Emergenza coronavirus: le tutele nel settore del trasporto aereo.
di Alessandro Palmigiano
Sommario:1. Premessa. 2.La disciplina in materia di voucher prevista dal c.d. decreto “Cura Italia”. I contrasti con la normativa comunitaria. 3. Il rimedio interno per la risoluzione del conflitto.
1.Premessa
Dopo la dichiarazione del 11 marzo 2020, con cui l'Organizzazione mondiale della sanità ha definito il Covid-19 una pandemia, diverse sono state le conseguenze sugli spostamenti nazionali ed internazionali.
La pandemia di Covid-19, infatti, e le conseguenti restrizioni governative dovute alla crisi sanitaria in corso, ha determinato un ampio numero di cancellazioni delle prenotazioni nel settore dei trasporti, con gravissime ripercussioni sui vettori e sui tour operator. Alla stesso tempo gravi conseguenze si sono registrate a livello sociale, con un inevitabile calo della produzione interna e dei redditi medi delle popolazioni degli Stati.
E’ necessario, pertanto, affrontare la tematica mediante un bilanciamento necessario tra la tutela del diritto dei consumatori e la tutela degli interessi economici delle società operatrici nel settore.
Con l’approvazione dell’art. 88-bis del cosiddetto decreto Cura Italia (legge 17 marzo 2020 n.18 convertito con modifiche dalla legge n.27/2020), sono state adottate dal governo italiano specifiche disposizioni relative all’erogazione dei rimborsi e dei voucher in caso di cancellazione.
2.La disciplina in materia di voucher prevista dal c.d. decreto “Cura Italia”. I contrasti con la normativa comunitaria.
In primo luogo, occorre prendere le mosse dalla normativa d’emergenza di cui all’art 88-bis del cosiddetto decreto Cura Italia (legge 17 marzo 2020 n.18, convertito con modifiche dalla legge n.27/2020).
In merito, infatti, il punto 12 della predetta disposizione prevede che l’emissione unilaterale di un voucher da parte della Compagnia sia, in tutte le ipotesi di cancellazione previste dalla norma, integralmente sostitutivo del diritto di rimborso del passeggero: “ […] 12. L'emissione dei voucher previsti dal presente articolo assolve i correlativi obblighi di rimborso e non richiede alcuna forma di accettazione da parte del destinatario.” La norma, quindi, ha di fatto rimesso il rimborso del prezzo del biglietto acquistato da parte del passeggero, o l’alternativa emissione di un voucher, ad una scelta unilaterale e meramente discrezionale delle Compagnie, senza alcuna forma di accettazione da parte del consumatore. Successivamente all’emanazione del predetto provvedimento le Compagnie hanno – nella quasi totalità di casi – emesso esclusivamente voucher a seguito delle cancellazioni, rigettando qualsiasi richiesta di rimborso del prezzo inoltrata dai consumatori.
La disposizione normativa di cui all’art 88-bis del decreto Cura Italia sopra evidenziata presenta diversi profili di criticità, soprattutto in considerazione delle evidenti antinomie con le disposizioni comunitarie di settore.
L’art. 88-bis, infatti, si pone in manifesto contrasto con la vigente normativa europea di cui all’art. 8 del regolamento (CE) n. 261/2004, richiamato dall’art. 5 dello stesso, che, nel caso di cancellazione per circostanze inevitabili e straordinarie, prevede il diritto del consumatore ad ottenere un rimborso: “Quando è fatto riferimento al presente articolo, al passeggero è offerta la scelta tra:a) - il rimborso entro sette giorni, secondo quanto previsto nell'articolo 7, paragrafo 3, del prezzo pieno del biglietto, allo stesso prezzo al quale è stato acquistato, per la o le parti di viaggio non effettuate e per la o le parti di viaggio già effettuate se il volo in questione è divenuto inutile rispetto al programma di viaggio iniziale del passeggero, nonché, se del caso:- un volo di ritorno verso il punto di partenza iniziale, non appena possibile; o c) l'imbarco su un volo alternativo verso la destinazione finale, in condizioni di trasporto comparabili, ad una data successiva di suo gradimento, a seconda delle disponibilità di posti. […]”. Le disposizioni di cui al Regolamento (CE) n. 261/2004, quindi, prevedono una significativa forma di tutela in favore del consumatore, rimettendo a quest’ultimo (e non ai vettori) la scelta tra il rimborso del prezzo pieno del biglietto o, in alternativa, l’imbarco futuro su un volo alternativo garantito dalla Compagnia (quindi l’emissione di un voucher). Si tratta di un favor nei confronti del contraente debole del tutto contrastante con il citato art. 88-bis in cui, invece, il vettore può, in via del tutto discrezionale, negare unilateralmente il diritto di rimborso al passeggero, imponendo a quest’ultimo un voucher sostitutivo. La norma, occorre altresì precisare, si ritiene applicabile in forza dell’art. 3 del Regolamento sia nei voli intra UE sia in quelli extra UE, con partenza dal territorio di uno stato membro: “1. Il presente regolamento si applica: a) ai passeggeri in partenza da un aeroporto situato nel territorio di uno Stato membro soggetto alle disposizioni del trattato; […]”.
