The fight of Century - 50 years
di Paolo Spaziani
Madison Square Garden, New York City, la sera dell’ 8 marzo 1971. La luce del ring abbacinò gli occhi dell’uomo che sapeva volare come una farfalla e pungere come un’ape; tradì l’innaturale contorsione della sua mascella; disegnò un sinistro riflesso sul sorriso implacabile di colui che lo aveva colpito.
Mentre subiva l’offesa del tappeto e l’umiliazione del conteggio, l’uomo farfalla confidò che nessuno avesse udito il colpo sordo che aveva frantumato le sue ossa mandibolari; si illuse che esso, per lui così forte, fosse giunto agli altri soffuso e quasi mitigato dal clamore della grande sala, nel nevrotico brusio del teatro gremito.
Gli venne in mente che quel titolo mondiale che sembrava ora sfuggirgli lo aveva già vinto diversi anni prima, anche se allora aveva un altro nome, era un’altra persona e apparteneva alla categoria dei forti.
Quando aveva scelto di chiamarsi diversamente e di appartenere ai deboli, il titolo gli era stato tolto con la scusa della sua renitenza alla leva militare, perché aveva rifiutato di andare in Vietnam.
Per i deboli, nell’America di allora, sembrava non esserci pietà: uno come lui, che aveva scelto di chiamarsi Hurricane, lo avevano perseguitato per un omicidio che non aveva commesso.
Per i diritti di Hurricane e di tutti I deboli, aveva scelto di lottare nelle piazze, sui giornali, nei teatri, persino nelle aule di giustizia.
Aveva così conosciuto Bob Dylan, Dave Van Ronk, i fratelli Clancy e, con loro, una parte diversa di Manhattan, quella del CafeWha?, del Gas Light e degli altri locali di Mac Dougal Street, dove, superato l’arco di Washington Square, il buio di Down Town si accendeva dei colori del Village e la musica folk suonata da giovani chitarre sembrava possedere il dono di vincere I fascisti.
Oltre che per tutti gli Hurricane del mondo, aveva lottato per se stesso, battendosi con ogni forza per tornare sul ring con il suo nuovo nome, il suo VERO nome. Non voleva rivincere il titolo di Cassius Marcellus Clay; voleva vincere il titolo di Muhammad Alì.
Per questo era importante che nessuno si fosse accorto di quanto gravemente era stato colpito. Per questo era necessario rialzarsi e finire in piedi.
Joe Frazier era all’angolo opposto del ring. Attendeva fiducioso la fine del conteggio. Lui sapeva quanto era stato devastante il suo diretto sulla mascella dell’avversario.
Quando lo vide di nuovo dritto e orgoglioso dinanzi a sé; quando ne scorse la poderosa e bellissima figura, come risuscitata, ergersi maestosa al centro del ring, capì che non avrebbe mai potuto batterlo per ko tecnico, e che quel titolo che forse avrebbe guadagnato ai punti, ben presto gli sarebbe stato ripreso.
Il volo sontuoso di farfalla di Muhammad Alì continua dopo 50 anni dal suo primo incontro con Frazier, dopo 45 anni dalla battaglia della giungla africana con Foreman, dopo 40 anni dal suo epico scontro con Holmes: per tutti coloro che, sull’esempio di quel volo, scelgono un certo modo di stare sul ring.