L’accesso difensivo post Adunanza Plenaria n. 4/2021 tra potere valutativo della P.A. e apprezzamento del giudice (nota a Consiglio di Stato, Sez. III, 25 febbraio 2022, n. 1342)
di Gianluigi Delle Cave
Sommario: 1. La vicenda. – 2. Il diritto di accesso ai sensi della l. n. 241/1990: osservazioni minime. – 2.1. segue: simmetrie (e contrasti) con l’accesso civico semplice e generalizzato. – 3. Analisi critica della sentenza n. 1342/2022: portata e limiti dell’accesso c.d. “difensivo”. – 3.1. segue: l’accesso difensivo post Adunanza Plenaria n. 4/2021: quali scenari? – 4. Conclusioni.
1. La vicenda
La vicenda, in sintesi, trae origine dal ricorso (n. r. g. 55/2021) con cui un operatore economico inoltrava all’ASL 1 Avezzano-Sulmona-L’Aquila, ai sensi della l. n. 241/1990, istanza di accesso ad un serie di atti, deliberazioni, determinazioni e provvedimenti adottati dall’amministrazione, ivi puntualmente elencati, e relativi a procedure di gara e a contratti di fornitura stipulati tra le parti tra il 2005 e il 2015, asseritamente necessari «per valutare l’esattezza degli adempimenti contrattuali» e porli «a sostegno di azioni giudiziarie» avverso la stazione appaltante (in specie, per farsi vedere riconosciuto il pagamento su fatture per interessi su prestazioni e/o merce rese nel corso degli anni a favore della S.A. medesima). Ebbene, contro il silenzio dell’amministrazione, la società istante proponeva ricorso innanzi al T.A.R. Abruzzo, per l’accertamento dell’inadempimento e l’ostensione degli atti richiesti. Il giudice di prime cure, respingeva, quindi, le doglianze della ricorrente[1], evidenziando come l’ostensione documentale «non può essere finalizzata all’esercizio di un controllo generalizzato dell’operato dell’amministrazione, allo scopo di verificare eventuali e non ancora definite forme di lesione della sfera dei privati», ciò in quanto l’interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi deve essere comparato con gli altri interessi rilevanti, tra cui quello dell’amministrazione a non subire eccessivi intralci nella propria attività gestoria presidiata anche a livello costituzionale.
Ebbene, con la sentenza in commento, il Consiglio di Stato, nell’accogliere le doglianze dell’appellante, si inserisce e rimarca il tracciato giurisprudenziale formatosi recentemente in materia di c.d. “accesso defensionale”, confermando l’interpretazione - pure accolta dall’Adunanza plenaria[2] - su un istituto dotato, di fatto, di peculiarità proprie e di valenza del tutto autonoma e meglio perimetrando il potere valutativo attribuito alla P.A. in sede di disamina delle istanze di accesso difensivo sottoposte alla sua cognizione.
Come noto, infatti, prima dell’intervento della citata A.P., il dibattito pretorio in materia è stato caratterizzato da una rigida polarizzazione tra due orientamenti tra loro confliggenti. Ed infatti, (i) un primo filone interpretativo[3] riteneva sufficiente, ai fini dell’accoglimento dell’istanza di accesso, che la documentazione richiesta avesse “attinenza” con il processo, non potendo la P.A. disquisire sulla fondatezza o meno delle pretese azionate, sulla concreta utilità del documento richiesto rispetto alle difese addotte ovvero sulla validità della strategia processuale prescelta; (ii) un secondo indirizzo, de contrario, propendeva per una valutazione più rigorosa dell’istanza di accesso, tanto da imporre al richiedente di dimostrare - eccezion fatta per le sole ipotesi di connessione evidente tra diritto all’accesso ed esercizio proficuo del diritto di difesa - la specifica connessione con gli atti di cui ipotizza la rilevanza ai fini difensivi e ciò anche ricorrendo all’allegazione di elementi induttivi, ma testualmente espressi, univocamente connessi alla “conoscenza” necessaria alla linea difensiva e logicamente intellegibili in termini di consequenzialità rispetto alle deduzioni difensive potenzialmente esplicabili[4].
Ebbene, anticipando quanto meglio si dirà nel seguito, i giudici di Palazzo Spada hanno ribadito, in estrema sintesi, come la fondatezza dell’eventuale “futura” iniziativa giudiziaria cui è collegata l’accesso non può essere tout courtsindacata dalla pubblica amministrazione e, conseguentemente, dal giudice dell’accesso[5]. Ed infatti, la P.A. detentrice del documento e il giudice amministrativo adito nel giudizio di accesso ai sensi dell’art. 116 c.p.a. non devono invece svolgere ex ante alcuna ultronea valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica amministrazione detentrice del documento o al giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso, salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla l. n. 241/1990.
2. Il diritto di accesso ai sensi della l. n. 241/1990: osservazioni minime
Il diritto di accesso ai dati, alle informazioni e ai documenti in possesso dell’amministrazione - rappresenta uno degli istituti fondamentali in cui si estrinseca il principio di trasparenza[6]. Come evidenziato in dottrina[7], questo legame si riflette pure sulla fisionomia dell’accesso amministrativo, che presenta nel nostro ordinamento una natura multiforme. Ed infatti, plurime sono le forme di accesso previste, ciascuna caratterizzata da uno specifico percorso evolutivo (normativo e giurisdizionale) e da tratti giuridici almeno in parte originali[8]. Il diritto di accesso ai documenti amministrativi costituisce, in sintesi, un principio generale dell’ordinamento giuridico e si colloca in un sistema ispirato al contemperamento delle esigenze di celerità ed efficienza dell’azione amministrativa con i principi di partecipazione e di concreta conoscibilità della funzione pubblica da parte dell’amministrato, basato sul riconoscimento del principio di pubblicità dei documenti amministrativi[9]. Con riferimento all’accesso disciplinato dalla l. n. 241/1990 (artt. 22-27), ai fini della sussistenza del presupposto legittimante per l’esercizio di tale diritto, deve esistere: (a) un interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso, non necessariamente consistente in un interesse legittimo o in un diritto soggettivo, ma comunque giuridicamente tutelato, e (b) un rapporto di strumentalità tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l’ostensione, nesso di strumentalità che deve, peraltro, essere inteso in senso ampio, posto che la documentazione richiesta deve essere “mezzo utile” per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante[10].
In buona sostanza, dunque, la l. n. 241 cit. - allo scopo di abbattere il tradizionale schermo del segreto amministrativo - ha disciplinato il diritto di accesso ai documenti amministrativi quale strumento finalizzato alla tutela di colui che ne abbia interesse avverso atti e provvedimenti della pubblica amministrazione incidenti sulla sua sfera soggettiva[11] (la necessità di un collegamento specifico e concreto con un interesse rilevante impedisce, ovviamente, che l’accesso possa essere utilizzato per conseguire improprie finalità di “controllo generalizzato” sulla legittimità degli atti dell’amministrazione pubblica). Il diritto di accesso rappresenta, quindi, una situazione giuridica che: (i) ex se non garantisce l’acquisizione o la conservazione di beni della vita e, dunque, non assicura al suo titolare il conseguimento di utilità finali; (ii) è strumentale, piuttosto, al soddisfacimento (o al miglior soddisfacimento) di altri interessi giuridicamente rilevanti (diritti o interessi), rispetto ai quali si pone in posizione ancillare. La conoscenza dei documenti amministrativi, quindi, deve essere correlata - in modo “diretto, concreto e attuale”[12] - ad altra “situazione giuridicamente tutelata”: non si tratta, dunque, di una posizione sostanziale autonoma, ma di un potere di natura procedimentale, funzionale alla tutela di situazioni stricto sensu sostanziali, abbiano esse consistenza di diritto soggettivo o interesse legittimo. In tal guisa, la stessa nozione di legittimazione all’accesso - come prefigurata dall’art. 22 della l. n. 241/1990, che richiede, per l’appunto, la titolarità di un interesse diretto, concreto e attuale - vale a rivelare la ontologica natura strumentale del diritto di accesso rispetto ad altra, effettiva, posizione sostanziale (che non può ridursi ad un mero “diritto all’informazione”), nonché a precludere che un tale potere si risolva in un controllo generalizzato, anche di natura meramente esplorativa o emulativa, sull’agere amministrativo[13].
Oltre la qualificazione dell’interesse, per quanto qui di precipuo interesse, vale la pena soffermarsi brevemente anche sul concetto di “utilità” dell’accesso. A tal proposito non può non evidenziarsi come l’amministrazione (o il soggetto ad essa equiparato), in sede di esame di una domanda d’accesso, sia tenuta soltanto a valutare l’inerenza del documento richiesto con l’interesse palesato dall’istante, e non anche l’utilità del documento al fine del soddisfacimento della pretesa correlata[14]. La P.A., in sintesi, non è tenuta a verificare l’effettiva utilità dei documenti in vista della difesa delle ragioni dell'istante né, tanto meno, la strategia difensiva dallo stesso articolata, ma solo la non manifesta inutilità della visione degli atti stessi. In buona sostanza, occorre valutare unicamente l’inerenza del documento richiesto all’interesse dell’istante, non anche l’utilità dei documenti al fine del soddisfacimento della pretesa correlata: è quindi sufficiente una valutazione in astratto, senza che possa essere operato, con riferimento al caso specifico, alcun apprezzamento in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda giudiziale che gli interessati potrebbero eventualmente proporre sulla base dei documenti acquisiti mediante l'accesso, non potendo la legittimazione all’accesso essere valutata alla stessa stregua di una legittimazione alla pretesa sostanziale sottostante[15]. In definitiva, il diritto di accesso rappresenta espressione non solo del principio di informazione (ravvisabile nell’art. 21 Cost.) e in tutti i principi cui essa è ispirata, ma anche del principio di difesa (art. 24 Cost.) nonché dei valori di buon andamento e imparzialità (fissati all’art. 97 Cost). Partecipazione e trasparenza, quindi, si presentano come un binomio imprescindibile per garantire l’imparzialità della P.A. e delle sue attività, ivi incluso il corretto esplicarsi del diritto di accesso ai documenti amministrativi riconosciuto dalla legge ai soggetti privati. Nell’accesso documentale convivono, de facto, due anime: una legata al concetto di trasparenza e l’altra legata più propriamente alla sfera giuridica dell’interessato consentendogli una migliore difesa degli interessi vantati[16]. Il diritto di accesso documentale non è tout court un diritto autonomo, ma è un diritto “strumentale” all’esercizio di un altro diritto: non si procede con l’accesso agli atti unicamente per il vezzo di esaminare i documenti di un procedimento amministrativo, ma, diversamente, perché si vanta un interesse diretto, concreto e attuale all’ostensione di quella specifica documentazione e quindi alla conoscenza dei documenti amministrativi - in via strumentale - per la partecipazione procedimentale o per la difesa in giudizio, ciò ogniqualvolta venga allegata la sussistenza di un interesse alla tutela di situazioni giuridicamente rilevanti[17].
