GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    I danni da illegittima misura di contenimento della pandemia: il caso della zona rossa in Lombardia di Roberto Natoli

    I danni da illegittima misura di contenimento della pandemia: il caso della zona rossa in Lombardia

    Roberto Natoli

    Sommario: 1. La pandemia e le mobili frontiere della responsabilità civile-  2.Il sistema del “semaforo” e la classificazione delle regioni in zone di diverso colore - 3.  L’algoritmo e i dati inseriti per stabilire il livello di rischio di ciascuna regione - 4. Il danno da illegittima misura di contenimento della pandemia e il giudice competente a conoscere delle azioni risarcitorie - 5.  Niente sarà più come prima?

     1.La pandemia e le mobili frontiere della responsabilità civile.

    Le mobili frontiere della responsabilità civile ([1]) non potevano restare indifferenti alla pandemia. Non stupisce dunque che la divisione del Paese in zone di colore diverso, con limiti e restrizioni alle attività economiche più o meno marcati in ragione dell’indice di contagio tra la popolazione del virus, potesse aprire le porte alle richieste di risarcimento dei danni da parte di chi contestasse la correttezza o la ragionevolezza delle misure di contenimento. La questione è venuta alla ribalta in conseguenza dell’erronea ascrizione della Regione Lombardia tra le regioni caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto ([2]), a quanto pare causata dai dati forniti dalla stessa Regione, che avrebbe conteggiato i guariti tra gli attuali positivi. Tale errore è stato la settimana successiva riconosciuto ed emendato dal Ministro della salute, il quale, “in ragione degli elementi sopravvenuti conseguenti alla rettifica dei dati operata dalla Regione Lombardia ora per allora, come certificati dalla Cabina di regia”, ha annullato l’ordinanza con cui aveva disposto la zona rossa in Lombardia dal 17 al 31 gennaio 2021, inserendola tra le regioni caratterizzate da uno scenario di elevata gravità e da un livello di rischio alto e dunque “promuovendola” ex post in zona arancione ([3]).

    Ma procediamo con ordine.

    Per riassumere nei suoi termini essenziali una vicenda cui i media nazionali hanno dato ovvio e comprensibile risalto ([4]) occorre premettere che il d.P.C.M. 3/11/2020 ([5]) ha previsto, come misura per contrastare l’epidemia sul territorio nazionale, un sistema di controllo della diffusione del virus su base regionale (o provinciale, per le province autonome di Trento e Bolzano) che prevede limitazioni di varia estensione alle attività economiche e sociali (e, più in generale, alle libertà personali), a seconda della gravità dello scenario di rischio. Nella comunicazione mediatica, originata dalle dichiarazioni alla stampa dello stesso Presidente del Consiglio, questo sistema è stato descritto come un’organizzazione “a semaforo”, che dal giallo (limitazioni meno gravi) transita per l’arancione (limitazioni intermedie) per arrivare poi al rosso (limitazioni gravi).

    Sotto questo profilo, il sistema a semaforo rappresenta un’implicita ammissione dell’irragionevolezza del lock down disposto, sull’intero territorio nazionale, dal 10 marzo al 17 maggio 2020, pur in presenza di un indice di contagio clamorosamente diverso tra le regioni (la Lombardia, il Piemonte e il Veneto) o le zone (la bergamasca o il padovano) nelle quali il virus si è diffuso con straordinaria virulenza e quelle che, nei primi mesi del 2020, erano praticamente immuni dal contagio. Per conseguenza, il sistema “a semaforo”, su base regionale, è certamente coerente col rispetto dei principî di adeguatezza e proporzionalità fin da subito evocati per le misure di contenimento: la diffusione del contagio procede infatti diversamente a seconda dei tempi, dei luoghi e delle abitudini di vita dei cittadini.  

