La sentenza della corte costituzionale n. 88/2019: ma la revoca della patente è sempre identica?
di Roberto Aniello
Sommario:1. I motivi della declaratoria di illegittimità costituzionale. - 2. Il presupposto del ragionamento della Corte Costituzionale: l’identità della sanzione amministrativa. - 3. La duplicità di sanzioni - sospensione e revoca – nell’art. 222 comma 2 cod. str.
1. I motivi della declaratoria di illegittimità costituzionale.
Con sentenza n. 88/2019 (ud. 19.2.2019 - dep. 17.4.2019) la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 222 comma 2, quarto periodo, del codice della strada, “nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli artt. 589-bis (Omicidio stradale) e 590-bis (Lesioni personali stradali gravi o gravissime) del codice penale, il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa ai sensi del secondo e terzo periodo dello stesso comma 2 dell’art. 222 cod. strada allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi commi secondo e terzo degli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen.”
Il ragionamento che ha condotto il giudice delle leggi a tale pronuncia è assolutamente lineare e si articola nei seguenti passaggi logici:
- il quarto periodo dell’art. 222 comma 2 cod. str. è stato riformulato dalla legge n. 41/2016, con la previsione che alla condanna o al patteggiamento per i reati di omicidio stradale e di lesioni personali stradali gravi o gravissime consegue sempre la revoca della patente di guida, anche ove sia stata concessa la sospensione condizionale della pena;
- la revoca della patente è stata quindi estesa indistintamente a tutte le ipotesi – sia aggravate dalle circostanze “privilegiate”, sia non aggravate – di omicidio stradale e di lesioni personali stradali gravi o gravissime;
- le fattispecie di reato di omicidio stradale e di lesioni personali stradali contemplano diverse ipotesi alla cui gravità corrispondono differenti trattamenti sanzionatori: l’ipotesi base del reato colposo (al primo comma); l’ipotesi maggiormente aggravata della guida in stato di ebbrezza alcolica oltre una certa soglia di tasso alcolemico o sotto l’effetto di stupefacenti (ai commi secondo e terzo); nonché un’ipotesi intermedia perché aggravata in misura minore (ai commi quarto, quinto e sesto), ma comunque con una pena aumentata rispetto all’ipotesi base;
- invece, per la sanzione amministrativa della revoca della patente di guida vi è un indifferenziato automatismo sanzionatorio, che costituisce possibile indice di disparità di trattamento e irragionevolezza intrinseca;
- l’automatismo della risposta sanzionatoria prevista dall’art. 222 cod. str. non è graduabile in ragione delle peculiarità del caso e può giustificarsi solo per le violazioni più gravi, cioè le ipotesi aggravate previste dal secondo e dal terzo comma sia dell’art. 589 bis, sia dell’art. 590 bis cod. pen.; per esse si giustifica una radicale misura preventiva per la sicurezza stradale consistente nella sanzione amministrativa della revoca della patente nell’ipotesi sia di omicidio stradale, sia di lesioni personali gravi o gravissime;
- al di sotto di questo livello vi sono comportamenti pur gravemente colpevoli, ma in misura inferiore, sicché non è compatibile con i principi di eguaglianza e proporzionalità la previsione della medesima sanzione amministrativa; in tal caso, l’automatismo della sanzione amministrativa non si giustifica e deve cedere alla valutazione individualizzante del giudice.
Queste sono dunque le argomentazioni fondamentali che hanno condotto il giudice delle leggi alla declaratoria di incostituzionalità.
Vi è per la verità una successiva considerazione in ordine alla sovrapposizione delle sanzioni amministrative della sospensione della patente, prevista dal secondo e terso periodo dell’art. 222 comma 2, e della revoca, prevista dal quarto periodo per fattispecie di reato in parte identiche. Tuttavia, a questo rilievo la Corte, nell’ambito del ragionamento relativo alla illegittimità costituzionale della revoca non attribuisce efficacia, limitandosi ad osservare che si tratta di “una poco coerente sovrapposizione di fattispecie sanzionate, o no, con la revoca della patente, che si aggiunge all’irragionevolezza intrinseca della sanzione indifferenziata per ipotesi marcatamente diverse in termini di gravità della condotta”.
2. Il presupposto del ragionamento della Corte Costituzionale: l’identità della sanzione amministrativa.
I passaggi argomentativi della pronuncia in esame appaiono ineccepibili, ma danno per scontato un presupposto: quello della identità della sanzione amministrativa della revoca della patente per tutte le ipotesi di reato alle quali la stessa consegue.
Se così fosse, certamente si verificherebbe quell’indifferenziato automatismo sanzionatorio censurato dalla Corte Costituzionale e posto a fondamento della declaratoria di illegittimità costituzionale.
Ma è proprio così?
