trattamento dei dati raccolti. Questi ultimi sono destinati ad essere cancellati trascorsi dieci anni dal decesso dell’interessato.
Entro sessanta giorni dall’attivazione della Banca dati nazionale i soggetti di cui all’art. 3, primo comma, del decreto n. 168/2019 inviano al Ministero della Salute, affinché venga inserito in Banca dati, un elenco nominativo delle persone che hanno espresso le DAT prima della istituzione del registro unico. Entro centottanta giorni dall’attivazione della Banca dati nazionale, poi, tali medesimi soggetti trasmettono al Ministero copia delle DAT dei disponenti.
L’importanza delle DAT e l’esigenza di una loro immediata conoscibilità transregionale si ripresentano nelle quanto mai attuali Raccomandazioni di etica clinica della SIAARTI[7], onde definire criteri di accesso alle cure intensive a fronte di un paventato squilibrio fra necessità cliniche della popolazione e disponibilità effettiva delle risorse, nello scenario da «medicina delle catastrofi» provocato dall’emergenza sanitaria da Covid-19. Ai fini dell’attivazione della ventilazione meccanica, difatti, le Raccomandazioni osservano come debba «essere considerata con attenzione l’eventuale presenza di volontà precedentemente espresse dai pazienti attraverso eventuali DAT» ovvero quanto definito in sede di pianificazione condivisa delle cure da coloro «che stanno già attraversando il tempo della malattia cronica». Così, una eventuale indicazione di non intubazione deve «essere presente in cartella clinica, pronta per essere utilizzata come guida se il deterioramento clinico avvenisse precipitosamente e in presenza di curanti che non hanno partecipato alla pianificazione e che non conoscono il paziente», mentre lo spostamento degli ammalati da una regione all’altra, alla ricerca di centri con maggiore disponibilità di risorse, mette ancor di più in luce l’importanza della portata nazionale dell’archivio informatico.
3. I limiti delle disposizioni anticipate di trattamento
La debolezza delle DAT risiede nella difficoltà di rispettarle.
È un problema di forma e di sostanza: di precisione nel linguaggio e di terminologia adoperata, da una parte; di consapevolezza rispetto alle scelte e alle relative conseguenze, dall’altra. Inoltre, non essendovi un termine di validità, con il trascorrere degli anni il personale sanitario potrebbe sentirsi a queste sempre meno vincolato, mentre il fiduciario, quanto più è lontana nel tempo la manifestazione di volontà del paziente, tanto più rischierà d’interpretarla, invece di rispettarla e di applicarla. Il tempo incide anche sulle conoscenze scientifiche e sul mutamento dello stato dell’arte, nonché sulla percezione stessa delle proprie condizioni di salute: ciò che sul proprio corpo pareva «straordinario» ed inconcepibile può diventare persino ordinario ed accettabile.
I rilievi di cui sopra sono sintetizzati dall’art. 4, comma quinto, della l. n. 219/2017, ai sensi del quale il medico «può» (meglio: deve) disattendere le DAT quando esse appaiano «palesemente incongrue» o «non corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente» ovvero qualora «sussistano terapie non prevedibili all’atto della sottoscrizione, capaci di offrire concrete possibilità di miglioramento delle condizioni di vita» secondo una valutazione eteronoma non esente, invero, da un certo margine di discrezionalità.
Qualora il personale sanitario e il fiduciario non concordino sui contenuti e sulle modalità di applicazione delle DAT, la decisione è rimessa al giudice tutelare. Ciò a motivo di un’incertezza o di un’assenza riguardo all’autentica volontà del diretto interessato e del mancato accordo fra un soggetto garante e competente (il medico), il quale oggettivamente considera e persegue il miglior interesse dell’incapace, e un soggetto parimenti garante, che non realizza detta protezione tramite una specifica professionalità, bensì per mezzo di un potere direttamente attribuitogli dal paziente. Di conseguenza, laddove tale discordanza di pareri e di vedute non si verifichi, l’intervento giudiziario non viene contemplato, poiché si tradurrebbe in un vaglio incompetente della valutazione già operata da sanitari e fiduciario: si pensi, per esempio, all’ipotesi di DAT disapplicate perché non contemplanti la fattispecie realizzatasi.
Il medico (e la struttura sanitaria in cui egli è eventualmente incardinato) che si attiene alle DAT perché le ha ritenute valide è responsabile di tale suo giudizio. Il Consiglio di Stato reputa perciò necessaria la certezza in ordine alla «adeguatezza» delle previe informazioni «acquisite dall’interessato e riguardanti le conseguenze delle scelte effettuate»[8].
