GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    Non si attende il legislatore. Lo spinoso problema della maternità surrogata torna all’esame delle Sezioni unite

    Non si attende il legislatore. Lo spinoso problema della maternità surrogata torna all’esame delle Sezioni unite*

    di Arnaldo Morace Pinelli

    Sommario: 1. I termini del problema - 2. Le Sezioni unite del 2019 (sent. n. 12193/2019). Le ragioni del divieto di maternità surrogata - 3. L’intervento della Corte costituzionale. L’esigenza di tutelare più incisivamente il nato da una pratica di maternità surrogata (sent. n. 33/2021) - 4. La prima sezione civile della Corte di cassazione richiede un nuovo pronunciamento delle Sezioni unite, aprendo alla maternità surrogata (ord. n. 1842/2022) - 5. Critica alla proposta ermeneutica dell’ordinanza interlocutoria - 6. Conclusioni. È indispensabile l’intervento del legislatore. 

    1. I termini del problema

    Esiste un filone giurisprudenziale che, confondendo il desiderio di genitorialità con un vero e proprio diritto ad avere figli, pretende di sdoganare la pratica della surrogazione di maternità, pur di darvi piena attuazione. Nella coppia omosessuale maschile, in particolare, il figlio non può nascere a seguito di una fecondazione eterologa, «ma, di necessità, a seguito di un contratto con il quale una donna si presti ad essere fecondata artificialmente, per poi consegnare alla coppia committente il nato», contratto che, nel nostro ordinamento, non solo è vietato, ma anche penalmente sanzionato (art. 12 n. 6, l. 40/2004),[1] in quanto – come è stato recentemente ribadito della Corte Costituzionale - «offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane»,[2] «assecondando un’inaccettabile mercificazione del corpo, spesso a scapito delle donne maggiormente vulnerabili sul piano economico e sociale».[3] Le ragioni del divieto – come subito diremo – sono anche altre.

    Essendo ormai chiaro che la legittimazione della pratica non può avvenire, come pure si era tentato, attraverso il riconoscimento di un inesistente diritto soggettivo ad avere figli (in ipotesi, certamente spettante anche ai membri della coppia omoaffettiva),[4] si cerca di perseguire l’obiettivo facendo leva, surrettiziamente, sull’esigenza di tutelare il minore, il cui preminente interesse sarebbe quello di conservare lo status filiationis, in qualsiasi modo acquisito all’estero.[5] Dalla condivisibile premessa che le conseguenze della «violazione delle prescrizioni e dei divieti posti dalla legge n. 40 del 2004 - imputabile agli adulti che hanno fatto ricorso ad una pratica fecondativa illegale in Italia – non possono ricadere su chi è nato», si fa discendere , alla stregua di un corollario, il principio per cui l’interesse del minore sarebbe tutelato attraverso un automatismo, ossia mediante il riconoscimento e la trascrizione nei registri dello stato civile in Italia del provvedimento che attribuisce lo status filiationis, validamente formato all’estero, indipendentemente dal fatto che i genitori siano ricorsi ad una pratica di p.m.a. vietata in Italia.[6] Agitando la formula del the best interest of the child - di cui autorevole e attenta dottrina non ha mancato di sottolineare l’ontologica vaghezza[7] -, si finisce con l’ammettere la surrogazione di maternità,[8] seppure circoscrivendo la mercificazione ai corpi di donne straniere e, soprattutto, si legittimano ex post le scelte degli adulti, al di fuori di qualsiasi valutazione in concreto dell’effettivo interesse del minore nato da maternità surrogata.

    2. Le Sezioni unite del 2019 (sent. n. 12193/2019). Le ragioni del divieto di maternità surrogata

    Siffatta impostazione è stata, però, fermamente rifiutata sia dalla Corte di cassazione, nel suo più autorevole consesso, sia dalla Corte costituzionale.

    Le Sezioni unite, con una nota pronuncia del 2019,[9] hanno negato la possibilità di riconoscere nel nostro ordinamento un provvedimento straniero che affermi il rapporto di genitorialità tra un bambino nato a seguito di maternità surrogata e il c.d. genitore d’intenzione, sul presupposto che il divieto di surrogazione di maternità, previsto dall’art. 12, comma sesto, l. n. 40/2004, integra un principio di ordine pubblico, posto a tutela di valori fondamentali, rispetto ai quali la surrogazione di maternità si pone oggettivamente in conflitto.

