Uno strumento utile: le schede tematiche del dipartimento del Consiglio d’Europa per l’esecuzione delle sentenze della Corte edu.
di Guido Raimondi
La pubblicazione, lo scorso mese di maggio, sul sito del Dipartimento del Consiglio d’Europa per l’esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, della scheda tematica (Factsheet) sulla “materia costituzionale”[1] è una buona occasione per attirare l’attenzione dei lettori di Giustizia insieme su di un aspetto particolarmente importante del sistema europeo di protezione dei diritti umani istituito con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950 (in seguito: la Convenzione), cioè quello, per l’appunto, dell’esecuzione delle sentenze della Corte di Strasburgo.
Se ci si accorda a ritenere questo sistema europeo di tutela come il più efficace esistente al mondo tra tutti quelli messi in piedi dopo l’adozione della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo nel 1948, la ragione di questa convinzione, che non è seriamente contestata da alcuno, risiede principalmente nel carattere vincolante delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, stabilito dall’art. 46 della Convenzione, e nel meccanismo di sorveglianza sulla corretta esecuzione delle sentenze, competenza quest’ultima che la stessa Convenzione – sempre all’art. 46 – affida all’organo di direzione politica del Consiglio d’Europa, il Comitato dei ministri, formato dai ministri degli affari esteri dei Paesi membri del Consiglio d’Europa o dai loro delegati.
Quella della sorveglianza sulla corretta esecuzione delle sentenze è l’unica competenza che residua al Comitato dei ministri nell’ambito del funzionamento del sistema di tutela della Convenzione. Nel periodo precedente all’entrata in vigore del Protocollo n. 11 alla Convenzione, nel 1998, spettavano al Comitato anche poteri decisionali dei ricorsi, quando non vi erano le condizioni per l’intervento della “vecchia” Corte europea dei diritti dell’uomo.
A prima vista, il riconoscimento di questa competenza in materia di esecuzione delle sentenze ad un organo politico potrebbe sembrare una scelta più “debole” di quella della Convenzione interamericana dei diritti dell’uomo del 1969, che affida il compito di vegliare sulla corretta esecuzione delle sentenze alla stessa Corte di San José di Costarica.
In realtà, le cose non stanno così, perché il diretto coinvolgimento nella fase dell’esecuzione dell’insieme degli Stati, e quindi della loro responsabilità collettiva, garantisce meglio il puntuale assolvimento degli obblighi che derivano dalle sentenze.
In questo quadro, assume una notevole importanza il Dipartimento del Consiglio d’Europa per l’esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, cioè la struttura burocratica che assiste il Comitato dei ministri nelle sue funzioni di cui all’art. 46 della Convenzione. Si tratta di una unità dipendente dalla Direzione generale dei diritti umani e degli affari giuridici del Consiglio d’Europa le cui dimensioni sono molto cresciute negli ultimi anni, formata da giuristi di grande esperienza. L’affidamento a questa struttura dei compiti di preparazione delle decisioni del Comitato dei ministri impedisce che quest’ultimo organo si muova in base a logiche puramente politiche. Lo status dei funzionari-giuristi che preparano le decisioni, infatti, è di piena indipendenza rispetto agli Stati. Non solo essi non ricevono istruzioni da questi ultimi, ma, in quanto funzionari internazionali, hanno il dovere di non richiederle. Naturalmente sarà sempre possibile al Comitato orientarsi politicamente, ma i termini tecnici delle questioni sono fissati in modo obiettivo dal Segretariato, il che riduce drasticamente lo spazio per determinazioni di tipo politico pregiudizievoli rispetto al fine ultimo della tutela dei diritti umani.
L’esecuzione di una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che spetta a ciascuno Stato interessato, appunto sotto la sorveglianza del Comitato dei ministri, comprende diversi aspetti.
Innanzitutto, vi sono le misure individuali che riguardano la vittima di una violazione dei diritti umani constatata dalla Corte. Se quest’ultima ha disposto in favore del ricorrente, ai sensi dell’art. 41 della Convenzione, una soddisfazione pecuniaria, spesso assortita dal rimborso delle spese di lite, normalmente con la previsione di un interesse moratorio, il Comitato dovrà accertare il corretto pagamento da parte dello Stato interessato di tutte le somme in questione. Inoltre, il Comitato dovrà verificare che lo stesso Stato abbia preso tutte le misure consentite dal proprio ordinamento per consentire la c.d. restitutio in integrum, cioè il collocare per quanto possibile la vittima nella stessa situazione nella quale essa si trovava prima della violazione del suo diritto.
