Sommario: 1. Il rinvio pregiudiziale interpretativo - 2. Qualche dato statistico - 3. L’interpretazione della Corte di cassazione dei requisiti di ammissibilità - 4. … segue: la previa instaurazione del contraddittorio tra le parti - 5. … segue: la rilevanza della questione - 6. … segue: la natura esclusivamente di diritto della questione - 7. … segue: le gravi difficoltà interpretative - 8. … segue: la novità della questione - 9. … segue: la numerosità della questione - 10. Il dialogo tra le Corti in seno al rinvio pregiudiziale interpretativo - 11. Epilogo.
1. Il rinvio pregiudiziale interpretativo
Com’è noto, il d.lgs. 149 del 2022 ha introdotto nel tessuto del codice di rito civile l’art. 363-bis c.p.c., il quale ha disciplinato - con effetto dal 1° marzo 2023 - il rinvio pregiudiziale interpretativo[1], così definito:
«Art. 363-bis. (Rinvio pregiudiziale).
Il giudice di merito può disporre con ordinanza, sentite le parti costituite, il rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di cassazione per la risoluzione di una questione esclusivamente di diritto, quando concorrono le seguenti condizioni:
1) la questione è necessaria alla definizione anche parziale del giudizio e non è stata ancora risolta dalla Corte di cassazione;
2) la questione presenta gravi difficoltà interpretative;
3) la questione è suscettibile di porsi in numerosi giudizi.
L’ordinanza che dispone il rinvio pregiudiziale è motivata, e con riferimento alla condizione di cui al numero 2) del primo comma reca specifica indicazione delle diverse interpretazioni possibili. Essa è immediatamente trasmessa alla Corte di cassazione ed è comunicata alle parti. Il procedimento è sospeso dal giorno in cui è depositata l’ordinanza, salvo il compimento degli atti urgenti e delle attività istruttorie non dipendenti dalla soluzione della questione oggetto del rinvio pregiudiziale.
Il primo presidente, ricevuta l’ordinanza di rinvio pregiudiziale, entro novanta giorni assegna la questione alle sezioni unite o alla sezione semplice per l’enunciazione del principio di diritto, o dichiara con decreto l’inammissibilità della questione per la mancanza di una o più delle condizioni di cui al primo comma.
La Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice, pronuncia in pubblica udienza, con la requisitoria scritta del pubblico ministero e con facoltà per le parti costituite di depositare brevi memorie, nei termini di cui all’articolo 378.
Con il provvedimento che definisce la questione è disposta la restituzione degli atti al giudice.
Il principio di diritto enunciato dalla Corte è vincolante nel procedimento nell’ambito del quale è stata rimessa la questione e, se questo si estingue, anche nel nuovo processo in cui è proposta la medesima domanda tra le stesse parti.».
È noto che, per affrontare l’innovazione costituita dal rinvio pregiudiziale interpretativo, la Prima Presidenza della Corte si è dotata di un Ufficio questioni pregiudiziali fin dal decreto n. 16 in data 8 febbraio 2023 del Primo Presidente. Attualmente, esso è regolato dalle Tabelle di organizzazione per il quadriennio 2026-2029 della Corte di cassazione, nel seguente testuale tenore:
«PARTE UNDICESIMA
UFFICIO QUESTIONI PREGIUDIZIALI
§ 97. - Compiti dell’Ufficio Questioni Pregiudiziali.
L’Ufficio questioni pregiudiziali (UQP) ha funzioni di istruttoria e supporto alla Prima Presidente per l’esame delle ordinanze di rinvio pregiudiziale dei giudici di merito alla Corte di cassazione ex art. 363-bis c.p.c. e 137-ter, n. 1, disp. att. c.p.c.
§ 98. - Composizione dell’Ufficio.
Sono componenti dell’Ufficio il Direttore dell’Ufficio del Ruolo e del Massimario, il Coordinatore delle Sezioni Unite civili, il Direttore del CED, ciascuno con facoltà di delega.
L’Ufficio si avvale della cancelleria e dei funzionari dell’Ufficio per il processo delle Sezioni Unite civili.
§ 99. - Attività e procedimento.
99.1. Il fascicolo, recante l’ordinanza di rimessione alla Corte è iscritto alla Cancelleria centrale, con apposizione del codice-materia ed è trasmesso all’UQP con assegnazione al Primo Presidente.
99.2. L’Ufficio provvede, entro il termine di 30 giorni dal momento della trasmissione, alla verifica dei requisiti di ammissibilità richiesti dall’art. 363-bis, nn. 1, 2 e 3, c.p.c. acquisendo il parere del presidente titolare della sezione competente per materia, che deve esprimersi entro cinque giorni dalla ricezione della richiesta.
In esito all’istruttoria, l’Ufficio redige sintetica relazione con cui propone alla Prima Presidente l’adozione di decreto di inammissibilità o di assegnazione alla sezione semplice ovvero alle Sezioni Unite per la decisione.
99.3. Il decreto della Prima Presidente di inammissibilità o di assegnazione alla sezione per la decisione è pubblicato sul sito della Corte di cassazione a cura del CED.
99.4. Il decreto di inammissibilità definisce il procedimento e prende un numero di pubblicazione.
In caso di assegnazione alla sezione, le Sezioni Unite o la sezione semplice, investite della questione, fissano il ricorso in pubblica udienza, con requisitoria scritta del Procuratore Generale e possibilità, per le parti, di depositare memorie nei termini di cui all’art. 378 c.p.c.
99.5. Con il provvedimento che definisce la questione è disposta la restituzione degli atti al giudice che ha disposto il rinvio.».
2. Qualche dato statistico
Grazie alla preziosa collaborazione dei tre componenti di diritto dell’Ufficio Questioni Pregiudiziali (come visto: del Direttore dell’Ufficio del Massimario e del Ruolo, del Coordinatore delle Sezioni Unite civili e del Direttore del CED della Corte di cassazione; ed a ciascuno dei quali va il sentito ringraziamento di chi scrive) e nell’ambito di una cooperazione istituzionale per la predisposizione di un intervento ad un prossimo corso organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura anche su questo specifico tema, sono stati acquisiti alcuni dati assai significativi sull’effettiva implementazione del rinvio pregiudiziale interpretativo ex art. 363-bis c.p.c..