    Tale pratica comporta una mercificazione del corpo della gestante, la quale rinuncia alla propria maternità a favore dei committenti, lesiva della sua dignità. Diversamente da quanto accade nella fecondazione eterologa, che attiene al problema degli atti di disposizione del proprio corpo, la gestazione per altri realizza una disposizione di status, indipendentemente dal fatto che sia onerosa o gratuita.[10] D’altro canto, l’idea di una surrogazione di maternità c.d. solidale, frutto di un progetto condiviso, espressione della libertà di autodeterminarsi della gestante, si scontra con una realtà assai meno candida della favola bella, assai diffusa,[11] che vede come protagonista una donna, già madre, felice di risperimentare nel suo ventre la vita nascente e desiderosa di aiutare il prossimo, compiendo un atto d’amore. E’ doveroso, infatti, domandarsi quante siano effettivamente le donne che mettono a disposizione il proprio utero per dare un figlio alla propria sorella o a una coppia di amici non fertile e se i rimborsi e gli indennizzi a favore della gestante per il periodo della gravidanza, di regola contemplati dai contratti di surrogazione di maternità c.d. altruistica, gestiti da intermediari prezzolati, non celino in realtà un vero e proprio compenso. Senza poi considerare, esulando dalle nostre specifiche competenze, da un canto, i danni fisici che sempre subisce la madre surrogata, in quanto costretta a sottoporsi a cure ormonali propedeutiche alla gestazione, a impianti di embrioni e, nelle pratiche più barbare, a prelievi di ovuli e ad aborti selettivi degli embrioni che hanno attecchito in eccesso; dall’altro, il trauma psichico che provoca l’abbandono del nato, pacificamente riconosciuto nelle donne costrette ad abbandonare i figli, che poi vengono adottati, ma metodicamente negato nel caso dell’utero in affitto.

    La maternità surrogata, anche se le Sezioni unite non l’hanno rilevato, lede anche la dignità del nascituro, «trattato al pari di una res» ed esposto «al rischio d’incertezza in ordine alla sua identità filiale».[12] Senza addentrarci nell’ardua questione se l’embrione umano sia persona, soggetto di diritto o nulla di tutto ciò, è certo che, anche prima dell’impianto, ne viene riconosciuta la dignità, «quale entità che ha in sé il principio della vita»,[13] valore «di rilievo costituzionale riconducibile al precetto generale dell’art. 2 Cost.».[14] Per questo motivo l’embrione è fatto oggetto di precise tutele (artt. 13 e 14 l. n. 40/2004) e soltanto la necessità di salvaguardare il diritto alla salute della donna (che è già persona e dunque prevale sull’embrione, che persona ancora deve diventare) consente un affievolimento della tutela e, dunque, l’interruzione della p.m.a., con il rifiuto dell’impianto[15] (l’embrione non può però essere soppresso: art. 13 l. n. 40/2004), ovvero, ove questo sia avvenuto, con il ricorso all’aborto.

    Se si ritiene che il rapporto materno sia creato dalla gestazione, con conseguente applicabilità dell’art. 269 c.c. anche alla p.m.a., la sottrazione del figlio alla madre uterina è anche lesiva dell’interesse del minore «a mantenere il rapporto materno già naturalmente costituito e vissuto».[16] In effetti, nel caso di fecondazione eterologa la legge stabilisce chi è il padre e chi la madre (artt. 6, 8 e 9 l. n. 40/2004). Nulla dice, invece, con riguardo al nato da maternità surrogata e notoriamente la dottrina è divisa tra coloro che ritengono che madre sia la gestante[17] e coloro secondo i quali «paternità e maternità, e così lo stato del nato, debbano riportarsi a chi ha concorso alla fecondazione e quindi alla creazione dell’embrione».[18] Un siffatto nodo può essere sciolto soltanto dal legislatore, chiamato anche a decidere il ruolo che deve essere assegnato al genitore d’intenzione.

