Il concordato in bianco fra genesi della disciplina del “decoctor” e codice dei contratti pubblici (nota a Ad. Plen. n. 9/2021)
di Tania Linardi
Sommario: 1. Premessa: il tradizionale rapporto antitetico tra l’istituto del concordato preventivo “in bianco” e la partecipazione alle gare pubbliche - 2. Il caso in esame - 3. Evoluzione storico – normativa del diritto concorsuale italiano - 3.1 Analisi comparatistica del problema - 4. Le cause di esclusione ex art. 80, co. 5, lett. b), d.lgs. n. 50/2016 - 5. L’impatto del nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza sul diritto concorsuale e sul Codice dei contratti pubblici - 6. Il contrasto relativo all’interpretazione dell’art. 80, co. 5, lett. b), d.lgs. n. 50/2016 - 7. L’Ordinanza di rimessione della V Sez. Cons. St., n. 309/2021 - 8. La posizione dell’Adunanza Plenaria sulla quaestio iuris oggetto del dibattito - 9. Osservazioni conclusive.
1. Premessa: il tradizionale rapporto antitetico tra l’istituto del concordato preventivo “in bianco” e la partecipazione alle gare pubbliche
Il convergere degli elementi connaturati alla struttura del concordato preventivo “in bianco” verso la possibilità della prosecuzione dell’attività aziendale comporta la necessità di intercettare le regole, processuali e sostanziali, in grado di disciplinare le modalità di partecipazione alle gare pubbliche, dovendosi ormai abbandonare la tralatizia impostazione che inquadrava i due istituti in chiave eminentemente antitetica attraverso l’interpretazione restrittiva delle norme del Codice del processo amministrativo in tema di cause di esclusione[1].
Tali rilievi costituiscono il nodo centrale del problema affrontato dalla pronuncia dell’Adunanza Plenaria che assume una portata di indubbia rilevanza in quanto interviene sulla nota querelle sorta in relazione al rapporto tra concordato in bianco e procedure di gara[2].
Invero, le difficoltà nel fornire soluzioni univoche alle questioni giuridiche in oggetto è possibile riscontrarle prima facie nell’attività del legislatore, che per decenni è intervenuto in materia riformulando le norme applicabili al rapporto tra i due istituti.
A fronte della complessità e della stratificazione nel tempo di detti interventi, in dottrina ed in giurisprudenza venivano, infatti, adottate soluzioni interpretative che talune volte qualificavano il concordato “in bianco” come causa di automatica esclusione delle imprese dalle procedure di evidenza pubblica; talaltre ne consentivano la partecipazione al ricorrere di specifici requisiti di legge.
Entrando in medias res, la statuizione dell’Adunanza Plenaria dirime il contrasto formatosi in materia ripercorrendo l’iter storico evolutivo della disciplina della crisi d’impresa e del codice dei contratti pubblici, prediligendo un metodo d’analisi sistematico delle relative disposizioni, anche alla luce dell’esperienza sovranazionale. Ciò, in particolare, tenuto conto del dibattito sviluppatosi fra i più autorevoli studiosi a margine della recente riforma del sistema concorsuale italiano, ove è emersa la necessità di predisporre un organico ammodernamento delle regole con l’introduzione di strumenti in grado di assicurare la conservazione dell’impresa.
Di talché, in linea con il percorso argomentativo adottato dal Supremo Collegio, il presente lavoro, prima di analizzare gli approdi cui è giunta la sentenza in commento, non potrà prescindere dalla disamina degli sviluppi storici della disciplina concordataria e dal coordinato raffronto di essa con il codice dei contratti pubblici, con particolare riguardo alle soluzioni adottate dai principali ordinamenti giuridici europei nel settore delle procedure concorsuali.
2. Il caso in esame
La vicenda da cui origina la pronuncia in commento attiene al ricorso presentato dalla società seconda classificata avverso l’aggiudicazione dell’appalto di lavori disposta in favore di un RTI, al cui interno la società mandante era coinvolta in una procedura di concordato preventivo ai sensi dell’art. 161, co. 6, del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Legge fallimentare).
Al riguardo, il Tribunale Amministrativo Regionale competente disponeva l’accoglimento del ricorso principale[3]. Diversamente, il ricorso incidentale proposto dalla società mandataria del RTI aggiudicatario veniva respinto, in quanto, ai sensi dell’art. 48, co. 19 ter, c.p.a., il primo giudice riteneva infondata la pretesa di procedere alla sostituzione della mandante, giacché, si precisava, la modifica della compagine del RTI non si sarebbe potuta esperire in pendenza della procedura di gara.
A suffragio dell’accoglimento del ricorso principale, il giudice di prime cure rilevava l’illegittimità dell’aggiudicazione per violazione dell’art. 80, co. 5, lett. b), nonché dell’art. 80, co. 5 bis, Codice dei contratti pubblici.
Quanto alla violazione dell’art. 80, comma 5, lett. b), si chiariva che la mandante del RTI aggiudicatario, avendo proposto nelle more della procedura di gara una domanda di concordato in bianco, ai sensi dell’art. 161, co. 6, legge fallimentare, doveva essere esclusa.
Invece, la violazione dell’art. 80, co. 5 bis, c.p.a. scaturiva dal ritardo in cui era incorsa l’impresa mandataria nel comunicare alla stazione appaltante la presentazione, da parte della mandante del raggruppamento, di un’istanza ai sensi dell’art. 161, co. 6, l. fall.
Orbene, avverso la suesposta decisione interponevano appello dapprima la società mandante e, successivamente, quella mandataria del RTI aggiudicatario.
A seguito della riunione di detti gravami, la Sezione Quinta del Consiglio di Stato evidenziava la presenza di orientamenti contrastanti in materia e, per l’effetto, deferiva all’Adunanza Plenaria talune questioni giuridiche rilevanti al fine del decidere, ai sensi dell’art. 99 c.p.a.
In particolare, il primo quesito attiene alle conseguenze derivanti dalla presentazione, da parte di un operatore economico, di un’istanza di concordato in bianco ex art. 161, co. 6, l. fall., dovendosi chiarire se tale ipotesi “debba ritenersi causa di automatica esclusione dalle gare pubbliche, per perdita dei requisiti generali, ovvero se la presentazione di detta istanza non inibisca la partecipazione alle procedure per l’affidamento di commesse pubbliche, quanto meno nell’ipotesi in cui essa contenga una domanda prenotativa per la continuità aziendale”.
Il secondo quesito riguarda, invece, la qualificazione dell’atto di partecipazione alle gare pubbliche in termini di ordinaria o straordinaria attività di impresa, tenuto conto del differente regime autorizzativo applicabile.
Ulteriormente, la Sezione remittente si chiede entro quale termine debba intervenire l’autorizzazione giudiziale di ammissione alla continuità aziendale ai fini della regolare partecipazione alle procedure di evidenza pubblica.
Infine, è stata deferita la questione se, ai sensi dell’art. 48, commi 17, 18, 19 ter, d.lgs. n. 50/2016, debba ritenersi consentita la sostituzione della mandante coinvolta in una procedura concordataria ex art. 161, co. 6, cit. “con altro operatore economico subentrante anche in fase di gara, ovvero se sia possibile soltanto la mera estromissione della mandante e, in questo caso, se l’esclusione del RTI dalla gara possa essere evitata unicamente qualora la mandataria e le restanti imprese partecipanti al raggruppamento soddisfino in proprio i requisiti di partecipazione”.
3. Evoluzione storico - normativa del diritto concorsuale italiano
Come noto, il concordato preventivo è uno strumento che consente di evitare il fallimento dell’impresa, essendo finalizzato a perseguire una pluralità di interessi, tra i quali si annoverano, come evidenziato da autorevoli autori, la conservazione del valore economico dei complessi aziendali, la salvaguardia dei rapporti commerciali e, di riflesso, la tutela dell’interesse pubblico[4].
Diversamente, l’originaria struttura della legge fallimentare del 1942 aveva quale principale paradigma il fallimento[5] che, secondo una storica impostazione, era accostato alla figura del decoctor, soggetto che fuggiva con i propri beni al fine di sottrarsi al pagamento dei debiti assunti nell’ambito dell’attività di commercio esercitata[6]. Il riferimento appare esemplificativo del disvalore, anche personale, che caratterizzava l’imprenditore fallito che aveva causato il dissesto dell’impresa, analogamente alla struttura eminentemente liquidatoria e punitiva della legislazione previgente nei confronti di tali situazioni[7].