A tutto il 19/11/2025 (e, quindi, nei primi due anni e otto mesi di vigenza della norma che lo ha introdotto) sono pervenute alla Corte 85 ordinanze di rinvio pregiudiziale interpretativo: 28 nel 2023, 31 nel 2024 e 26 nel 2025; di queste sono pendenti 12, di cui 2 sospese per rimessione alla Corte costituzionale e quattro alle Sezioni Unite (di cui 3 a udienza già fissata entro dicembre del corrente anno e 1 ancora da assegnare). Fino alla stessa data sono stati pronunciati 47 decreti di inammissibilità e 33 di ammissibilità con contestuale assegnazione a Sezione; dei rinvii pregiudiziali interpretativi reputati ammissibili[2], sette sono stati assegnati alla Sezione Prima, due alla Sezione Seconda, quattro alla Sezione Terza, due alla Sezione Lavoro, quattro alla Sezione Tributaria e quattordici alle Sezioni Unite.
I tempi di definizione, in caso di assegnazione alle sezioni, hanno visto uno dei primi rinvii pregiudiziali definito con sentenza in soli 114 giorni dal deposito dell’ordinanza di rinvio nella cancelleria della Corte; ma bisogna anche ammettere che la complessità degli adempimenti da espletare ha condotto ad una notevole dilatazione dell’intervallo, comunque - almeno finora - pari a 259 giorni in valore medio. In un caso, come si avrà modo di vedere, è stata sollevata questione di legittimità costituzionale delle norme coinvolte dalla questione oggetto di rinvio pregiudiziale, per cui i tempi di definizione saranno ulteriormente dilatati per la durata dell’incidente di costituzionalità.
I tempi di definizione, in caso di inammissibilità, sono stati invece davvero contenuti: la media è stata, infatti, di 47 giorni, con punte minime fulminee (di soli 8 giorni) e massime di 76: in ogni caso, di gran lunga inferiore ai 90 giorni fissati - peraltro, con termine di evidente natura ordinatoria - al primo presidente per la reiezione in rito del rinvio.
Tutti i provvedimenti - sia quelli di inammissibilità che quelli, non numerati e non altrimenti rinvenibili nelle ordinarie banche dati, di ammissibilità ed assegnazione alle sezioni (unite o semplici), ma pure i provvedimenti adottati a definizione del procedimento di rinvio pregiudiziale interpretativo - sono pubblicati sul sito istituzionale della Corte e sono, pertanto, liberamente accessibili a chiunque.
3. L’interpretazione della Corte di cassazione dei requisiti di ammissibilità
L’attribuzione di un inedito e autentico potere giurisdizionale proprio ed autonomo a quello che è configurato quale unico organo monocratico della Corte di cassazione - e, cioè, al suo primo presidente - implica che le sue pronunce, rese tutte de plano e senza previo contraddittorio nella forma di decreto, integrano il formante giurisprudenziale dell’istituto, dal punto di vista strettamente processuale. Il dato è confermato dalla pressoché totale conferma, da parte dei Collegi investiti dei rinvii pregiudiziali che avevano superato il vaglio preliminare di ammissibilità da parte della Prima Presidenza, della sussistenza dei relativi requisiti: pertanto, eccettuato il solo caso di inammissibilità sopravvenuta e quello di inammissibilità da rilievo del difetto di legittimazione passiva dell’unico convenuto, può dirsi che l’elaborazione dei requisiti di ammissibilità si è avuta in forza dei decreti del Primo Presidente, sia di quelli che quei requisiti hanno escluso, sia di quelli che gli stessi requisiti hanno riconosciuto sussistenti.
La peculiarità dell’istituto in esame può allora cogliersi, con ogni evidenza, in un inedito dialogo tra il giudice del merito e la Prima Presidenza della Corte di cassazione, individuandosi all’interno della Corte stessa una solo potenziale dialettica tra la Prima Presidenza e singole Sezioni (Unite o semplici) investite della trattazione del ricorso.
Riferita, ad ogni modo, l’interlocuzione con la Corte alla medesima nel suo complesso (e, cioè, prescindendo dall’articolazione tra Prima Presidenza e singole Sezioni), proprio questa interazione connota l’istituto quale espressione di una cooperazione tra giudici (c.d. Richterklage). La sua peculiarità sta nel fatto che il giudice di merito, anziché decidere la controversia liberamente in punto di diritto, altrettanto liberamente sceglie di rimettere un quesito di diritto alla Corte di legittimità ponendosi con quest’ultima in dialogo, dopo aver preventivamente instaurato il contraddittorio sul punto con le parti costituite. Il ruolo di queste è, comunque, quello di somministrare al decidente ulteriori elementi da valutare, ma non assurge mai a condizione della rimessione, sicché il loro dissenso non è vincolante per il giudice, né gli impedisce la rimessione. Tuttavia, in tal caso la conseguenza peculiare per le parti è che, se il giudice decide di avviare il dialogo tra corti e di effettuare la rimessione pregiudiziale e la Corte di legittimità la risolve, limitatamente a tale questione decisa ex art. 363-bis c.p.c., la parte interessata - pur non potendo fare nulla per evitare la Richterklage - perderà la possibilità di ottenere una pronuncia della Cassazione in sede di impugnazione[3].
È, quindi, un dialogo tra i soggetti investiti del potere giurisdizionale: il cui esercizio, normalmente, si sviluppa in senso diacronico, prevedendo l’intervento di quello investito di funzioni nomofilattiche solo in tempo successivo (sovente anche di molto) e, comunque, ad iniziativa delle parti che risultassero insoddisfatte delle scelte dei giudici del merito o che, ad ogni buon conto, non preferiscano comporre autonomamente la loro controversia, dando un assetto diverso ai loro rispettivi e contrapposti interessi.
Si tratta, però, di una facoltà e non di una potestà (normalmente connotata da profili di doverosità), rimanendo appunto discrezionale la scelta del singolo giudice di merito: e diventa importante circoscrivere con attenzione i limiti di tale facoltà ed i presupposti del rinvio pregiudiziale, al fine di impostare correttamente l’istituto e prevenirne un impiego scorretto o non funzionale allo scopo per il quale è stato introdotto. Al contempo, la connotazione che all’istituto imprime la Corte di cassazione lo erige a nuovo strumento di diretto coinvolgimento del giudice di merito nella formazione del precedente e, quindi, di un inedito suo contributo alla certezza del diritto.