    La maternità surrogata, secondo la pronuncia delle Sezioni unite, contrasta infine con l’istituto dell’adozione, ossia lo strumento individuato dalla legge per creare una genitorialità disgiunta da qualsiasi legame biologico: il bambino nato da maternità surrogata è trattato in modo diverso da quello sottoposto a procedimento d’adozione, che ne valuta e garantisce il concreto interesse. A nostro avviso, tuttavia,  quest’ultimo argomento è meno convincente, essendo difficile assimilare la surrogazione di maternità all’adozione. Si tratta di due mondi diversi e non comparabili: la legge sull’adozione presuppone l’esistenza in vita di un minore in stato d’abbandono, di cui occorre tutelare il fondamentale diritto ad avere una famiglia, attraverso il rigoroso procedimento stabilito dalla legge. La p.m.a. realizza, invece, il progetto procreativo di una coppia favorendo una nascita ed una genitorialità in parte disgiunta dal legame biologico. Il nato non si trova in stato d’abbandono, avendo comunque un genitore biologico.

    L’argomento del contrasto della gestazione per altri con la legge sulle adozioni è, peraltro, valido nell’ipotesi limite, unanimemente rifiutata, in cui coloro che ricorrono a siffatta pratica procreativa non apportino alcun contributo biologico. 

    Le Sezioni unite, non si sono, tuttavia, arrestate ad affermare la contrarietà della pratica fecondativa all’ordine pubblico, ma si sono giustamente preoccupate di tutelare il frutto di tale pratica, ossia il nato, che – come è stato autorevolmente rilevato - non ha colpa della violazione del divieto ed è  «bisognoso di tutela come ogni altro e più di ogni altro», benché il legislatore, in questa materia, si sia limitato a vietare e sanzionare, mentre «avrebbe dovuto… regolare la sorte del nato malgrado il divieto».[19] Siffatta tutela, secondo le Sezioni unite, non si realizza attraverso l’automatica trascrizione dei provvedimenti stranieri che riconoscono lo stato di filiazione, validamente formati all’estero, di per sé ostativa a qualsiasi valutazione del concreto ed effettivo interesse del minore, ma mediante la possibilità della stepchild adoption da parte del genitore d’intenzione, con cui si salvaguarda «la continuità della relazione affettiva ed educativa» eventualmente instauratasi tra il minore e tale soggetto,[20] risultando dall’indagine propedeutica all’adozione particolare che il genitore d’intenzione è diventato genitore sociale, avendo costruito con il minore un rapporto fondamentale per la sua crescita ed il suo sviluppo. In effetti, se si astrae dall’inesistente diritto degli adulti alla genitorialità, in una prospettiva genuinamente minori-centrica, con riguardo al nato da una pratica di maternità surrogata il problema non è quello di tutelare il suo diritto ad avere una famiglia, giacché egli ha già un genitore biologico, bensì quello di preservare il legame affettivo eventualmente creatosi con il genitore d’intenzione.

    3. L’intervento della Corte costituzionale. L’esigenza di tutelare più incisivamente il nato da una pratica di maternità surrogata (sent. n. 33/2021)

    Questo lodevole sforzo ermeneutico, volto ad operare un equo bilanciamento tra i valori in gioco, presentava, peraltro, un  limite oggettivo, derivante dalla peculiare disciplina dell’adozione particolare, istituto eccezionale inidoneo a tutelare pienamente il minore. Esso, ad esempio, prima del recente intervento della Corte costituzionale,[21] non istituiva un rapporto di parentela tra l’adottato e la famiglia dell’adottante e neppure tra l’adottante e la famiglia dell’adottato (art. 300 c.c. e 55 l. adoz.). Inoltre - è stato rilevato – l’adozione particolare è rimessa alla volontà dell’adottante e dipende dall’assenso del genitore biologico, che potrebbe non prestarlo, in caso di crisi della coppia.