Certamente, la revoca è, a differenza della sospensione, atto definitivo, come espressamente stabilito dall’art. 219 comma 3 cod. str.; infatti, in seguito alla sospensione, una volta decorso il termine prescritto, la patente viene restituita, senza necessità di attivazione dell’interessato (art. 218 comma 4 cod. str.), mentre la revoca impedisce che la patente conseguita possa riacquistare validità.
Però la revoca non ha una indefinita efficacia impeditiva rispetto al conseguimento di una nuova patente di guida, non ha, in altri termini, effetti permanenti.
Il titolare di patente revocata può infatti conseguire una nuova patente sostenendo nuovamente gli esami prescritti dalla legge, ma le norme del codice della strada impongono dei termini dilatori per il conseguimento della nuova patente (decorrenti dalla data del passaggio in giudicato della sentenza che dispone la revoca: Cass. Civ. Sez. 2^, n. 13508/2019).
In particolare, l’art. 219 comma 3 bis cod. str. prevede, nell’ipotesi di revoca di cui al precedente comma 2, che “l'interessato non può conseguire una nuova patente se non dopo che siano trascorsi almeno due anni”; nel caso di revoca della patente di guida disposta a seguito delle violazioni di cui agli articoli 186, 186-bis e 187 cod. str., il termine è di tre anni.
Per le ipotesi che qui interessano, la legge n. 41/2016 ha effettivamente previsto, introducendo i commi 3 bis e 3 ter dell’art. 222 cod. str., la revoca della patente di guida per tutte le ipotesi di cui agli artt. 589 bis e 590 bis c.p.
Ha però, al contempo, differenziato i limiti temporali per il conseguimento della nuova patente: il comma 3 bis prevede 15 anni per i reati cui all’art. 589 bis secondo, terzo e quarto comma; 10 anni per il reato di cui all’art. 589 bis quinto comma; il termine è elevato a 20 anni per chi sia già stato condannato per guida in stato di ebbrezza o di alterazione da stupefacenti e a 30 anni in caso di omissione di soccorso e fuga. Il comma 3 ter stabilisce un termine di 5 anni per i reati di cui agli artt. 589 bis e 590 bis, raddoppiato per chi sia già stato condannato per guida in stato di ebbrezza o di alterazione da stupefacenti e aumentato a 12 anni in caso di omissione di soccorso e fuga.
Facendo riferimento a queste differenziate previsioni per i termini dilatori a seguito dei quali la patente di guida può, dopo la revoca, essere nuovamente conseguita, la Procura generale della Corte di Cassazione aveva concluso, già con requisitoria in data 24.7.2018 (ric. Olivelli), nel senso della manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata col ricorso e la Corte di Cassazione aveva condiviso tale conclusione con sentenza di Sez. 4^ n. 52804 del 14/09/2018 Cc. (dep. 23/11/2018)[1], ric. Olivelli, sentenza così massimata: “È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 222, comma 2, quarto periodo, cod. strada, in relazione agli artt. 3 e 27 Cost., nella parte in cui rende obbligatoria la revoca della patente di guida quale effetto della condanna ovvero dell'applicazione della pena su richiesta delle parti per i reati di cui agli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen., rientrando tale previsione nel legittimo esercizio del potere legislativo”.
Tale pronuncia, peraltro, aveva motivato essenzialmente non già sui diversi limiti temporali previsti per il conseguimento di nuova patente, ma sulla diversa natura delle sanzioni amministrative rispetto a quelle penali, osservando che la modifica delle sanzioni amministrative operata della legge n. 41/2016, in relazione all'accertamento delle due nuove fattispecie autonome di reato di omicidio colposo stradale (589 bis cod. pen.) e di lesioni personali stradali gravi o gravissime (590 bis cod. pen.), aveva inteso inasprire le conseguenze di carattere amministrativo in relazione a condotte di guida accomunate da particolare gravità sia sotto il profilo della condotta che dell'evento, in quanto lesive dei beni primari della vita e della integrità fisica., con una scelta legislativa non sindacabile sotto il profilo della ragionevolezza.
Successivamente, la stessa Sez. 4^, con sentenza n. 6423 del 06/11/2018 Cc. (dep. 11/02/2019) ric. Lobbia[2], ha fatto espresso riferimento alla differente durata dei periodi previsti prima che l’interessato possa acquisire una nuova patente; la massima recita: “E' manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 222 cod. strada, commi 2, quarto periodo, e 3-ter, in relazione agli artt. 3, 25, 27 e 111 Cost., laddove ad esso consegue la revoca della patente di guida tanto per le lesioni gravi o gravissime quanto per l'omicidio stradale, atteso che il trattamento sanzionatorio deve essere valutato nel suo complesso, e che la diversa durata, prevista dalla norma, dei periodi di inabilitazione alla guida prima che l'interessato possa acquisire una nuova patente, conferisce una diversa afflittività alla sanzione in base alla gravità del fatto”. In motivazione si precisa che vi è equiparazione solo tra l'omicidio stradale 'basico' e le lesioni gravi e gravissime, equiparazione che però non appare irragionevole
Le argomentazioni di tale pronuncia sono state richiamate e ribadite con al sentenza di Sez. 4^ n. 7548 del 28/11/2018 Cc. (dep. 19.2.2019), ric. Nespoli (non massimata)[3].
