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Note sul decreto legge 105/2021 che estende il green pass a attività e servizi della vita quotidiana

Note sul decreto legge 105/2021 che estende il green pass a attività e servizi della vita quotidiana

di Giuliano Scarselli  

Sommario: 1. Premessa - 2. Obbligo vaccinale e consenso informato - 3. Estensione del green pass e normativa europea - 4. Segue: estensione del green pass, riservatezza e libertà di movimento - 5. Segue: estensione del green pass e principi costituzionali - 6. Brevissime conclusioni.   

1. Premessa

Questo breve scritto non intende commentare i tanti aspetti di contrasto all’epidemia da Covid 19 del nuovo intervento normativo, decreto legge 23 luglio 2021 n. 105, ma solo porre qualche spunto di riflessione, che desidero soprattutto indirizzare agli amici e colleghi giuristi.

Nel farlo, vorrei premettere che non sono un no vax, e non metto in discussione né il valore dei vaccini, né la possibilità dello Stato di istituire, ai sensi dell’art. 32 Cost., la vaccinazione obbligatoria per tutti, se ne sussistono i presupposti fissati dalla nostra Corte costituzionale.

Ed inoltre, come si comprenderà dalla lettura dello scritto, non intendo nemmeno porre critica specifica al nostro Governo, poiché quello che sta succedendo in Italia accade anche in vicini paesi europei, primo fra tutti la Francia.

Solo mi sembra si sia superato certi limiti, e ciò fa sì che avverta come dovere quello di prendere posizione.

Tutto qui: è un vizio (quello di esprimere pareri giuridici) che ho acquisito fin dai primi anni di studio nella facoltà di giurisprudenza e che ancora (forse, purtroppo) mi accompagna.  

2. Obbligo vaccinale e consenso informato

La prima questione che mi sembra da porre è questa.

Le opzioni in punto di vaccini sembrano essere due: o si lascia ai singoli il diritto di scegliere se vaccinarsi o meno, oppure si rende la vaccinazione obbligatoria.

Direi: tertium non datur.

E, aggiungerei, come ho premesso, che nessuno mette in discussione che lo Stato, se vi sono i presupposti, possa, ai sensi dell’art. 32 Cost., disporre un obbligo vaccinale nei confronti di tutti i cittadini, visto che è la stessa norma costituzionale a prevedere che, tramite legge, si possa disporre trattamenti sanitari obbligatori[1].

Il problema, però, è che quello che sta accadendo non è questo, ed ha sfumature più variegate che ritengo utile sottolineare.

Lo Stato, quanto meno al momento, non ha disposto alcun obbligo vaccinale per tutti, e non esiste alcuna legge che obblighi l’intera comunità a sottoporsi al vaccino COVID 19.

Tuttavia, con l’ultimo decreto legge 105/2021, se non sei vaccinato non puoi prender parte alla vita sociale, e non puoi frequentare, ad esempio, ristoranti, cinema, teatro, musei, mostre, convegni, ecc….. e ciò almeno che tu non sia disposto a sottoporti a tampone ogni 48 ore.

Allora il cittadino corre a vaccinarsi (o almeno questa appare essere l’idea del legislatore); ma, per farlo, deve sottoscrivere una carta di consenso informato, ovvero deve rilasciare al medico che lo vaccina una dichiarazione con la quale riconosce che ha avuto tutte le informazioni utili sulle possibili pericolosità dello stesso e che egualmente ha prestato libero consenso alla vaccinazione (il modulo prevede: “Acconsento ed autorizzo la somministrazione del vaccino”).

E’ evidente che ove il vaccino fosse obbligatorio, al cittadino, direi, non potrebbe chiedersi di sottoscrivere un consenso informato, poiché il concetto di consenso contrasta con quello di obbligo; e nessun consenso, infatti,  potrebbe essere richiesto al cittadino che si presti semplicemente ad adempiere ad un obbligo; ne’ consenso si può immaginare a fronte di un trattamento sanitario che è, appunto, obbligatorio.