Nel corso degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, invece, essendo stata accertata l’inidoneità dei tradizionali strumenti normativi a fronteggiare la generale crisi dell’economia, emergeva il ruolo delle grandi imprese nel tessuto economico nazionale, considerate quale valore autonomo da tutelare in sé mediante procedure di risanamento o recupero[8]. Sul piano normativo, quindi, seguiva l’adozione di leggi in favore degli operatori economici insolventi[9], nonché la previsione di talune modifiche alla disciplina delle procedure concorsuali[10].
Sulla base delle spinte del processo di integrazione europea e dell’emersione dei valori liberistici del mercato e della concorrenza, a partire dagli anni Novanta si rafforzavano ulteriormente gli obiettivi della valorizzazione della figura dell’impresa, quale naturale centro di produzione di risorse e ricchezza nell’ottica del miglioramento della efficienza del mercato[11].
In tal contesto, una delle principali tappe dell’evoluzione normativa delle procedure concorsuali si rinviene nelle riforme degli anni 2005-2007, con le quali il legislatore ha favorito le tecniche di conservazione delle strutture produttive dell’impresa e del loro reinserimento, ove possibile, nel settore economico[12]. In particolare, occorre richiamare il d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con la l. 14 maggio 2005, n. 80[13], che ha modificato alcuni aspetti del concordato preventivo abbandonando la previgente impostazione che imponeva, ai fini dell’ammissione alla procedura, la verifica del possesso di requisiti di natura personale nonché patrimoniale[14].
Con la l. 7 agosto 2012, n. 134, che ha introdotto l’istituto del concordato con continuità aziendale, di cui all’art. 186-bis l. fall[15], diviene ancora più evidente il favor legislatoris nei confronti delle procedure finalizzate al recupero dei valori aziendali[16].
Tale intervento normativo ha, inoltre, disciplinato l’istituto del c.d. concordato in bianco o con riserva ex art. 161, co. 6, l. fall., permettendo al debitore di procrastinare la presentazione della proposta concordataria di sessanta o centoventi giorni e, al tempo stesso, consentendo il compimento degli atti di ordinaria amministrazione nonché, su autorizzazione del tribunale competente, anche quelli di natura straordinaria.
Più di recente, l’istituto de quo ha subito modifiche per effetto della introduzione di diversi correttivi ad opera della l. 9 agosto 2013, n. 98[17], tra i quali si annovera, per le finalità di contrasto al fenomeno di abuso del concordato in bianco, il decreto motivato del tribunale contenente la nomina di un commissario giudiziale che, ai sensi dell’art. 161, co. 6, ultima parte, l. fall., è provvisto di ampi poteri in tema di accertamento della sussistenza delle condotte di cui all’art. 173, l. fall.
Quanto alle modifiche apportate al concordato con continuità aziendale, l’art. 186 – bis, co. 4, l. fall., ai fini della partecipazione alle procedure di evidenza pubblica richiede una specifica autorizzazione del tribunale competente, acquisito il parere del commissario giudiziale, ove nominato[18].
3.1. Analisi comparatistica del problema
In ambito europeo, è stato adottato come principale modello di riferimento lo strumento statunitense della corporate reorganitation, introdotto verso la fine degli anni Settanta e disciplinato dal Chapter 11 delFederal Bankruptcy Code. Ai sensi di tale disposizione, tra gli altri, si è prevista la facoltà del debitore di attivare una procedura finalizzata alla riorganizzazione dell’impresa, anche nella fase antecedente all’insolvenza tout court, evidenziandosi quindi il favor verso la conservazione dei valori aziendali, soprattutto alla luce dell’interesse dei creditori[19]. In tal contesto, è stata inoltre introdotta la possibilità di ottenere taluni finanziamenti con il beneficio della prededuzione[20].
Il sistema normativo francese, sulla scorta degli obiettivi sanciti dal modello statunitense, ha subito importanti modifiche[21], superando la previgente concezione punitiva del fallimento (incentrata sul prevalente ricorso alla liquidazione del patrimonio del debitore) per aderire ad un approccio teso a valorizzare l’impresa e la sua conservazione nel tessuto economico. Il tutto, mediante la predisposizione di procedure di allerta e di prevenzione dell’insolvenza; nonché attraverso meccanismi in grado di conferire all’autorità giudiziaria un rilevante potere dirigistico (ad esempio, la procedura concorsuale denominata sauvagarde, paragonabile alla reorganization statunitense)[22].
Anche in Germania, nel corso degli anni Novanta del secolo scorso, si è innovata la disciplina della crisi d’impresa prediligendosi una concezione conservativa degli operatori economici[23] attraverso l’enucleazione di benefici per l’imprenditore in modo da incentivare una celere e tempestiva apertura della procedura concorsuale[24].
Nell’ambito dell’evoluzione del diritto europeo, assume, inoltre, un ruolo centrale la raccomandazione della Commissione del 12 marzo 2014 contenente l’invito rivolto agli Stati membri ad approntare efficaci procedure preventive idonee in concreto a scongiurare l’insolvenza degli operatori economici virtuosi. Così, è stato adottato il c.d. Piano d’azione UE del 30 settembre 2015, nonché la Direttiva n. 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio, quale primo strumento di armonizzazione delle legislazioni dei paesi membri dell’UE in relazione alla crisi d’impresa[25].
Elementi che, come più volte anticipato, assumono un ruolo decisivo ai fini della individuazione della ratio sottesa all’istituto del concordato preventivo “in bianco”, nonché della perimetrazione dei suoi effetti sulle procedure di gara.
4. Le cause di esclusione di cui all’art. 80, co. 5, lett. b), Codice dei Contratti pubblici
Secondo la disciplina previgente, l’ipotesi della presentazione di una domanda di concordato preventivo era disciplinata dall’art. 38, co. 1, lett. a), d.lgs. n. 163 del 2006, disposizione che è stata oggetto di dubbi interpretativi sorti sia in dottrina[26] sia in giurisprudenza, tanto da richiedere numerosi interventi del legislatore[27].
Attualmente, invece, la fattispecie in esame è disciplinata dall’art. 80, co. 5, lett. b)[28], D. Lgs. n. 50/2016, che recepisce quanto sancito dall’art. 57 della direttiva 2014/24/UE in tema di riconoscimento, in capo agli Stati membri, della facoltà di qualificare come causa di esclusione dalla gara pubblica le imprese coinvolte nelle procedure concorsuali[29].
Orbene, la norma in commento contiene un elenco di situazioni che comportano l’esclusione dalle procedure di evidenza pubblica dell’operatore economico: il fallimento, la liquidazione coatta ed il concordato preventivo, anche laddove sia in corso un procedimento finalizzato a dichiarare una di tali situazioni. Il tutto, però, fermo restando quanto sancito dagli artt. 110 del Codice dei contratti pubblici, nonché dall’art. 186 - bis del r.d. 16 marzo 1942, n. 267[30].
Viene, inoltre, in rilievo l’art. 110, co. 4[31], Codice contratti pubblici, così come modificato dall’art. 2, co. 1, del d.l. n. 32 del 2019, convertito nella l. n. 55 del 2019, che prevede l’applicazione dell’art. 186-bisl. fall. alle imprese che hanno presentato una domanda di concordato preventivo, anche “in bianco”[32]. Da ciò può, quindi, desumersi che anche in tali ipotesi gli operatori concorrenti possono partecipare alle procedure di evidenza pubblica, sempreché in possesso della prescritta autorizzazione giudiziale. In tema, il legislatore distingue l’ipotesi in cui un’impresa abbia presentato una mera domanda per l’ammissione alla procedura concordataria dalla differente ipotesi in cui essa ne abbia effettivamente ottenuto l’ammissione, ai sensi dell’art. 163 l. fall.: solo nel primo caso, infatti, viene prescritto il requisito necessario dell’avvalimento dei requisiti di un altro soggetto.