4. … segue: la previa instaurazione del contraddittorio tra le parti
Nonostante le serie perplessità della dottrina, la previa instaurazione del contraddittorio sul rinvio pregiudiziale è stata, finora, reputata non indispensabile ai fini della ritualità della sua proposizione[4]: e tanto in considerazione del fatto che il contraddittorio preventivo può essere recuperato nella fase dinanzi alla Suprema Corte con le memorie anteriori alla pubblica udienza e con la discussione orale. La conclusione è stata confermata nel caso in cui nemmeno sia prospettato dalle parti uno specifico pregiudizio quale conseguenza di tale omissione procedurale: l’inosservanza della regola procedurale della previa audizione delle parti può dirsi priva di conseguenze se non altro nel caso in cui, in relazione alle peculiarità della fattispecie, le parti sono state poste in grado di espletare pienamente le proprie difese anche sul punto (della sussistenza dei requisiti di ammissibilità del rinvio, oltre che sul merito della relativa questione) in sede di preparazione della - e partecipazione alla - pubblica udienza di discussione; e tale circostanza consente di dar corso al procedimento di rinvio pregiudiziale, caratterizzato dalla pregnanza dell’interesse pubblico all’utile estrinsecazione della nomofilachia in forma preventiva[5].
5. … segue: la rilevanza della questione
Indispensabile requisito del rinvio pregiudiziale è la rilevanza, cioè l’idoneità della questione, con esso sottoposta alla Corte, a definire (anche solo parzialmente) la domanda: riguardo alla quale può, descrittivamente, concludersi che può applicarsi l’elaborazione della giurisprudenza costituzionale quanto alle questioni di legittimità sottoposte al Giudice delle Leggi.
A tal fine, è indispensabile, come da subito rimarcato, che la motivazione dia conto in modo adeguato dei termini della controversia, in modo da apprezzare l’idoneità della questione a definirla in tutto o in parte[6]: non potendo superare il vaglio di ammissibilità una motivazione che si articoli su di una ricostruzione della vicenda, sostanziale e processuale, oggetto di cognizione da parte del giudice rimettente che sia scarna e, complessivamente, inidonea a formulare il riscontro del nesso di necessaria implicazione tra il dubbio interpretativo e la decisione anche parziale del giudizio[7]. Questo consente di valutare immediatamente se, in relazione allo sviluppo del singolo giudizio ed alle difese ancora esperibili dalle parti, la questione oggetto del rinvio sia concretamente in grado di definire la domanda[8].
Sul punto, si segnala come, di recente, è stata negata l’ammissibilità del rinvio, formulato quanto ad una questione di diritto certamente idonea a definire la domanda subordinata proposta nell’ambito del giudizio di merito, ma prospettata senza un esame, sia pure condotto in base ad un’indagine prima facie (o, comunque, allo stato degli atti), delle domande principali: infatti, l’esame della domanda subordinata potrebbe restare assorbito e, quindi, il quesito pregiudiziale finirebbe con il risultare teorico e privo di concreta incidenza, se una delle domande poste in via principale dovesse essere accolta[9].
6. … segue: la natura esclusivamente di diritto della questione
Il requisito circoscrive il rinvio pregiudiziale interpretativo alle sole questioni giuridiche, risultandone, pertanto, escluse quelle di fatto e quelle miste, di fatto e di diritto.
Al riguardo, può giovare un mero richiamo all’elaborazione dei principi relativi alla delimitazione dell’ambito di rilievo ufficioso di questioni senza previa loro sottoposizione al contraddittorio delle parti[10]; in estrema sintesi, può dirsi poi che esula dall’ambito di una questione di diritto una sussunzione della fattispecie concreta entro quella astratta.
In concreto, è stato considerato inammissibile un rinvio fondato sulla richiesta di dipanare il dubbio relativo alla natura dell’intervento dispiegato da una compagnia di assicurazioni, ossia se questo, in base alle deduzioni delle parti e ai fatti allegati, potesse essere qualificato come autonomo o adesivo dipendente. In tal caso, la Prima Presidente ha ritenuto carente il requisito della questione giuridica, poiché quello che veniva richiesto era di risolvere in concreto un preliminare problema processuale attraverso l’apprezzamento dei fatti di causa e la sussunzione degli stessi nella disciplina da ritenersi coerentemente applicabile[11].
In quest’ottica, si è reputato inammissibile un rinvio che si basava sulla richiesta di individuare, dal punto di vista meramente astratto, quale fosse la norma applicabile nel dubbio esistente tra due disposizioni riguardanti la disciplina della prescrizione del diritto relativa ai contratti in materia di forniture idriche[12] (41).
E altrettanto estranea ad una questione di diritto è stata valutata l’interpretazione della volontà contrattuale delle parti, la cui analisi è preliminare rispetto a quella della disciplina normativa da applicare: tale operazione richiede un procedimento bifasico condotto, da un lato, in punto di diritto, per quanto riguarda l’individuazione e l’applicazione dei criteri di ermeneutica legale e, dall’altro, in punto di fatto in merito alla selezione degli argomenti ed all’accertamento in concreto della volontà delle parti[13].
In definitiva, ogniqualvolta il rinvio pregiudiziale implichi sostanzialmente la risoluzione di una questione di fatto, esso è inammissibile[14].
7. … segue: le gravi difficoltà interpretative
È questo, probabilmente, il requisito su cui maggiormente si è concentrata l’attenzione della Prima Presidenza.
Il presupposto di ammissibilità del rinvio pregiudiziale in esame è integrato dalla gravità interpretativa e dalla diffusività del contrasto, che sono elementi di primario rilievo, in quanto direttamente incidenti sull’effetto virtuoso del non rallentamento della tutela giudiziale dei diritti cui è finalizzata la giurisdizione civile: questa finalità, tuttavia, non si attaglia ad un ogni dubbio interpretativo. Questo, invece, deve assurgere a un livello di serietà idoneo a impedire un arretramento del potere-dovere decisorio del giudice: non possono darsi rinvii pregiudiziali puramente esplorativi o ipotetici[15].
Il rinvio pregiudiziale è inammissibile se il giudice a quo si è limitato a prospettare una perplessità esegetica che, sebbene non esaminata in precedenti di legittimità, non ha riscontro in un contrasto generatosi nella giurisprudenza di merito o nell’esistenza effettiva di un dibattito dottrinale sul punto, esistendo, peraltro, pronunce sul tema del rapporto tra termini processuali e l’ipotesi di differimento d’ufficio da cui poter trarre argomenti per ricostruire il quadro entro il quale far maturare la scelta di interpretazione della legge, che è dovere indeclinabile del giudice. Il rinvio pregiudiziale non può essere utilizzato per ottenere un avallo interpretativo della Corte di legittimità al fine di evitare una revisione della decisione in sede di impugnazione, così da inaridire il compito di interpretare la legge che è dovere indeclinabile del giudice. L’assoggettamento del rinvio pregiudiziale a determinate condizioni e, in particolare, a quella della grave difficoltà interpretativa della questione si giustifica proprio per evitare il rischio di appiattimento dell’esercizio ermeneutico da parte dei giudici remittenti e salvaguardare l’effetto virtuoso del non rallentamento della tutela giudiziale dei diritti cui è finalizzata la giurisdizione civile[16].
