GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    RUOLO DELLA PENA

    RUOLO DELLA PENA di Giorgio Spangher

    1.  Innescato da alcune vicende giudiziarie si è da tempo riacceso il confronto di opinioni sul ruolo della pena, nella contrapposizione tra una visione rieducativa della stessa ed una più dichiaratamente retributiva.

    Sullo sfondo della insicurezza determinato dalla globalizzazione il dibattito ha finito per coinvolgere inevitabilmente tematiche diverse: determinazione di nuove fattispecie incriminatrici, inasprimento delle pene, regole procedurali, regime penitenziario. Del resto, la presenza di “fenomeni” criminali non consente risposte episodiche, nella misura in cui la metabolizzazione di un singolo episodio delittuoso, non è possibile a fronte d’una sua reiterazione che proprio per questo fatto ne amplifica e ne moltiplica le implicazioni.

    In questo contesto si inserisce la legge che esclude l’accesso al rito abbreviato per i reati puniti con l’ergastolo, con l’intento di evitare che alcuni reati – soprattutto l’omicidio aggravato – con il meccanismo delle attenuanti, combinato con l’effetto premiale del rito contratto possa condurre ad una pena ritenuta inadeguata alla gravità del reato.

    Il riferimento all’omicidio aggravato non è casuale ove si considerino in materia la previsione di cui al comma 3 dell’art. 90 c.p.p. ove si prevede che in caso di morte della vittima del reato, i diritti della persona offesa siano esercitati – a sua tutela – dai prossimi congiunti e da persona legata da relazione affettiva o stabilmente convivente, che assumeranno su di sé anche la posizione di danneggiati dal reato, con ricadute significative sul loro atteggiamento processuale. La posizione a “tutela” dell’offeso, vittima di omicidio, finisce per investire questi soggetti di una funzione di “supplenza” sotto vari profili, non escluso quello sanzionatorio.

     2. Il comma 1 bis dell’art. 438 c.p.p. inserito dalla riforma prevede, pertanto, che “non è ammesso il giudizio abbreviato per i delitti puniti con la pena dell’ergastolo”.

    Si raccorda a questo dato anche l’abrogazione del secondo e del terzo periodo del comma 2 dell’art. 442 c.p.p. ove si prevedeva che alla pena dell’ergastolo è sostituita quella della reclusione di anni trenta; ed alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno, nel caso di concorso di reati e di reato continuato, è sostituita quella dell’ergastolo.

    Invero, proprio la premialità del rito abbreviato per i reati puniti con l’ergastolo consente al condannato di collocare la pena nelle soglie che consentono l’accesso ai benefici penitenziari.

    La considerazione che nello sviluppo del procedimento l’ipotesi accusatoria formulata dal pubblico ministero con la richiesta di rinvio a giudizio possa modificarsi rendendo possibile l’accesso al rito abbreviato ha suggerito al legislatore che la difesa debba, a tal fine, formulare una richiesta, ancorché inammissibile ovvero da rigettare, nel corso dell’udienza preliminare. La stessa richiesta, se formulata nel corso dell’udienza preliminare, potrà essere reiterata entro i limiti di cui agli artt. 421 e 422 c.p.p.

    Ovviamente questa richiesta – inammissibile – non finalizzata ad ottenere dal giudice la verifica delle condizioni di ammissibilità del rito, non determinerà l’operatività di quanto previsto dall’art. 438, comma 4, secondo periodo, c.p.p., in tema di produzione di indagini difensive, e dall’art. 438, comma 6 bis, c.p.p., in tema di sanatoria delle indicate patologie processuali.

    Il legislatore non esclude che la formulazione dell’imputazione subisca variazioni lungo il corso del procedimento così da incidere sull’originaria inammissibilità ovvero sull’iniziale possibilità di disporre il giudizio abbreviato.

    Si prevede, così, che qualora all’esito dell’udienza preliminare la qualificazione giuridica del fatto consenta il rito abbreviato, il giudice con il decreto che dispone il giudizio debba informare l’imputato che entro quindici giorni potrà chiedere il rito speciale.

    Qualora, invece, richiesto e disposto il rito abbreviato il fatto dovesse essere contestato nei termini escludenti il rito, il giudice revocherà il provvedimento e procederà alla prosecuzione dell’udienza preliminare, ovvero disporrà che si proceda con l’udienza preliminare.

    Qualora il giudice del dibattimento riconosca che il fatto come da lui qualificato avrebbe consentito il giudizio abbreviato, applicherà con la sentenza la riduzione della pena nei limiti previsti dall’art. 442, comma 2, c.p.p.

    Non è chiaro se a questo fine è sufficiente la richiesta inammissibile formulata nell’udienza preliminare, ovvero se sia necessario ripetere la richiesta all’inizio del dibattimento ovvero se la richiesta del rito possa essere formulata per la prima volta nel momento di apertura del giudizio.

     3. Il riconoscimento della premialità della pena dovrebbe valere anche per il giudizio d’appello e in cassazione ex art. 620, lett. 1, c.p.p., senza necessità che sia riproposta la domanda del rito abbreviato. Dovrebbe riconoscersi che un eventuale accoglimento dell’appello del p.m. in punto di qualificazione del fatto, ostativa il rito, determinerà l’esclusione della premialità precedentemente riconosciuta. Ci si dovrebbe interrogare se analoga conclusione possa operare per il giudizio di cassazione ovvero se sarà necessario procedere ad annullamento con rinvio.

    Nel caso del giudizio immediato troverà applicazione l’art. 458 c.p.p.: l’imputato, per poter godere della premialità della pena all’esito del dibattimento dovrà formulare la richiesta del rito abbreviato ancorché inammissibile ed il giudice richiesto del rito disporrà il giudizio immediato.

     4. Memore della decisione Corte Edu sul caso Scoppola, dovendosi escludere, trattandosi di materia attinente alla pena, l’operatività del principio tempus regiti actum, il legislatore ha previsto che la riforma si applichi solo ai reati commessi successivamente all’entrata in vigore della legge.

    5.  Sotto il profilo sistematico, la riforma determinerà un appesantimento del carico di lavoro delle Corti di assise, senza alleggerire quello dei gip/gup.

    Si creeranno problemi per le collaborazioni nei processi di criminalità organizzata, in quanto queste erano spesso incentivate dalla premialità del rito abbreviato.

    Si devono escludere, a prima lettura, profili di illegittimità costituzionale, trattandosi di scelta che riguarda tutti i reati, puniti con la pena massima. Va tuttavia fatto notare che la scelta legislativa sacrifica la logica dell’economia processuale che aveva connotato il rito e in parte lo caratterizza ancora per gli altri reati, a fronte dell’esigenza d’una pena maggiormente afflittiva che a giudizio del legislatore appare motivazione prevalente.

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