Nel solco dei predetti interventi normativi, si profila interessante notare che l’art. 110 Cod. contratti pubblici non ha riprodotto il contenuto del previgente comma 3 ove si precisava che: (…) l’impresa ammessa al concordato con continuità aziendale, su autorizzazione del giudice delegato, sentita l’ANAC, possono: a) partecipare a procedure di affidamento per di concessioni e appalti di lavori, forniture e servizi ovvero essere affidatario di subappalto (…)”. Le ragioni di tale scelta legislativa potrebbero rinvenirsi, come evidenziato da autorevoli autori, proprio nella difficoltà degli interpreti di coordinare armonicamente la disciplina di cui all’art. 110, co. 3, cit., rispetto al contenuto dell’art. 80, co. 5, lett. b), d.lgs. n. 50/2016, nonché dell’art. 186 - bisl. fall. Questi ultimi, infatti, nel caso della intervenuta ammissione al regime della continuità aziendale non prevedono analoghi oneri autorizzativi[33].
5. L’impatto del nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza sulla disciplina del diritto concorsuale e sul Codice dei contratti pubblici
Preliminarmente, occorre rilevare che il nuovo impianto procedimentale di accertamento della crisi e dell’insolvenza delle imprese ha assunto un vero e proprio carattere unitario, divenendo la sede nella quale far confluire le domande od istanze riferibili all’attivazione di strumenti regolatori (aventi natura conservativa ovvero liquidatoria)[34].
Nel particolare, tra di essi il Codice annovera l’istituto del concordato con continuità aziendale di cui all’art. 84, co. 2, distinguendo l’ipotesi diretta da quella indiretta: nel primo caso, è prevista la continuazione dell’attività da parte del medesimo imprenditore istante; nel secondo caso, invece, essa si verifica mediante la cessione dell’azienda ovvero la continuazione ad opera di un soggetto differente dall’originario imprenditore[35].
Il concordato c.d. “in bianco” (previsto all’art. 161, co. 6, l. fall.), invece, è destinato a confluire nell’art. 44, Codice della crisi d’impresa, assurgendo, come sostenuto da taluni autori, a vera e propria regola del sistema concordatario[36]. La riferita disposizione, in particolare, interviene dimezzando i termini concessi al debitore per la presentazione dei documenti[37], nell’ottica evidentemente di imprimere maggiore celerità alla definizione della procedura.
Nel delineato contesto, assume un ruolo centrale l’art. 372 del nuovo Codice, che modifica alcune norme del Codice dei contratti pubblici, in particolare gli artt. 48, 80, co. 5, lett. b), nonché l’art. 110[38].
A livello testuale, è anzitutto possibile notare che viene abbandonato il previgente riferimento al termine “fallimento” quale ipotesi di esclusione dalle gare sia nell’art. 80, co. 5, lett. b), d.lgs. n. 50/2016, sia nell’art. 110, ai sensi di quanto previsto rispettivamente dall’art. 372, co. 1, lett. b) e c) cit. Quindi, le cause di esclusione debbono individuarsi nelle ipotesi di liquidazione giudiziale, di liquidazione coatta, concordato preventivo, salvo quanto sancito dall’art. 95 Codice della crisi d’impresa e dall’art. 110 Codice dei contratti pubblici.
Inoltre, l’art. 372, co. 4,[39] Codice della crisi d’impresa, dispone l’applicazione dell’art. 95 alle imprese che hanno presentato una domanda per l’accesso ad una delle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza, ai sensi dell’art. 40, secondo il procedimento unitario previsto nella Sezione II, Capo IV.
Con particolare riferimento alla sentenza in commento, viene in rilievo l’art. 95, rubricato “disposizioni speciali per i contratti con le pubbliche amministrazioni”, il quale si profila rilevante per quanto precisato al comma 3, nella parte in cui richiede la sussistenza del requisito dell’autorizzazione del tribunale competente ai fini della partecipazione alle procedure di gara pubbliche per le imprese che abbiano presentato domanda ex art. 40. Quale ulteriore rafforzamento del controllo sulla idoneità dell’impresa alla partecipazione alle suddette procedure di gara, il successivo comma 4 prescrive il deposito di una relazione di un professionista che comprovi la conformità al piano, ove predisposto, e la ragionevole capacità di adempimento del contratto.
Infine, l’art. 95 cpv. riconosce, in capo all’operatore economico coinvolto in una procedura concordataria che non assuma la qualità di mandataria, la facoltà di partecipare alla gara anche mediante un RTI, purché nella compagine di riferimento non vi siano ulteriori operatori coinvolti in tali situazioni.
6. Il contrasto relativo all’interpretazione dell’art. 80, co. 5, lett. b., d.lgs. n. 50/2016
Come anticipato nei precedenti paragrafi, le continue modifiche apportate dal legislatore all’art. 80, co. 5, lett., b), d.lgs. n. 50/2016, non hanno agevolato l’attività di interpretazione della relativa disciplina, specie per ciò che attiene alle conseguenze della proposizione di una domanda di concordato “in bianco” nell’ambito di una procedura di gara.
Secondo la tesi restrittiva, l’art. 80, co. 5, lett. b), dovrebbe essere interpretato nel senso di prevedere l’automatica esclusione dalla gara delle imprese che abbiano presentato una domanda di concordato in bianco.
Gli interpreti giungono a tale conclusione evidenziando, in particolare, la natura di atto di straordinaria amministrazione della fattispecie de qua, circostanza che impone di accertare la sussistenza del requisito della “urgenza” ai fini dell’ottenimento dell’autorizzazione da parte del Tribunale competente, ai sensi dell’art. 161, co. 7, l. fall.[40] In tal senso, si suole enfatizzare la contrapposizione tra l’istituto del concordato in bianco e quello del concordato in continuità aziendale. Si sostiene che il primo, oltre a richiedere molto tempo per la relativa definizione, risulterebbe caratterizzato da una procedura “incerta”, potendo sfociare non solo nel concordato con continuità aziendale, ma anche nel concordato liquidatorio[41].
Proprio per tali ragioni, si ritiene che la proposizione di una domanda di cui all’art. 161, co. 6, l. fall., debba comportare la perdita dei requisiti di ordine generale, ai sensi dell’art. 80, co. 5, lett. b), d.lgs. n. 50/2016 (nella versione anteriore alle modifiche introdotte dall’art. 1, co. 20, lett. o), n. 3) d.l. n. 32 del 2019), stante il riferimento espresso al concordato con continuità aziendale quale unica eccezione alla regola generale dell’esclusione[42].
Anche a seguito delle modifiche apportate dal d.l. n. 32 del 2019 all’art. 110, co. 4, Codice dei contratti pubblici[43], talune pronunce, al fine di aderire alla tesi restrittiva, valorizzano soprattutto la seconda parte della disposizione in commento, ove si richiede espressamente l’avvalimento dei requisiti di altro soggetto ai fini della partecipazione alle gare nella fase anteriore all’ammissione al concordato ex art. 163 l. fall. (anche se proposto ai sensi dell’art. 161, co. 6, l. fall.)[44].
Ciò posto, una differente impostazione ermeneutica[45] propugna una lettura in termini “estensivi” dell’art. 80, co. 5, lett. b), del codice dei contratti pubblici, ritenendo applicabile anche alle ipotesi di concordato in bianco il regime derogatorio previsto per il concordato con continuità aziendale[46]. Alla luce della ratio che contraddistingue i due istituti, si prevede, anche per il concordato in bianco, l’applicazione del principio che consente alle imprese di partecipare alle gare nelle more tra la presentazione della domanda di concordato con continuità aziendale e la successiva ammissione[47]. A detta dell’orientamento in analisi[48], le medesime conclusioni si ricavano anche dalla formulazione dell’art. 110, co. 4, Codice dei contratti pubblici (come modificato dal d.l. n. 32 del 2019), ove è previsto espressamente che la disciplina di cui all’art. 186-bis l. fall. deve applicarsi anche alle fattispecie di concordato, di cui all’art. 161, co. 6, l. fall.
Quanto alla natura giuridica dell’attività di partecipazione delle imprese alle procedure di gara, si chiarisce che essa dovrebbe essere ricondotta nella categoria degli atti di ordinaria amministrazione, essendo parte integrante della normale gestione d’impresa in quanto potenzialmente idonea a migliorarne la situazione patrimoniale tramite l’aggiudicazione delle commesse pubbliche[49]. Conseguentemente, ai sensi dell’art. 161, co. 7, l. fall., il debitore, a seguito della presentazione della relativa istanza e prima della decisione del tribunale ex art. 163, l. fall., può compiere gli atti di ordinaria amministrazione, occorrendo per quelli aventi natura straordinaria la sussistenza di due requisiti: il carattere urgente degli stessi e l’intervento di una specifica autorizzazione del tribunale competente.