Neppure sussiste una complessità esegetica, idonea a giustificare il rinvio pregiudiziale, nell’ipotesi in cui sia necessario operare una scelta tra due soluzioni opposte e astrattamente configurabili, ma che non hanno generato un dibattito giurisprudenziale[17], poiché la grave difficoltà nell’interpretazione non può derivare dalla - e risiedere nella - mera possibilità di scelta tra due soluzioni contrapposte. Pertanto, non può il giudice rimettente limitarsi a prospettare una perplessità interpretativa che - sebbene non rinvenga precedenti di legittimità - non trova riscontro neppure in un contrasto generatosi nella giurisprudenza di merito o nell’esistenza effettiva di un dibattito dottrinale sul punto[18].
Ed è sicuramente esclusa l’ammissibilità del rinvio che sia vòlto ad ottenere un avallo interpretativo della Corte al fine di richiedere una rivalutazione di un orientamento accolto dal giudice di legittimità[19]. Con un’autentica statuizione ex professo sul punto, la Prima Presidenza ha costantemente ribadito che una tale declinazione dell’istituto di nuovo conio finirebbe con l’inaridire il compito di interpretare la legge che è dovere indeclinabile del giudice e con il limitare, ingiustificatamente, la formazione progressiva e dialettica del procedimento interpretativo mediante il contributo della giurisdizione nei suoi diversi gradi e della dottrina[20]. L’assoggettamento del rinvio pregiudiziale a determinate condizioni e, in particolare, a quella della grave difficoltà interpretativa della questione si giustifica proprio per evitare il rischio di appiattimento dell’esercizio ermeneutico da parte dei giudici remittenti e salvaguardare l’effetto virtuoso del non rallentamento della tutela giudiziale dei diritti cui è finalizzata la giurisdizione civile. Insomma, va evitato che il nuovo strumento di nomofilachia preventiva si risolva in un disimpegno del giudice del merito dal proprio dovere di decidere la causa e di conoscere e applicare la legge e il diritto[21].
Allo stesso modo, il rinvio pregiudiziale non può essere impiegato per sollecitare da parte della Corte di cassazione un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia[22]: in sostanza, per devolvere scientemente - e, in sostanza, appunto inammissibilmente delegare - alla Corte l’esercizio di una potestà già spettante istituzionalmente al giudice rimettente. Analogo discorso è a farsi per la questione di legittimità costituzionale.
A questo riguardo, tuttavia, si vedrà come, nell’esercizio della sua potestà di pronunciare sul rinvio, di certo non sia precluso alla Corte di cassazione di risolversi nell’uno o nell’altro senso: ma, appunto, tanto può discendere soltanto dalla valutazione della Corte stessa dei termini della questione e, ovviamente, dal suo apprezzamento dell’indispensabilità di una scelta di tale contenuto ai fini della pronuncia sul rinvio pregiudiziale[23].
Infine, la centralità del requisito è sottolineata da quei decreti di inammissibilità che esaltano l’impegno motivazionale richiesto a tal fine dal testo normativo per l’illustrazione delle diverse opzioni interpretative in gioco, quale test della serietà del dubbio ermeneutico, che deve assurgere a un livello di serietà idoneo a impedire un arretramento del potere-dovere decisorio del giudice[24].
8. … segue: la novità della questione
Il concetto di novità della questione e di carenza di una sua risoluzione, poi, ha avuto una sensibile elaborazione, che ha, tuttavia, visto consolidarsi alcuni punti fermi.
In primo luogo, il giudice di merito non può considerare la questione come nuova o non risolta per il solo fatto che manca un precedente esattamente in termini, e massimato, rispetto alla specifica ipotesi che fa sorgere il dubbio interpretativo. Non si dà, cioè, novità della questione quando il giudice del merito sia nella condizione di applicare il principio già affermato dalle Sezioni Unite, e rinvenibile nelle pieghe della motivazione, a situazioni di fatto che presentano caratteri riconducibili al medesimo principio[25].
In altri termini[26], la “novità” non può desumersi dalla mera mancanza di precedenti di rilievo nomofilattico riguardanti fattispecie identiche, consistendo l’impegno interpretativo, proprio nella capacità di conformare i principi già affermati a situazioni di fatto che presentano caratteri riconducibili a tali principi così da consentirne, mediante la mediazione ermeneutica, l’applicazione diretta, parziale o per contrasto.
Ora, ad integrare la non novità o la carenza di risoluzione della questione è sufficiente anche una latente divergenza tra le decisioni delle diverse sezioni della Suprema Corte, poiché si deve valorizzare il riferimento testuale della predetta norma codicistica rispetto a quello della legge delega, che, nei suoi principi e criteri direttivi, richiedeva che la questione non fosse stata ancora “affrontata” dalla Corte di legittimità[27].
Vi è solo da precisare che, se l’ammissibilità del rinvio pregiudiziale è consentita in presenza di un contrasto - latente o meno - di carattere sincronico, rispetto al quale un’esigenza di chiarezza definitiva può porsi, diversamente è da reputarsi allorquando (come nella specie) una evoluzione diacronica degli orientamenti della giurisprudenza di legittimità abbia superato una propria precedente ed isolata affermazione di diritto, anche a prescindere dall’intervento delle Sezioni Unite, che, comunque, nella materia in esame si sono pure certamente espresse[28].
E, ai fini dell’individuazione della novità o meno della questione, possono giovare pure le conclusioni della giurisprudenza di legittimità in punto di individuazione di quel peculiare “orientamento”, da preservarsi ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c.: potendo a tal fine bastare anche un solo precedente, se univoco, chiaro e condivisibile[29].