2.1. segue: simmetrie (e contrasti) con l’accesso civico semplice e generalizzato
Separato, seppur sintetico, cenno merita, poi, il rapporto tra il diritto di accesso come contemplato dalla l. n. 241/1990 e l’accesso civico ex d.lgs. n. 33/2013[18]. Partendo dalla disamina delle simmetrie tra i due istituti, si evidenzia come il primo importante elemento in comune rilevi con riferimento alla delimitazione dell’ambito soggettivo di legittimazione passiva. Benché con alcune differenze di dettaglio, infatti, in tutti i casi la richiesta di accesso può essere presentata non solo alle pubbliche autorità in senso stretto, ma anche ai soggetti formalmente privati limitatamente allo svolgimento da parte loro di attività di pubblico interesse[19]. Altro profilo di simmetria attiene alla previsione di un’ampia gamma di limiti, posti a tutela sia di alcune forme di segreto “di rilevanza pubblicistica”, sia del diritto alla riservatezza dei terzi (o di alcune sue manifestazioni settoriali)[20]. Ancora, si guardi al tema della completezza dell’istruttoria e del contraddittorio nella triade di accessi (documentale, civico e generalizzato)[21]. Infine, l’accesso generalizzato e quello documentale presentano una importante convergenza di carattere “rimediale”: essi sono accomunati, infatti, dalla previsione espressa della possibilità di praticare meccanismi risolutivi, “a monte” dell’eventuale conflitto con le esigenze di segretezza e riservatezza[22].
Maggiori, tuttavia, si appalesano le differenze tra gli istituti sopra richiamati. Innanzitutto, l’accesso civico, di cui all’art. 5 del d. lgs. 33/2013, nonostante alcuni punti di contatto di tipo “testuale”, si pone su un piano diverso rispetto all’accesso documentale, che rimane caratterizzato da un rapporto qualificato del richiedente con i documenti che si intendono conoscere, derivante proprio dalla titolarità in capo al soggetto richiedente di una posizione giuridica qualificata tutelata dall’ordinamento. Ed infatti, accanto all’accesso tradizionale, collegato alle specifiche esigenze del richiedente e caratterizzato dalla connotazione strumentale agli interessi individuali dell’istante, posto in una posizione differenziata rispetto agli altri cittadini che legittima il diritto di conoscere e di estrarre copia di un documento amministrativo, si è dapprima introdotto l’accesso civico c.d. “semplice”, imperniato su obblighi di pubblicazione gravanti sulla pubblica amministrazione e sulla legittimazione di ogni cittadino a richiederne l’adempimento; poi, l’accesso civico “generalizzato”, azionabile da chiunque, senza previa dimostrazione circa la sussistenza di un interesse concreto e attuale in connessione con la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti e senza alcun onere di motivazione della richiesta (vale a dire senza necessità di puntuale motivazione)[23]. Dunque, l’accesso documentale non rappresenta uno strumento di controllo ispettivo sull’attività dell’amministrazione, mentre l’introduzione del d.lgs. n. 33/2013 ha determinato la considerevole estensione della gamma dei dati e degli atti conoscibili, a prescindere dall’esigenza di proteggere il proprio patrimonio giuridico.
A tal proposito, le differenze fra le diverse tipologie di accesso sono desumibili pure dagli obiettivi sottesi alle rispettive previsioni normative, in quanto: (i) con l’accesso ai documenti (art. 22 l. n. 241/1990) è possibile ottenere l’ostensione dei documenti richiesti puntualmente dall’interessato; (ii) con l’accesso civico, semplice e generalizzato, si assicura una conoscenza più estesa ma meno approfondita da parte del cittadino a documenti e informazioni, fermi restando i limiti posti a salvaguardia di interessi pubblici e privati suscettibili di essere lesi[24].
Le differenze tra gli accessi sopra citati si possono riscontrare anche sul piano procedurale[25], in quanto nei casi di diniego parziale o totale all’accesso o in caso di mancata risposta allo scadere del termine per provvedere, contrariamente a quanto dispone la l. n. 241/1990, non si forma silenzio rigetto, ma il cittadino può attivare la speciale tutela amministrativa interna davanti al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza formulando istanza di riesame, alla quale deve essere dato riscontro entro i termini normativamente prescritti (le decisioni sulle istanze di accesso civico semplice e generalizzato si presumono espresse e, in caso di inerzia della P.A., questa si qualifica come silenzio inadempimento)[26]. La disciplina maggiormente garantista dell’accesso civico generalizzato tende e consente, quindi, l’esercizio di un controllo diffuso sul “perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico”. Da ciò una decisiva considerazione: sebbene la disposizione introdotta dall’art. 5 del d. lgs. n. 33/2013 non richieda particolari legittimazioni, potendo essere attivata da “chiunque” e anche in assenza di una espressa motivazione, allo stesso tempo la richiesta avanzata dal cittadino deve comunque essere riconducibile al soddisfacimento di un interesse che abbia una valenza pubblica e non resti confinato ad un bisogno conoscitivo esclusivamente privato, individuale, egoistico o peggio emulativo che, lungi dal favorire la consapevole partecipazione del cittadino al dibattito pubblico, si traduca in una elusione delle diverse finalità e dei limiti dettati dall’accesso documentale ex l. n. 241/1990. Su quest’ultimo punto, giova, poi, evidenziare come la finalità soggettiva che spinge il richiedente a presentare istanza di accesso civico non è sindacabile: anche richieste di accesso civico presentate per finalità “egoistiche” possono favorire un controllo diffuso sull’amministrazione, se queste consentono di conoscere le scelte amministrative effettuate. Il controllo diffuso di cui parla la legge, infatti, non è da riferirsi alla singola domanda di accesso ma è il risultato complessivo cui “aspira” la riforma sulla trasparenza la quale, ampliando la possibilità di conoscere l’attività amministrativa, favorisce forme diffuse di controllo sul perseguimento dei compiti istituzionali e una maggiore partecipazione dei cittadini ai processi democratici e al dibattito pubblico. Infine, è distinta la ratio complessiva degli accessi sopra menzionati. Ed infatti, l’accesso documentale punta, in concreto, ad assicurare ai singoli - secondo una concezione dialettica e antagonista del rapporto fra soggetti pubblici e privati - la possibilità di proteggere adeguatamente il proprio patrimonio giuridico; diversamente, il controllo diffuso sull’attività amministrativa (la c.d. “vigilanza diffusa”, concetto meno legato alla sola protezione individuale) rappresenta la funzione primaria dell’accesso civico semplice e di quello generalizzato.
In definitiva, appare evidente che il legislatore, pur introducendo l’istituto dell’accesso civico (semplice e “generalizzato”, espressamente volto a consentire l’accesso di chiunque a documenti e dati detenuti dai soggetti indicati nell’art. 2 bis del d.lgs. n. 33/2013), permettendo quindi l’accesso (ai fini di un controllo) diffuso alla documentazione in possesso delle amministrazioni (e degli altri soggetti indicati nella norma appena citata) e privo di un manifesto interesse da parte dell’accedente, ha però voluto tutelare interessi pubblici e interessi privati che potessero esser messi in pericolo dall'accesso indiscriminato. Il legislatore ha quindi operato per un verso mitigando la possibilità di conoscenza integrale e indistinta dei documenti detenuti dall'ente introducendo dei limiti all’ampio accesso (art. 5 bis, commi 1 e 2, del d.lgs. 33/2013) e, per altro verso, mantenendo in vita l’istituto dell’accesso ai documenti amministrativi e la propria disciplina dettata dalla l. n. 241/1990 (evitando accuratamente di novellare la benché minima previsione contenuta nelle disposizioni da essa recate), anche con riferimento ai rigorosi presupposti dell’ostensione, sia sotto il versante della dimostrazione della legittimazione e dell’interesse in capo al richiedente sia sotto il versante dell’inammissibilità delle richieste volte ad ottenere un accesso diffuso[27].
3. Analisi critica della sentenza n. 1342/2022: portata e limiti dell’accesso c.d. “difensivo”
Dato il perimetro normativo/giurisprudenziale brevemente esaminato nei paragrafi precedenti, nonché per meglio comprendere ed esaminare l’istituto dell’accesso defensionale per come richiamato e applicato dai giudici di Palazzo Spada nella sentenza in commento, pare doveroso, innanzitutto, ribadire come dalle previsioni della l. n. 241/1990 risulta una disciplina dell’accesso ispirata ai seguenti principi: (a) esigere la sussistenza del solo nesso di necessaria strumentalità tra l’accesso e la cura o la difesa in giudizio dei propri interessi giuridici [cfr. art. 24, comma 7, della l. n. 241 cit.]; (b) ricomprendere, tra i destinatari, tutti i soggetti privati, ivi compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, senza alcuna ulteriore esclusione [art. 22, comma 1, lettera d), l. n. 241 cit., con formula pure replicata dall’art. 2, comma 1, del d.P.R. n. 184 del 2006]; (c) circoscrivere le qualità dell’interesse legittimante a quelle ipotesi che - sole - garantiscono la piena corrispondenza tra la situazione (sostanziale) giuridicamente tutelata ed i fatti (principali e secondari) di cui la stessa fattispecie si compone, atteso il necessario raffronto che l’interprete deve operare, in termini di pratica sussunzione, tra la fattispecie concreta di cui la parte domanda la tutela in giudizio e l’astratto paradigma legale che ne costituisce la base legale.