    Muovendo da tali considerazioni, una pronuncia della prima sezione civile della Corte di Cassazione, a meno di un anno dalla sentenza delle Sezioni unite, ha ritenuto di dover sollevare questioni di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 6, l. n. 40/2004, dell’art. 64, comma 1, lett. “g” l. n. 218/95 e dell’art. 18 d.p.r. n. 396/2000 «nella parte in cui non consentono, secondo l’interpretazione attuale del diritto vivente (fornita dalle Sezioni unite), che possa essere riconosciuto e dichiarato esecutivo, per contrasto con l’ordine pubblico, il provvedimento giudiziario straniero relativo all’inserimento nell’atto di stato civile di un minore procreato con le modalità della gestione per altri (altrimenti detta “maternità surrogata”) del c.d. genitore d’intenzione non biologico».[22]

    Non si è mancato di criticare il revirement, che metteva in discussione il risultato ermeneutico appena conseguito dalle Sezioni unite, attraverso il ricorso alla Corte costituzionale.

    Le attese del giudice rimettente sono peraltro andate deluse. La Corte costituzionale ha, infatti, dichiarato inammissibili le questioni sollevate,[23] affermando con particolare incisività che, nel bilanciamento dei valori in gioco in caso di maternità surrogata praticata all’estero, occorre collocarsi dalla parte del minore. Il problema non è, infatti, quello di riconoscere un inesistente diritto degli adulti ad avere figli, bensì quello di tutelare i diritti fondamentali del nato da p.m.a., quando questa sia avvenuta in un paese straniero, in spregio ai divieti della l. n. 40/2004.

    Nelle decisioni che lo riguardano deve, dunque, essere sempre ricercata «la soluzione ottimale “in concreto” per l’interesse del minore, quella cioè che più garantisca…la miglior “cura della persona”», e non vi è dubbio «che l’interesse di un bambino accudito sin dalla nascita…da una coppia che ha condiviso la decisione di farlo venire al mondo è quello di ottenere un riconoscimento anche giuridico dei legami che, nella realtà fattuale, già lo uniscono a entrambi i componenti della coppia».[24]

    La Corte costituzionale ha ribadito con fermezza la condanna della maternità surrogata e la necessità di bilanciare l’interesse del minore «alla luce del criterio di proporzionalità, con lo scopo legittimo perseguito dall’ordinamento di disincentivare il ricorso alla surrogazione di maternità, penalmente sanzionato dal legislatore». Ha quindi condiviso il diniego delle Sezioni unite in ordine alla trascrivibilità dei provvedimenti giudiziari stranieri e, a fortiori, dell’originario atto di nascita, che indichino quale genitore del bambino il c.d. padre d’intenzione, ritenendo che l’interesse del minore ad ottenere il riconoscimento giuridico del suo rapporto con entrambi i componenti della coppia, che lo abbiano accudito esercitando di fatto la responsabilità genitoriale, debba realizzarsi senza automatismi, «attraverso un procedimento di adozione effettivo e celere, che riconosca la pienezza del legame di filiazione tra adottante e adottato,…sia pure ex post e in esito a una verifica in concreto da parte del giudice» in ordine all’esistenza e al valore di tale relazione.

    L’importante pronuncia ha, peraltro, denunziato i limiti dell’adozione particolare nell’assicurare siffatta tutela, rilevando, tuttavia, che il compito di adeguare il diritto vigente alle esigenze di tutela degli interessi dei bambini nati da maternità surrogata non può che spettare, almeno «in prima battuta», al legislatore, «al quale deve essere riconosciuto un significativo margine di manovra nell’individuare una soluzione che si faccia carico di tutti i diritti e i principi in gioco».

    4. La prima sezione civile della Corte di cassazione richiede un nuovo pronunciamento delle Sezioni unite, aprendo alla maternità surrogata (ord. n. 1842/2022)

    Nonostante la Corte costituzionale abbia invocato l’intervento del legislatore, immediata è stata la chiamata alle armi dei giudici da parte di coloro che con maggior zelo portano avanti la battaglia del riconoscimento della filiazione alle coppie omoaffettive[25] ed altrettanto rapida è stata la risposta. Appena dieci mesi dopo il deposito della sentenza della Corte costituzionale, sul duplice presupposto che la stessa, denunziando l’inefficienza dell’adozione particolare a tutelare l’interesse del nato da maternità surrogata, abbia determinato il superamento del diritto vivente espresso dalla sentenza n. 12193/2019 delle Sezioni unite e che, stante l’asserita inattività del legislatore, si sia generato un vuoto normativo, una pronuncia della prima sezione civile della Corte di cassazione[26] ha chiesto un nuovo intervento delle Sezioni unite, sottoponendo una soluzione interpretativa ritenuta «adeguata a rispondere all’implicita chiamata “interpretativa” posta in essere con la sentenza n. 33/2021 dalla Corte costituzionale».

