La riforma Cartabia del diritto e del processo penale - Editoriale
Per la terza volta in cinque anni, magistrati, avvocati e cittadini devono affrontare una “riforma della giustizia penale”, con conseguente riscrittura di numerose norme sostanziali e processuali.
Anche in questo caso, l’intervento del legislatore è motivato dal tentativo di risollevare un innegabile stato di crisi della giustizia, evidente sia nei numeri – che attestano una perdurante incapacità di fornire in tempi ragionevoli una risposta alla domanda di giustizia – che nella conseguente crisi fiducia nei confronti dei magistrati e nel sistema, forse mai così evidente come negli ultimi anni.
La “riforma Cartabia”, rispetto a quelle che hanno preso il nome dei due precedenti Ministri della Giustizia, appare connotata da una inedita pervasività, poiché investe il diritto civile e processuale civile, quello penale e processuale penale nonché le norme ordinamentali.
Per quanto riguarda il settore penale, essa modifica - in più punti ed a volte in maniera profonda – ogni aspetto del processo, dal momento di apertura del procedimento penale alla fase successiva al passaggio in giudicato della sentenza, oltre ad incidere su alcuni rilevanti aspetti di diritto sostanziale.
Tocca inoltre il rapporto tra sanzioni ed esecuzione delle medesime, alcuni dei contrappesi esistenti tra le parti del processo, il senso stesso della sanzione penale affiancandole per la prima volta i percorsi (vedremo quanto accidentati) della giustizia riparativa; sancisce l’inizio dell’era del processo penale telematico.
In altri termini, si propone di modificare radicalmente il panorama in cui gli operatori del diritto si trovano ad operare, per di più facendolo “in corsa” e senza previsione di adeguate norme transitorie né una parallela riforma strutturale e di organico della magistratura, che prevedibilmente soffrirà nell’affrontare le modifiche in una situazione di drammatica scopertura di organico.
I temi di discussione e gli spunti di approfondimento sono numerosi e richiedono sia una ricognizione “a prima lettura” che una riflessione più meditata, oltre a un momento di sintesi che si giovi, appena possibile, del monitoraggio dell’impatto delle nuove regole nella realtà quotidiana dei nostri Tribunali.
La nostra Rivista ha già iniziato da tempo un’analisi dell’impianto della riforma, con lo scritto di Giorgio Spangher pubblicato il 6 settembre del 2022 e intitolato “La riforma Cartabia: alcuni fils rouge”.
A questo primo approfondimento, Giustizia Insieme ha pensato di far seguire una serie di contributi, rispondenti ai diversi “livelli di lettura” appena evidenziati:
1. Una serie di schede tematiche in cui saranno esposte in modo sintetico le modifiche principali apportate al Codice penale e di procedura penale ed indicate le possibili criticità applicative;
2. Cinque articoli che usciranno a cadenza settimanale in cui saranno trattati in modo approfondito gli aspetti più rilevanti della riforma, distinti per fase processuale
3. Un ulteriore serie di articoli - ancora in numero di cinque - dedicati alla giustizia riparativa, che prenderanno in esame la storia, le esperienze più salienti in Italia e all’estero, le novità della riforma su questo specifico tema e le criticità nell’applicazione della stessa.
A questi contributi affiancheremo delle “riflessioni spot” su argomenti che emergeranno e si imporranno con il carattere dell’urgenza.
Proprio ad uno di questi argomenti “urgenti”, che sin dal primo momento di emanazione della riforma sta provocando discussioni tra magistrati nelle chat e nelle liste tecniche, è dedicato il primo contributo che oggi pubblichiamo, la riflessione di Andrea Apollonio sul mutamento del giudice in corso di dibattimento e l’applicazione della regola del tempus regit actum.