Orbene, come pure chiarito dall’A.P.[28], siffatto giudizio di sussunzione, che costituisce la base fondante dell’accesso difensivo, è regolato in ogni suo aspetto dalla legge (e dal rispettivo regolamento di attuazione), mostrandosi privo di “tratti liberi” lasciati alla interpretazione discrezionale dell’autorità amministrativa ovvero alla prudente interpretazione del giudice. Più in particolare, la legge ha proceduto a selezionare, tra i canoni ermeneutici in astratto possibili, quelli della immediatezza, della concretezza e dell’attualità [art. 22, comma 1, lettera d), cit.], in modo tale da ancorare il giudizio sull’interesse legittimante a due parametri fissi, rigidi e predeterminati quanto al loro contenuto obiettivo. La “corrispondenza”, in buona sostanza, circoscrive esattamente l’interesse all’accesso agli atti in senso, per l’appunto, “corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata”.
In sintesi, dunque, l’unico interesse legittimante all’accesso difensivo sarà quello che corrisponderà in modo diretto, concreto ed attuale alla cura o anche difesa in giudizio di tali predeterminate fattispecie, in chiave strettamente difensiva. Tale ultimo aspetto, più in particolare, è chiarito dal secondo dei parametri al quale si è fatto cenno, e cioè quello riguardante il c.d. “collegamento”. Il legislatore ha, infatti, ulteriormente circoscritto l’oggetto della situazione legittimante l’accesso difensivo rispetto all’accesso “ordinario”, esigendo che la stessa, oltre a corrispondere al contenuto dell’astratto paradigma legale, sia anche collegata al documento al quale è chiesto l’accesso [art. 24, comma 7, della l. n. 241 cit.], in modo tale da evidenziare in maniera diretta ed inequivoca il nesso di strumentalità che avvince la situazione soggettiva finale al documento di cui viene richiesta l’ostensione, e per l’ottenimento del quale l’accesso difensivo, in quanto situazione strumentale, fa da tramite. Tale esigenza è soddisfatta, sul piano procedimentale, dal successivo art. 25, comma 2, della l. n. 241 cit., ai sensi del quale la richiesta di accesso ai documenti deve essere debitamente motivata[29]. In questa prospettiva, dunque, non paiono sufficienti generici riferimenti a “esigenze probatorie e difensive”, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, poiché - come detto - l’ostensione del documento passa attraverso un rigoroso vaglio circa l’appena descritto nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale controversa; ciò, peraltro, senza dimenticare (rectiusadombrare) il bilanciamento tra interesse all’accesso difensivo dell’istante e la tutela della riservatezza del controinteressato[30]. Proprio ai fini del bilanciamento tra il diritto di accesso difensivo, preordinato all’esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale in senso lato, e la tutela della riservatezza, non trova applicazione né il criterio della stretta indispensabilità (riferito ai dati sensibili e giudiziari) né il criterio dell'indispensabilità e della parità di rango (riferito ai dati cc.dd. “supersensibili”)[31], ma il criterio generale della “necessità” ai fini della “cura” e della “difesa” di un proprio interesse giuridico, ritenuto dal legislatore tendenzialmente prevalente sulla tutela della riservatezza, a condizione del riscontro della sussistenza dei presupposti generali, di cui si è detto, dell’accesso documentale di tipo difensivo. È chiaro, quindi, che il collegamento tra la situazione legittimante e la documentazione richiesta impone un’attenta analisi della motivazione che la P.A. ha adottato nel provvedimento con cui ha accolto o, viceversa, respinto l’istanza di accesso. Soltanto attraverso l’esame di questa motivazione è infatti possibile comprendere se questo collegamento, nel senso sopra precisato, esista effettivamente e se l’esigenza di difesa rappresentata dall’istante prevalga o meno sul contrario interesse alla riservatezza nel delicato bilanciamento tra i valori in gioco.
In tale contesto, la P.A. detentrice del documento e il giudice amministrativo adito nel giudizio di accesso ai sensi dell’art. 116 c.p.a. non devono svolgere alcuna ultronea valutazione sulla influenza o sulla decisività del documento richiesto nell’eventuale giudizio instaurato[32], poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione e non certo alla pubblica amministrazione o allo stesso giudice amministrativo nel giudizio sull’accesso[33].
Tanto è confermato dal fatto che, come anche evidenziato dall’Adunanza Plenaria[34], un diverso ragionamento reintrodurrebbe nella disciplina dell’accesso difensivo e, soprattutto, nella sua pratica applicazione limiti e preclusioni che, invece, non sono contemplati dalla legge, la quale ha già previsto, come si è detto, adeguati criteri per valutare la situazione legittimante all’accesso difensivo e per effettuare il bilanciamento tra gli interessi contrapposti all’ostensione del documento o alla riservatezza. Se l’istanza di accesso sia poi motivata unicamente, ai sensi dell’art. 25, comma 2, della l. n. 241 cit., con riferimento ad esigenze difensive di un particolare giudizio e il giudice di quella causa si sia già pronunciato sull’ammissibilità o, addirittura, sulla rilevanza del documento nel giudizio già instaurato, la P.A. e, in sede contenziosa ai sensi dell’art. 116 c.p.a., il giudice amministrativo dovranno tenere conto di questa valutazione, sul piano motivazionale, ma sempre e solo per valutare la concretezza e l’attualità del bisogno di conoscenza a fini difensivi e non già per sostituirsi ex ante al giudice competente nella inammissibile e impossibile prognosi circa la fondatezza di una particolare tesi difensiva, alla quale la richiesta di accesso sia preordinata (salvo, ovviamente, il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla l. n. 241/1990). In sintesi, quindi, l’accesso difensivo ha una sua identità caratteristica, pure prevalente sulla tutela della riservatezza, che tuttavia richiede una motivazione dell’istanza di accesso che ne dimostri la “necessità” per la cura di un interesse giuridico protetto. Al cospetto di un tale accesso, la P.A. è chiamata, con certosina attenzione, a valutare - per consentire o meno l’ostensione dell’atto - il legame tra gli atti oggetto di accesso e la possibilità di una tutela giurisdizionale, senza però giudizi prognostici sull’effettiva utilità rispetto alla tutela del bene della vita[35].
Applicando al caso di specie le coordinate interpretative sopra richiamate, dunque, il Consiglio di Stato, pure ricalcando i principi espressi dall’Adunanza Plenaria sul punto, ha evidenziato che, innanzitutto, l’istanza di accesso agli atti formulata dalla società ricorrente in primo grado «non è un’istanza di accesso civico, ma di accesso difensivo, volto all’ostensione di atti relativi a rapporti contrattuali tra essa ricorrente e l’amministrazione». In particolare, il Collegio ha desunto la finalità difensiva, peraltro dichiarata nella stessa istanza e nella corrispondenza che ne è seguita con l’amministrazione, dalla necessità dell’appellante di valutare la proposizione di azioni giudiziarie per il pagamento delle somme asseritamente dovute dalla S.A. a titolo di ritardo nel pagamento di forniture. Ebbene, a fronte di tale specifica individuazione e della presenza di un interesse difensivo in capo all’istante, l’amministrazione ha, quindi, l’obbligo di procedere all’ostensione, non assumendo rilievo «nemmeno la possibile prescrizione dei diritti di credito per la cui difesa in giudizio l’istante chiede l’ostensione», e ciò in quanto «anche a prescindere dal rilievo che la prescrizione paralizza il credito solo se eccepita in giudizio e può essere oggetto di atti interruttivi, la fondatezza dell’eventuale futura iniziativa giudiziaria non può essere sindacata dalla pubblica amministrazione e, conseguentemente, dal giudice dell’accesso»[36].
3.1. segue: l’accesso difensivo post Adunanza Plenaria n. 4/2021: quali scenari?
Come evidenziato in premessa, la sentenza del Consiglio di Stato in commento si innesta su un sentiero giurisprudenziale lineare (rectius conforme) rispetto all’interpretazione fornita dall’Adunanza Plenaria sull’accesso defensionale. Muovendo le mosse dall’A.P. sopra citata, è possibile quindi sostenere che l’istituto dell’accesso amministrativo non si “appiattisce” sulla sola prospettiva della partecipazione, dell’imparzialità e della trasparenza, ma che esistono, all’interno della fattispecie giuridica generale dell’accesso, due anime che vi convivono, dando luogo a due fattispecie particolari, di cui una (e cioè quella relativa all'accesso “difensivo”) può addirittura operare quale eccezione al catalogo di esclusioni previste per l’altra (l’accesso “partecipativo”), salvi gli opportuni temperamenti in sede di bilanciamento in concreto dei contrapposti interessi[37]. A tal proposito, si può, quindi, rilevare, in primo luogo, come l’accesso difensivo sia costruito come una fattispecie ostensiva autonoma, caratterizzata (dal lato attivo) da una vis espansiva capace di superare le ordinarie preclusioni che si frappongono alla conoscenza degli atti amministrativi; e connotata (sul piano degli oneri) da una stringente limitazione, ossia quella di dovere dimostrare la necessità della conoscenza dell’atto o la sua stretta indispensabilità, nei casi in cui l’accesso riguarda dati sensibili o giudiziari. In secondo luogo, la conoscenza dell'atto non è destinata a consentire al privato di partecipare all’esercizio del pubblico potere in senso “civilmente” più responsabile, ossia per contribuire a rendere l'esercizio del potere condiviso, trasparente e imparziale, ma rappresenta il tramite per la cura e la difesa dei propri interessi giuridici[38].