    Si tratta, all’evidenza, di una forzatura, anche in ragione della tempistica, giacché la Corte costituzionale aveva chiamato in causa il legislatore, unico soggetto in grado di individuare soluzioni di carattere generale e astratto, contemperando tutti gli interessi in conflitto ed evitando disarmonie nel sistema complessivamente considerato, ed, in difetto, ipotizzava un proprio intervento, ritenendo peraltro di non poter porre, allo stato, rimedio al pur rilevato grave vuoto di tutela. Del resto gli invalicabili limiti che incontra il giudice in questa peculiare materia sono stati ammirevolmente e ripetutamente riaffermati anche di recente dalla medesima prima sezione della Corte di cassazione, ribadendo senza possibilità d’equivoci che una «diversa (rispetto alla stepchild adoption) tutela del miglior interesse del minore, in direzione di più penetranti ed estesi contenuti giuridici del suo rapporto» con il genitore d’intenzione, «ove anche se ne reputi la necessità, rientra comunque nella piena discrezionalità del legislatore ed è sottratta…a qualsiasi possibile sindacato». L’eventuale vuoto di tutela implica «in questa materia eticamente sensibile scelte legislative di riscontro in base all’equilibrio di diversi valori costituzionali – tutti coinvolti e tutti in gioco – a fronte delle quali scelte non sarebbe ammissibile, perché potenzialmente arbitraria, una qualsivoglia attività di supplenza in termini solo giurisprudenziali».[27]  

    In effetti, il divieto di surrogazione di maternità costituisce un principio d’ordine pubblico, posto a tutela di interessi costituzionalmente rilevanti, all’esito di un bilanciamento operato dal legislatore. La l. n. 40/2004 è una di quelle leggi costituzionalmente necessarie, attuativa di principi fondamentali della nostra Costituzione, rientranti nella nozione di ordine pubblico.[28] Le questioni da essa affrontate «toccano temi eticamente sensibili, in relazione ai quali l’individuazione di un ragionevole punto di equilibrio delle contrapposte esigenze, nel rispetto della dignità della persona umana, appartiene primariamente alla valutazione del legislatore».[29]

    Come riteneva un illustre e compianto Maestro, la giurisprudenza riveste un ruolo fondamentale, giacché «le applicazioni giurisprudenziali che si traducono in orientamenti consolidati conferiscono alla norma un significato che tende ad essere recepito nel tessuto sociale».[30] Ciò non significa, tuttavia, «né conferire né riconoscere un potere normativo ai giudici né dare ingresso alla “consuetudine giurisprudenziale” come fonte del diritto».[31] In effetti, l’interpretazione della giurisprudenza non possiede un’autorità legislativa[32] e, soprattutto, secondo l’insegnamento dello stesso giudice di legittimità, non può correggere o sostituire la voluntas legis, dovendosi arrestare di fronte al limite di tolleranza ed elasticità segnato dal significante testuale della norma, nell’ambito del quale questa, di volta in volta, adegua il suo contenuto, piegandosi all’evoluzione che «l’interesse tutelato nel tempo assume nella coscienza sociale, anche nel bilanciamento con contigui valori di rango superiore, a livello costituzionale e sovranazionale».[33] A tale limite di tolleranza ed elasticità della norma soggiace anche l’interpretazione costituzionalmente orientata.[34]

    A ben vedere, il diritto vivente costituisce un fenomeno oggettivo, legato alla peculiare struttura della norma giuridica e determinato dall’evoluzione dell’ordinamento. La giurisprudenza «lo disvela, ma non per questo lo crea».[35]

    È compito del legislatore, dunque, di fronte ad una realtà moralmente inadeguata, quale è certamente l’attuale con riguardo alla posizione giuridica del minore nato da un pratica di maternità surrogata, operarne il mutamento ed apprestare l’invocata tutela.[36] E il legislatore  - diversamente da quanto reputa l’ordinanza interlocutoria che ha rimesso la questione alle Sezioni unite - si sta muovendo. E’ notizia di questi giorni che è stata adottato come testo base dalla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati la proposta di legge C. 306 Meloni (denominata «Modifica all'articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all'estero da cittadino italiano») che, al chiaro fine di fermare il turismo riproduttivo, ravvisa nella maternità surrogata un reato universale, confermando la valutazione negativa a tutto campo, da parte del nostro ordinamento, di tale pratica procreativa.