    2. Il sistema del “semaforo” e la classificazione delle regioni in zone di diverso colore.

     Nell’ordinamento costituzionale italiano è indubbio che, per fronteggiare l’emergenza sanitaria, il dovere inderogabile di solidarietà economica e sociale possa giustificare anche la compressione dei diritti di libertà dei cittadini. È altrettanto indubbio che l’utilità sociale giustifichi limiti all’esercizio delle attività economiche e possa spingersi, in situazioni eccezionali (qual è certamente quella pandemica), financo alla compressione totale della libertà di iniziativa economica. Queste limitazioni, però, devono essere ragionevoli: devono, cioè, chiedere al singolo un sacrificio proporzionato al guadagno della collettività. Per valutare questa ragionevolezza occorre però che le limitazioni si basino su dati certi e controllabili. Diversamente, il sacrificio non si giustifica più e la limitazione eccessiva, se dannosa, merita risarcimento. 

    L’art. 3 del d.P.C.M. 3/11/2020 ha affidato alla c.d. Cabina di regia istituita dal decreto del Ministro della salute del 30/4/2020, sentito il Comitato Tecnico Scientifico (CTS) sui dati monitorati, il compito di individuare le Regioni che si collocano in uno “scenario di tipo 4” e con un livello di rischio “alto” ([6]). Ha poi previsto che il Ministro della salute, “con frequenza almeno settimanale”, provveda con ordinanza all’aggiornamento dell’elenco delle regioni in zona rossa, “fermo restando che la permanenza per 14 giorni in un livello di rischio o scenario inferiore a quello che ha determinato le misure restrittive comporta la nuova classificazione”. In altri e più semplici termini, per “uscire” dalla zona rossa occorre che la Regione per almeno due settimane consecutive esibisca dati che le consentano la “promozione” in zona arancione o gialla.

    La Cabina di regia istituita presso il Ministero della salute è, dunque, il vigile che comanda il semaforo italiano per contenere la diffusione della pandemia. Le regole adottate per comandare il semaforo sono tuttavia ignote ai più, se non addirittura allo stesso vigile. L’attribuzione del colore rosso dipende, infatti, da un complesso di dati processati da un algoritmo di difficile comprensibilità. L’osservatorio per i conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano diretto dal prof. Carlo Cottarelli ha studiato i 21 indicatori processati dall’algoritmo e ha definito il complessivo sistema “complicato” e basato su una documentazione “dispersiva” ([7]). Ha comunque concluso che tre indicatori sono cruciali. Tra questi, quello di gran lunga più importante è l’Rt, che esprime quante persone in media contagia una persona infetta. A prescindere dagli altri indicatori, con un indice Rt inferiore a 1,25 una regione è automaticamente gialla. L’Rt, insieme all’occupazione dei posti letto in Area Medica e in Terapia Intensiva, è poi decisivo anche per determinare il “rischio”, cioè l’altro aspetto per determinare il colore di una regione.

    Sebbene di non immediata comprensibilità ([8]), l’indice Rt è così entrato nelle case degli italiani. Da quest’indice dipende se gli studenti potranno andare a scuola; se le famiglie potranno riunirsi; se saranno consentiti spostamenti tra i comuni e le regioni. Ma dall’indice Rt dipende, soprattutto, se gli imprenditori (e, segnatamente, i commercianti) potranno esercitare le proprie attività economiche; e, se sì, con che limiti.

    3. L’algoritmo e i dati inseriti per stabilire il livello di rischio di ciascuna regione

    In particolare, l’ascrizione di una regione in zona rossa comporta la sospensione delle attività di commercio al dettaglio ([9]) nonché penetranti restrizioni alle attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità, le quali devono comunque svolgersi in modo da assicurare, “oltre alla distanza interpersonale di almeno un metro, che gli ingressi avvengano in modo dilazionato e che venga impedito di sostare all’interno dei locali più del tempo necessario all’acquisto dei beni” ([10]).