Conseguentemente, da quanto sopra emerge una disciplina dell’accesso difensivo nel senso di esigere la sussistenza del solo nesso di necessaria strumentalità tra l’accesso e la cura o la difesa in giudizio dei propri interessi giuridici[39] e di ricomprendere, tra i destinatari, tutti i soggetti privati, ivi compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, senza alcuna ulteriore esclusione, circoscrivendo le qualità dell’interesse legittimante a quelle ipotesi che garantiscono la piena corrispondenza tra la situazione (sostanziale) giuridicamente tutelata ed i fatti (principali e secondari) di cui la stessa fattispecie si compone[40]. L’interesse all’accesso difensivo, quindi, laddove sia stato dimostrato il “nesso di necessarietà” (e non anche di “indispensabilità”, che concerne solo i documenti che recano al loro interno dati sensibili e giudiziari, nella scelta espressiva ancora presente nell’art. 24, comma 7, secondo periodo, l. n. 241/1990) tra i documenti richiesti e la potenziale utilizzazione degli stessi nell’ambito di un giudizio ovvero per garantire la tutela della posizione soggettiva dell’accedente, è dimostrato (e comprovato) dalla attinenza dei documenti richiesti con la tutelabilità potenziale, all’esito di una verifica ex ante, della posizione soggettiva rispetto alla quale l’interessato intende chiedere tutela[41]. All’accedente deve imporsi, quindi, al fine dell’ottenimento della documentazione, di dimostrare la “necessità” della richiesta di acquisizione dei documenti, ma certamente non anche la dimostrazione della effettiva detenzione del documento in capo alla P.A. nel momento in cui la richiesta è formulata, atteso che spetta all’amministrazione di assumersi la responsabilità di dichiarare formalmente ed espressamente l’eventuale assenza dei documenti oggetto di accesso presso i propri archivi o banche dati cartacee o digitali[42]. Come pure evidenziato in via pretoria[43], peraltro, la riconducibilità del documento alle ipotesi normate dall’art. 24, comma 1 della l. n. 241/1990 deve ritenersi da sé sola insufficiente per negare l’ostensione, dal momento che quando l’accesso viene esercitato con finalità difensive l’esclusione non è sempre assoluta, ma è solo “tendenziale”, tanto più se l’istante ha dato prova del fatto che la necessità di difendere i propri interessi non deriva da una lesione connessa alla possibile adozione dell’atto finale e non è neppure connotata da profili di carattere pubblicistico connessi all’esercizio del potere pubblico, ma è collegata a un giudizio nel quale i rapporti intercorrenti tra le parti assumono un autonomo rilievo. In sintesi, dunque, l’accoglimento dell’istanza di accesso agli atti non rende il dato acquisito liberamente trattabile dal soggetto richiedente, il quale, viceversa, è rigorosamente tenuto a trattare e a utilizzare tale dato per le sole finalità difensive per le quali ne ha chiesto l’ostensione, pena il rischio di incorrere nelle sanzioni amministrative ed, eventualmente, anche penali (a seconda della condotta illecita) previste per il trattamento illegittimo dei dati personali riservati[44] e fatta altresì salva la riconducibilità dell’illecito trattamento alla responsabilità di cui all’art. 2043 c.c. Si prospetta, quindi (pure in via pretoria[45]), il totale riconoscimento - e sdoganamento - delle peculiarità e dell’autonoma valenza dell’accesso difensivo, che richiede certo un interesse diretto, concreto ed attuale collegato all’ostensione dell’atto, ma senza che la P.A. possa addurre giudizi prognostici sull’utilità di tale atto nel processo instaurato o da avviare[46]. Circostanza, da ultimo, confermata (recentemente) pure dalla Sesta sezione del Consiglio di Stato[47], laddove, nel sintetizzare le coordinate interpretative dell’Adunanza Plenaria, chiarisce, in definitiva, come l’accesso difensivo presuppone: a) la sussistenza del solo nesso di necessaria strumentalità tra l’accesso e la cura o la difesa in giudizio dei propri interessi giuridici; b) la verifica della sussistenza di un interesse legittimante, dotato delle caratteristiche della immediatezza, della concretezza e dell’attualità. La sussistenza di un nesso di necessaria strumentalità impone, quindi, al richiedente di motivare la propria richiesta di accesso, rappresentando in modo puntuale e specifico nell’istanza di ostensione elementi che consentano all’amministrazione detentrice del documento il vaglio del nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta sub specie di astratta pertinenza con la situazione “finale” controversa.
4. Conclusioni
Alla luce di quanto sopra esposto, si evince come l’istituto dell'accesso ai documenti amministrativi, ai sensi dell’art. 22 e ss. della l. n. 241/1990, è oramai fortemente caratterizzato dal principio della massima ostensione, salve le limitazioni giustificate dalla necessità di contemperare il suddetto interesse con altri interessi meritevoli di tutela (si veda in particolare l’art. 24, comma 7, l. n. 241 cit.). A tal riguardo, va, quindi, accolta una nozione ampia di “strumentalità” del diritto di accesso, nel senso della finalizzazione della domanda ostensiva alla cura di un interesse diretto, concreto, attuale e non meramente emulativo o potenziale, connesso alla disponibilità dell’atto o del documento del quale si richiede l’accesso, ammettendo - quindi - che la richiamata “strumentalità” va intesa in senso ampio in termini di utilità per la difesa di un interesse giuridicamente rilevante. A tal fine, come pure evidenziato in via pretoria, il legame tra la finalità dichiarata e il documento richiesto è rimessa alla valutazione della P.A., in sede di amministrazione attiva e del giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva. Valutazione che, come detto, va effettuata in astratto, senza apprezzamenti diretti (e indebiti) sulla documentazione richiesta. L’accesso, in tal senso, assume, quindi, una valenza autonoma, non dipendente dalla sorte del processo principale, ma anche dall’eventuale infondatezza o inammissibilità della domanda giudiziale che il richiedente, una volta conosciuti gli atti in questione, potrebbe proporre. Ed infatti, il diritto di accesso ai documenti amministrativi costituisce un principio generale dell’ordinamento giuridico, il quale si colloca in un sistema ispirato al contemperamento delle esigenze di celerità ed efficienza dell'azione amministrativa con i principi di partecipazione e di concreta conoscibilità della funzione pubblica da parte dell'amministrato, basato sul riconoscimento del principio di pubblicità dei documenti amministrativi. In quest’ottica, il collegamento tra l'interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l'accesso e la documentazione oggetto della relativa istanza non può che essere inteso in senso ampio, posto che la documentazione richiesta deve essere, genericamente, mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante, e non strumento di prova diretta della lesione di tale interesse. Sul punto, sono doverose almeno due considerazioni:
(i) la prima, muove dal dato normativo. L’art. 24, settimo comma, della l. n. 241 cit. è cristallino nel prevedere che “deve comunque essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”. In buona sostanza, se l’interesse alla conoscenza del documento è “strumentale” all’esigenza di protezione di una situazione giuridica soggettiva individuale, la disposizione normativa de qua - di fatto “sovraordinata” - non lascerebbe dubbi circa la sua portata applicativa immediata, sintetizzabile in questi termini: (a) in generale, nessun bilanciamento degli interessi da parte dell’amministrazione sarebbe necessario - o potrebbe, pure in astratto, essere esperito - in quanto effettuato, già a monte (in termini di regola di composizione del conflitto), dal legislatore[48]; (b) le possibilità in cui, effettivamente, un bilanciamento (rectius una situazione discrezionalmente apprezzabile) da parte della P.A. parrebbe possibile è limitata dal legislatore stesso a quei casi in cui si contrapponga un interesse “di pari rango”[49];
(ii) la seconda, è di ordine sistematico. Come evidenziato nei paragrafi precedenti, chiarito lo spettro di azione dei diversi accessi (procedimentale e civico, nelle sue declinazioni), ed evidenziato come il secondo assolva pure pienamente alle “curiosità civiche” dei richiedenti, l’accesso defensionale assurge, di fatto, a ipotesi tipica della l. n. 241/1990, nelle sue - tutte - peculiarità già sopra evidenziate[50].
Orbene, volgendo nuovamente lo sguardo verso le osservazioni preliminari in incipit, si è detto come la legittimazione all’accesso non può essere valutata facendo riferimento alla fondatezza della pretesa sostanziale sottostante, ma ha consistenza autonoma (strumentale all’esercizio del diritto di difesa in giudizio, sebbene si possa prescindere dalla pendenza attuale di una causa), mentre residuerebbe all’amministrazione il vaglio sul nesso di strumentalità della richiesta rispetto alle esigenze ad essa sottese[51]. Su quest’ultimo aspetto, tuttavia, pare doveroso evidenziare - peraltro proprio in virtù delle considerazioni di cui ai punti (i) e (ii) sopra esposti - che il “vaglio” su tale nesso potrebbe essere addirittura del tutto escluso, dal momento che, come detto, il giudizio di prevalenza è effettuato direttamente dalla legge a favore dell’interesse alla conoscenza, senza lasciare margini, di fatto, ad alcun intervento valutativo da parte della P.A. (nemmeno sulla necessaria strumentalità della conoscenza per la difesa giudiziale della situazione soggettiva), salvo i casi degli interessi c.d. “super sensibili” (i.e. dati relativi alla salute, alla vita o all’orientamento sessuale)[52].