La competenza del Comitato dei Ministri si estende poi alle c.d. misure “generali”, che lo Stato è tenuto a prendere quando la sentenza della Corte riveli che la violazione constatata riflette un problema di natura, per l’appunto, generale o sistemica, problema che richiede un intervento di tipo legislativo, o anche più complesso, comprendente misure, anche materiali, di vario genere. Questa situazione si presenta tipicamente nel caso delle c.d. sentenze “pilota”, che per definizione si riferiscono a problemi “sistemici” di uno Stato. Esempio molto noto di questa fattispecie è la sentenza Torreggiani c. Italia del 2013, relativa al problema del sovraffollamento carcerario, in risposta alla quale le autorità italiane hanno adottato un “pacchetto” di provvedimenti di varia natura, incluse modifiche legislative. Un esempio di misura generale che si è risolta con la semplice adozione di un provvedimento legislativo è quella presa in seguito alla sentenza Oliari c. Italia del 2015 sulle unioni tra persone dello stesso sesso con l’approvazione da parte del nostro Parlamento della c.d. legge Cirinnà.
Non è inutile ricordare che spetta al Comitato dei ministri sorvegliare anche la corretta esecuzione dei regolamenti amichevoli conclusi sotto l’egida della Corte.
L’azione del Comitato dei ministri è basata sull’idea della “sorveglianza continua”. Dal momento in cui le sentenze definitive della Corte o le decisioni relative a regolamenti amichevoli giungono al Comitato, i casi sono iscritti all’ordine del giorno di quest’ultimo e vi rimangono finché il Comitato dei ministri non decide di chiuderne l’esame adottando una risoluzione finale. Ciò avviene quando il Comitato accerta la piena esecuzione da parte dello Stato interessato e delle misure c.d. individuali e delle c.d. misure generali.
La prassi del Comitato si è evoluta negli ultimi anni. Ora, a partire dal 2009, a meno che non si tratti di casi “semplici”, per i quali l’unica conseguenza della sentenza o del regolamento amichevole è il pagamento dell’”equa soddisfazione”, gli Stati che sono destinatari di una sentenza di “condanna” della Corte sono tenuti a presentare un piano d’azione e, se necessario, un bilancio d’azione. Il primo comprende le misure che lo Stato ha adottato e intende adottare al fine di eseguire la sentenza della Corte e deve includere un calendario indicativo delle azioni da intraprendere. Il secondo è un documento nel quale lo Stato interessato deve indicare le misure infine adottate per eseguire la sentenza o, se del caso, le ragioni per le quali a suo giudizio non sono necessarie particolari misure di esecuzione. Il piano ed il bilancio d’azione devono essere depositati dagli Stati appena possibile dal momento in cui la sentenza della Corte diviene definitiva e in ogni caso non oltre sei mesi da questo momento.
A partire dal 2011, il controllo del Comitato dei ministri si esercita con due modalità: la sorveglianza ordinaria, o standard, e la sorveglianza rafforzata.
Quest’ultima è la modalità seguita per i casi che richiedono una speciale attenzione, come quelli che implicano l’adozione di misure individuali urgenti, le sentenze “pilota”, quelli che si riferiscono a problemi strutturali o particolarmente complessi, e i casi interstatali. In questi casi il Comitato incarica il Segretariato di svolgere un ruolo attivo, fornendo allo Stato interessato assistenza nell’elaborazione dei piani d’azione e nella loro messa in pratica, pareri di esperti sulle misure da adottare, o anche programmi di cooperazione bilaterale o multilaterale per casi che riguardano questioni complesse. Non sono esclusi strumenti di pressione politica, che possono prendere la forma, in crescendo, di lettere del Segretariato, del Presidente del Comitato dei Ministri, o di risoluzioni interinali del Comitato.
Nei casi, invece, nei quali si ricorre alla sorveglianza ordinaria, si suppone che sia lo Stato in autonomia ad occuparsi delle misure da prendere, e il Comitato si limita a verificare che i piani e i bilanci d’azione siano depositati nei termini previsti.
Vi è una limitata possibilità di partecipazione alla procedura del ricorrente, cui la regola n. 9 § 1 del Regolamento del Comitato per l’esecuzione riconosce la facoltà di inviare al Comitato qualunque informazione concernente il pagamento dell’equa soddisfazione o l’adozione di misure individuali, e di ONG e istituzioni nazionali per la protezione dei diritti umani, alle quali la regola 9 § 2 dello stesso Regolamento concede di inviare comunicazioni. Di recente, a partire da gennaio 2017, questa possibilità è stata estesa alle organizzazioni internazionali intergovernative, alle loro agenzie e organi (regola 9 § 3) e alle istituzioni o organi che sono stati parte della procedura davanti alla Corte con un intervento di terzo (regola 9 § 4).