Sostanzialmente, l’obbligo vaccinale farebbe sì che lo Stato si assuma la responsabilità dell’obbligo; in questo modo, invece, lo Stato non ha, ne’ addossa ad altri, alcuna responsabilità nella vaccinazione, poiché questa è posta in essere per libera scelta del cittadino, che dunque prima di vaccinarsi sottoscrivere che tutto avviene per sua volontà e a seguito di informativa sui rischi esistenti.

L’idea, poi, che lo Stato voglia che i cittadini si vaccinino senza responsabilità propria o di terzi sembra confermata anche dell’art. 3 del decreto legge, ora convertito in legge, n. 44/2021, detto di scudo penale, il quale statuisce che: “Per i fatti di cui agli articoli 589 e 590  del codice penale verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2, ……la punibilità è esclusa quando luso del vaccino è conforme…….”.

Si è detto che lo scudo penale è stato posto a tutela dei medici e di tutto il personale sanitario e solo per essi, ma a me sembra, se non commetto errori, che, stante la genericità del testo, esso potrebbe applicarsi a tutti, e  non solo ai medici, cosicché tutti potrebbero volersi proteggersi dietro quello scudo, anche chi il vaccino l’abbia, ad esempio, prodotto, o commercializzato, o, direttamente o indirettamente, imposto, o indotto, ecc…..[2]

Dunque, in estrema sintesi: probabilmente lo Stato non si sente di rendere obbligatorio per tutti un vaccino che non ha terminato la sua sperimentazione e che può causare, come egli stesso ammette con l’art. 3 del dl. 44/2021, che espressamente richiama gli art. 589 e 590 c.p., la lesione o la morte del vaccinato; però, al tempo stesso, vuole che tutti si vaccinino.

Se lo rendesse obbligatorio nel rispetto dell’art. 32 Cost. si assumerebbe la responsabilità di questa sua scelta e non potrebbe più contare sul consenso informato del vaccinato; lasciando al contrario la vaccinazione libera, lo Stato evita di assumersi ogni responsabilità, e ottiene il medesimo risultato con l’estensione del green pass, che di fatto induce tutti i cittadini a vaccinarsi per non essere esclusi dalla vita sociale.

Orbene, se le cose stanno in questi termini, chiedo se questo sia possibile.

Retoricamente, come può lo Stato dare di irresponsabile a chi scelga di non vaccinarsi quando è lo stesso Stato che, per primo, non intende assumersi responsabilità?

Poiché a me sembra, infatti, che i timori che hanno milioni e milioni di cittadini a vaccinarsi, siano gli stessi timori che ha lo Stato a rendere obbligatorio per tutti il vaccino anti Covid 19.  

3. Estensione del green pass e normativa europea

Seconda questione.

È pacifico che la legislazione nazionale, oltre a dover rispettare la nostra Costituzione, deve altresì essere conforme alla normativa europea.

Al riguardo ricordo che il green pass (certificazioni verdi COVID 19) è stato recentemente disciplinato con i regolamenti UE 2021/953 e 2021/954 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2021.

Esso è stato ideato e regolato al fine di agevolare gli spostamenti tra Stati membri per non danneggiare il turismo, e ciò lo si ricava agevolmente dalla lettura dei testi, tutti incentrati sui soli problemi relativi agli spostamenti tra Stati e alle sole questioni transfrontaliere[3].

Ciò premesso, come avviene il collegamento tra legislazione EU e legislazione nazionale?

Ebbene, da noi il green pass è regolato dall’art. 9 del precedente decreto legge del 22 aprile 2021 n. 52, convertito con modificazioni dalla legge 17 giugno 2021 n. 87.

L’art. 4 del nuovo decreto legge 105/21 ha posto oggi talune modifiche al precedente art. 9 del dl 52/21, ed in special modo al punto 2 della lettera e) dell’art. 4, 2° comma dl 105/21 si legge quanto segue: “Le disposizioni dai commi da 1 a 8 continuano ad applicarsi ove compatibili con i regolamenti UE 2021/953 e 2021/954 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2021”.

Le disposizioni dai commi da 1 a 8 dell’art. 9 dl 52/21 sono appunto quelle che regolano il green pass.

Dunque l’art. 4, intervenendo sull’art. 9, 9° comma del dl. 52/2021, ci dice che il green pass può continuare ad applicarsi “in quanto compatibile” con i regolamenti UE 2021/953 e 2021/954 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2021.