    Non serve dilungarsi sulle catastrofiche conseguenze economiche prodotte dalla restrizione e, soprattutto, dalla sospensione delle attività commerciali. Né dovrebbe essere necessario indugiare sull’inefficacia dei c.d. ristori economici per compensare le perdite subite dai soggetti che, per adempiere al proprio dovere costituzionale di solidarietà, hanno ridotto o interrotto la propria attività economica. Si comprende dunque perché eventuali errori di caricamento dei dati necessari a stabilire i 21 indici che il complesso algoritmo utilizzato dalla Cabina di regia processa per stabilire che colore assegnare a ciascuna regione o provincia autonoma possano aprire le porte a domande risarcitorie. Per verificare se tali domande siano fondate, occorre però procedere dalle norme rilevanti e, da lì, fissare un punto fermo.

    La prima norma che al riguardo rileva è l’art. 1, comma 16, d.l. 33/2020, secondo cui:

    Per garantire lo svolgimento in condizioni di sicurezza delle attività economiche, produttive e sociali, le regioni monitorano con cadenza giornaliera l'andamento della situazione epidemiologica nei propri territori e, in relazione a tale andamento, le condizioni di adeguatezza del sistema sanitario regionale. I dati del monitoraggio sono comunicati giornalmente dalle regioni al Ministero della salute, all'Istituto superiore di sanità e al comitato tecnico-scientifico di cui all'ordinanza del Capo del dipartimento della protezione civile del 3 febbraio 2020, n. 630, e successive modificazioni.  In relazione   all'andamento   della   situazione   epidemiologica   sul territorio, accertato secondo i criteri  stabiliti  con  decreto  del Ministro della salute  30  aprile  2020,  pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale n. 112 del 2 maggio 2020, e  sue  eventuali  modificazioni, nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del  2020,  la Regione, informando contestualmente il Ministro  della  salute,  può introdurre misure derogatorie restrittive rispetto a quelle  disposte ai sensi del medesimo  articolo  2,  ovvero,  nei  soli  casi  e  nel rispetto dei criteri previsti dai citati decreti e  d'intesa  con  il Ministro della salute, anche ampliative”.

    La seconda norma rilevante è il già richiamato art. 3 del citato d.P.C.M. 3/11/2020, che testualmente prescrive:

                “Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus Covid-19, con ordinanza del Ministro della salute, adottata sentiti i Presidenti delle Regioni interessate, sulla base del monitoraggio dei dati epidemiologici  (…) nonché sulla base dei dati elaborati dalla cabina di regia di cui al decreto del ministro della salute 30 aprile 2020, sentito il Comitato tecnico scientifico sui dati monitorati, sono individuate le Regioni che si collocano in uno “scenario di tipo 4” e con un livello di rischio “alto” di cui al citato documento di Prevenzione”.

     4. Il danno da illegittima misura di contenimento della pandemia e il giudice competente a conoscere delle azioni risarcitorie.

     Quanto fin qui osservato consente di fissare un punto fermo.

    Sotto il profilo formale, il danno da illegittima misura di contenimento della pandemia deriva da un atto amministrativo e, segnatamente, da un’ordinanza del Ministro della salute. Dal punto di vista eziologico è infatti tale ordinanza la causa materiale diretta del danno patito da chi lamenti perdite economiche conseguenti a una illegittima sospensione della propria attività commerciale. Pertanto, trattandosi di un danno da attività provvedimentale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 7 e 30 c.p.a. il giudice competente sarà il TAR e i ricorrenti, asseritamente danneggiati, avranno l’onere di agire in via risarcitoria nel termine decadenziale di 120 giorni decorrente “dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo”. Inoltre, secondo i noti principî elaborati dalla giurisprudenza amministrativa ([11]), l’autonomia della domanda risarcitoria incontra comunque il limite della rilevanza causale dell’omessa impugnazione tempestiva che abbia consentito la consolidazione dell’atto e dei suoi effetti dannosi, sì che è onere del ricorrente che agisca in risarcimento del danno da provvedimento illegittimo dimostrare di aver tenuto la condotta idonea a evitare l’insorgenza o la propagazione del danno: vale a dire, impugnare il provvedimento che quel danno ha causato, nel termine decadenziale di 60 giorni.