In sintesi, quindi, l’accesso ai documenti va consentito anche quando la relativa istanza è preordinata alla loro utilizzazione in un giudizio, senza che sia possibile operare alcun apprezzamento in ordine all’ammissibilità ovvero alla fondatezza della domanda o della censura che sia stata proposta o che si intenda proporre, la cui valutazione spetta soltanto al giudice chiamato a decidere[53], salvo il caso - non privo di mende, come sopra detto, ma anzi potenzialmente rubricabile come del tutto irragionevole[54] - di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive e, quindi, in ipotesi di esercizio pretestuoso o temerario dell’accesso difensivo stesso per la radicale assenza dei presupposti legittimanti previsti dalla l. n. 241/1990. Sul punto, l’Adunanza plenaria n. 4/2021 si sofferma, inter alia, proprio sulla rilevanza della motivazione dell’istanza di accesso procedimentale, che deve dimostrare la necessità dell’atto per la tutela del diritto, lasciando così, di fatto, all’amministrazione e al giudice un ampio margine di valutazione tra opposti interessi[55]; con ciò confermando, quindi, un approccio “ingessato” (rectiusparziale) alla questione, quantomeno sul profilo della valutazione da parte della P.A. del nesso di strumentalità della richiesta, come detto pure censurabile in virtù del tenore normativo di riferimento (art. 24, comma 7, cit.) che, in ogni caso, sembrerebbe non militare nel senso di una “traslazione” della valutazione discrezionale della P.A. dal bilanciamento degli interessi a quello, diverso ma concorrente, della effettiva necessaria strumentalità della conoscenza per la difesa in giudizio della situazione soggettiva. In buona sostanza, la motivazione dell’istanza di accesso - “rilevante” e qualificata dall’A.P. come “necessaria” - tutt’al più potrebbe consistere (in medio stat virtus) in una mera prospettazione delle ragioni che rendono la documentazione oggetto dell’accesso necessaria a tutela della posizione giuridica tutelanda[56] (diversamente opinando, potrebbe sorgere il rischio di chiedere all’istante pure una probatio diabolica in termini di utilità).
In conclusione, al di là dell’intervento nomofilattico dell’A.P. - e della conseguente “stabilizzazione” delle regole, quantomeno sul fronte giurisprudenziale - permangono ancora diversi dubbi circa la legittimazione nei vari tipi di accesso[57] o sul potere dell’amministrazione di valutare l’istanza di ostensione dell’atto: perplessità che, allo stato, restano sullo sfondo dell’affidamento sui “nuovi” principi interpretativi.
[1] T.A.R. Abruzzo, sez. I, 22 aprile 2021, n. 214 in giustizia-amministrativa.it.
[2] Cons. Stato, Ad. plen., 18 marzo 2021, n. 4, in giustizia-amministrativa.it. Sul punto, si rinvia, amplius, ai recenti scritti riuniti nel fascicolo a cura di V. Parisio, I diritti di accesso davanti al giudice amministrativo, in Il diritto dell’economia, 2022, 1, 199 ss., passim.
[3] Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 novembre 2018, n. 6444, in Foro amm., 2018, 11, 1953 ss., ove si legge che «a fronte della chiara indicazione – così come formulata dalla parte istante – sia della documentazione richiesta sia delle esigenze connesse all’esercizio del diritto di accesso ex art. 24 comma 7 cit., oltre che coerente coi termini indicati dalla giurisprudenza sovranazionale sopra esaminata, all’Amministrazione non è consentito andare oltre una valutazione circa l’esistenza della situazione soggettiva da tutelare e di una concreta necessità di tutela, non potendo la stessa apprezzare nel merito la fondatezza della pretesa o le strategie difensive dell’interessato»; Id., sez. IV, 29 gennaio 2014, n. 461, in Dir. e Giust., 2014.
[4] Cons. Stato, sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2472, in Red. Giuffrè, 2014. In termini, Cons. Stato, sez. VI, 15 marzo 2013, n. 1568, in Foro amm.-C.d.S., 2013, 3, 801 ss.
[5] Sul punto, v. T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 20 marzo 2020, n. 533, in Foro amm., 2020, 3, 449 ss. ove si chiarisce che «non compete all’Amministrazione effettuare una valutazione circa l’effettiva utilità degli atti richiesti, dovendo quest’ultima limitarsi a verificare l’attinenza tra tale documentazione e l’interesse che l’istanza intende tutelare. Allo stesso modo, il giudice amministrativo non può spingersi, in sede processuale, a verificare in che modo la parte intenda utilizzare nel processo civile la documentazione oggetto dell’istanza di accesso, rimanendo tale profilo riservato alla valutazione del titolare dell’interesse, unico soggetto competente a definire le proprie strategie di difesa».
[6] L’accesso, inteso nella sua dimensione generale, è una species del più ampio genus della trasparenza. Come evidenziato in dottrina (M.A. Sandulli), non sono figure coincidenti, in quanto la trasparenza rispetto all’accesso documentale, ha un ambito applicativo più ampio, perché riguarda l’organizzazione amministrativa in generale e non solo il procedimento amministrativo.
[7] A. Simonati, Gli accessi “a contenuto generale” e la trasparenza amministrativa, in V. Parisio (a cura di), I diritti di accesso davanti al giudice amministrativo, in Il diritto dell’economia, 2022, 1, 201 ss. e l’amplia bibliografia ivi richiamata. Si veda anche A. Simonati, La ricerca in materia di trasparenza amministrativa: stato dell’arte e prospettive future, in Dir. Amm., 2018, 311-336, ove l’Autrice rileva che la tendenza a considerare i diritti di accesso quali istituti “totemici” della trasparenza amministrativa è diffusa non solo nella dottrina italiana, ma anche in quella straniera; Id., La trasparenza amministrativa e il legislatore: un caso di entropia normativa?, in Dir. Amm., 2013, 749-788; F. Manganaro, Evoluzione ed involuzione delle discipline normative sull’accesso a dati, informazioni ed atti delle pubbliche amministrazioni, in Dir. amm., 2019, 743 ss.; V. Parisio, La tutela dei diritti di accesso ai documenti amministrativi e alle informazioni nella prospettiva giurisdizionale, in federalismi.it, 2018, 11.
[8] In particolare: (i) il diritto di accesso documentale o informativo, disciplinato dal Capo V della l. n. 241/1990 qui in esame e che ha per oggetto i documenti amministrativi nei confronti dei quali l’istante ha un interesse diretto, concreto e attuale (ii) il diritto di accesso “partecipativo”, esercitabile solo nel corso di un procedimento amministrativo disciplinato dall’art. 10 della l. n. 241 cit. in quanto consiste nel diritto dei soggetti destinatari della comunicazione dell’avvio del procedimento di prendere visione degli atti del procedimento al fine di presentare memorie e documenti all’interno del procedimento stesso; (iii) il diritto di accesso civico “semplice”, previsto dall’art. 5, comma 1, del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, che obbliga le P.A., in forza della specifica normativa vigente, a rendere pubblici documenti, informazioni e dati a prescindere da un’apposita istanza di accesso; (iv) il diritto di accesso “generalizzato”, introdotto dall’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013 cit., avente ad oggetto tutti quei dati e documenti detenuti dalla pubblica amministrazione per i quali non sussiste uno specifico obbligo di pubblicazione. In dottrina, A. Simonati, M. Calabrò, L’accesso dei privati alle informazioni e agli atti amministrativi: la multiforme applicazione del principio di trasparenza, in F. Astone, M. Calderara, F. Manganaro, F. Saitta, N. Saitta, A. Tigano (a cura di), Studi in memoria di Antonio Romano Tassone, Napoli, 2017, 2513 ss.; A. Simonati, L’accesso alle informazioni ambientali nell’ordinamento italiano: fra trasparenza amministrativa e deflazione del contenzioso, in M. Passalacqua, B. Pozzo (a cura di), Diritto e rigenereazione dei brownfields. Amministrazione, obblighi civilistici, tutele, Torino, 2020, 549-569; I.A. Nicotra, Dall’accesso generalizzato in materia ambientale al “Freedom of information act”, in federalismi.it, 2018, 1-21; G. Pizzanelli, Il contributo dell’accesso alle informazioni ambientali alla tutela del patrimonio pubblico, in Nuove Autonomie, 2020, 71 ss.; A. Paiano, I casi speciali di accesso: le interazioni con l’accesso civico generalizzato, in federalismi.it, 2020, 4, 146 ss. e V. Varone, La trasparenza fuori dal d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 tra giungla disordinata e universi paralleli, in federalismi.it, 2021, 11, 253 ss.
[9] Più in generale, il diritto di accesso costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di «favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza (art. 22, comma 2, l. n. 241/90), afferente a livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione (art. 29, comma 2 bis, l. n. 241/90)» (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 23 dicembre 2019, n. 2716, in giustizia-amministrativa.it). La dottrina sul diritto di accesso è sterminata: si vedano, ex plurimis, V. Parisio, La tutela dei diritti di accesso ai documenti amministrativi e alle informazioni nella prospettiva giurisdizionale, in federalismi.it, 2018, 11; Id., Il diniego di accesso ai documenti amministrativi nella normativa di attuazione della l. 7 agosto 1990 n. 241 prima indicazioni, in Giust. civ., 1995, 6, 305 ss.; M.A. Sandulli, Accesso alle notizie e ai documenti amministrativi, in Enciclopedia del diritto, Milano, Giuffrè, 2000, 1; F. Francario, Il diritto di accesso deve essere una garanzia
effettiva e non una mera declamazione retorica, in federalismi.it, 2019; E. Carloni, La «casa di vetro» e le riforme. Modelli e paradossi della trasparenza amministrativa, in Dir. pub., 2009, 3, 779 ss.; M. Clarich, Diritto d'accesso e tutela della riservatezza: regole sostanziali e tutela processuale, in Dir. proc. amm., 1996, 3, 43 ss.; R. Maramma, La pubblica amministrazione tra trasparenza e riservatezza nell'organizzazione e nel procedimento amministrativo, in Dir. proc. amm., 1989, 416 ss.; F. Patroni Griffi, La trasparenza della pubblica amministrazione tra accessibilità totale e riservatezza, in federalismi.it, 2013, 8; A. Pajno, Il principio di trasparenza alla luce delle norme anticorruzione, in Riv. giust. civ., 2015, 2, 213-246; F. Manganaro, L'evoluzione sul principio di trasparenza amministrativa, in Scritti in memoria di Roberto Marrama, Napoli, Editoriale Scientifica, 2012. Sia consentito pure il richiamo a G. Delle Cave, Il diritto di accesso alla luce delle - più recenti - pronunce dei Tribunali Amministrativi Regionali della Lombardia, in V. Parisio (a cura di), I diritti di accesso davanti al giudice amministrativo, in Il diritto dell’economia, 2022, 1, 231 ss. e bibliografia ivi indicata.