Tale avvenuta acquisizione, perciò, «pur non potendo rilevare sotto il profilo della validità dell’atto», è opportuno sia «attestata» dalle DAT e contemplata nella modulistica ‘orientativa’ e facoltativa messa a disposizione dal Ministero della Salute, peraltro ad oggi ancora non approntata[9]. Nondimeno, la standardizzazione delle disposizioni anticipate «a fini di conservazione elettronica», che vincoli l’interessato sia da un punto di vista formale sia da un punto di vista contenutistico, «è da escludere», perché implica un automatismo e un burocraticismo che mal si coniugano con un’adeguata ed autentica ponderazione della volontà.
Risolto il problema della pubblicità, dunque, a restare è l’esigenza di informare e di sensibilizzare la collettività riguardo all’importanza e al significato di redigere le DAT, predisponendo altresì gli strumenti più idonei ed agevoli non solo per la loro stesura e raccolta, ma anche per educare cittadini responsabili, consapevoli e capaci di scegliere.
[1] Sulla legge n. 219/2017, Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, cfr. ex pluribus M. Foglia (a cura di), La relazione di cura dopo la legge 219/2017. Una prospettiva interdisciplinare, Pisa, 2019; R. Conti, Scelte di vita o di morte: il giudice è garante della dignità umana? Relazione di cura, DAT e “congedo dalla vita” dopo la l. 219/2017, Roma, 2019; P. Delbon, S. Cacace, A. Conti, Advance care directives: Citizens, patients, doctors, institutions, in Journ. Public Health Research, 2019, 8, 1675; C. Triberti-M. Castellani, Libera scelta sul fine vita. Il testamento biologico. Commento alla Legge n. 219/2017 in materia di consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento, Firenze, 2018; M.G. Di Pentima, Il consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento. Commento alla l. n. 219/2017, Milano, 2018; M. Mainardi, Testamento biologico e consenso informato. Legge 22 dicembre 2017, n. 219, Torino, 2018; Aa.Vv., La nuova legge n. 219/2017, in Riv. Biodiritto, 2018, 1-104; B. De Filippis, Biotestamento e fine vita. Nuove regole nel rapporto medico paziente: informazioni, diritti, autodeterminazione, Padova, 2018; M. Foglia, Consenso e cura. La solidarietà nel rapporto terapeutico, Torino, 2018; M. Azzalini, Legge n. 219/2017: la relazione medico-paziente irrompe nell’ordinamento positivo tra norme di principio, ambiguità lessicali, esigenze di tutela della persona, incertezze applicative, in Resp. civ. prev., 2018, 8; G. Ferrando, Rapporto di cura e disposizioni anticipate nella recente legge, in Riv. crit. dir. priv., 2018, 67; M. Foglia, Nell’acquario. Contributo della medicina narrativa al discorso giuridico sulla relazione di cura, in Resp. med., 2018, 373 ss.; R. Conti, La legge 22 dicembre 2017, n. 219, in una prospettiva civilistica: che cosa resta dell’art. 5 del Codice civile?, in Consulta Online, 4 aprile 2018, 221; S. Canestrari, Consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento: una “buona legge buona”, in Corr. giur., 2018, 301; P. Zatti, Spunti per una lettura della legge sul consenso informato e le DAT, in Nuova giur. civ. comm., 2018, II, 247; P. Zatti, Cura, salute, vita, morte: diritto dei principi o disciplina legislativa?, in Riv. Biodiritto, 2017, 185; P. Borsellino, La sfida di una buona legge in materia di consenso informato e di volontà anticipate sulle cure, ivi, 2016, 11; D. Lenzi, Consenso informato e DAT. Riprende il cammino parlamentare, ivi, 3, e E. Mancini, Autonomia come integrità: una riflessione sulle direttive anticipate di trattamento, ivi, 13. Sia qui altresì consentito rinviare a S. Cacace, Il consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento nell’ordinamento italiano, argentino e venezuelano. A proposito di salute, di volontà e di fonti del diritto, in A. Saccoccio-S. Cacace (a cura di), Sistema giuridico latinoamericano. Summer School (Brescia, 9-13 luglio 2018), Torino, 2019, 165-194; a S. Cacace, A. Conti, P. Delbon (a cura di), La Volontà e la Scienza. Relazione di cura e disposizioni anticipate di trattamento, Torino, 2019, specie XVII-XXII e 365-388, e a S. Cacace, La nuova legge in materia di consenso informato e DAT: a proposito di volontà e di cura, di fiducia e di comunicazione, in Riv. it. med. leg., 2018, 935.
[2] Cfr. la circolare del Ministero dell’Interno n. 1/2018, 8 febbraio 2018, Legge 22 dicembre 2017, n. 219, recante “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”. Prime indicazioni operative, in https://dait.interno.gov.it/documenti/circolare-n1-2018.pdf: «l’ufficiale non partecipa alla redazione della disposizione né fornisce informazioni o avvisi in merito al contenuto della stessa».