Si tratta di una conclusione evidente, poiché, appunto, la legislazione interna non può derogare a quella EU, e quindi, necessariamente, l’art. 9 dl 52/21, per come integrato dall’art. 4 dl 105/21, deve rispettare i regolamenti UE 2021/953 e 2021/954.

Ora, però, il punto è che i regolamenti europei non solo non prevedono affatto che il green pass possa essere utilizzato quale condizione alla partecipazione dei cittadini alla vita sociale, ma, per quanto concerne la sua utilizzazione, escludono che possano darsi discriminazioni tra cittadini vaccinati e non vaccinati.

Il regolamento UE 2021/953 nella sua corretta traduzione statuisce infatti al punto 36 quanto segue:

È necessario evitare la discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino COVID 19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate o hanno scelto di non essere vaccinate. Pertanto il possesso di un certificato di vaccinazione non dovrà costituire una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione[4].

Ciò in conformità, peraltro, alla precedente risoluzione del Consiglio di Europa – Assemblea parlamentare - n. 2361/2021 del 27 gennaio 2021, la quale indirizzava gli Stati a non rendere obbligatoria la vaccinazione anti Covid 19 e a non usarla come discriminante tra lavoratori.

Si legge infatti in detta risoluzione: “Assicurare che i cittadini siano informati che la vaccinazione non è obbligatoria e che nessuno è politicamente, socialmente o altrimenti sottoposto a pressioni per farsi vaccinare; garantire che nessuno sia discriminato per non essere stato vaccinato o per non voler essere vaccinato” (punto 7.3.1. e 7.3.2.).  

Ora, la questione è evidente: come è possibile applicare i decreti legge italiani sul green pass compatibilmente con il regolamento UE del 14 giugno 2021 n. 953, il quale espressamente vieta la discriminazione dei non vaccinati rispetto ai vaccinati, anche quando questi ultimi hanno scelto di non essere vaccinati, se tutta la nostra legislazione si basa invece sul principio contrario, ovvero su quello di porre una discriminazione, seppur ritenuta equa e giustificata, tra cittadini vaccinati, che possono liberamente partecipare alla vita sociale, e cittadini non vaccinati, che invece per partecipare alla vita sociale devono sottoporsi ad un tampone ogni 48 ore?

Al di là delle opinioni che su questa scelta ognuno può avere, se non discriminare significa trattare allo stesso modo i vaccinati e non vaccinati, è evidente che il green pass italiano pone delle discriminazioni, e quindi non è conforme alla normativa EU.

Applicarlo “in quanto compatibile”, sinceramente non capisco cosa significhi, ne’ come “i titolari e i gestori dei servizi e delle attività di cui al comma 1” (così l’art. 3, 4° comma, dl 150/21), possano procedere ai controlli rendendolo conforme alla disciplina europea.  

4. Segue: estensione del green pass, riservatezza e libertà di movimento

Terza questione.

Una volta vaccinato, il cittadino riacquista la sua libertà di movimento, però, evidentemente, questa libertà non è più piena, poiché per esercitarla deve comunque utilizzare il green pass.

Dunque, la libertà che il cittadino ha, non è più derivante dalla Carta costituzionale o dalla Convenzione dei diritti dell’uomo, ma, appunto, dal green pass, che l’autorità pubblica gli consegna per un tempo determinato.

Ora il green pass è costituito da un codice a barre, e tutte le volte che lo si utilizza, il codice viene (se non erro, questo dovrebbe essere il meccanismo) scannerizzato, e i dati si immettono in una piattaforma nazionale, da meglio definire e regolare, in grado di conservare i dati raccolti[5].

È evidente che più sono le occasioni nelle quali io ho la necessità di utilizzare il green pass, più sono soggetto a controllo; o almeno questo è il rischio dell’utilizzo del green pass nella vita quotidiana.

È lecito che lo Stato, attraverso la vaccinazione, controlli i dati e forse anche i movimenti dei cittadini?

Al momento attuale si dice che i dati saranno conservati lo stretto necessario, utilizzati per fini esclusivamente sanitari, nel pieno rispetto della privacy di ogni cittadino, e che non vi sia controllo sui movimenti.