    5. Critica alla proposta ermeneutica dell’ordinanza interlocutoria

    Non convince in ogni caso la proposta ermeneutica sottoposta all’esame delle Sezioni unite.  Con specifico riguardo alla posizione del minore, la Corte Edu ha escluso che dall’art. 8 CEDU si possa inferire un diritto al riconoscimento dei rapporti di filiazione conseguiti all’estero, facendo ricorso alla maternità surrogata, e ha dato atto di un ampio margine di apprezzamento spettante agli Stati membri in ordine alla possibilità di riconoscere siffatti rapporti di filiazione.[37] D’altro canto ha affermato la necessità di tutelare l’interesse del minore a preservare il legame che si sia venuto a consolidare con il genitore d’intenzione con «modalità che garantiscano l’effettività e la celerità della sua messa in opera».[38] La Corte costituzionale, dal suo canto, non ha mancato di sottolineare come la scelta operata dal nostro ordinamento del ricorso all’istituto dell’adozione in casi particolari (opportunamente emendato) abbia il pregio di «tenere in equilibrio molteplici istanze implicate nella complessa vicenda» e al contempo «di garantire una piena protezione all’interesse del minore».[39] 

    L’ordinanza interlocutoria muove, invece, da un’opposta impostazione, ritenendo che, «in assenza di un intervento innovativo del legislatore, è necessario partire da una rivalutazione degli strumenti normativi esistenti (delibazione e trascrizione) per verificare se in questa materia sussista un insuperabile ostacolo alla loro utilizzazione derivante dalla natura di ordine pubblico del divieto penale». Ciò reputa di poter escludere a condizione che siffatti strumenti non operino automaticamente e che la compatibilità della delibazione o della trascrizione con i valori sottesi al divieto di surrogazione «sia compiuta non in astratto ma con riferimento ad ogni singolo caso concreto sia pure alla luce di criteri che abbiano validità generale» ed in base ad un bilanciamento  dei valori in conflitto ispirato ai principi di proporzionalità e ragionevolezza «senza che vi sia un’aprioristica definizione di prevalenza di un interesse in gioco».

    L’ordinanza passa dunque in rassegna i due valori che la giurisprudenza di legittimità e la Corte costituzionale pongono alla base del divieto della maternità surrogata, ossia la tutela della dignità della gestante e «la preservazione dell’istituto dell’adozione».

    La lesione della dignità della donna viene esclusa (e quindi il provvedimento estero sarebbe delibabile o trascrivibile) quando, in base alla legislazione straniera, la gravidanza per altri «sia il frutto di una scelta libera e consapevole, indipendente da contropartite economiche e se tale scelta sia revocabile sino alla nascita del bambino». Del resto – osserva la Corte di cassazione – l’autodeterminazione della gestante è valorizzata anche nel nostro ordinamento laddove si consente alla partoriente di restare anonima, escludendo in tal modo l’instaurazione del rapporto di filiazione. A ben vedere, secondo tale impostazione, si dà ingresso non soltanto alla surrogazione di maternità c.d. solidaristica ma anche a quella onerosa, giacché, se la donna non si trova in stato di bisogno, la sua scelta non può ritenersi condizionata da eventuali contropartite economiche.