Ulteriore questione problematica affrontata dagli interpreti in subiecta materia attiene alla natura ed agli effetti promananti dalla autorizzazione giudiziale de qua. Sul punto, sono state adottate soluzioni contrastanti: taluni ritengono che essa costituirebbe una condizione integrativa dell’efficacia dell’aggiudicazione, potendo quindi intervenire anche in un momento successivo senza pregiudicarne la regolarità; talaltri evidenziano che, a maggior rigore, l’autorizzazione giudiziale ex art. 186 – bis, co. 4, l. fall., dovrebbe intervenire prima dell’aggiudicazione stessa[50].
7. L’Ordinanza di rimessione della V Sez. Cons. St., n. 309/2021
La Sezione remittente, a seguito della prioritaria disamina delle correnti interpretative che si sono contrapposte nel panorama giurisprudenziale, ha lasciato intendere di preferire le conclusioni cui giungono i sostenitori della tesi estensiva, ritenendo che la presentazione di una domanda di concordato in bianco, ai sensi dell’art. 161, co. 6, l. fall., non dovrebbe qualificarsi come un’ipotesi di automatica causa di esclusione dalle gare.
Le argomentazioni poste alla base di tale posizione si fondano, in particolare, sulla valorizzazione della ratio sottesa agli istituti del concordato con continuità aziendale e del concordato “in bianco”, essendo preordinata a consentire alle imprese in crisi di partecipare alle gare pubbliche, in deroga al divieto previsto dall’art. 80, co. 5, lett. b), Codice dei contratti pubblici. Per tal ragione, l’autorizzazione giudiziale ex art. 186 – bis, co. 4, l. fall., naturalmente prevista per il concordato con continuità aziendale (nella versione applicabile ratione temporis anteriore alle modifiche di cui al d.l. n. 52/2019) si ritiene applicabile anche alle domande di concordato in bianco, essendo parte della più ampia categoria del concordato tout court.
In virtù della natura di atto di accertamento dell’autorizzazione de qua, è stato, inoltre, precisato che i relativi effetti debbano retroagire “al momento in cui la valutazione si riferisce, e non già a quella in cui essa è stata formalizzata nell’atto autorizzativo”.
8. La posizione dell’Adunanza Plenaria sulla quaestio iuris oggetto del dibattito
Il primo quesito affrontato dal Supremo Collegio concerne la qualificazione della domanda di concordato “in bianco” ex art. 161, co. 6, l. fall., in termini di causa di automatica esclusione o meno, dovendosi chiarire, nel dettaglio, la portata applicativa dell’art. 80, co. 5, lett. b), d.lgs. n. 50/2016[51].
Sul punto, si richiama in chiave critica la storica impostazione assunta dalla normativa sui contratti pubblici, in quanto tesa a valorizzare in modo prevalente l’esigenza della stazione appaltante di operare con imprese che non risultino coinvolte nelle procedure concorsuali, il tutto all’interno di un sistema normativo ispirato ai principi della esclusione obbligatoria ed automatica[52]. La critica muove dal fatto che, sul piano del diritto europeo, le direttive in tema di appalti annoverano le procedure concorsuali tra le possibili cause di esclusione ma non prescrivono l’adozione di un criterio di automatica esclusione, riconoscendo, invece, la facoltà degli Stati membri di disciplinare, in modo più o meno rigoroso, la fattispecie[53].
Quanto all’interpretazione delle norme del Codice dei contratti pubblici rilevanti nella vicenda de qua(nella versione applicabile ratione temporis), la sentenza in commento richiama la tesi restrittiva, a tenore della quale si enfatizza l’art. 80, co. 5, lett. b), d.lgs. n. 50/2016 (precedente alle modifiche apportate dal d.l. n. 32 del 2019), nella parte in cui prevede l’operatività della causa di esclusione non solo nei confronti delle imprese in stato di fallimento, di liquidazione coatta o di concordato preventivo, ma anche rispetto agli operatori “nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni”. Da tale ragionamento dovrebbe, quindi, conseguire che l’unica espressa eccezione a tale regime debba individuarsi solo nei confronti degli operatori già ammessi al concordato con continuità aziendale, anche ai sensi di quanto sancito dal previgente art. 110, co. 3.
Tuttavia, i Giudici amministrativi sostengono che tali rilievi ermeneutici mal si conciliano con la disciplina concordataria, in quanto una così ampia preclusione alla partecipazione alle gare[54]comporterebbe un’indebita limitazione dell’ambito di operatività dell’art. l’art. 186 bis, co. 4, l. fall. Quest’ultima disposizione, infatti, consente espressamente la partecipazione alle gare anche nell’intervallo di tempo che intercorre tra il deposito della domanda ed il decreto di apertura della procedura, in presenza dell’autorizzazione giudiziale, acquisito il parere del commissario, se nominato[55].
Ciò posto, la sentenza in commento valorizza, invece, la portata applicativa della recente normativa del Codice dei contratti, soprattutto alla luce delle modifiche intervenute in occasione dell’adozione del nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
In primo luogo, dall’analisi testuale degli artt. 80, co. 5, lett. b) e 110, co. 4, modificati dal d.l. n. 32/2019, si evince expressis verbis che anche le ipotesi del concordato in bianco debbono essere disciplinate dall’art. 186 bis l. fall.
Inoltre, particolarmente rilevante si profila la posizione assunta dalla Suprema Corte di Cassazione in subiecta materia, laddove precisa che l’istituto del concordato preventivo in bianco non rappresenta una procedura autonoma rispetto alla fattispecie del concordato ordinario ex art. 161 l. fall., dovendosi invece qualificare alla stregua di una delle fasi interne del medesimo[56].
Poste tali premesse, la sentenza in commento fornisce risposta al primo quesito, precisando che la proposizione di una domanda di concordato in “in bianco”, ai sensi dell’art. 161, co. 6, l. fall., non configura una causa di automatica esclusione dalle procedure di gara e, per l’effetto, essa non appare idonea, in via generale ed astratta, a precluderne la partecipazione.
A suffragio di tale impostazione, si richiama la ratio dell’istituto del concordato “in bianco”, da individuarsi nella esigenza (predicata, come anticipato, anche a livello transnazionale) di fornire all’impresa una maggiore tutela mediante l’anticipazione degli effetti “conservativi”, specie ove il debitore decida poi di accedere al concordato con continuità aziendale. Circostanza rinvenibile anche nella relazione ministeriale all’art. 372, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, ove si enfatizza la stretta correlazione esistente tra l’istituto del concordato con riserva e le attività in grado di rafforzare gli obiettivi di prosecuzione della vita aziendale, tra le quali si annovera la partecipazione alle gare per l’aggiudicazione di commesse pubbliche[57].
Inoltre, il Supremo Collegio precisa che la riferita impostazione ermeneutica discende, in particolare, dall’art. 110, co. 4, d.lgs. n. 50/2016 e dall’art. 186 bis, co. 4, l. fall., il quale impone alle imprese che hanno presentato domanda ex art. 161 l. fall. di dotarsi di una specifica autorizzazione giudiziale ai fini della partecipazione alle gare. I Giudici aggiungono, al riguardo, che l’impresa deve richiedere detto provvedimento senza indugio, nel rispetto dei principi della buona fede oggettiva. Del pari, anche la circostanza relativa alla presentazione dell’istanza ex art. 161, co. 6, l. fall., deve essere prontamente comunicata alla Stazione appaltante che, in caso di condotte reticenti, è tenuta ad effettuare una valutazione delle relative conseguenze ai sensi dell’art. 80, co. 5. lett. c - bis, non già della lett. f -bis[58].
Ciò chiarito, la seconda questione sottoposta all’attenzione dell’Adunanza Plenaria riguarda, invece, la qualificazione della partecipazione di un’impresa alle procedure di gara per l’aggiudicazione degli appalti pubblici in termini di ordinaria ovvero di straordinaria attività.
Si precisa che l’interrogativo non necessiterebbe di ulteriori chiarimenti, tenuto conto del fatto che è in ogni caso richiesto l’intervento dell’autorizzazione giudiziale, di cui all’art. 186-bis, co. 4, l. fall., ciò anche a prescindere dal carattere ordinario o straordinario attribuibile all’attività in questione.