La disposizione europea è chiara e non sembra in alcun modo derogabile a causa della pandemia, come risulta confermato, peraltro, da due ulteriori significativi atti della Commissione Europea, emanati in questa direzione e che è necessario analizzare al fine di una comprensione complessiva della problematica, ovvero la Comunicazione della Commissione Europea relativi agli “Orientamenti interpretativi relativi ai regolamenti UE sui diritti dei passeggeri nel contesto dell'evolversi della situazione connessa al Covid-19” del 18 marzo 2020 e la Raccomandazione del 13 maggio 2020.
La Comunicazione della Commissione Europea del 18 marzo 2020 C(2020) veniva emanata poco dopo l’inizio della crisi sanitaria, al fine di: “[…] chiarire le modalità di applicazione di alcune disposizioni della legislazione UE sui diritti dei passeggeri nel contesto dell'epidemia di Covid-19, in particolare per quanto riguarda le cancellazioni e i ritardi.”.
Con la predetta Comunicazione, la Commissione chiariva sin da subito l’insindacabile facoltà di scelta in capo al consumatore tra rimborso e voucher, indipendentemente dalla causa, affermando che: “In caso di cancellazione di un volo da parte delle compagnie aeree (indipendentemente dalla causa), l'articolo 5 impone al vettore aereo operativo di offrire al passeggero la scelta tra: a) il rimborso, 4 b) l'imbarco su un volo alternativo non appena possibile, o c) l'imbarco su un volo alternativo ad una data successiva di suo gradimento.”.
Successivamente, con la Raccomandazione del 13 maggio 2020 C(2020) relativa ai “buoni offerti a passeggeri e viaggiatori come alternativa al rimborso per pacchetti turistici e servizi di trasporto annullati nel contesto della pandemia di Covid-19”, la Commissione non solo ribadiva la facoltà di scelta, ma ipotizzava anche una forma di aiuto statale al fine di garantire pienamente il diritto di rimborso dei passeggeri in caso di fallimento del vettore: “Infine, gli Stati membri possono decidere, a seguito del fallimento di un vettore o di un organizzatore, di soddisfare le richieste di rimborso presentate dai passeggeri o dai viaggiatori. La copertura delle richieste di rimborso andrebbe a esclusivo vantaggio dei passeggeri e dei viaggiatori e non delle imprese. Pertanto non costituirebbe un aiuto di Stato e può quindi essere attuata dagli Stati membri senza previa approvazione della Commissione.”.
Sulla scia della sopra citata Raccomandazione della Commissione, infine, si è altresì espressa l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato la quale, con segnalazione del 28 maggio 2020, ha evidenziato che l’art. 88-bis si pone in contrasto con la vigente normativa europea, che nel caso di cancellazione per circostanze inevitabili e straordinarie, prevede il diritto del consumatore ad ottenere un rimborso, specificando a fronte del permanere del descritto conflitto tra normativa nazionale ed europea, interverrà per assicurare la corretta applicazione delle disposizioni di fonte comunitaria disapplicando la normativa nazionale con esse contrastanti.
3. Il rimedio interno per la risoluzione del conflitto.
In ordine al rapporto tra le fonti, il conflitto tra la norma interna di cui all’art 88-bis del cosiddetto decreto Cura Italia e le disposizioni comunitarie del regolamento (CE) n. 261/2004 può risolversi mediante la non applicazione della norma interna in favore di quella comunitaria.
Il diritto euro-unitario prevede - tra le sue fonti di produzione - il regolamento, di cui all’art. 288 Tfue; regolamento che - a dispetto del nomen iuris - presenta un rango super-primario, che risente dell’affermarsi del principio di primazia del diritto dell’Ue e che permette al regolamento di prevalere rispetto alle singole norme delle Costituzioni nazionali, salvi i contro-limiti. L’art. 288 TFUE stabilisce, infatti, che “Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri”.