Con l’entrata in vigore del Protocollo n. 14 alla Convenzione, nel giugno 2010, Protocollo che ha modificato tra l’altro l’art. 46 della Convenzione, due nuove competenze sono state attribuite al Comitato dei Ministri che può ora, in ogni caso con una maggioranza qualificata di due terzi dei suoi membri, da una parte richiedere alla Corte di interpretare una sentenza al fine di facilitarne l’esecuzione e, dall’altra, chiedere sempre alla Corte di constatare l’inadempimento di uno Stato che rifiuti di eseguire una sentenza. Quest’ultima competenza è stata esercitata dal Comitato dei Ministri nel caso Ilgar Mammadov c. Azerbaijan, sentenza del 22 maggio 2014, caso nel quale, contro il parere dello Stato interessato, la maggioranza del Comitato riteneva che la sentenza, che aveva constatato la violazione dell’art. 5 della Convenzione sulla tutela della libertà personale, implicasse il dovere per lo stesso Stato di liberare il ricorrente. La Corte ha confermato l’inadempimento dell’Azerbijan con sentenza del 29 maggio 2019. Infine, la Corte suprema di questo Stato vi ha dato esecuzione, ordinando la liberazione del ricorrente, con decisione del 23 aprile di quest’anno 2020.
Tutte le attività alle quali si è fatto cenno in questo breve scritto sono descritte nel sito del Dipartimento del Consiglio d’Europa per l’esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo[2].
Tra i documenti reperibili su quest’ultimo sito si segnalano le “schede Paese” (Country Factsheets) e le “schede tematiche” (Thematic Factsheets), una nuova serie inaugurata dalla scheda sulla “materia costituzionale” la cui pubblicazione ha costituito l’occasione di questo intervento.
Le “schede Paese” sono particolarmente interessanti. Se si dà uno sguardo a quella che riguarda il nostro Paese, si può vedere, per esempio, come il caso Torreggiani sul sovraffollamento carcerario, cui si faceva cenno più sopra, sia stato chiuso nel 2016 con una Risoluzione finale[3], essendo il Comitato dei ministri soddisfatto dalle misure prese dalle autorità italiane. Lo stesso è a dirsi per il caso Oliari sulle unioni di persone dello stesso sesso[4], mentre altre delicate questioni, come per esempio i seguiti del caso Nasr e Ghali c. Italia, sentenza del 2016, meglio noto come caso Abu Omar, cioè la extraordinary rendition che ha interessato l’Imam di Milano, sono tuttora oggetto di una sorveglianza rafforzata.
Ora la scheda tematica sulla “materia costituzionale” inaugura una nuova serie informativa che si preannuncia di grande interesse per gli studiosi e per i pratici.
Le schede tematiche presentano una selezione di sviluppi legislativi e giurisprudenziali verificatisi negli Stati membri del Consiglio d’Europa in seguito a sentenze e decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo la cui esecuzione è stata completata sotto la supervisione del Comitato dei ministri. Alcuni casi di particolare interesse sono citati anche se il processo di esecuzione non si è ancora concluso.
La scheda sulla materia costituzionale riporta una serie di emendamenti costituzionali o di interpretazioni di corti costituzionali o equivalenti che sono stati indicati come forme di esecuzione di sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Nella presentazione della scheda si osserva che uno dei modi più rapidi ed efficienti di assicurare l’esecuzione delle sentenze della Corte di Strasburgo è la loro diretta applicazione da parte delle autorità nazionali, giudiziarie o esecutive, cioè senza necessità di un intervento legislativo. In questo modo, si nota che molte corti costituzionali hanno interpretato la legge nazionale, compresa la Costituzione, in una maniera compatibile con la Convenzione nel contesto dell’esecuzione di una sentenza della Corte europea e che nella maggior parte dei casi, quando questo non è stato possibile, il legislatore è intervenuto, anche a livello costituzionale.
Il materiale è, per l’appunto, suddiviso in due sezioni: la prima dedicata alle modifiche costituzionali e la seconda alle soluzioni giurisprudenziali realizzate direttamente dalle corti nazionali.
La messe di informazioni è notevole ed è di grande aiuto per chiunque voglia approfondire le sue conoscenze sui temi interessati, che sono molteplici, dalla protezione delle persone private della libertà, alle espulsioni, alla libertà di espressione e molto altro.
Si tratta, quindi, di un nuovo strumento particolarmente utile.
Due nuove schede tematiche sono annunciate: una sul dovere di investigazione effettiva e l’altra sulla protezione dell’ambiente. L’auspicio è che la loro pubblicazione non tardi troppo.
[1] https://rm.coe.int/thematic-factsheet-constitutional-matters-eng/16809e512a
[2] https://www.coe.int/en/web/execution/home
[3] Resolution CM/ResDH(2016)28, 8 marzo 2016.
[4] Resolution CM/ResDH(2017)182, 7 giugno 2017.