Peraltro, ai fini di un corretto inquadramento della fattispecie nell’una o nell’altra categoria, i Giudici amministrativi sostengono che occorre valutare gli elementi del caso concreto, non essendo possibile pervenire, in termini astratti, ad una definizione aprioristica.
Il terzo quesito di diritto concerne, invece, l’individuazione del termine entro il quale deve intervenire l’autorizzazione giudiziale di ammissione alla continuità aziendale ai fini della legittima partecipazione alla procedura di evidenza pubblica.
Il Collegio sostiene che non occorre fare riferimento all’autorizzazione ex art. 163, l. fall., per la quale la prassi richiede tempi incompatibili con l’esigenza di celerità nella definizione delle procedure di gara; dovendosi, al contrario, tenere in considerazione l’autorizzazione alla partecipazione alle gare di cui all’art. 186 bis, co. 4, l. fall. Conclusione, quest’ultima, che si ricava direttamente dalla riferita disposizione, tenuto conto che il legislatore qualifica il provvedimento giudiziale de quo come una condizione necessaria e sufficiente per la partecipazione delle imprese alle gare, dovendo intervenire prima dell’adozione da parte della P.A. dell’atto di aggiudicazione, quale momento conclusivo della fase dell’evidenza pubblica[59].
Si evidenzia, inoltre, che la tardiva autorizzazione rappresenta una circostanza valutabile discrezionalmente dalla Stazione appaltante in base alle peculiarità del caso di specie (in termini di efficacia integrativa) sempreché essa intervenga prima della stipula del contratto oggetto dell’affidamento pubblico. Nel caso di specie, quindi, si devolve alla Sezione remittente la valutazione delle conseguenze derivanti dal ritardo nell’acquisizione dell’autorizzazione da parte dell’impresa concorrente.
In via generale, i Giudici amministrativi sanciscono, poi, che nell’ipotesi in cui il tribunale non dovesse ammettere l’impresa istante alla procedura concordataria debbono applicarsi le norme relative ai casi di sopravvenienza del fallimento, ai sensi degli artt. 110 e 48 del Codice dei contratti pubblici.
Infine, viene in rilievo il quesito relativo all’interpretazione dell’art. 48, commi 17, 18 e 19 ter d.lgs. n. 50 del 2016, dovendosi chiarire se debbano essere interpretati nel senso di consentire la sostituzione, nel corso di una gara, di un’impresa mandante coinvolta nella procedura ex art. 161, co. 6, l. fall., con altro operatore estraneo alla procedura competitiva ovvero se, diversamente, occorra procedersi alla estromissione della mandante stessa[60].
Sul punto, il Collegio richiama l’art. 48, co. 19 ter, che estende l’operatività anche alla fase della gara delle modifiche soggettive di cui ai commi 17 e 18, che, invece, consentivano di derogare al principio della immodificabilità della composizione soggettiva di un RTI solo nella fase dell’esecuzione.
Al fine di individuare la portata applicativa di tale deroga, si è richiamata l’interpretazione “funzionale” offerta dalla stessa Adunanza Plenaria (anteriormente all’entrata in vigore del presente codice) in relazione al principio della immodificabilità della composizione soggettiva, consentendosi alle imprese di operare modifiche soggettive solo in riduzione, non anche mediante l’aggiunta di operatori esterni al raggruppamento.
I Giudici procedono poi a rilevare come, nel diritto dell’Unione europea, la stessa attività di “sostituzione” ovvero di aggiunta di nuovi operatori nell’ambito dei raggruppamenti rappresentano delle ipotesi ritenute in grado di ledere i principi di parità di trattamento e di trasparenza, essendo quindi previste solo in fase di esecuzione del contratto e con riferimento a “modifiche strutturali dovute, ad esempio, a riorganizzazioni puramente interne, incorporazioni, fusioni ed acquisizioni oppure insolvenza”[61].
Sulla base di tali rilievi, l’Adunanza Plenaria ha quindi concluso nel senso di ritenere che l’art. 48, specie il comma 19 ter, d.lgs. n. 50 del 2016, debba essere interpretato in modo conforme ai principi dell’Unione europea di parità di trattamento e di concorrenza, dovendosi escludere “la sostituzione esterna per la figura della mandante, come anche logicamente per quella della mandataria”. Di contro, potrebbero ammettersi esclusivamente le modifiche soggettive del RTI “c.d. per sottrazione ovvero per riduzione”.
9. Osservazioni conclusive
Come evidenziato nel corso dei precedenti paragrafi, l’Adunanza Plenaria è intervenuta a dirimere definitivamente il contrasto sorto in relazione agli effetti derivanti dalla presentazione di una domanda di concordato preventivo “in bianco”, ai sensi dell’art. 161, co. 6, l. fall., nell’ambito di una procedura di gara[62].
L’opzione ermeneutica propugnata dal Collegio si inserisce in un momento cruciale del diritto fallimentare, collocandosi a ridosso dell’entrata in vigore della riforma del diritto concorsuale italiano, come visto, caratterizzata da una radicale modifica della concezione della figura del “decoctor” nell’impianto codicistico[63].
Già nel corso del dibattito formatosi in occasione dell’adozione della nuova Riforma, sono stati gli stessi studiosi della materia concorsuale a rilevare l’inadeguatezza ed inefficienza della concezione “sanzionatoria” del fallimento, quale strumento finalizzato ad estromettere dal mercato le imprese inefficienti mediante un procedimento liquidatorio inteso in senso darwiniano[64]. All’uopo, si è, infatti, ritenuto preferibile individuare strumenti alternativi, in grado di consentire il superamento della crisi delle imprese nell’ottica della conservazione dei valori aziendali e della prosecuzione dell’attività imprenditoriale, facilitando il cosiddetto fresch start.
Nel solco di tali rilievi e superando le aporie interpretative sorte sull’art. 80, co. 5, lett. b), d.lgs. n. 50/2016, il Supremo Collegio ha chiarito che la presentazione di una domanda di concordato “in bianco” non debba costituire una causa di automatica esclusione dell’impresa dalle procedure di evidenza pubblica per perdita dei requisiti di partecipazione, in tal modo rievocando quanto propugnato dai sostenitori della tesi cosiddetta “estensiva”. In particolare, ciò si è ricavato dalla circostanza che nemmeno la normativa dell’Unione europea impone un obbligo per gli Stati membri di adottare un criterio di automatica esclusione degli operatori coinvolti nelle procedure concorsuali, al contrario riconoscendo la facoltà di adottare anche soluzioni di minor rigore.
A sostegno delle riferite conclusioni, i Giudici hanno richiamato la formulazione del combinato disposto degli artt. 80, co. 5, lett. b) cit., 110, co. 4, così come modificati dal d.l. n. 32 del 2019, dai quali emerge che le ipotesi di concordato “in bianco” debbono essere disciplinate dall’art. 186 – bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, essendo quindi richiesto l’intervento di una specifica autorizzazione giudiziale ai fini della partecipazione alle gare[65].
Condivisibilmente la pronuncia in esame individua in detto provvedimento lo strumento atto a garantire una equilibrata composizione sia degli interessi alla certezza e celerità nella definizione delle procedure di gara sia della esigenza dell’imprenditore di continuare, ove possibile, l’attività aziendale con l’aggiudicazione di commesse pubbliche. Altresì, viene precisato come detta autorizzazione debba intervenire in un momento anteriore all’emanazione del provvedimento di aggiudicazione, senza che risulti necessaria, in questa fase, l’ammissione alla continuità aziendale. Sembrerebbe, inoltre, potersi desumere che il termine previsto per l’intervento dell’autorizzazione ex art. 186 – bis, co. 4, l. fall., non abbia una portata inderogabile ed assoluta, essendo riconosciuto, nel singolo caso concreto, un margine di discrezionalità in capo alla P.A. quanto all’eventuale efficacia integrativa o sanante da attribuire all’autorizzazione tardivamente intercorsa.