[10] Ex aliis, Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2007, n. 55, in Foro Amm.-C.d.S., 2007, 1, 122 ss., ove si specifica che «l’interesse all'accesso ai documenti va valutato in astratto, senza che possa essere operata, con riferimento al caso specifico, alcun apprezzamento in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda giudiziale che gli interessati potrebbero eventualmente proporre sulla base dei documenti acquisiti mediante l’accesso e quindi la legittimazione all'accesso non può essere valutata alla stessa stregua di una legittimazione alla pretesa sostanziale sottostante». Sul punto, si veda anche Cons. Stato, sez. VI, 26 aprile 2005, n. 1896, in Foro Amm.-C.d.S., 2005, 4, 1178 ss.; Id., sez. V, 07 settembre 2004, n. 5873, in Dir. e Giust., 2004, 36, 71 ss.; Id., sez. VI, 22 ottobre 2002, n. 5814, in Foro Amm.-C.d.S., 2002, 4, 2572 ss.
[11] Si veda la prevalenza dell’accesso c.d. “difensivo”, di cui all’art. 24, comma 7, l. n. 241/1990, sulle ipotesi di esclusione concernenti la necessità di tutela della riservatezza di terzi. Per un approfondimento sull’interpretazione dell’art. 24, comma 7, citato: Cons. Stato, Sez. VI, 07 febbraio 2014, n. 600, in giustizia-amministrativa.it, per cui: «L’eccezione del secondo periodo si occupa solo dei dati personali sensibili e sensibilissimi (coperti dal c.d. nocciolo duro del diritto alla riservatezza) sul presupposto, non esplicitato ma comunque evidente, che la regola del primo periodo valga, a sua volta, solo per i documenti che contengono dati personali (e non per qualsiasi ipotesi di esclusione dal diritto di accesso)». A proposito della prevalenza dell’accesso c.d. “difensivo”, ex multis: T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 06 marzo 2020, n. 446, in giustizia-amministrativa.it, relativa all’accesso al dato consistente in una utenza telefonica; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 20 marzo 2020, n. 533, in Foro Amm.-T.A.R., 2020, 3, 449 ss., in tema di accesso alla documentazione finanziaria, economica e patrimoniale detenuta dall’Agenzia delle Entrate, nonché, sempre in tema, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 26 settembre 2018, n. 2151, in giustizia-amministrativa.it.
[12] Si tratta quindi di un interesse: (i) diretto, cioè correlato alla sfera individuale e personale del soggetto richiedente, dovendosi con ciò escludere una legittimazione generale, indifferenziata ed inqualificata, che darebbe la stura ad una sorta di azione popolare; (ii) concreto, e quindi specificamente finalizzato, in prospettiva conoscitiva, alla acquisizione di dati ed informazioni rilevanti ed anche solo potenzialmente utili nella vita di relazione, palesandosi immeritevole di tutela la curiosità fine a se stessa, insufficiente un astratto e generico anelito al controllo di legalità, precluso un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni; (iii) attuale, cioè non meramente prospettico od eventuale, avuto riguardo alla attitudine della auspicata acquisizione informativa o conoscitiva ad incidere, anche in termini di concreta potenzialità, sulle personali scelte esistenziali o relazionali e sulla acquisizione, conservazione o gestione di rilevanti beni della vita; (iv) strumentale, avuto riguardo sia, sul piano soggettivo, alla necessaria correlazione con situazioni soggettive meritevoli di protezione alla luce dei vigenti valori ordinamentali, sia, sul piano oggettivo, alla specifica connessione con il documento materialmente idoneo a veicolare le informazioni. Sul punto, F. Gaverini, Accesso (e accessi) ai documenti amministrativi: linee-guida per le p.a. a garanzia del diritto alla privacy, in Il Foro amm.-TAR, 2005, 7, 2283 ss.; S. Tenca, Diritto di accesso e tutela della privacy, in Il Foro amm., 2000, 7, 2938 ss.
[13] Si veda T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 17 marzo 2020, n. 510, in giustizia-amministrativa.it, ove si chiarisce, tra l’altro, che tali conclusioni non «mutano per effetto della nuova disciplina in tema di accesso civico, in cui la posizione sostanziale tutelata è comunque altra rispetto al mero interesse o diritto alla informazione o trasparenza, concretandosi nello status di cittadino e nel correlato interesse, di “valenza metaindividuale” al controllo sull’utilizzo delle risorse pubbliche e alla partecipazione al dibattito pubblico»; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 14 dicembre 2019, n. 2672, in giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 27 agosto 2018, n. 2024, in Foro Amm.-T.A.R., 2018, 12, 2208 ss.
[14] T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. III, 12 aprile 2019, n. 347, in giustizia-amministrativa.it.
[15] Il soggetto richiedente deve poter vantare un interesse che, oltre ad essere non emulativo, rivesta carattere personale e concreto, ossia ricollegabile alla persona dell’istante da uno specifico rapporto, dimostrando che, in virtù del proficuo esercizio del diritto di accesso agli atti e/o documenti amministrativi, verrà inequivocabilmente a trovarsi titolare di poteri di natura procedimentale, volti in senso strumentale alla tutela di altri interessi giuridicamente rilevanti. Si veda, in particolare, T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 20 settembre 2019, n. 828, in giustizia-amministrativa.it.
[16] Per completezza, si evidenzia pure che l'istanza di accesso agli atti deve avere a oggetto una specifica documentazione in possesso dell'Amministrazione (indicata in modo sufficientemente preciso e circoscritto) e non può riguardare dati e informazioni generiche relativi a un complesso non individuato di atti di cui non si conosce neppure con certezza la consistenza, il contenuto e finanche l'effettiva sussistenza, assumendo pertanto un sostanziale carattere meramente esplorativo (così, da ultimo, T.R.G.A. Trentino - Alto Adige Trento, 20 novembre 2020, n. 195 in giustizia-amministartiva.it). E, invero, la disciplina della l. n. 241 del 1990 non può essere invocata allorché l'interessato non chieda all’amministrazione di esibire documenti di cui sia certa l'esistenza, ma piuttosto di provare se determinati atti esistono o meno; cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 04 marzo 2022, n. 1456, in giustizia-amministrativa.it.
[17] Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 20 aprile 2019, n. 2737, in giustizia-amministrativa.it.
[18] Come evidenziato in dottrina, detto chiarimento “di campo” si appalesa necessario in quanto «la confusione, ad esempio, può portare a riferire anche all’accesso civico, e non solo all’accesso procedimentale, l’affermazione per cui il diritto di accesso non si sostanzierebbe in un’azione popolare e neppure potrebbe tradursi in un controllo generalizzato sulla legittimità dell’azione amministrativa, con l’effetto di consentire la introduzione di filtri della più varia natura finalizzati a circoscrivere, comunque sotto il profilo soggettivo, l’interesse ad agire nelle forme dell’accesso civico» (F. Francario, Op. cit.). L’Autore sottolinea come - anche con riferimento all’accesso procedimentale - detta confusione può avere l’effetto di depotenziare l’accesso che sia fondato sull’esigenza di protezione di uno specifico interesse individuale. Ed infatti, «se viene appiattito sulla tutela riservata all’accesso civico, anche l’accesso procedimentale finisce con il diventare recessivo al cospetto di altri interessi pubblici o privati e il suo soddisfacimento viene fatto dipendere dall’apprezzamento discrezionale dell’amministrazione cui è rivolta l’istanza, rinunciando a vedere se il bilanciamento con altri interessi sia stato già effettuato a livello normativo a favore dell’interesse alla conoscenza».
[19] Sulle “convergenze” e le “divergenze” tra gli accessi in esame, si rinvia nel dettaglio a A. Simonati, Gli accessi “a contenuto generale” e la trasparenza amministrativa, Op. cit. In giurisprudenza, T.R.G.A. Trentino-Alto Adige, Bolzano, sez. I, 18 giugno 2020, n. 139; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 13 giugno 2019, n. 1212 in giustizia-amministrativa.it.
[20] Questo aspetto coinvolge senza ombra di dubbio l’accesso documentale. Concerne, poi, l’accesso generalizzato, che può essere negato per evitare “un pregiudizio concreto” alla tutela di una serie assai nutrita di interessi pubblici e privati. In giurisprudenza, si veda T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 18 febbraio 2020, n. 2174 in giustizia-amministrativa.it ove si specifica che «nelle disposizioni sui limiti all’accesso generalizzato, la regola della ‘conoscenza diffusa’ dell’attività amministrativa è temperata dalla previsione di alcune eccezioni, ma queste non si devono trasformare in limiti tout court alla trasparenza, dovendo essere calibrati anche alla luce dell’interesse all’accessibilità delle informazioni, dei dati e dei documenti richiesti»; Cons. Stato, sez. V, 4 gennaio 2021, n. 60, Id., sez. IV, 13 maggio 2020, n. 3012, tutte in giustizia-amministrativa.it. In dottrina, M. Filice, I limiti all’accesso civico generalizzato: tecniche e problemi applicativi, in Dir. amm., 2019, 861 ss.; M. Lipari, Il diritto di accesso e la sua frammentazione dalla legge n. 241/1990 all’accesso civico: il problema delle esclusioni e delle limitazioni oggettive, in federalismi.it, 2019, 17, 22 ss.; A. Corrado, Il tramonto dell’accesso generalizzato come “accesso egoistico”, in federalismi.it, 2021.