[3] Cfr. E. Stradella-F. Bonaccorsi, L’esperienza dei Registri delle Dichiarazioni anticipate di Trattamento sanitario tra linee guida e prospettive di regolazione del fine vita, in A. D’Aloia (a cura di), Il diritto alla fine della vita. Principi, decisioni, casi, Napoli, 2012, 320 ss., e N. Vettori, Diritti della persona e amministrazione pubblica, Torino, 2017, 158 ss., nonché Corte cost., 14 dicembre 2016, n. 262, in Foro it., 2017, I, 439 ss.; in Studium iur., 2017, 1307, con nota di P. Giangaspero, La disciplina delle dichiarazioni anticipate di trattamento tra tentativi regionali e inerzia statale, e in Le Regioni, 2017, 563, con commento di L. Busatta, Le dichiarazioni anticipate di trattamento, tra ordinamento civile e “ragioni imperative di eguaglianza”.
[4] GU n. 13 del 17 gennaio 2020, in vigore dal primo febbraio 2020. La istituzione presso il Ministero della Salute di una Banca dati destinata alla registrazione delle DAT è prevista dall’art. 1, comma 418, della l. n. 205/2017, Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020: «È istituita presso il Ministero della Salute una banca dati destinata alla registrazione delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) attraverso le quali ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, può esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari (…). Per l’attuazione del presente comma è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2018». Cfr. altresì il Parere, ai sensi dell’articolo 9, comma 1 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sullo schema di decreto del Ministro della salute concernente la banca dati nazionale destinata alla registrazione delle disposizioni anticipate di trattamento della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, 25 luglio 2019, in http://www.statoregioni.it/media/1886/p-4-cu-atto-rep-n-71-25lug2019.pdf, e il parere positivo espresso dal Consiglio di Stato, Sezione consultiva per gli atti normativi, nella Adunanza del 7 novembre 2019, in http://www.dirittodeiservizipubblici.it/sentenze/sentenza.asp?sezione=dettsentenza&id=6410.
[5] Al contrario, i registri regionali possono raccogliere solo le DAT degli iscritti al SSN: v. il parere del Consiglio di Stato n. 1991/2018 del 31 luglio 2018, emesso in esito alla adunanza della Commissione speciale del 18 luglio 2018: parere facoltativo richiesto dal Ministero della Salute con nota n. 0007507-P del 2 giugno 2018, ai sensi dell’art. 14 del R.D. n. 1054 del 26 giugno 1924. Cfr. M. Noccelli, Libertà e autorità nelle decisioni sanitarie tra principio personalistico e solidaristico, in S. Cacace, A. Conti, P. Delbon (a cura di), La Volontà e la Scienza, cit., 40 ss.
[6] «(…) si considera rilevante l’interesse pubblico relativo a trattamenti effettuati da soggetti che svolgono compiti di interesse pubblico o connessi all’esercizio di pubblici poteri nelle seguenti materie: t) attività amministrative e certificatorie correlate a quelle di diagnosi, assistenza o terapia sanitaria o sociale, ivi incluse quelle correlate ai trapianti d’organo e di tessuti nonché alle trasfusioni di sangue umano; u) compiti del servizio sanitario nazionale e dei soggetti operanti in ambito sanitario, nonché compiti di igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro e sicurezza e salute della popolazione, protezione civile, salvaguardia della vita e incolumità fisica». Cfr. il Parere su uno schema di decreto recante l’istituzione presso il Ministero della Salute di una Banca dati nazionale destinata alla raccolta delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) – 29 maggio 2019, in https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9117770.
[7] Società Italiana Di Anestesia Analgesia Rianimazione E Terapia Intensiva, Raccomandazioni di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili, 6 marzo 2020, in http://www.siaarti.it/SiteAssets/News/COVID19%20-%20documenti%20SIAARTI/SIAARTI%20-%20Covid19%20-%20Raccomandazioni%20di%20etica%20clinica.pdf, 5-6.
[8] Cfr. il parere n. 1991/2018, cit.
[9] Cfr. parere n. 1991/2018, cit.: «può essere utile un atto di indirizzo – eventualmente adottato all’esito di un tavolo tecnico con il Ministero della giustizia, il Consiglio nazionale del notariato e il Ministero dell’interno – che indichi alcuni contenuti che possono essere presenti nelle DAT, allo scopo di guidare gli interessati sulle scelte da effettuare. Spetterà poi al Ministero di mettere a disposizione un modulo tipo, il cui utilizzo è naturalmente facoltativo, per facilitare il cittadino, non necessariamente esperto, a rendere le DAT».