Di talché, gli approdi cui è giunta l’Adunanza Plenaria, con ben tre pronunce rese nella medesima data sul tema delle procedure concorsuali[66], sembra prefigurare l’avvio di un modello di indagine interpretativo orientato verso una concezione dinamica dei criteri di solvibilità delle imprese. Ciò prima facie testimonia come il giudice nazionale, valorizzando il principio del favor partecipationis alla luce degli interventi normativi più recenti, abbia attinto da fonti ispirate a tecniche di controllo e garanzia delle procedure di evidenza pubblica che non si traducano in automatismi preclusivi alla partecipazione degli operatori economici.
[1] Per approfondimenti in tema di cause di esclusione, cfr. R. Greco, L’evoluzione normativa delle “cause di esclusione”, in Trattato sui contratti pubblici, vol. II, diretto da M.A. Sandulli e R. De Nictolis, 2019, 756 ss.
[2] Cfr. anche Cons. St., Ad. Plen., 27 maggio 2021, n. 10; nonché, nella medesima data, Ad. Plen. n. 11.
[3] A fronte dei quattro profili di censure dedotti dalla società ricorrente, il Tar Emilia Romagna, Bologna, con sentenza n. 76/2020, riteneva fondati i primi due motivi ed assorbiva i restanti.
[4] Cfr. A. Petteruti, Presupposti per l’ammissione alla procedura, in Il nuovo concordato preventivo, a cura di A. Caiafa, A. Salvi, Pisa, 2016, 17 ss.
[5] Accanto all’istituto del fallimento, e con l’intento di ridurne laddove possibile l’applicazione, la legge del 1942 inseriva anche ulteriori procedure: la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione controllata ed il concordato preventivo.
[6] Per i profili storici, cfr. F. Pacileo, Continuità e solvenza nella crisi di impresa, Milano, 2017, 37 ss.; N. Rondinone, Il mito della conservazione dell’impresa in crisi e le ragioni della “commercialità”, Milano, 2012, 9 ss,; G. Terranova, Insolvenza, stato di crisi, sovraindebitamento, Torino, 2013, 27 ss.; U. Santarelli, per la storia del fallimento nelle legislazioni italiane dell’età intermedia, Padova, 1965; C. Pecorella, U. Gualazzini, VOCE Fallimento (storia), in Enc. dir., XVI, Milano, 1967, 220 ss.; G.B. Portale, Dalla pietra del vituperio alle nuove concezioni del fallimento, in Autonomia negoziale e crisi d’impresa, a cura di F. Marzio, P. Macario, Milano, 2010, 3 ss.
[7] Cfr., R. Rossi, Insolvenza, crisi d’impresa e risanamento. Caratteri sistematici e funzionali del presupposto oggettivo dell’amministrazione straordinaria, Milano, 2003, 34 ss.; A. Jorio, Le procedure concorsuali tra tutela del credito e salvaguardia dei complessi produttivi, in Giur. comm., 1994, Vol. 21, fasc. 3, 512 ss.
[8] Cfr., A. Nigro, D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, Bologna, 2021, 27 ss.
[9] Cfr., F. Pacileo, Continuità e solvenza nella crisi di impresa, cit., 38 ss.
[10] In particolare, ci si riferisce alla introduzione di talune modifiche alla disciplina dell’amministrazione controllata, la cui durata veniva estesa; nonché alla previsione di una nuova procedura concorsuale, denominata amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (d.l. 30 gennaio 1979, n. 26, convertito dalla l. 3 aprile 1979, n. 95 e successive modifiche).
[11] Cfr., G. Ferri, L’impresa, oggi, in Mass. Giur. lav., 1978, 428 ss.; C. Angelici, Diritto commerciale, I, Bari, 2009, 11 ss.; F. Corsi, Crisi, insolvenza, reversibilità, temporanea difficoltà, risanamento: un nodo irrisolto?, in Fallimento, 2000, 948 ss.; S. Pacchi Pesucci, Dalla meritevolezza dell’imprenditore alla meritevolezza del complesso aziendale, Milano, 1989, 40, 202 ss.; V. Buonocore, Le nuove frontiere del diritto commerciale, Napoli, 2006, 52, 257; T. Ascarelli, Il dialogo dell’impresa e della società nella dottrina italiana dopo la nuova codificazione, in Riv. soc., 1959, 409 ss.; F. Galgano, Le teorie dell’impresa, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da F. Galgano, II, Padova, 1978, 1 ss.
[12] Cfr., F. D’Alessandro, la crisi delle procedure concorsuali e le linee della riforma: profili generali, in Giust. civ., 2006, II, 329 ss.; G.B. Portale, La legge fallimentare rinnovata: note introduttive (con postille sulla disciplina della società di capitali), in Banca, borsa, tit. cred., 2007, I, 368 ss.; A. Gambino, Profili dell’esercizio dell’impresa nelle procedure concorsuali alla luce della disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese, in Giur. comm., 1980, I, 559 ss.; L. Farenga, La riforma del diritto fallimentare in Italia: una nuova visione del mercato, in Riv. dir. comm., 2008, I, 251 SS.; M. Libertini, Accordi di risanamento e ristrutturazione dei debiti e revocatoria, in Autonomia negoziale e crisi d’impresa, a cura di F. Di Marzio, F. Macario, Milano, 2010, 359 ss.
[13] Con tale intervento, quindi, emerge uno spostamento dell’angolo prospettico dalla figura personale dell’imprenditore a quella dell’impresa, come valore meritevole di tutela nell’ottica del miglioramento del comparto economico di riferimento e, quindi, della concorrenza del mercato inteso in senso più ampio.
[14] Per approfondimenti sul tema, cfr. A. Nigro, D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, cit., 388 ss.
[15] Tale disposizione, in particolare, prevede che il debitore deve dare atto, nel piano concordatario, della prosecuzione dell’attività di impresa ovvero, in alternativa, deve prevedere la cessione o il conferimento dell’azienda.
[16] In tema, taluni autori osservano come tale obiettivo risulti valorizzato mediante una disciplina incentivante, ai sensi degli artt. 182 – quinquies e 186 – bis l. fall., nonché dalla previsione di cui all’art. 182 – sexies l. fall., ove si prevede la disapplicazione degli artt. 2446, co. 2 e 3, 2447, 2482 – bis, co. 4, 5, 6, 2482 – ter, 2484, n. 4) e 2545 – duodecies, c.c., sulla riduzione o perdita del capitale. In tema, vedasi, in particolare: F. Pacileo, Continuità e solvenza nella crisi di impresa, cit., 49; C. Cavallini, Dalla crisi alla conservazione dell’impresa nelle ultime riforme fallimentari: uno sguardo d’insieme tra novità della legge e statuizioni della Suprema Corte, in Riv. soc., 2013, 762 ss.; C. Cincotti, F. Nieddu Arrica, La gestione del risanamento nelle procedure di concordato preventivo, in Giur. comm., 2013, I, 1238 ss.; S. Ambrosini, I finanziamenti bancari alle imprese in crisi dopo la riforma del 2012, in Dir. fall., 2012, I, 469 ss.
[17] Significative, al riguardo, le modifiche all’art. 161, co. 6, l. fall., ove è prevista l’indicazione dell’elenco nominativo dei creditori e dei relativi crediti nella proposta presentata dal debitore; nonché all’art. 161, co. 7, l. fall., in tema di parere del commissario sugli atti urgenti di straordinaria amministrazione.
[18] Per approfondimenti, cfr. P. Montalenti, Il diritto concorsuale tra passato e futuro, in Le procedure concorsuali verso la riforma tra diritto italiano e diritto europeo, a cura di P. Montalenti, Quaderni di giurisprudenza commerciale, Milano, 2018, 11 ss.; S. Ambrosini, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Tratt. dir. comm., diretto da G. Cottino, Padova, 2008; V. Calandra Buonaura, Concordato preventivo, in Enc. dir. – Annali, vol. II, tomo II, Milano, 2008; A. Jorio, La parabola del concordato preventivo: dieci anni di riforme e controriforme, in Giur. comm., 2016, I, 15 ss.; D. Vattermoli, Concordato con continuità aziendale, Absolute Priority Rule e New Value Exception, in Riv. dir. comm., 2014, II, 331ss.; S. Fortunato, Il commissario giudiziale nel concordato con riserva, in Giur. comm., 2015, I, 995 ss.; P.F. Censoni, Gli effetti sostanziali del concordato preventivo dopo la riforma del diritto fallimentare, in Giur. comm., vol. 33, fasc. 5, 2006, I, 765 ss.; G. Fauceglia, Disciplina concorsuale e art. 110 Codice degli appalti pubblici, in Dir. fall., 2017, I, 463 ss.