Però, ogni preoccupazione è lecita, poiché, ad oggi, non mancano decisioni invece prese senza, e a prescindere, dall’opinione dell’autorità garante della privacy; e, se si vuole essere pignoli, anche il vaccino doveva essere rimesso alla libera determinazione di ognuno, e poi non è stato così.

L’autorità garante della privacy, peraltro, con suo provvedimento n. 156 del 23 aprile 2021, è stata fortemente critica sulla novità del green pass.

Ha scritto che il decreto legge: “Non rappresenta una valida base giuridica per l’introduzione e l’utilizzo di certificati verdi……L’impianto normativo non fornisce un’indicazione esplicita e tassativa delle specifiche finalità perseguite, elemento essenziale al fine di valutare la proporzionalità della norma………Si ritiene non si sia tenuto adeguatamente conto dei rischi, di seguito illustrati, che l’implementazione della misura determina per i diritti e le libertà degli interessati”. 

Ma, oltre questo, v’è da sottolineare che, nell’ipotesi si dovesse arrivare a tracciare i movimenti, il controllo delle persone sotto questo profilo non è questione che attiene solo alla privacy, è questione assai più grave e incisiva, perché ha a che fare con la libertà personale.

Né mi sembra pertinente replicare, come molti fanno, che nella società attuale siamo tutti già ampiamente tracciati dalle società commerciali; e questo, in primo luogo perché ciò non corrisponde a verità, visto che le società commerciali hanno a disposizione solo quei dati che il cittadino liberamente rende pubblici, e poi perché una cosa è essere tracciati da un privato, altra cosa, assai più grave, è esserlo dallo Stato.

Tracciare, e/o controllare, i movimenti di una persona, contro la volontà di questi e/o in forma obbligata, costituisce restrizione della libertà personale, vietata ai sensi dell’art. 13 Cost.; solo le persone con limiti alla libertà personale possono subire un tale trattamento, non altri, in base alla nostra costituzione, e solo per provvedimento dato dall’autorità giudiziaria.

Soprattutto, non vedo perché dovrebbero subire questo trattamento i cittadini che si sono vaccinati, ovvero che hanno ottemperato a quanto era stato loro chiesto per proteggere la salute propria e della collettività.

Siamo così in questa situazione: se non sei vaccinato non ti puoi muovere, ma se sei vaccinato ti muovi sotto sorveglianza.

Non basta vaccinarsi per essere liberi, la libertà per i quali i nostri padri e i nostri nonni morirono, o furono torturati, o imprigionati per giungere alla Costituzione del ’48, non esiste più, quanto meno al momento.

E poi il green pass ha una scadenza temporale.

Dopo che succede?  

5. Segue: estensione del green pass e principi costituzionali

Ultima questione.

Il dl 105/21 premette e richiama le norme della nostra costituzione, tra le quali l’art. 77 e 16 Cost.

A me sembra, però, che, così come è dubbio che il dl 105/21 sia conforme all’art. 32 Cost. per quanto sopra detto, lo stesso è dubbio sia conforme agli artt. 77 e 16 Cost.  

5.1. L’art. 77 Cost. autorizza il Governo, come noto, a emanare decreti leggi in “casi straordinari di necessità ed urgenza”.

Qui la necessità e l’urgenza è data dalla crisi sanitaria e dalla dichiarazione di pandemia fatta dall’Organizzazione mondiale della sanità.

Questa dichiarazione dell’OMS, tuttavia, risale al 11 marzo 2020; e, se dopo un anno e mezzo (23 luglio 2021), si pongono nuovi e fortissimi limiti alle libertà dei cittadini, io credo che, in ossequio all’art. 77 Cost, si dovrebbero spiegare le ragioni attuali di crisi sanitaria, più gravi rispetto al passato, per le quali si ritiene necessario, equilibrato e proporzionato porre dette nuove più forti limitazioni.

Al contrario, niente di tutto questo si trova nel preambolo del dl 105/21.

Nei precedenti decreti legge si faceva riferimento agli avvisi del Comitato tecnico-scientifico del dipartimento della Protezione civile.