Merita molta attenzione la configurazione del rinvio pregiudiziale interpretativo quale strumento per porre rimedio, nell’ambito di una questione in apparenza “risolta” (e, per di più, con l’intervento del Supremo Collegio nella sua massima espressione nomofilattica), ai disallineamenti che si siano verificati nella giurisprudenza a sezioni semplici in uno o più profili applicativi: è, appunto, il caso preso di recente a presupposto per l’ammissione del rinvio[30], con l’icastica precisazione della ratio (e, verrebbe da dire, della stessa funzione) del procedimento incidentale in esame, intesa nella predisposizione di un efficace strumento di prevedibilità dell'interpretazione delle norme e di prevenibilità dei conflitti, così da invocare l’intervento nomofilattico in funzione dell’uniforme interpretazione delle norme, anche ove non possa affermarsi che la giurisprudenza non abbia già intercettato la questione. A stretto rigore, del resto, non può definirsi “risolta” una questione che, benché affrontata dalle Sezioni Unite, continui a dar luogo ad applicazioni diversificate - quando non dissonanti - dei principi da quelle affermati. Starà, ora, alla giurisprudenza presidenziale in sede di delibazione dell’ammissibilità e, se del caso, a quella delle sezioni investite dei rinvii così ammessi, verificare sulla portata e sull’ampiezza del riconoscimento di un tale ruolo, idoneo a comporre perfino i contrasti interni alla giurisprudenza di legittimità.
Infine, trattandosi di un requisito del rinvio pregiudiziale interpretativo, la non novità deve persistere al momento della sua disamina, vuoi da parte della Prima Presidenza[31], vuoi da parte del Collegio che ne sia comunque investito[32]: e sia nel caso in cui nel frattempo la questione stessa è stata “risolta” dalla Corte di cassazione (in tali casi equivalendo la pronuncia di inammissibilità, benché sopravvenuta, ad una restituzione degli atti al giudice a quo: il quale, beninteso, potrà riproporre la questione, ove, fattosi carico di riesaminarla alla stregua delle sopravvenienze, la ritenga ancora dotata dei requisiti per sollecitarvi il rinvio pregiudiziale interpretativo), sia in quello in cui sia sopravvenuta una modifica normativa[33].
9. … segue: la numerosità della questione
Per quanto riguarda il requisito relativo alla possibilità che la questione possa porsi in numerosi giudizi, da un lato, è stato affermato che detto elemento non può realizzarsi con riguardo all’interpretazione di una disciplina emergenziale stante la sua limitata applicazione temporale[34] e, dall’altro lato, che tale profilo si deve reputare carente anche nell’ipotesi di una questione emersa nella giurisprudenza territoriale solo in quattro occasioni nel corso degli ultimi sedici anni e che, al pari, non sono numerose le controversie pendenti[35].
Ora, il requisito della suscettibilità “di porsi in numerosi giudizi” è stato descritto in termini di “numerosità” o di “serialità”: ma deve convenirsi con chi ritiene più aderente alla ratio dell’istituto la prima di tali espressioni, nel senso di rappresentare una questione suscettibile di ripetersi in una svariata quantità di casi; invece, poiché la “serialità” è oggi generalmente intesa come riferita alle cause massive, intorno a cui sono costruite le azioni collettive, l’effetto sarebbe quello di un’interpretazione ingiustificatamente restrittiva dell’ambito di applicazione del rinvio pregiudiziale interpretativo[36].
Si tratta, tuttavia, di una valutazione eminentemente discrezionale e, al contempo, affidata pure a nozioni di comune esperienza, perfino generalizzabile per intere categorie di contenzioso[37]: per cui, al di fuori di questa, diviene necessario almeno menzionare la pendenza di ulteriori contenziosi aventi ad oggetto la medesima questione, se non pure menzionare precedenti di merito, o comunque altri elementi in base ai quali suppore l’esistenza di un interesse generale allo svolgimento in anticipo, da parte della Corte di cassazione, del compito di indirizzo della giurisprudenza[38].
È, in definitiva, questo l’elemento in cui maggiormente si estrinseca la discrezionalità della Corte, nella valutazione - cioè - dell’effettiva rilevanza nomofilattica o meno della questione. Sulla serialità, quindi, la Corte può sostanzialmente decidere se decidere.
10. Il dialogo tra le Corti in seno al rinvio pregiudiziale interpretativo
Al fine della pronuncia del principio di diritto, poi, la Corte di cassazione potrebbe imbattersi in una o più questioni a loro volta pregiudiziali, in quanto in grado di condizionare il responso che a quella viene sollecitato dal giudice rimettente e che sia reputato, anche dal Collegio decidente, idoneo a risolvere una questione non ancora risolta, di mero diritto, connotata da gravi difficoltà ermeneutiche e, infine, (potenzialmente o effettivamente) seriale.
Tanto implica che, ove la Corte, affrontando tale questione, per risolverla ritenga di non avere alternativa all’applicazione di norme di cui però ipotizzi la non conformità alla Carta fondamentale o al diritto eurounitario, sarà necessario attivare l’incidente istituzionalmente previsto in ordine alla relativa questione: o sollevando, appunto, la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale, oppure disponendo il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.
La Corte di cassazione si è interrogata espressamente sull’ammissibilità dell’incidente di costituzionalità nel corso del procedimento sul rinvio pregiudiziale interpretativo, per risolverla in senso affermativo[39]. A tal fine, si è reputata estensibile l’ampia argomentazione sviluppata dalla Corte costituzionale per giungere ad analoga conclusione di ammissibilità dell’incidente di costituzionalità in sede di pronuncia del principio di diritto nell’interesse della legge, ai sensi dell’art. 363, co. 3, c.p.c.[40]: «così com’è indubitabile che la Corte di cassazione sia organicamente inserita nell’ordine giudiziario, altrettanto indubitabile è l’inerenza alla funzione giurisdizionale dell’enunciazione del principio di diritto da parte del giudice di legittimità, quale massima espressione della funzione nomofilattica che la stessa Corte di cassazione è istituzionalmente chiamata a svolgere. Va del resto esclusa la necessità che il procedimento a quo si concluda con una decisione che abbia tutti gli effetti usualmente ricondotti agli atti giurisdizionali. La funzione nomofilattica svolta dalla Corte di cassazione con l’enunciazione del principio di diritto, ai sensi dell’art. 363, terzo comma, c.p.c., costituisce, infatti, espressione di una giurisdizione che è (anche) di diritto oggettivo, in quanto volta a realizzare l’interesse generale dell’ordinamento all’affermazione del principio di legalità, che è alla base dello Stato di diritto. L’accesso al sindacato di costituzionalità attraverso il giudizio di cui all’art. 363, terzo comma, c.p.c., se non determina quindi alcun superamento del carattere pregiudiziale della questione, neppure modifica il modello incidentale del controllo di legittimità. L’incidentalità, infatti, discende dal compito della Corte di cassazione di enunciare il principio di diritto sulla base della norma che potrà risultare dalla pronuncia di illegittimità costituzionale e che sarà, in ogni caso, “altro” rispetto ad essa. È in tal modo che si realizza l’interesse generale dell’ordinamento alla legalità costituzionale attraverso l’incontro ed il dialogo di due giurisdizioni che concorrono sempre - e ancor più in questo caso - alla definizione del diritto oggettivo. Ed è un dialogo che si rivela particolarmente proficuo, specie laddove sia in gioco l’estensione della tutela di un diritto fondamentale.». Ed è parso agevole concludere per l’estensione di tale conclusione, visto che il procedimento ex art. 363-bis c.p.c. «esalta il ruolo nomofilattico che è proprio della Corte di cassazione» almeno nella stessa misura dell’enunciazione del principio di diritto ex art. 363, comma 3, c.p.c.