[21] Per l’accesso civico generalizzato, si veda l’art. 5, comma 5, d.lgs. n. 33/2013; per l’accesso documentale, il d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184. Per un approfondimento, si veda A. Simonati, Art. 116, in F. Cortese, G. Falcon, B. Marchetti (a cura di), Commentario breve al Codice del processo amministrativo, Padova, 2021, 902 ss. Quanto all’individuazione dei controinteressati all’accesso, come evidenziato dall’Autrice, si tratta comunque dei titolari del diritto alla riservatezza sui dati oggetto dell’istanza. Questa scelta, dapprima introdotta con riferimento all’accesso documentale nella l. n. 241/1990 e poi reiterata nel d. lgs. n. 33/2013 con riferimento all’accesso generalizzato, restringe in parte nel settore specifico il concetto di controinteressato nel procedimento amministrativo, poiché si debbono ritenere controinteressati solo coloro che vedrebbero pregiudicato il loro diritto alla riservatezza in caso di accoglimento della richiesta ostensiva.
[22] Cfr. A. Simonati, Gli accessi “a contenuto generale” e la trasparenza amministrativa, Op. cit. Il riferimento va, evidentemente, all’accesso parziale e al differimento dell’esercizio dell’accesso, che vanno praticati compatibilmente con i principi di ragionevolezza e proporzionalità. Inoltre, è in parte comune la previsione di strumenti giustiziali, quali il coinvolgimento dei difensori civici, della Commissione per l’accesso e del Garante per il trattamento dei dati personali.
[23] Ciò, peraltro, al precipuo scopo di consentire una pubblicità diffusa ed integrale in rapporto alle finalità esplicitate dall’art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013. In dottrina, si veda anche P. Algeri, Il diritto di accesso civico alla luce del nuovo «Decreto Trasparenza», in dirittoamministrativo.it, 2016, ma anche S. Foa, La nuova trasparenza amministrativa, in Dir. amm., 2017, 3, 67 e ss.
[24] La diversa natura dei due istituti e i diversi limiti ad essi sottesi è rilevabile anche solo osservando come nel normare l’accesso documentale, l’art. 22 della l. n. 241/90 sottolinei che detto mezzo non può essere utilizzato ai fini di un controllo generalizzato dell’azione amministrativa, mentre il diritto di accesso generalizzato è riconosciuto proprio allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico.
[25] Differenti sono anche le modalità di esercizio del diritto. L’accesso civico si realizza mediante la pubblicazione del documento, del dato o dell’informazione nel sito istituzionale dell’ente, in applicazione del principio “digital first”. All’accedente ex l. n. 241/1990, invece, è garantita la possibilità di prendere visione o, a sua scelta, estrarre copia dell’atto che aspira a conoscere.
[26] Tale procedura di tutela amministrativa interna trova radice proprio nell’esigenza di assicurare al cittadino una risposta, chiara e motivata, attraverso uno strumento rapido e non dispendioso, con il coinvolgimento di un soggetto, il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, che svolge un ruolo fondamentale nell'ambito della disciplina di prevenzione della corruzione e nell'attuazione delle relative misure.
[27] Si veda, in argomento, Cons. Stato, sez. VI, 31 gennaio 2018 n. 651, in giustizia-amministrativa.it.
[28] Ad. plen., n. 4/2021, cit.
[29] Si veda A. Simonati, M. Calabrò, Le modalità di esercizio del diritto di accesso e la relativa tutela, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, Milano, 2017, 1320 ss. 18.1. La volontà del legislatore, in sintesi, è di esigere che le finalità dell’accesso siano dedotte e rappresentate dalla parte in modo puntuale e specifico nell’istanza di ostensione, e suffragate con idonea documentazione (ad es. scambi di corrispondenza; diffide stragiudiziali; in caso di causa già pendente, indicazione sintetica del relativo oggetto e dei fatti oggetto di prova; ecc.), così da permettere all’amministrazione detentrice del documento il vaglio del nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta sub specie di astratta pertinenza con la situazione “finale” controversa.
[30] Sul punto, l’art. 24 della l. n. 241/1990 prevede: (i) al comma 1, una tendenziale esclusione diretta legale dall’accesso documentale per le ipotesi ivi contemplate; (ii) al comma 2, un’esclusione demandata ad un regolamento governativo, con cui possono essere individuati casi di sottrazione all'accesso di documenti amministrativi, tra l'altro e per quanto qui interessa, nella lettera d) «quando i documenti riguardino la vita privata o la riservatezza di persone fisiche, persone giuridiche, gruppi, imprese e associazioni, con particolare riferimento agli interessi epistolare, sanitario, professionale, finanziario, industriale e commerciale di cui siano in concreto titolari, ancorché i relativi dati siano forniti all'amministrazione dagli stessi soggetti cui si riferiscono»; (iii) al comma 7 un’esclusione basata su un giudizio valutativo di tipo comparativo di composizione degli interessi confliggenti facenti capo al richiedente e, rispettivamente, al controinteressato, modulato in ragione del grado di intensità dei contrapposti interessi ed improntato ai tre criteri della necessarietà, dell'indispensabilità e della parità di rango.
[31] Sono “dati sensibili” quelli definiti dall’art. 9 del Regolamento n. 2016/679/UE e, cioè, dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché i dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica; sono dati “giudiziari” quelli di cui al successivo art. 10 e, cioè, i dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza. Si definiscono, invece, dati “supersensibili” quelli di cui all’art. 60 del d. lgs. n. 196/2003 (cioè i dati genetici, relativi alla salute, alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona).
[32] Come evidenziato in dottrina (V. Parisio), anche sul piano strettamente processuale il giudice amministrativo ha dato prova di interpretare al meglio le esigenze di semplificazione e accelerazione poste alla base del rito speciale disciplinato all’art. 116 c.p.a., senza trascurare di evidenziare la natura composita dell’“actio ad exhibendum”; quest’ultima, infatti, «nasce come azione di impugnazione, con tutti i relativi caratteri, confluisce in un’azione di accertamento della sussistenza del diritto di accesso e si conclude, in caso positivo, con un ordine di esibizione e/o pubblicazione dei documenti - se così previsto, entro un termine di norma non superiore a trenta giorni – rivolto al soggetto detentore dei documenti stessi».
[33] Per un commento, A. Simonati, Art. 116, in G. Falcon, F. Cortese, B. Marchetti (a cura di), Commentario breve al codice del processo amministrativo, Milano, 2021, 902 ss.; V. Parisio, La tutela dei diritti di accesso, Op. cit.; C. Pagliaroli, Il potere valutativo della P.A. in materia di accesso difensivo: la sentenza dell’Adunanza plenaria n. 4/2021, in V. Parisio (a cura di), I diritti di accesso davanti al giudice amministrativo, in Il diritto dell’economia, 2022, 1, 219 ss.
[34] Ad. plen., n. 4/2021, cit.
[35] In dottrina, F. Manganaro, La funzione nomofilattica dell’Adunanza plenaria, Op. cit.
[36] Cons. Stato, sez. III, 25 febbraio 2022, n. 1342, in giustizia-amministrativa.it.
[37] Nondimeno la disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi, siccome regolata dalla l. n. 241/1990 (oramai da inquadrare quale istituto speciale della nuova configurazione della trasparenza dell’azione amministrativa, come precipitato di previsioni eurounitarie quali l’art. 15, comma 1, TFUE che espressamente sancisce il principio in virtù del quale «al fine di promuovere il buon governo e garantire la partecipazione alla società civile, le istituzioni, gli organi e gli organismi dell'Unione operano nel modo più trasparente possibile») deve coniugarsi con l’attuale interpretazione giurisprudenziale (che costituisce il diritto vivente in materia di accesso documentale), di talché accanto all’interesse di ogni cittadino al buon andamento dell'attività amministrativa deve stagliarsi, nitido, un rapporto di “necessaria strumentalità” tra tale interesse e la documentazione di cui si chiede l'ostensione, in quanto l’interesse all'accesso, seppure attualmente (e, più correttamente) concepito in una ottica di “ampia strumentalità” tra la conoscenza del documento e la tutela della posizione soggettiva vantata (che, peraltro, può manifestarsi caleidoscopicamente in ambiti non sempre giudiziali, ma in ogni altra manifestazione che costituisca, giuridicamente, soddisfazione della posizione vantata dall'accedente), deve pur sempre configurarsi come diretto, concreto, attuale e corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 24 ottobre 2018, n. 651 in giustizia-amministrativa.it).
[38] Così Cons. Stato, sez. IV, 14 dicembre 2021, n. 8327; Id., 28 maggio 2021, n. 4103 e Id., sez. II, 28 aprile 2021, n. 3426, tutte in giustizia-amministrativa.it.
[39] Sul piano della logica “difensiva”, il legislatore, in buona sostanza, inserisce all’interno di una norma di natura sostanziale uno strumento di valenza tipicamente processuale, fornendo “azione” alla “pretesa”, anche in senso derogatorio in concreto rispetto ai classici casi di esclusione procedimentale. Ciò, naturalmente, come già illustrato, entro gli stringenti limiti in cui la parte interessata all’ostensione dimostri la necessità (o la stretta indispensabilità per i dati sensibili e giudiziari), la corrispondenza e il collegamento tra la situazione che si assume protetta ed il documento di cui si invoca la conoscenza. Per un approfondimento, Cons. Stato, Ad. plen., 25 settembre 2020, n. 19; Cons. Stato, sez. V, 20 gennaio 2022, n. 369, in giustizia-amministrativa.it. In dottrina, F. Manganaro, La funzione nomofilattica dell’Adunanza plenaria in materia di accesso agli atti amministrativi, in federalismi.it, 2021, 20, 159 ss.; M. Ricciardo Calderaro, Diritto d’accesso e acquisizione probatoria processuale (nota a Adunanza plenaria n. 19/2020), in Giustizia Insieme, 2020.