    Quanto poi alla «preservazione dell’istituto dell’adozione», l’ordinanza interlocutoria reputa che il discrimen alla delibabilità/trascrizione del provvedimento straniero sia costituito «dalla tutela del minore da pratiche elusive e illegali intese a vanificare le norme che lo garantiscono, specificamente nei procedimenti di adozione internazionale, da qualsiasi forma di mercificazione». Sarebbe dunque contraria all’ordine pubblico la «strumentale e occulta utilizzazione della surrogazione di maternità», che, secondo la pronuncia, si verifica quando coloro che la richiedono non possono accedere alle procedure di adozione in Italia «e intendono avvalersi delle tecniche di procreazione assistita mediante surrogazione di maternità senza rispettarne le condizioni legali di ammissione» e quando i genitori intenzionali non hanno apportato alcun contributo genetico alla procreazione, trovandoci in tal caso in presenza di «una vicenda pattizia che normalmente viene gestita da un intermediario per fini economici e che esclude in radice la partecipazione dei genitori intenzionali e della madre gestazionale a un progetto procreativo» determinandosi «nella normalità dei casi, e salva una verifica in concreto, una lesione della dignità della donna che assume l’obbligo della gestazione  e un attentato all’istituto dell’adozione».

    Ora, a noi pare che il divieto di surrogazione di maternità – come abbiamo esposto al superiore § 2 - abbia un respiro ben più ampio di quello che gli attribuisce l’ordinanza interlocutoria. 

    La mercificazione della maternità, anche se, allo scopo di realizzare l’inesistente diritto degli adulti ad avere figli, la si ammanta del nobile proposito di rispettare l’autodeterminazione della gestante, oltre che lesiva della sua personale dignità, pone sempre un problema di disposizione di status. Indipendentemente dal titolo, oneroso o gratuito, e dalla situazione economica in cui ella versa (eventuale stato di bisogno), l’atto dispositivo ha ad oggetto il futuro stato familiare del nascituro,[40] ossia un diritto indisponibile.[41] La pretesa di avvalorare l’autodeterminazione della gestante con il rilievo che l’ordinamento attribuisce alla volontà della donna, al momento del parto, di restare anonima e, dunque, di non assumere la genitorialità nei confronti del nato, è fuorviante. Il diritto della madre a restare anonima – come chiarito a più riprese dalla Corte costituzionale – non ne tutela l’autodeterminazione ma è posto a salvaguardia della vita del figlio, essendo volto a distogliere la madre «da decisioni irreparabili», ossia dalla possibile scelta di abortire.[42]

    La maternità surrogata è lesiva anche della dignità del nascituro, trattato alla stregua di una res ed esposto «al rischio d’incertezza in ordine alla sua identità filiale»,[43]  e se, nel silenzio della legge, si ritiene che madre sia colei che partorisce, è lesiva pure dell’interesse del minore «a mantenere il rapporto materno già naturalmente costituito e vissuto».[44]

    Poco limpido è l’argomento in punto di contrasto della maternità surrogata con le regole dell’adozione. Le Sezioni unite, nella nota sentenza del 2021,[45] rifacendosi alla nozione di ordine pubblico internazionale accolta da Cass., S.U. 12193/2019, in materia di maternità surrogata, hanno affermato che «non contrasta con i principi di ordine pubblico internazionale il riconoscimento degli effetti di un provvedimento giurisdizionale straniero di adozione di minore da parte di coppia omoaffettiva maschile che attribuisca lo status genitoriale secondo il modello dell'adozione piena o legittimante, non costituendo elemento ostativo il fatto che il nucleo familiare del figlio minore adottivo sia omogenitoriale, ove sia esclusa la preesistenza di un accordo di surrogazione di maternità a fondamento della filiazione». Questa pronuncia, espressamente richiamata dall’ordinanza interlocutoria a sostegno del proprio iter argomentativo, in realtà si colloca perfettamente in linea con il precedente del 2019 ed anzi, nel ribadire la contrarietà della gestazione per altri ai principi vigenti di ordine pubblico, è ancora più radicale, «non distinguendo tra maternità surrogata per fini commerciali o altruistica, oppure tra committenti di diverso o dello stesso sesso».[46] Era stata sottoposta all’attenzione del giudice di legittimità un’adozione disposta all’estero, sulla scorta del consenso prestato dai genitori biologici ed in favore di due persone dello stesso sesso, di cui i locali servizi avevano accertato l’idoneità genitoriale. Il limite di siffatta pronuncia è semmai quello di avere ritenuto delibabile un provvedimento di adozione straniero, assunto senza il compimento di alcun accertamento in ordine allo stato di abbandono, quale essenziale condizione di garanzia del minore.[47]