L’indubbia protrazione dei tempi di definizione del rinvio pregiudiziale interpretativo è, tuttavia, una conseguenza necessitata del riconoscimento della pregnanza della questione, evidentemente esaminata fino a giungere all’unica conclusione possibile (in ossequio al principio di doveroso tentativo di previa interpretazione conforme, sia alla Costituzione che al diritto eurounitario): ciò che avrà, per contropartita, l’indubbio vantaggio di una decisione suscettibile perfino dell’efficacia erga omnes - che travalica, quindi, di gran lunga l’ambito di quella del principio di diritto, benché pronunciato ex professo - propria delle pronunce della Corte di Lussemburgo o, se di accoglimento, della Corte costituzionale, ad evidente vantaggio dell’ordinamento nel suo complesso e, quindi, in piena estrinsecazione della funzione nomofilattica.
11. Epilogo
Il quadro che se ne ritrae è, al momento, quello di un accorto impiego di uno strumento processuale che si rivela, complessivamente e con cautela, all’altezza del compito titanico di contribuire effettivamente a deflazionare il contenzioso esistente. Ne risulta smentito, almeno ad oggi, ogni timore di deriva autoritaria della Corte di cassazione o anche solo di aggravamento del suo carico.
Si tratta, invece, di uno strumento che si inserisce in un dialogo nuovo tra giurisprudenza di merito e giurisprudenza di legittimità, una inedita cooperazione reciprocamente propulsiva o perfino proattiva e, comunque, virtuosa: con esso, per la prima volta, il giudice del merito è chiamato a concorrere, ma con consapevolezza e senza remissività, con quello di legittimità ad individuare gli interventi di nomofilachia.
Può definirsi un intervento che si inserisce in un costante - e ormai ventennale - processo di riscoperta della nomofilachia e, con essa, della forza del precedente, in un evidente sforzo di ammodernamento ed efficientamento della risposta alla sempre crescente domanda di giustizia: del resto, l’esigenza della prevedibilità della giurisprudenza (quale elemento di un più complessivo quadro di prevedibilità del diritto, prima di ogni altra cosa a garanzia della parità di trattamento e a protezione dall’arbitrio di ogni genere) sta reclamando sempre più attenzione.
Una maggiore o anche solo adeguata prevedibilità della risposta di giustizia potrebbe consentire di respingere le tentazioni di uniformazione intollerabili e pericolose, soprattutto in tempi in cui strumenti tecnologici prima impensabili possono offrire potenzialità inesplorate e facili scappatoie di abdicazione e rinuncia all’insopprimibile umanità delle attività di decisione e risoluzione delle controversie.
Occorre, quindi, una giurisprudenza in grado di autorganizzarsi in modo razionale, riconosciuto un ruolo propulsivo alla nomofilachia intesa in senso laico e plurale, ma pur sempre effettivo; in grado, allora, di offrire ai Cittadini una risposta, adeguata ai tempi odierni, a quella loro sempre crescente domanda di giustizia: in definitiva, una risposta di giustizia che sia tempestiva, prevedibile, consapevole e - al contempo - flessibile e sensibile alle esigenze freneticamente dinamiche di una moderna società democratica.
[1] La letteratura è già molto ampia e si rinuncia a fornire indicazioni bibliografiche approfondite.
Nell’immediatezza dell’entrata in vigore del d.lgs. 149/22 si possono segnalare, tra i molti (e in ordine alfabetico): M. Acierno- R. Sanlorenzo, La Cassazione tra realtà e desiderio. Riforma processuale e ufficio del processo: cambia il volto della Cassazione?, in Questione Giustizia, 3/2021, p. 96; A. Briguglio, Esperienze applicative del rinvio pregiudiziale interpretativo ex art. 363 bis c.p.c., in Il processo, 2023, pp. 483 ss. e 965 ss.; B. Capponi, È opportuno attribuire nuovi compiti alla Corte di Cassazione?, www.giustiziainsieme.it, 2021; F. De Stefano, Le modifiche al giudizio di legittimità, in Commentario sistematico al nuovo processo civile, a cura di R. Masoni, Milano, 2023, pp. 268 ss.; C.V. Giabardo, In difesa della nomofilachia. Prime notazioni teorico-comparate sul nuovo rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione nel progetto di riforma del Codice di procedura civile, in www.giustiziainsieme.it, 2021; G. Scarselli, Note sul rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione di una questione di diritto da parte del giudice di merito, ibidem; E. Scoditti, Brevi note sul nuovo istituto del rinvio pregiudiziale in cassazione, in Questione Giustizia, 3/2021, p. 105.