Solo a titolo d’esempio, ciò veniva con il dl del  22 aprile 2021 n. 52, che faceva riferimento all’avviso del Comitato tecnico-scientifico del 20 aprile 2021, ovvero di soli due giorni prima; e lo stesso avveniva con il dl del 1 aprile 2021 n. 44, che faceva riferimento all’avviso del Comitato tecnico-scientifico del 29 marzo 2021, ovvero di tre giorni prima.

In questo caso, ovvero con il dl 105/21, niente di tutto questo avviene, e il decreto non è basato su alcun avviso scientifico, ma solo sulla menzione degli atti normativi precedenti, sulla dichiarazione dell’OMS di un anno e mezzo fa, e sulla mera dichiarazione “Considerato che l’attuale contesto di rischio impone la prosecuzione delle iniziative di carattere straordinario e urgente intraprese al fine di fronteggiare adeguatamente possibili situazioni di pregiudizio per la collettività”.

Le situazioni di pregiudizio, come si legge, sono definite solo “possibili”, avvisi scientifici non sono richiamati, e il tutto avviene in un giorno di piena estate, dopo la soppressione dell’obbligo delle mascherine all’aperto, e nel quale i dati erano i più bassi mai avuti[6].

Con questo, evidentemente, il cittadino non è in grado di valutare se la situazione sanitaria è o meno così grave da giustificare tali restrizioni; però, dato che sono misure fortemente limitative delle libertà e non hanno precedenti nella nostra storia repubblicana (ma, direi, nemmeno nella storia in tempo di pace del Regno d’Italia), ritengo che i cittadini abbiano diritto a veder spiegate le ragioni delle misure, e che non sia possibile emanare un decreto legge che sottragga libertà costituzionali senza esternare in modo chiaro le ragioni che giustificano una tale decisione, anche in punto di equilibrio degli interessi, ai sensi dell’art. 77 Cost.  

5.2. Si fa poi riferimento all’art. 16 Cost.

Non v’è dubbio, al riguardo, che il diritto alla circolazione può trovare delle limitazioni per ragioni di salute ai sensi di detta disposizione costituzionale; il problema, però, è che per detta norma tale limite ha ad oggetto il divieto di recarsi in un certo luogo perché in quel certo luogo vi sono ragioni di salute o di sicurezza che impediscono lo spostamento, mentre oggi si invoca questa norma a copertura costituzionale di disposizioni che vietano a certe persone di usufruire di attività e servizi in base al fatto di aver avuto o meno certi trattamenti sanitari[7].

L’art. 16 pone un limite a spostamenti in “parte del territorio nazionale”, quindi, appunto, a spazi territoriali geodeterminati; mentre i ristoranti, i bar, i musei, i convegni, le fiere, e soprattutto gli ospedali, i centro commerciali, i trasporti, le scuole, i concorsi pubblici, non sono luoghi, non rientrano in detto concetto, non sono parti del territorio nazionale; sono, tutto al contrario, beni e servizi, alcuni addirittura con caratteristiche di beni essenziali.

Né può replicarsi che si tratti comunque di attività che si svolgono in luoghi determinati, perché tutte le attività della vita, nessuna esclusa, ha una dimensione spazio-temporale.

Peraltro, da aggiungere, che la distinzione tra questi concetti è chiara allo stesso dl 105/21, e ciò si ricava dal preciso tenore dell’art. 3, ove si legge che è consentito esclusivamente ai soggetti muniti di una delle certificazioni verdi COVID 19 “l’accesso ai seguenti servizi e attività”.

Dunque, è lo stesso decreto legge che precisa si tratti di servizi e attività, non di luoghi; e quindi è evidente che una limitazione di accesso ai servizi, soprattutto quando questi siano essenziali, non può giustificarsi con l’art. 16 Cost., che pone limiti al diritto di circolazione solo con riferimento a parti del territorio nazionale (e solo in via di eccezione rispetto al diritto alla libera circolazione, e solo per periodi temporali limitati).

Se poi si pensa che in questi giorni c’è chi ha sostenuto che si potrebbe addirittura negare il diritto di voto a chi non è vaccinato, o escluderlo dall’elettorato passivo; ebbene, si comprende che tutto questo non ha niente a che vedere con l’art. 16 Cost.  

6. Brevissime conclusioni 

Dunque, invito a riflettere su queste questioni.