    Non sembra, però, che la pregiudizialità amministrativa, surrettiziamente reintrodotta dalla giurisprudenza citata per il medio del 3° comma dell’art. 30 c.p.a., possa operare nel caso del provvedimento che erroneamente ha incluso la Lombardia in zona rossa, posto che al momento della conoscenza del vizio da parte dei ricorrenti, il provvedimento produttivo del danno aveva già cessato i suoi effetti in conseguenza dell’annullamento operato dal citato decreto del Ministro della Salute del 23/1/2021, preclusivo dell’attività impugnatoria ([12]).

    Si è pertanto chiarito che: a) l’azione risarcitoria va spiegata innanzi al giudice amministrativo ex artt. 7 e 20 c.p.a.; b) a prescindere dal gioco delle rivalse, nel quale sarà inevitabilmente coinvolto chi abbia fornito i dati errati che hanno condotto all’ordinanza illegittima, il danno è  direttamente causato dall’ordinanza del Ministro della salute; c) i centoventi giorni per ricorrere decorrono dal momento dell’avvenuta conoscenza del fatto dannoso, che può individuarsi al più tardi nella successiva ordinanza del Ministro, che ne ha fatto emergere l’illegittimità.

    Se il ragionamento sviluppato è corretto, resta il dato di fatto, incontestabile, secondo cui nelle more della vigenza del provvedimento illegittimo, successivamente rimosso, l’esercizio di numerosissime attività commerciali lombarde è stato sospeso o ristretto e ciò ha provocato danni economici di intuitiva gravità e capillare diffusione, che non possono ritenersi compensati da eventuali ristori, atteso che questi ultimi sono per definizione (anche nominale) somme di denaro forfettariamente quantificate e irrelate rispetto agli effettivi danni patiti ([13]).

     5. Niente sarà più come prima?

    Quanto osservato lascia credere che il danno da illegittima misura di contenimento della pandemia possa scuotere il terreno, da sempre in fibrillazione, della responsabilità civile della P.A. Le richieste di danni conseguenti all’erronea classificazione della Regione Lombardia in zona rossa potrebbero evocare il colpo di pistola sparato a Sarajevo nel giugno del 1914, portando a concludere che, anche in questo campo, dopo il virus niente sarà più come prima. È al momento impossibile dire se il sistema reggerà all’urto di una quantità inimmaginabile di pretese risarcitorie o se i suoi confini saranno per l’ennesima volta ridisegnati. È però doveroso osservare che la definizione di quei confini (e dunque la complessiva tenuta del sistema, anche dei conti pubblici) non sarà una questione di giustizia civile, tanto meno declinata nell’improbabile forma della class action (di cui manca ogni presupposto); sarà invece affidata alla giustizia amministrativa e alle sue rigorose regole sostanziali (ad esempio in punto di sindacabilità della discrezionalità tecnica degli atti amministrativi per manifesta illogicità o erroneo apprezzamento di dati di fatto inopinabili) e processuali (ad esempio in punto di stringenti termini decadenziali per agire in via risarcitoria e/o impugnatoria).

    [1] Galgano, Le mobili frontiere del danno ingiusto, in Contr. impr., 1985, 159 ss.

    [2] Ministero della salute, Ordinanza 16/1/2021, “Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 per la Regione Lombardia”, in G.U., serie generale, n. 12 del 16/1/2021.

    [3] Ministero della salute, Ordinanza 23/1/2021, “Ulteriori misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 per la Regione Lombardia”, in G.U., serie generale, n. 18 del 23/1/2021.