Si può solo ulteriormente evidenziare che la durata dei termini dilatori per il conseguimento di nuova patente appare strettamente correlata alla differente gravità delle fattispecie, cosicché la revoca risulterebbe avere una efficacia concretamente commisurata all’entità del fatto commesso.
Ciò posto, le osservazioni che avevano indotto la Corte di Cassazione a dichiarare manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale non sembrano di trascurabile importanza, ma sta di fatto che la Corte Costituzionale, pervenendo all’opposta conclusione della incostituzionalità della norma in esame, non le ha minimamente prese in considerazione. Si può ipotizzare, una volta esclusa la possibilità di una lacuna motivazionale, che i giudici delle leggi abbiano ritenuto del tutto irrilevanti gli argomenti illustrati dalla Corte di Cassazione, il che però desta qualche perplessità, verosimilmente destinata a rimanere tale.
3. La duplicità di sanzioni - sospensione e revoca – nell’art. 222 comma 2 cod. str.
Per completezza, con riferimento alla sovrapposizione delle sanzioni amministrative rilevata nella sentenza in esame, è opportuno evidenziare che anch’essa era stata già presa in considerazione dalla Corte di legittimità, pervenendo a quella che appare l’unica soluzione possibile.
Invero, la legge 41/2016 ha modificato l’art. 222 comma 2 quarto periodo, che ora è del seguente tenore: “Alla condanna, ovvero all'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli articoli 589-bis e 590-bis del codice penale consegue la revoca della patente di guida”.
La riforma ha però lasciato inalterati i primi tre periodi dell’art 222 comma 2, con i quali sussiste ora un evidente contrasto.
Infatti, i primi tre periodi prevedono la sospensione della patente di guida – con differenti durate – per i fatti commessi con violazione del codice della strada dai quali derivino lesioni personali colpose lievi, gravi o gravissime o omicidio colposo.
Secondo la disciplina previgente alla legge 41/2016, ai sensi del quarto periodo, qualora i fatti di cui al secondo o terzo periodo (lesioni gravi e gravissime e omicidio) fossero commessi da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera c), ovvero da soggetto sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice applicava la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente.
La legge 41/2016, nel sostituire questo quarto periodo, ha fatto riferimento ai reati di cui agli artt. 589 bis e 590 bis c.p., nei quali sono confluite tutte le ipotesi di omicidio stradale e lesioni stradali gravi e gravissime.
Per queste fattispecie vi sarebbe dunque una duplicità di sanzioni amministrative accessorie, la sospensione della patente prevista dal secondo e terzo periodo e la revoca prevista dal quarto periodo. Soltanto per le lesioni colpose lievi, non rientranti nel nuovo art. 590 bis, rimane la sola sanzione della sospensione.
Sospensione e revoca sono, all’evidenza, sanzioni incompatibili e non applicabili contemporaneamente, né avrebbe senso un’applicazione di entrambe in tempi successivi.
L’unica soluzione ragionevole è allora quella di ritenere implicitamente abrogate le norme precedenti, alla stregua del principio fissato dall’art. 15 delle preleggi in ordine alla incompatibilità tra le nuove disposizioni e quelle anteriori.
Ne consegue che, per le lesioni colpose gravi e gravissime e per l’omicidio colposo commessi con violazione delle norme sulla circolazione stradale, la sanzione amministrativa accessoria da applicare è – o meglio, sarebbe, se non vi fosse stata la pronuncia di illegittimità costituzionale - la revoca della patente, ai sensi dell’art. 222 comma 2, quarto e quinto periodo.
A tali condivisibili conclusioni era giunta la Corte di Cassazione con le citate sentenze Lobbia e Nespoli, ora però superate dalla sentenza della Corte Costituzionale, che ha reso la sospensione e la revoca sempre alternative – fatta eccezione per le ipotesi aggravate previste dal secondo e dal terzo comma sia dell’art. 589 bis che dell’art. 590 bis c.p. - e, in quanto tali, rimesse alla valutazione discrezionale del giudice.
[1] Rv. 274523 – 01 - Presidente: Izzo Fausto. Estensore e relatore: Ranaldi Alessandro. Imputato: Olivelli Dario. P.M. Romano Giulio (N.D.R.: indicazione erronea, in realtà P.M. Aniello Roberto) (Conf.) Dichiara Inammissibile, Gip Tribunale Livorno, 25/01/2018.
[2] Rv. 275023 – 01 Presidente: Fumu Giacomo. Estensore e Relatore: Dovere Salvatore. Imputato: Lobbia Giovanni. P.M. Fodaroni Maria Giuseppina. (Conf.) Rigetta Tribunale Pavia, 29/05/2018.
[3] Pres. Fumu, Est. Ranaldi, P.M. Aniello (Conf.).