Le disposizioni regolamentari, infatti, hanno portata generale e sono immediatamente efficaci nell’ambito di ciascuno degli stati membri senza che sia necessaria un’attività integrativa del singolo Stato.
Pertanto, il giudice nazionale è tenuto a disapplicare la norma di diritto interno confliggente con il regolamento. comunitario.
Del resto, già l’art. 4 n. 3 TUE sanciva a livello comunitario il c.d. principio di leale collaborazione tra gli stati, disponendo che: «gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell'Unione». Tale principio, quindi, si sostanzia nel dovere di ciascuno stato membro di fare quanto in suo potere per dare effettiva attuazione al diritto dell’Unione. In tal senso, un ruolo fondamentale per assicurare l’effettiva applicazione del diritto dell'Unione all'interno dei singoli ordinamenti è affidato al giudice nazionale, chiamato a vigilare sull'osservanza del diritto dell’Unione nell'ordinamento giuridico nazionale (cfr. Corte giust. ordinanza 6 dicembre 1990, causa C-2/88, Imm., J.J. Zwartveld e altri).
La cessione di sovranità di ciascuno stato membro dell’Unione, determina in primo luogo la primazia del diritto comunitario sul diritto interno, sancito dalla stessa Corte di Giustizia nella nota pronuncia Costa contro Enel, nella quale si è chiaramente affermato che: « Il trasferimento, effettuato dagli stati a favore dell'ordinamento giuridico comunitario, dei diritti e degli obblighi corrispondenti alle disposizioni del trattato implica quindi una limitazione definitiva dei loro diritti sovrani, di fronte alla quale un atto unilaterale ulteriore, incompatibile col sistema della comunità, sarebbe del tutto privo di efficacia. l'art. 177 va quindi applicato, nonostante qualsiasi legge nazionale, tutte le volte che sorga una questione d'interpretazione del trattato» (cfr. Corte giust. 15 luglio 1964, causa 6/64, Costa c. E.N.E.L.).
La risoluzione di un’eventuale antinomia tra norma interna e norma comunitaria, quindi, viene risolta dalla stessa giurisprudenza con l’immediata applicazione della norma dell'Unione, nel caso in cui quest’ultima risulti chiara e precisa e incondizionata. Il giudice nazionale, pertanto, è tenuto in tali ipotesi ad applicare il diritto dell’Unione al fine di garantire il rispetto dei diritti che quest’ultimo attribuisce ai singoli cittadini degli stati membri (cfr. Corte giust. 9 marzo 1978, causa 106/77, Amministrazione delle finanze dello Stato c. SpA Simmenthal).
Non vi è dubbio, quindi, che la norma regolamentare sopra citata prevalga sulla norma interna incompatibile.
Fatte queste doverose premesse sui rapporti tra norma interna e norma comunitaria, occorre entrare nel merito della problematica relativa alla tutela dei consumatori nel settore dei trasporti aerei.
L’intervento normativo di cui all’art. 88-bis della legge di conversione del decreto “Cura Italia”, pur nel comprensibile tentativo di tutelare anche gli operatori del settore dei trasporti dalla crisi economica, si sostanzia in una disciplina evidentemente sbilanciata in favore di questi ultimi, lesiva degli interessi dei consumatori. L’emissione discrezionale di un voucher sostitutivo del diritto di rimborso, senza alcuna preventiva accettazione da parte del consumatore, determina inevitabilmente una restrizione dei diritti allo stesso garantiti da una chiara normativa sovranazionale, il regolamento (CE) n. 261/2004 che, invece, rimette a loro la facoltà di scelte tra voucher o rimborso del prezzo del biglietto. La ratio del legislatore comunitario, quindi, è chiaramente quella di tutelare il passeggero, parte debole del rapporto contrattuale. Si ritiene, pertanto, che il giudice nazionale, in forza dei granitici principi che sanciscono la primazia del diritto comunitario sul diritto interno in caso di contrasto sopra richiamati, ove chiamato a decidere su controversie relative alla tutela dei consumatori nel settore dei trasporti, possa procedere con l’applicazione delle norme di cui al regolamento (CE) n. 261/2004, garantendo il rispetto dei diritti da quest’ultimo riconosciuti nel settore dei trasporti.
Si tratta, in ogni caso, di un’analisi da condurre caso per caso, anche in relazione alle diverse modalità di conclusione del contratto, che potrebbero comportare deroghe alle regole generali.