[40] A ciò si aggiunga (per quanto qui di interesse) che la previsione, nell’ordinamento processualcivilistico, di strumenti di esibizione istruttoria di documenti (anche) amministrativi ai sensi degli artt. 210, 211 e 213 c.p.c., non esclude l'esperibilità dell’accesso documentale difensivo. Infatti, sulla base di una lettura unitaria e integratrice tra le singole discipline, nonché costituzionalmente orientata a garanzia dell'effettività del diritto alla tutela giurisdizionale da intendere in senso ampio e non ristretto al solo momento processuale, il rapporto tra l'istituto dell'accesso documentale difensivo e i menzionati istituti processualcivilistici non può che essere ricostruito in termini di complementarità delle forme di tutela.
[41] Non essendo necessaria anche la dimostrazione della idoneità dei documenti oggetto di ostensione a rendere possibile una favorevole coltivazione di quel giudizio, da parte del richiedente l’accesso, nel quale detti documenti debbono essere “utilizzati”. Si veda C. Colapietro, Il complesso bilanciamento tra il principio di trasparenza e il diritto alla “privacy”: la disciplina delle diverse forme di accesso e degli obblighi di pubblicazione, in federalismi.it, 2020, 14, 64 ss.; M. Ippolito, L’ultima frontiera nella trasparenza amministrativa: l’accesso civico nei recenti arresti giurisprudenziali, in Dir. proc. amm., 2020, 565 ss.
[42] In giurisprudenza, v. Cons. Stato, sez. VI, 28 febbraio 2022, n. 1387, in giustizia-amministrativa.it, ove si chiarisce che l’onere della prova anche dell’esistenza dei documenti, rispetto ai quali si esercita il diritto di accesso, incombe sulla parte che agisce in giudizio. Tuttavia una volta indicati puntualmente per categoria i documenti rispetto ai quali è formulata la domanda ostensiva e aver dimostrato che detti documenti, in virtù di obiettive ragioni collegate alle competenze dell’amministrazione, costituiscono ordinariamente patrimonio dell’archivio dell’ente, l’onere della prova può dirsi assolto dalla parte interessato, incombendo in capo all’amministrazione il dovere di assumersi la responsabilità di dichiarare la mancata detenzione o custodia dei documenti richiesti.
[43] Così T.A.R. Veneto, sez. I, 01 aprile 2021, n. 427, in Foro amm., 2021, 4, 659. I giudici amministrativi hanno pure precisato che «risulta parimenti inidoneo a supportare il provvedimento di diniego assunto anche il passaggio motivazionale con cui l’Amministrazione afferma che il nuovo atto di pianificazione in fieri non potrebbe fornire alla parte ricorrente elementi utili per la definizione del contenzioso civile pendente che ha ad oggetto eventi e situazioni passate»; T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I, 22 ottobre 2021, n. 427, in giustizia-amministrativa.it. Cfr. C. Pagliaroli, Il potere valutativo della P.A., Op. cit.
[44] T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I, 8 maggio 2021, n. 249, in giustizia-amministrativa.it. Secondo i giudici amministrativi, l’accesso difensivo non presuppone necessariamente la già avvenuta instaurazione e la pendenza in concreto di un giudizio, attesa la priorità logica della conoscenza degli elementi che occorrono per decidere se instaurare un giudizio e come costruire a tal fine una strategia difensiva.
[45] Si veda anche T.A.R. Roma, sez. II, 13 aprile 2021, n. 4301, in giustizia-amministrativa.it, ove si legge che, alla luce dei principi stabiliti dall’Adunanza Plenaria n. 4/2021, «si deve rilevare che le difese svolte da Roma Capitale circa l’infondatezza della tesi difensiva che la società ricorrente vorrebbe sostenere attraverso l’acquisizione della documentazione di cui chiede l’accesso, sono del tutto ultronee rispetto alle valutazioni che sono rimesse alla discrezionalità della pubblica amministrazione in sede di delibazione dell’istanza di accesso difensivo», dovendola P.A. limitarsi a valutare la sussistenza della necessaria strumentalità tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende tutelare, senza svolgere giudizi prognostici sulla fondatezza delle azioni che nella fattispecie l’interessato potrà decidere di intraprendere.
[46] In senso parzialmente difforme, Cons. Stato, sez. VI, 07 marzo 2022 e Id., sez. V, 03 agosto 2021, n. 5712, in giustizia-amministrativa.it che ha evidenziato come la natura strumentale dell’accesso difensivo comporta che la necessità del documento vada valutata verificando se esso sia effettivamente il necessario tramite per acquisire la prova «e ciò mediante un giudizio prognostico ex ante»; a tal fine, quindi, l’istanza dell'interessato deve essere puntuale e specifica e non limitarsi a dedurre un’incertezza soggettiva sulla situazione controversa oppure un generico riferimento a esigenze difensive.
[47] Cons. Stato, sez. VI, 11 aprile 2022, n. 2655, in giustizia-amministrativa.it.
[48] Sul punto, si rinvia alle ampie riflessioni di F. Francario, Il diritto di accesso deve essere una garanzia, Op. cit., 18 ss. Secondo l’Autore, sul punto specifico, «in claris non fit interpretatio», nel senso che l’utilizzo da parte del legislatore della formula “deve comunque” (art. 24, comma 7, cit.) implica, oltre quanto sopra detto, che «se l’interesse alla conoscenza non è strumentale ed è espressione di un puro e semplice interesse alla conoscenza, la norma applicabile è recata dal comma sesto, il quale rimette all’amministrazione il bilanciamento dell’interesse alla conoscenza con gli altri interessi contemplati dal medesimo comma sesto». Viceversa, nel caso del comma 7 sopra richiamato, «l’Amministrazione non ha più il potere discrezionale di stabilire essa quale sia l’interesse prevalente nel caso concreto».
[49] Il riferimento è ancora all’art. 24, comma 7, cit., ove si legge che “Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall' articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”.
[50] Cfr. F. Francario, Ibidem, in spec. 19, ove si evidenzia come «la regola è quindi che l’accesso, strumentale […] al soddisfacimento di un bisogno di tutela proprio di una situazione giuridica soggettiva, prevalga. L’eccezione è che rimanga insoddisfatto».
[51] Invero l’accesso difensivo e i poteri processuali di acquisizione probatoria, come detto, sono istituti essenzialmente diversi, ponendosi il primo come strumento complementare, e non alternativo, all’acquisizione processuale, da ciò dovendo conseguire che l’accesso non è precluso nel momento in cui il giudice della causa pendente abbia respinto richieste istruttorie con lo stesso contenuto. Il rimedio dell’accesso documentale, tutelabile innanzi al giudice amministrativo, è dunque concorrente e aggiuntivo rispetto agli altri strumenti azionabili presso plessi giurisdizionali di ordine diverso, ed è rafforzativo della protezione dei diritti individuali ai sensi dell’art. 24 Cost. Lo stesso opera, di fatto, su un piano differente rispetto all’azione che può essere promossa in giudizio e prescinde dall’effettivo esperimento di quest’ultima e dal momento in cui la causa viene intentata (sia quest’ultima cioè precedente, concomitante o successiva alla formulazione dell’actio ad exibendum; T.A.R. Lombardia Brescia, sez. II, 26 settembre 2016, n. 1230, in giustizia-amministrativa.it).
[52] Ed infatti, quandanche fossero in discussione documenti che riguardano i casi previsti dall’art. 24, comma 6, della l. n. 241/1990, “deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”. In giurisprudenza, T.A.R. Lazio, sez. III, 15 dicembre 2014 n. 12583 e T.A.R. Catania, sez. IV, 27 novembre 2015, n. 2785, tutte in giustizia-amministrativa.it.
[53] Cons. Stato, sez. II, 28 aprile 2021, n. 3426, in giustizia-amministrativa.it. F. Manganaro, Evoluzione ed involuzione delle discipline normative sull’accesso, Op. cit.; G. Tropea, Forme di tutela giurisdizionale dei diritti d’accesso: bulimia dei regimi, riduzione delle garanzie?, in Il Processo, 2019, 1, 71 ss.; V. Parisio, La tutela dei diritti di accesso ai documenti amministrativi, Op. cit.
[54] L’irragionevolezza, come evidenziato in dottrina (F. Francario, Op. cit.), risiederebbe proprio in questo “scivolamento” della valutazione discrezionale dal profilo del bilanciamento degli interessi a quello della effettiva necessaria strumentalità della conoscenza per la difesa giudiziale della situazione soggettiva; e ciò «sia perché l’art. 24 settimo comma parla non solo di difesa, ma anche semplicemente di cura di un interesse proprio, e i due termini non sono affatto sinonimi sì che la cura possa ritenersi interamente risolta nella difesa; sia perché, anche rimanendo sul piano della sola difesa strettamente intesa con riferimento al momento giudiziale, è parimenti irragionevole pretendere di anteporre il momento della costruzione della strategia difensiva a quello della conoscenza degli elementi necessari per la sua elaborazione».
[55] Cfr., recentemente, Cons. Stato, n. 2655/2022 cit.
[56] In altri termini, la motivazione non dovrebbe mai spingersi nel senso di offrire elementi per un’indagine da parte dell’amministrazione o del giudice sull’utilità ed efficacia del documento stesso in prospettiva di tutela giurisdizionale.
[57] F. Manganaro, Trasparenza e digitalizzazione, in Dir. proc. amm., 2019, 25 ss.; M. Trapani, Il diritto di accesso generalizzato e l’emergenza: rischi ed opportunità in uno Stato tecnologico, in DPCE online, 2020, 3, 4347 ss.