Se il vaccino è un bene necessario e imprescindibile per la salute della collettività, lo Stato lo renda obbligatorio per tutti nel rispetto dell’art. 32 Cost.

Se non ritiene invece di poterlo fare, perché trattasi di vaccino che ancora non ha finito il suo corso di sperimentazione e che potrebbe recare danni, anche gravi, a chi lo riceve, come riconosce lo stesso art. 3 del dl 44/2021, allora non sanzioni quei cittadini che hanno paura a vaccinarsi, perché la loro paura è la stessa paura che ha lo Stato a rendere obbligatorio il vaccino, e perché è contrario ad ogni principio giuridico porre limitazioni di diritti fondamentali a chi abbia tenuto un comportamento che lo stesso Stato non considera obbligatorio e/o dovuto.

E se poi lo Stato rende obbligatoria la vaccinazione, punisca chi trasgredisce l’obbligo, ma lo faccia in modo adeguato e proporzionato, si ricordi che tutti noi siamo i figli di Cesare Beccaria, e che principi di civiltà giuridica non consentono di sottrarre a nessuno quei diritti fondamentali dell’uomo che costituiscono la storia della nostra società occidentale. 


[1] Da ricordare, tuttavia, che, nell’interpretazione dell’art. 32 Cost. la stessa giurisprudenza costituzionale ha sempre, costantemente, riconosciuto che ove il vaccino possa però comportare un rischio per la salute della persona sottoposta a vaccinazione, lì la vaccinazione non può che essere rimessa a scelta individuale. (così, per tutte, Corte Cost. 22 giugno 1990 n. 307; Corte Cost. 23 giugno 1994 n. 258; Corte Costituzionale 18 gennaio 2018 n. 5).

[2] E ciò anche perché i fatti commessi specificamente “nell’esercizio di una professione sanitaria” sono oggi disciplinati dal successivo art. 3 bis.

Si tratta, tuttavia, di un tema complesso, che certo non può essere dibattuto in questa sede, e per il quale può rinviarsi a Cass. sez. un. penali 22 febbraio 2018 n. 8770, e alla relazione n. 35 del 21 giugno 2021 del Massimario della Cassazione.

[3] V. punto 61 del Regolamento 14 giugno 2021 n. 953: “L’obiettivo del presente Regolamento, vale a dire agevolare l’esercizio del diritto di libera circolazione all’interno dell’Unione durante la pandemia di Covid 19…..”.

[4] Per precisione si richiama il testo in lingua francese: “Il y a lieu d’empêcher toute discrimination directe ou indirecte à l’encontre des personnes qui ne sont pas vaccinées, par exemple pour des raisons médicales, parce qu’elles ne font pas partie du groupe cible auquel le vaccin contre la COVID-19 est actuellement administré ou pour lequel il est actuellement autorisé, comme les enfants, ou parce qu’elles n’ont pas encore eu la possibilité de se faire vacciner ou ne souhaitent pas le faire. Par conséquent, la possession d’un certificat de vaccination, ou la possession d’un certificat de vaccination mentionnant un vaccin contre la COVID-19, ne devrait pas constituer une condition préalable à l’exercice du droit à la libre circulation

[5] E’ questione che si è posta anche in Francia, ove è stato sostenuto che ogni persona deve registrarsi negli stabilimenti ove si introduce, V. www.leparisien.fr, 22 luglio 2021: “Toute personne qui ne s’enregistre pas à l’entrée de l’etablissement ou ne scanne pas le code mis à disposition met à la fois sa vie mais aussi celle d’autrui en danger”.

[6] Questi i numeri: 15 morti (ovvero un morto ogni quattro milioni di abitanti), 158 terapie intensive, 1.234 ricoveri.

[7] V. infatti, MAZZIOTTI Circolazione e soggiorno (libertà di), Enc. del Diritto, Milano, 1960, VII, 16, il quale ha scritto: “Quando uno di tali provvedimenti  impone un obbligo positivo di circolare o soggiornare solo entro una data circoscrizione territoriale, esso limita la libertà personale, mentre, se contiene esclusivamente un obbligo negativo di non circolare o soggiornare in determinati parti del territorio, limita la libertà di circolazione e di soggiorno”.  

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