    [4] Per una chiara descrizione del “caso” e delle ragioni delle reciproche accuse di Ministero della salute e Regione Lombardia v. https://www.infodata.ilsole24ore.com/2021/01/25/sette-giorni-in-zona-rossa-per-un-errore-no-e-colpa-dellalgoritmo-cronanca-critica-della-diffusione-dei-dati/?refresh_ce=1

    [5]Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 maggio 2020, n. 35, recante «Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19», e del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2020, n. 74, recante «Ulteriori misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19»”, in G.U., serie generale, n. 275 del 4/11/2020, suppl. ord. n. 41.

    [6] Come descritto dal documento di “Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno invernale”, condiviso dalla Conferenza delle Regioni e Province autonome l’8/10/2020.

    [7] Cottarelli – Gottardo – Olivari, Come fa una regione a finire in zona rossa? Chiariamo i 21 indicatori, https://osservatoriocpi.unicatt.it/cpi-archivio-studi-e-analisi-come-fa-una-regione-a-finire-in-zona-rossa-chiariamo-i-21-indicatori

    [8] Per comprendere cosa sia Rt occorre fare un passo indietro e partire dal “numero di riproduzione di base” (R0) che, nella definizione offerta dall’Istituto Superiore della Sanità (ISS), «rappresenta il numero medio di infezioni secondarie prodotte da ciascun individuo infetto in una popolazione completamente suscettibile cioè mai venuta a contatto con il nuovo patogeno emergente. Questo parametro misura la potenziale trasmissibilità di una malattia infettiva». Sempre secondo l’ISS, mentre «R0 rappresenta quindi il potenziale di trasmissione, o trasmissibilità, di una malattia infettiva non controllata [ed] è funzione della probabilità di trasmissione per singolo contatto tra una persona infetta ed una suscettibile, del numero dei contatti della persona infetta e della durata dell'infettività. La definizione del numero di riproduzione netto (Rt) è equivalente a quella di R0, con la differenza che Rt viene calcolato nel corso del tempo. Rt permette ad esempio di monitorare l’efficacia degli interventi nel corso di un’epidemia»: https://www.iss.it/primo-piano/-/asset_publisher/o4oGR9qmvUz9/content/faq-sul-calcolo-del-rt

    [9] Si tratta di una sospensione pressoché completa: resta infatti la teorica possibilità, per i negozianti al dettaglio, di effettuare consegne a domicilio, anche tramite piattaforme on line. Nella realtà, è noto a tutti che il commercio on line sia governato a livello globale da poche multinazionali ed è comunque intuitivo che la predisposizione di una piattaforma di commercio elettronico implica ingenti costi di riconversione dell’attività. 

    [10] COVID-19 – Domande frequenti sulle misure adottate dal Governo, http://www.governo.it/it/articolo/domande-frequenti-sulle-misure-adottate-dal-governo/15638#zone

    [11] A partire da Cons. Stato, Ad. plen., 23/3/2011, n. 3, in https://www.federalismi.it/nv14/articolo-documento.cfm?Artid=17820&content=&content_author=, con nota di M.A. Sandulli, Il risarcimento del danno nei confronti delle pubbliche amministrazioni: tra soluzione di vecchi problemi e nascita di nuove questioni.

    [12] Al momento in cui si scrive pare che l’errore sia derivato dall’errato conteggio dei guariti tra i positivi e dal conseguente errato calcolo dell’indice Rt, risultato inevitabilmente più alto di quello effettivo. Certo è, però, che l’errore è stato emendato e che la Lombardia, dopo una sola settimana, è stata “promossa” dallo stesso Ministero a zona arancione.  

    [13] La Confcommercio lombarda ha ad esempio stimato i danni patiti a causa di una settimana del blocco forzato delle attività, avvenuto peraltro nel periodo dei saldi invernali, in 600 milioni di euro: v. la Repubblica, ed. Milano, 24 gennaio 2021, Il pasticcio della zona rossa in Lombardia, il conto dei commercianti: “Danni per 600 milioni”.

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