Avvocati dopo il coronavirus: il cambio di paradigma.
di Cataldo Intrieri
Rispondo volentieri al gentile invito di Paola Filippi e Roberto Conti a raccontare l’esperienza di un avvocato nei giorni sospesi del Corona -virus, con l’ovvia premessa che questo è il punto di vista non della categoria ma di uno dei 200.000 e passa, tappato da due settimane in un condominio del Trieste Salario.
Oltre ad una migliore comprensione di cosa possa avere spinto in passato molti assistiti a violare i domiciliari credo che il sentimento comune sia quello di chi sta sperimentando la scossa tellurica di ciò che Thomas Kuhn chiamava un “ cambio di paradigma”. La mutazione dei parametri di riferimento sociali e lavorativi.
Passato un primo momento di illusoria fiducia in rapido ritorno alla normalità la pubblicazione del Decreto Legge Curitalia (il degrado della legislazione eè bene illustrato dalla scelta dei nomi dei provvedimenti) ci ha brutalmente messo di fronte alla realtà . Ed al futuro prossimo venturo.
Innanzitutto abbiamo capito che lo Stato non darà alcun paracadute.
Non sono previste misure ne’ facilitazioni ne’ garanzie per accesso al credito per chi si dovesse trovare in difficoltà.
Financo l’” una tantum” di 600€ non verrà corrisposta agli avvocati .
Eppure come mi racconta il collega Giulio Lazzaro responsabile dell’Osservatorio dell’Unione Camere Penali sul patrocinio dei non abbienti basterebbe che si sbloccassero in tempo rapido ed accettabile le liquidazioni dei decreti di pagamenti per le difese a carico dello Stato . Ce ne sono vecchi di due anni. Stiamo parlando per il 2019 di una spesa approvata di circa 180 mln di € per un importo pro-fattura di circa 1000,00.
L’una tantum del Curitalia costa da sola circa 3 miliardi di euro.
Soldi già stanziati e presenti nelle disponibilità degli uffici dei tribunali ma che non vengono materialmente erogati per la cronica mancanza di personale degli uffici giudiziari ed anche oggi che l’attività e’ ferma non si registra alcuna accelerazione delle procedure.
Lazzaro mi riferisce che le banche che praticano lo sconto delle fatture riconosciute procedono al pagamento dell’80% delle somme riconosciute trattenendo un aggio di ben il 20% .
Ho letto con piacere i messaggi di solidarietà di alcuni magistrati e li ho diffusi sui social dove sono stati molto apprezzati.
Sicuramente per molti colleghi sarebbe altrettanto gradito un concreto intervento dei dirigenti degli uffici, come talvolta è avvenuto e Lazzaro mi cita il presidente del Tribunale di Livorno.
Molti avvocati prestano meritoriamente la loro opera in difesa delle categorie più svantaggiate.
Non parliamo solo di ordinari frequentatori di patrie galere, oggi il patrocinio dello Stato investe la tutela di soggetti vulnerabili come le vittime di abusi ed atti di violenza oppure i migranti che chiedono asilo. Il nucleo base dei diritti umani, un aspetto fondamentale che spesso viene mortificato con liquidazioni di poche centinaia di euro. E si parla anche di giovani , bravissimi colleghi in una realtà professionale sempre più difficile.
Ma tutti noi avvocati siamo scivolati dentro l’emergenza di cui l’aspetto economico costituisce una parte ma non è tutto.
Siamo stati espulsi dai luoghi abituali in cui per decenni ci siamo mossi , dalle aule come dagli studi , e costretti ad un domicilio coatto abbiamo scoperto le potenzialità lavorative e comunicative dei mezzi di comunicazione informatici e telematici oltre l’uso sedimentato dall’abitudine e dalla frivolezza delle comunicazioni social.
Non più “ dei” mezzi di lavoro come altri ma “i” mezzi di lavoro.
Skype business e Whereby sono diventati gli unici mezzi di contatto con cui riusciamo ad organizzare il lavoro , parlare coi colleghi , coi clienti ed ora coi magistrati e gli uffici giudiziari.
Abbiamo capito nel nostro lavoro che non sarà sufficiente “ riaccendere la luce nella stanza” oppure rientrare nei tribunali come dopo un “ allarme bomba”.
Sarà lunga e difficile , potremo rientrare contingentati, entrare negli uffici a determinate ore e prenotandoci.
L’idea dei capannelli nel cortile in una bella giornata, lo struscio pigro nei corridoi , l’indugiare in sala avvocati . Abitudini scontate che oggi sembrano i segni di un’altra epoca .
Giorno dopo giorno ci chiediamo cosa succederà , cerchiamo di dare un minimo di fiducia agli assistiti ed ai familiari .
Ci sono circa 60.000 detenuti la gran parte in attesa di giudizio per cui diventa difficile fare delle previsioni. I rinvii già oggi sono per la fine dell’anno .
Ovviamente l’ideologia giustizialista ed apertamente reazionaria di un governo non legittimato da una maggioranza elettorale scarica i costi della paralisi sui nemici simbolici : i detenuti, i rifiuti, gli imputati presunti colpevoli .
Se non vogliono vedere dilatata l’attesa di un esito processuale devono farne richiesta .
È un diritto di cui lo Stato dovrebbe farsi carico ed invece è un onere per chi è accusato e limitato nella libertà .
Una situazione, va detto con estrema chiarezza, inaccettabile che pone un enorme problema di coscienza a carico dei difensori e dei magistrati.
Non sarà possibile ritornare in tempi rapidi ad una condizione di sicurezza che renda agibili come prima le aule di giustizia .
Salvo non si voglia mettere a rischio la salute oltre che degli imputati di avvocati magistrati e personale amministrativo il ricorso a modalità a distanza appare una necessità .
Alcuni miei colleghi ritengono che ciò sarebbe una grave rinuncia ai principi di oralità ed immediatezza che una serie di prassi e sentenze già stanno erodendo .
Argomentazione seria ma che deve essere soppesata con esigenze di analogo grado come il diritto ad un processo in tempi ragionevoli ed alla tutela della salute.
Si tratta di estendere una modalità oggi limitata solo ai casi di imputati detenuti.
Si può stabilire (e forse non occorre neanche una legge ma un protocollo) che la scelta sia rimessa al difensore ed all’imputato ogni qualvolta la situazione sanitaria non offra sufficienti garanzie ma non nascondiamoci dietro un dito: un contraddittorio imperfetto e’ sicuramente preferibile ad un contraddittorio negato.
La mia modesta e personale opinione si conclude con una specifica richiesta ai miei gentili interlocutori , lettori di questa rivista.
Sia ben chiaro che parlo per me stesso e da “cane sciolto “.
Rinunciate signori magistrati per quest’anno ai termini feriali. Facciamo insieme un sacrificio in nome di quella giustizia che malediciamo come irraggiungibile ma per cui molti di noi hanno impiegato la loro vita.
Sia pure in modo imperfetto, ricorrendo alla tecnica ed al processo a distanza ripartiamo quanto prima. Stabiliamo delle regole per l’emergenza , ma ripartiamo presto .
Come i medici e gli infermieri al fronte non possiamo negare ai più deboli un servizio essenziale come non possiamo negare ai più giovani e svantaggiati il diritto al lavoro, ve lo dico senza ipocrisia e così senza ipocrisia va data una risposta .
I latini direbbero : “ Hic Rhodus... più semplicemente gli eredi dicono : “ le chiacchiere stanno a zero” . Fatemi sapere .