“Forme alternative di risoluzione delle controversie e strumenti di giustizia riparativa” a cura di Elisabetta Silvestri.
Recensione al volume.
La crisi pandemica nella quale ci troviamo ancora proiettati suggerisce di prendere in considerazione tutti gli strumenti utili a far fronte al contenzioso già in essere e a quello pronto a sorgere da questa situazione, anche alla luce della normativa emergenziale emanata negli ultimi mesi (con riferimento all’ambito civilistico, si pensi, ad esempio, alle prevedibili liti derivanti dalle disposizioni circa l’esclusione della responsabilità del debitore in materia di ritardi o inadempimenti contrattuali o in relazione alle ipotesi di risoluzione dei contratti in materia di soggiorno e acquisto di biglietti per spettacoli, musei e altri luoghi della cultura).
Forse mai come in questo momento può essere utile riflettere sul valore dei sistemi alternativi di risoluzione delle controversie, quali rimedi di ausilio nell’attuale processo di regolamentazione (tanto da essere stati posti al centro del Manifesto della Giustizia Complementare alla Giurisdizione del 28.3.2020, elaborato in seno al Tavolo sulle procedure stragiudiziali in materia civile e commerciale istituito presso il Ministero della Giustizia).
Non poteva quindi uscire in un momento più propizio “Forme alternative di risoluzione delle controversie e strumenti di giustizia riparativa” a cura di Elisabetta Silvestri.
Il volume riunisce una serie di contributi riguardanti i principali metodi alternativi di risoluzione delle controversie previsti nel nostro ordinamento: la mediazione (con un capitolo interamente dedicato alla mediazione ordinata dal giudice), le tutele stragiudiziali in materia consumeristica, la consulenza tecnica preventiva ex art. 696 bis c.p.c., la negoziazione assistita, i procedimenti in materia bancaria e finanziaria, le procedure stragiudiziali nell’ambito dell’infortunistica stradale, la mediazione familiare, il coordinatore genitoriale, l’accertamento tecnico preventivo obbligatorio nelle controversie previdenziali ed assistenziali e la mediazione in campo penale.
L’arbitrato è stato volutamente escluso da questo novero, per le sue proprie caratteristiche, per aver subito da tempo un processo di giurisdizionalizzazione particolarmente accentuato che ne ha fatto un procedimento più “vicino” al processo ordinario (e non alternativo a esso).
Nell’ultimo capitolo vengono invece trattati i metodi alternativi delle controversie nel contesto internazionale, con specifica attenzione ai conflitti tra entità di diritto pubblico e alle procedure per la risoluzione di liti commerciali coinvolgenti parti di nazionalità diversa.
Tutti i contributi si presentano snelli e privi di note (ma sono corredati da schede bibliografiche di base per approfondimenti dei temi analizzati). Questa scelta stilistica non ha, però, alcun effetto di impoverimento sui contenuti. Al contrario, la puntualità dell’esposizione consente di enucleare efficacemente i nodi essenziali di ogni sistema trattato, così anche da offrire un quadro composito e al tempo stesso lineare delle procedure oggetto di studio.
Essenzialmente promossi a scopo deflattivo, nel tentativo di rispondere alla lentezza e all’inefficienza della giustizia formale, i sistemi alternativi al processo (lasciando una buona volta da parte l’espressione anglofila di facciata “ADR”, come garbatamente consiglia Elisabetta Silvestri) costituiscono ormai un tema ineludibile per la giustizia italiana.
“Forme alternative di risoluzione delle controversie e strumenti di giustizia riparativa” propone un catalogo ben ragionato di questi sistemi (non manca l’analisi dei profili storici e di quelli deontologici) e, senza finalità esaltative, lascia presagire che in futuro la loro affermazione proseguirà “soprattutto in quegli ordinamenti in cui gli sforzi per migliorare la performance della giustizia formale sembrano non produrre i risultati sperati”.
Stimolante è, in questo senso, il richiamo della curatrice dell’opera alla nuova tendenza del process pluralism, nel ricercare metodi di risoluzione che si adattino perfettamente alle specificità del caso concreto: il modello di risoluzione non può essere solo alternativo al processo, ma deve anche essere specificamente adeguato alle caratteristiche peculiari di ogni singola controversia.
Solo così le alternative al processo potranno davvero mantenere la loro promessa di una giustizia più efficiente e partecipata.