[2] Secondo i dati statistici cortesemente forniti nell’ambito della su richiamata cooperazione istituzionale:
1. Rg. 6534/23 (Corte d’appello Napoli) - Seconda Sezione civile - Cass. n. 21876/23
2. Rg. 6803/23 (Corte d’appello Napoli) - Seconda Sezione civile - Cass. n. 21874/23
3. Rg. 7201/23 (CGT I grado Agrigento) - Sezioni Unite civili - Cass. n. 34851/23
4. Rg. 10072/23 (Tribunale Taranto) - Sezione Lavoro - Cass. n. 29961/23
5. Rg. 11906/23 (Tribunale Treviso) - Prima Sezione civile - Cass. n. 28727/23
6. Rg. 12668/23 (Tribunale Roma) - Sezioni Unite civili - Cass. n. 3452/24
7. Rg. 13777/23 (Tribunale Bologna) - Sezioni Unite civili - Cass. n. 11399/24
8. Rg. 15340/23 (Tribunale Salerno) - Sezioni Unite civili - Cass. n. 15130/24
9. Rg. 16260/23 (Tribunale Milano) - Sezioni Unite civili - Cass. n. 12449/24
10. Rg. 16885/23 (Tribunale Parma) - Sezioni Unite civili - Cass. n. 12974/24
11. Rg. 16910/23 (CGT I grado Piacenza) - Sezione Tributaria - Cass. n. 21883/24
12. Rg. 16915/23 (CGT I grado Piacenza) - Sezione Tributaria - Cass. n. 21883/24
13. Rg. 19606/23 (Tribunale Brescia) - Prima Sezione civile - Cass. n. 22914/24
14. Rg. 19676/23 (Tribunale minorenni Lecce) - Prima Sezione civile - Cass. n. 11688/24
15. Rg. 1200/24 (Tribunale Napoli) - Terza Sezione civile - Cass. n. 29253/24
16. Rg. 1648/24 (Tribunale Bologna) - Prima Sezione civile - Cass. n. 18773/24
17. Rg. 2098/24 (Tribunale L’Aquila) - Sezioni Unite civili - Cass. n. 23093/25
18. Rg. 11382/24 (Tribunale Venezia) - Sezioni Unite civili - Cass. n. 23093/25
19. Rg. 14335/24 (CGT I grado Napoli) - Sezione Tributaria - Cass. n. 7495/25
20. Rg. 14533/24 (Tribunale Roma) - Prima Sezione civile - Cass. n. 33398/24
21. Rg. 15074/24 (CGT II grado del Piemonte) - Sezione Tributaria - Cass. n. 7965/25
22. Rg. 16029/24 (Corte d’appello Firenze) - Prima Sezione civile - Cass. n. 12838/25
23. Rg. 17439/24 (Tribunale Siracusa) - Sezioni Unite civili - Cass. n. 5968/25
24. Rg. 24726/24 (Tribunale Milano) - Terza Sezione civile - Cass. n. 28513/25
25. Rg. 4546/25 (Tribunale Lecce) - Sezione Lavoro - Cass., ord. interl., n. 24662/25
26. Rg. 4771/25 (Tar Genova) - Sezioni Unite civili - udienza 25/11/25
27. Rg. 4764/25 (Tar Genova) - Sezioni Unite civili - udienza 25/11/25
28. Rg. 7497/25 (Tribunale Pavia) - Terza Sezione civile - Cass., ord. interl., n. 27111/25
29. Rg. 7546/25 (CGT I grado Vicenza) - Sezioni Unite civili - udienza 16/12/25
30. Rg. 10524/25 (Tribunale Venezia) - Sezioni Unite civili
31. Rg. 13309/25 (Tribunale Venezia) - Prima Sezione civile - Cass. n. 29593/25
32. Rg. 15611/25 (Tribunale Milano) - Terza Sezione civile - udienza 16/01/26
33. Rg. 16647/25 (Tribunale Siracusa) - Sezioni Unite civili
[3] Così, testualmente, E. D’Alessandro, Il rinvio pregiudiziale in Cassazione, in Il processo, 1, 2023, p. 51.
[4] Cass., Sez. U., 29/05/2024, n. 15130.
[5] Espressamente in tali sensi Cass., Sez. U., 6/03/2025, n. 5968, la quale statuisce che “non rileva che le parti non siano state previamente sentite sulla specifica eventualità di procedere ai sensi dell’art. 363-bis c.p.c. e - tra l’altro - sui requisiti di ammissibilità del relativo procedimento, poiché nessuna irreversibile lesione dei diritti di difesa delle parti è stata, quanto meno nel caso di specie, nemmeno prospettata quale conseguenza della mancata previa instaurazione del contraddittorio sulla specifica questione della sussistenza dei presupposti del rinvio pregiudiziale.”.
[6] Così, fin da Cass. (decr.), 10/05/2023, n. 12522, è stata esclusa la rilevanza quando manchi totalmente la sintetica illustrazione dei fatti di causa e della conseguente incidenza della questione pregiudiziale sulla decisione.
[7] Cass. (decr.), 3/04/2025, n. 8794. Ancora, è stata esclusa la rilevanza della questione dinanzi ad una mera deduzione teorica circa la necessità di stabilire se il giudice rimettente abbia o meno la competenza funzionale a decidere sulla domanda subordinata: Cass. (decr.), 10/07/2025, n. 18925.
[8] Tanto è stato escluso da Cass. (decr.), 25/09/2024, n. 25645, che, con un penetrante controllo dello stato della causa, ha concluso nel senso che il rinvio pregiudiziale è stato disposto prematuramente, poiché il suo esito non avrebbe incidenza alcuna sui già definiti termini in cui, al momento, la causa dovrebbe essere decisa.
[9] Cass. (decr.), 9/04/2025, n. 9301: si è reputato applicabile il medesimo principio elaborato in sede di giurisprudenza costituzionale, la quale, sin dalla sentenza n. 170 del 1986, ha avuto occasione di precisare che la questione di legittimità costituzionale sollevata in relazione ad una domanda proposta nel giudizio a quo in via subordinata è da ritenere motivata sulla rilevanza, allorché il giudice rimettente abbia preso in considerazione le altre istanze, formulate in via principale, rilevando espressamente, nell’ordinanza di rimessione, che esse non potevano trovare accoglimento.
[10] Tra le altre, merita segnalazione Cass., Sez. U., 30/09/2009, n. 20935; tra le più recenti applicazioni si veda Cass. 9/01/2024, n. 822. Le questioni miste, in linea di grande approssimazione, possono definirsi quelle che richiedono non una diversa valutazione del materiale probatorio, bensì prove dal contenuto diverso rispetto a quelle chieste dalle parti ovvero una attività assertiva in punto di fatto e non già mere difese.
L’obbligo del giudice di stimolare il contraddittorio sulle questioni rilevate d’ufficio, stabilito dall’art. 101, comma 2, c.p.c., non riguarda le questioni di solo diritto, ma quelle di fatto ovvero quelle miste di fatto e di diritto, che richiedono non una diversa valutazione del materiale probatorio, bensì prove dal contenuto diverso rispetto a quelle chieste dalle parti ovvero una attività assertiva in punto di fatto e non già mere difese. (In applicazione del principio, la S.C. ha negato la nullità della sentenza impugnata che, rilevando d’ufficio il caso fortuito, non aveva concesso termine a difesa ex art. 101 c.p.c., posto che non si trattava di una nuova questione di fatto, ma di una diversa ricostruzione della vicenda con parziale riqualificazione dei medesimi fatti).