[19] Per approfondimenti sugli interessi che vengono in rilievo, cfr. V. Finch, The Measures of Insolvency Law, in 17 Oxford J. Leg. St., 1997, 227 ss.; R. Goode, Principles of Corporate Insolvency Law, IV ed., London, 2011, 75 ss.; E. Warren, J.L. Westbrook, Contracting Out of Bankruptcy: An Empirical Intervention, in 118 Harv. L. Rev., 2005, 1197 ss.
[20] Cfr., ex plurimis, G.G. Triantis, Theory of the Regulation of Debtor-in-Possession Financing, in 46 Vand. L. Rev., 1993. Nella letteratura italiana, cfr. F. Accettella, I finanziamenti alle imprese in regime di (pre)concordato dopo la legge n. 132/2015, in Dir. fall., 2016, I, 50 ss.
[21] Quanto alla evoluzione normativa in Francia, vengono in rilievo, in particolare, la l. n. 85-98 del 25 gennaio 1985, sulle procedure di redressement e liquidation judiciaires des entreprises; la l. n. 84-148 del 1 marzo 1984, sulle procedure di alert e prevenzione dell’insolvenza; la l. n. 2005-845 del 26 luglio 2005; il décret del 28 dicembre 2005; nonché le modifiche apportate dalla ordonnance n. 2008-1345, dalla l. n. 2012-346 del 12 marzo 2012 e dalla l. n. 2015-990 del 6 agosto 2015.
[22] In tema, cfr. C. Sant-Alary-Houin, Droit des entreprises en difficulté, 10 ed., Issy-lesMoulineaux Cedex, 2016, 15 ss.; F. Pérochon, R. Bonhomme, Entreprises en difficulté. Instruments de crédit et de paiement, 8 ed., Paris, 2009, 1 ss., A. Jorio, Legislazione francese, Raccomandazione della Commissione europea, e alcune riflessioni sul diritto interno, in Fallimento, 2015, 1070 ss.; L. Panzani, L’insolvenza in Europa: sguardo d’insieme, in Fallimento, 2015, 1013 ss.; M.-J. Campana, La prevenzione della crisi delle imprese. L’esperienza francese, in La legislazione concorsuale in Europa. Esperienze a confronto, a cura di S. Bonfatti, G. Falcone, Milano, 2004, 233 ss.
[23] Cfr. W. Uhlenbruck, Vom Konkurs zum ESUG – Betriebsfortführung als Sanierungsentscheidung, in Betriebsfortührung in Restrukturierung und Insolvenz, Hrsg. Mönning, 3. Aufl., Köln, 2016, 3 ss., 9 ss. Rn. 9 ss., 24 Rn. 46; S. Eickes, Zum Grundsatz des Unternehmensfortführung in der Insolvenz, Wiesbaden, 2014, 1 ss., 62; H. EidenmÜller, Die Restrukturierungsempfehlung der EU-Kommission und das deutsche Restrukturierungsrecht, in KTS, 2014, 401 ss., 416 ss. Nella letteratura italiana, vedasi, tra gli altri, L. Guglielmucci, La legge tedesca sull’insolvenza (Insolvenzordnung) del 5 ottobre 1994, Milano, 2000.
[24] Per approfondimenti sul punto, cfr. K. Schmidt, in Die GmbH in Krise, Sanierung und Insolvenz, Hrsg. K. Schmidt, W. Uhlenbruck, 4. Aufl., Köln, 2009, 421 Rn. 5.32, 427 s. Rn. 5.41.
[25] Cfr. F. Pacileo, Continuità e solvenza nella crisi di impresa, Saggi di diritto commerciale, Milano, 2017, 36 ss.; A. Nigro, D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, Le procedure concorsuali, Bologna, 2021, 36 ss.
[26] Per approfondimenti, cfr. R. Greco, Requisiti di ordine generale, in Trattato sui contratti pubblici, diretto da M.A. Sandulli e R. De Nictolis, II, Milano, 2019, 756 ss.; S.S. Scoca, Contratti pubblici: l’effettività della tutela tra formalismo e sostanzialismo, un Giur. it., 2015, n. 3, 699 ss.; F. Pignatiello, Le novità in tema di cause di esclusione, in Il correttivo al codice dei contratti pubblici. Guida alle modifiche introdotte dal d.lgs. 19 aprile 2017 n. 56, a cura di M.A. Sandulli, M. Lipari e F. Cardarelli, Milano, 2017, 2017 ss.; D. Villa, La selezione degli offerenti, in Il nuovo diritto dei contratti pubblici. Commento organico al D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, diretto da F. Caringella, P. Mantini e M. Giustiniani, Roma, 2016, 273 ss.; C.E. Gallo, Le prescrizioni a pena di esclusione alla luce dell’art. 46, comma 1-bis, del Codice dei contratti pubblici, in Foro amm.-Cds, 2011, n. 12, 3733 ss.; S. Foà, Semplificazione degli oneri formali nelle procedure di affidamento di contratti pubblici, inUrb. App., 2014, n. 11, 1147; V. Capuzza, I requisiti di ordine generale (Commento all’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006), in Codice commentato degli appalti pubblici, a cura di A. Cancrini, C. Franchini e S. Vinti, Torino, 2014, 236; G. PESCE, Requisiti di partecipazione, accesso alle gare pubbliche e riflessi sulla tutela della concorrenza tra le imprese (artt. 34 – 52), in Commentario al Codice dei contratti pubblici, a cura di M. Clarich, Torino, 2010, 300 ss.
[27] Tra gli interventi più significativi si possono citare il d.l. n. 70 del 2011, nonché il d.l. 24 giugno del 2014, n. 90, convertito con modificazioni nella l. 11 agosto 2014, n. 114.
[28] Si evidenzia che il D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, come modificato dal D.L. 24 agosto 2021, n. 118 (convertito con modificazioni dalla L. 21 ottobre 2021, n. 147), ha previsto, con l’art. 389, co. 1, la proroga dell’entrata in vigore della nuova formulazione della disposizione dal 1 settembre 2021 al 16 maggio 2022. Conseguentemente, il nuovo testo dell’art. 80, co. 5, lett. b), reciterà: “l’operatore economico sia stato sottoposto a liquidazione giudiziale o si trovi in stato di liquidazione coatta o di concordato preventivo o sia in corso nei suoi confronti un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni, fermo restando quanto previsto dall’art. 95 del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza adottato in attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 19 ottobre 2017, n. 155 e dall’art. 110”.
[29] Cfr. V. Di Iorio, Requisiti generali, in Trattato sui contratti pubblici, a cura di M.A. Sandulli e R. De Nictolis, II, Milano, 2019, 823 ss.
[30] In dottrina, per approfondimenti, v. F. Aperio Bella, Requisiti di ordine generale, in Manuale di diritto amministrativo, IV, I contratti pubblici, a cura di F. Caringella e M. Giustiniani, Roma, 2014, par. 2 (Fallimento e procedure concorsuali), 507 ss.; G. Bergonzini, I requisiti di partecipazione agli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, in I contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, a cura di R. Villata, M. Bertolissi, V. Domenichelli e G. Sala, Padova, 2014, 310; S. Ambrosini, La sorte dei contratti in corso di esecuzione, in Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, a cura di F. Vassalli, F.P. Luiso e E. Gabrielli, IV, Le altre procedure concorsuali, Torino, 2014, 123 ss.
[31] Ai sensi del D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, come modificato dal D.L. 24 agosto 2021, n. 118 (convertito con modificazioni dalla L. 21 ottobre 2021, n. 147), ha previsto, con l’art. 389, co. 1, la proroga dell’entrata in vigore dal 1 settembre 2021 al 16 maggio 2022 del nuovo testo dell’art. 110, co. 4, Codice dei Contratti pubblici, che avrà il seguente tenore: “Alle imprese che hanno depositato la domanda di cui all’art. 40 del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza adottato in attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 19 ottobre 2017, n. 155, si applica l’art. 95 del medesimo codice. Per la partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici tra il momento del deposito della domanda di cui al primo periodo ed il momento del deposito del decreto previsto dall’art. 47 del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza è sempre necessario l’avvalimento dei requisiti di un altro soggetto”.