[11] Cass. (decr.), 20/11/2023, n. 32059.
[12] Cass. (decr.), 10/05/2023, n. 12522.
[13] Cass. (decr.), 19/10/2023, n. 29032.
[14] Cass. (decr.), 23/01/2025, n. 1687; Cass. (decr.), 3/03/2025, n. 5558.
[15] Cass. (decr.), 11/04/2024, n. 9808, che richiama: Cass. (decr.) 3/11/2023, n. 30657; Cass. (decr.), 14 /02/2024, n. 4071.
[16] Così, testualmente, ancora di recente Cass. (decr.), 7/11/2025, n. 29469.
[17] Cass. (decr.), 7/10/2024, n. 26140; Cass. (decr.), 25/09/2024, n. 15724; Cass. (decr.), 3/11/2023, n. 18326.
[18] Cass. (decr.), 8/09/2025, n. 24757.
[19] Cass. (decr.), 17/05/2024, n. 8999. La dottrina è prevalentemente in tal senso: per tutti, E. D’Alessandro, Il rinvio pregiudiziale in Cassazione, in Il processo, 1, 2023, p. 61.
[20] Cass. (decr.), 27/05/2025, n. 14121; Cass. (decr.), n. 24757/25, cit..
[21] Cass. (decr.), 17/07/2025, n. 19883.
[22] Cass. (decr.), 24/10/2024, n. 18015. Sul punto, v. già A. Panzarola, Il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione, in Il rinvio pregiudiziale e le impugnazioni, a cura di M. Di Marzio, R. Giordano, A. Panzarola e R. Succio, Milano, 2024, p. 204 ss.
[23] Cass. (ord.), 9/10/2025, n. 27111.
[24] Cass. (decr.) 15/04/2024, n. 10141; Cass. (decr.), 14 /02/2014.
[25] Con richiamo a precedenti pronunce, v. Cass. (decr.) 10/07/2025, n. 18939.
[26] Cass. (decr.), 10/07/2025, n. 18925, con richiamo a Cass. (decr.), 9/04/2025, n. 9308. In altri termini, una questione non presenta il requisito della grave difficoltà interpretativa, richiesta per l’ammissibilità del rinvio pregiudiziale, ove nella giurisprudenza della Corte di cassazione si rinvenga l’enunciazione dei principi suscettibili di orientare la risoluzione del dubbio posto dal rimettente: Cass. (decr.), 17/05/2024, n. 13749. Il principio è stato generalizzato pure nei rapporti tra sezioni unite e semplici in tema di giurisdizione: queste ultime possono conoscere della questione di giurisdizione oggetto del ricorso, non essendo necessaria la sua devoluzione alle Sezioni Unite, quando queste ultime si siano già espresse sulla medesima questione, ancorché non sullo specifico caso, affermando sul punto chiari e precisi principi informatori, suscettibili di rappresentare una guida orientativa per le sezioni semplici; così Cass. (ord.), 17/03/2025, n. 7152.
[27] Di contrasto “latente”, idoneo a giustificare l’ammissibilità del rinvio, parla espressamente Cass. Sez. U., 7/05/2024, n. 12449; il principio è richiamato nel provvedimento della P.P. 8-10/10/2024, in ricorso iscritto al n.r.g. 17439/24, poi deciso da Cass. Sez. U., 6/03/2025, n. 5968, la quale ha avallato, di fatto, tale impostazione. Tale pronuncia ha, comunque, rivendicato al Collegio l’ultima parola anche sul punto, cioè in ordine alla determinazione se dare ulteriore al procedimento di rinvio pregiudiziale, o, in alternativa, a devolvere la questione all’ordinario sviluppo dell’ordinaria dialettica della giurisprudenza della stessa Corte (nella specie, essendosi - singolarmente - ravvisato il contrasto latente in una sola pronuncia di pochi mesi prima - Cass. 3/05/2024, n. 12007 - con un orientamento riscontrato come assolutamente prevalente).
[28] Cass. (decr.), 27/05/2025, n. 14120. Sulla distinzione tra i due tipi di contrasto, v., da ultimo, Cass. (ord.), 22/05/2025, n. 13759.
[29] Cass. (ord.), 22/02/2018, n. 4366.
[30] Cass. (decr.), 12/11/2025, su ricorso n. 15611/2025 r.g., sul tema delle applicazioni del noto arresto di Cass., Sez. U., 30/12/2021, n. 41994, in tema di nullità delle fideiussioni conformi ai testi reputati illegittimi dalla Banca d’Italia.
[31] Cass. (decr.), 23/01/2025, n. 1630; Cass. (decr.), 13/12/2024, n. 32261.
[32] Cass. 20/03/2025, n. 7495.
[33] È questo il caso deciso dalla appena richiamata Cass. n. 7495/25. Per la verità, a maggior ragione in presenza di una novità normativa la Cassazione non potrebbe essersi già pronunciata, tanto da “risolvere” la questione e degradarla a insuscettibile, per questo solo aspetto, del rinvio pregiudiziale interpretativo: dovendo, verosimilmente, il Collegio così investito rinnovare la valutazione, già operata con la delibazione del Primo Presidente, della sussistenza di tutti i presupposti del rinvio stesso.
[34] Cass. (decr.), 14/02/2024, n. 4121.
[35] Cass. (decr.), 15/03/2024, n. 7106.
[36] Così R. Tiscini, Il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione dell’art. 363-bis c.p.c. La disciplina. La casistica, in Giust. civ., 2, pp. 343 ss., specialmente § 7.
[37] È il caso della materia tributaria, nell’ambito della quale si rivela particolarmente pressante l’esigenza di assicurare l’uniforme interpretazione del diritto, anche al fine di contenere la proliferazione di un contenzioso notoriamente assai consistente sotto il profilo quantitativo e spesso connotato da caratteri di serialità, nonché di consentire una più rapida definizione delle controversie pendenti (Cass., Sez. U., 13/12/2023, n. 34851; Cass. 25/03/2025, n. 7965).
[38] Cass. (decr.), 27/05/2025, n. 14121.
[39] Cass. (ord.), 9/10/2025, n. 27111.
[40] Corte cost. 25/06/2015, n. 119.