[32] In tema, cfr. R. DE NICTOLIS, Le novità sui contratti pubblici recate dal D.L. n. 32/2019 “sblocca cantieri”, in Urb. app., 2019, n. 4.
[33] Cfr., V. DI IORIO, Requisiti generali, in Trattato sui contratti pubblici, diretto da M.A. SANDULLI e R. DE NICTOLIS, Milano, 2019, 829 ss.
[34] Per alcune osservazioni critiche circa la parziale attuazione della “logica unificatrice” che connotata la riforma, cfr. A. Nigro, D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese. Le procedure concorsuali, Bologna, 2021, 65 ss.
[35] Cfr. V. Calandra Buonaura, Il nuovo concordato preventivo, in La riforma delle procedure concorsuali, in ricordo di Vincenzo Buonocore, a cura di A. Jorio e R. Rosapepe, Quaderni di giurisprudenza commerciale, Milano, 2021, 171 ss., ove è evidenziato come l’innovato impianto normativo risulti finalizzato a valorizzare “l’oggettiva conservazione dell’efficienza dell’organismo produttivo a prescindere dal mantenimento della gestione e della titolarità dell’azienda in capo al debitore”.
[36] Cfr. A. Nigro, D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese. Le procedure concorsuali, Bologna, 2021, 404.
[37] L’art. 44, co. 1, lett. a), Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, prevede un termine compreso tra trenta e sessanta giorni, prorogabile su istanza del debitore in presenza di giustificati motivi e in assenza di domande per l’apertura della liquidazione giudiziale, fino a ulteriori sessanta giorni.
[38] Come anticipato nel precedente paragrafo, le nuove formulazioni di tali norme entreranno in vigore a partire dal 16 maggio 2022, non già dal 1 settembre 2021, per effetto della proroga introdotta dal D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (con l’art. 389, co. 1), come modificato dal D.L. 24 agosto 2021, n. 118, convertito con modificazioni dalla L. 21 ottobre 2021, n. 147.
[39] Tale disposizione prevede, al secondo periodo, che: “Per la partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici tra il momento del deposito della domanda di cui al primo periodo ed il momento del deposito del decreto previsto dall’art. 47 del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza è sempre necessario l’avvalimento dei requisiti di un altro soggetto”.
[40] Cfr. Cons. St., Sez. VI, 13 giugno 2019, n. 3984; Tar Piemonte, Torino, Sez. II, 7 marzo 2019, n. 260; Tar Lazio, Roma, sez. II – ter, 22 luglio 2019, n. 9782.
[41] I sostenitori della tesi restrittiva richiamano anche i rilievi effettuati dalla Corte di Giustizia sull’interpretazione dell’art. 45, par. 2, c. 1, lett. b), Direttiva 2004/18/CE.
[42] Tale orientamento richiedeva, in particolare, la intervenuta ammissione giudiziale alla procedura del concordato con continuità aziendale, non ritenendo sufficiente la semplice proposizione della domanda da parte dell’operatore economico.
[43] Ai sensi dell’art. 110, co. 4, primo periodo, è sancito che: “Alle imprese che hanno depositato la domanda di cui all’art. 161, anche ai sensi del sesto comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, si applica l’art. 186 – bis del predetto regio decreto.
[44] Cfr., ex multis, Tar Lazio, Roma, Sez. II ter, 22 luglio 2019, n. 9782.
[45] Per approfondimenti giurisprudenziali sulla tesi estensiva, cfr., ex multis, Cons. St., Sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1328; Cons. St., Sez. III, 20 marzo 2018, n. 1772; Tar Lazio, Sez. III quater, 19 settembre 2019, n. 11143; Tar Lombardia, Milano, Sez. IV, 30 dicembre 2015, n. 2877; Cons. St., Sez. VI, 3 febbraio 2016, n. 426, in dejure.it.
[46] Ci si riferisce, in particolare, alla formulazione dell’art. 80, co. 5, lett. b), Codice dei contratti pubblici anteriore alle modifiche apportate dal d.l. n. 32 del 2019, che ha espunto il previgente riferimento all’ipotesi del “concordato con continuità aziendale.
[47] Cfr. V. Di Iorio, Procedure concorsuali, in Trattato sui contratti pubblici, diretto da M.A. Sandulli e R. De Nictolis, II, Giuffrè, 2019, par. 6.5 (Il concordato in bianco o con riserva), 835 ss.
[48] Per approfondimenti sulla tesi estensiva, cfr. S. Francario, Autorizzazione alla continuità aziendale sopravvenuta in corso di gara, in l’Amministrativista.it, 26 febbraio 2021.
[49] Cfr. Cons. St., Sez. III, 8 maggio 2019, n. 2963.
[50] Cfr. Cons. St., Sez. V, 21 febbraio 2020, n. 1328.
[51] Cfr. Cons. St., Ad. Plen., 27 maggio 2021, n. 11.
[52] Cfr., tra gli altri, l’art. 15 della l. 57/1962.
[53] Cfr., tra le altre, Direttiva 71/305/CEE del Consiglio del 26 luglio 1971, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici; nonché, più di recente, la Direttiva 2014/24/UE del Parlamento e del Consiglio del 26 febbraio 2014, che abroga la direttiva 2004/18/CE.
[54] Laddove la preclusione debba riferirsi sia alle imprese coinvolte nella procedura di concordato in bianco sia a quelle in attesa dell’ammissione al concordato preventivo ex art. 161, l. fall.
[55] Cfr. Determinazione Anac n. 5 del 8 aprile 2015, ai sensi della quale l’utilizzo, da parte del legislatore, della forma ipotetica “se nominato” nell’art. 186 – bis, co. 4, l. fall., risulterebbe esemplificativo della riferibilità della norma anche alle ipotesi del concordato c.d. in bianco, giacché il concordato preventivo ordinario richiede necessariamente la nomina del commissario giudiziale.
[56] Cfr. Cass., Sez. I, n. 14713/2019; Cass., Sez. I, n. 7117/2020.
[57] La relazione illustrativa all’art. 372, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, sottolinea l’importanza di adottare un criterio interpretativo del concordato in bianco che si ponga in linea con la ratio dell’istituto, consentendo la partecipazione alle procedure di affidamento alle imprese istanti. In tal senso, si è precisato che:“ Lo scopo è quello di evitare che paradossalmente, tale domanda, da strumento di tutela per l’imprenditore, diventa un ostacolo alla prosecuzione dell’attività imprenditoriale”.
[58] Cfr. Ad. Plen., n. 16/2020.
[59] In tal senso, cfr. Cons. St., sez. V, n. 1328 del 2020; Delibera Anac n. 362 del 2020.
[60] Cfr. Cons. St., Ad. Plen. 27 maggio 2021, n. 10.
[61] Cfr. Art. 72, Considerando n. 110, Direttiva n. 24/2014/UE.
[62] Per approfondimenti, cfr. V. Di Iorio, Procedure concorsuali, in Trattato sui contratti pubblici, diretto da M.A. Sandulli e R. De Nictolis, II, Giuffrè, Milano, 2019, par. 6.5 (Il concordato in bianco o con riserva), 834 ss.
[63] Per quel che interessa ai fini della presente trattazione, occorre dare atto di quanto sancito dal D.Lgs. n. 12 gennaio 2019, n. 14, come modificato dal D.L. 24 agosto, n. 118, convertito con modificazioni dalla L. 21 ottobre 2021, n. 147, ove all’art. 389, co. 1, ha recentemente previsto la proroga dal 1 settembre 2021 al 16 maggio 2022 dell’entrata in vigore delle norme contenute nel nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, specie con riferimento a quelle che incidono sulla portata applicativa degli artt. 48; 80, co. 5, lett. b); 110 D. Lgs. 18 aprile 2016, n. 50.
[64] Cfr. R. Rordordf, Le linee della riforma, in Le procedure concorsuali verso la riforma tra diritto italiano e diritto europeo, Atti del convegno, Courmayeur, 23-24 settembre 2016, a cura di P. Montalenti, Quaderni di giurisprudenza commerciale, Giuffrè, Milano, 2018, 177 ss.
[65] Quanto alle modifiche del D.lgs. n. 50/2016, cfr. le modifiche apportate dall’art. 372, Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
[66] Cfr. Ad. Plen. nn. 9, 10 e 11 del 27 maggio 2021.