    In ogni caso, essendo stata presa la decisione delle Sezioni unite sul presupposto che, nel caso di specie, certamente non ricorreva un’ipotesi di maternità surrogata e che, in caso contrario, la delibazione sarebbe stata impedita dall’ordine pubblico internazionale, non è certamente suffragabile con tale autorevole arresto il principio affermato dall’ordinanza interlocutoria secondo il quale la delibazione/trascrizione del provvedimento straniero sarebbe preclusa soltanto nel caso in cui si sia tentato di aggirare la disciplina straniera ammissiva della surrogazione di maternità.

    In definitiva, la contestuale lesione della dignità della donna e del nascituro e, se si ritiene che madre sia colei che partorisce, il diritto del minore a mantenere il rapporto materno già naturalmente costituito e vissuto inducono a ritenere che il riconoscimento ab initio del rapporto di filiazione con il genitore d’intenzione in nessun caso sia funzionale alla realizzazione del miglior interesse del minore, attuando semmai quello degli adulti che aspirano ad avere figli a tutti i costi. A ben vedere, il divieto di maternità surrogata non determina alcun affievolimento dell’interesse del minore, in nome di un asserito superiore interesse dello Stato a disincentivare la peculiare pratica procreativa,[48] ma è posto proprio a tutela di quel preminente interesse. La strumentalizzazione del minore non ci pare, del resto, mai conciliabile con la tutela del suo interesse, obiettivo primario che l’ordinamento persegue.

    A distanza di qualche anno, ci si avvede, dunque, di quanto equilibrio e saggezza abbiano ispirato la decisione delle Sezioni unite del 2019 che, in una prospettiva genuinamente minori-centrica, ha subordinato la formalizzazione del rapporto tra il nato ed il genitore d’intenzione alla verifica giudiziale, da effettuarsi in concreto, della sussistenza di una relazione affettiva fondamentale per il minore (la c.d. stepchild adoption).

    6. Conclusioni. È indispensabile l’intervento del legislatore

    Il compito di adeguare il diritto vigente alle esigenze di tutela degli interessi dei bambini nati da maternità surrogata non può che spettare, almeno «in prima battuta», al legislatore, «al quale deve essere riconosciuto un significativo margine di manovra nell’individuare una soluzione che si faccia carico di tutti i diritti e i principi in gioco».[49] La Corte costituzionale ha, peraltro, indicato la strada, che non è quella della delibabilità/trascrizione dei provvedimenti stranieri, secondo un più o meno accentuato automatismo funzionale ad «assecondare … il mero desiderio di genitorialità» degli adulti, che ricorrono all’estero alla pratica vietata nel nostro ordinamento, ma di  riformare l’adozione particolare, istituto per sua natura volto alla realizzazione del preminente interesse del minore (art. 57, comma 1, l. adoz.) e capace di tenere in equilibrio i molteplici valori in conflitto, garantendo la piena protezione di tale interesse.[50] In quest’opera di adeguamento dell’istituto, tale giudice ha recentemente dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 55 l. adoz., nella parte in cui, mediante il rinvio all’art. 300, comma 2, c.c., escludeva la parentela tra l’adottato e la famiglia dell’adottante, rimuovendo un ostacolo all’effettività della tutela offerta dall’adozione in casi particolari. In tal modo il minore si avvantaggia delle garanzie personali e patrimoniali che discendono dal riconoscimento giuridico dei legami parentali ed è, al contempo, salvaguardata l’identità che gli deriva dall’inserimento nell’ambiente familiare adottivo.[51]

    Il legislatore, ove decidesse di porsi lungo questa via, è chiamato ad introdurre una nuova tipologia di adozione, con un procedimento celere ed una disciplina che l’avvicini, negli effetti, all’adozione piena. Dovrà, peraltro, rimanere il vaglio del giudice, che accerti, in concreto, la sussistenza del legame tra il minore e il genitore d’intenzione, ossia che quest’ultimo è divenuto genitore sociale.

    In senso critico è stato da più parti osservato che l’adozione, lungi dal costituire un deterrente alla maternità surrogata, «lascia nelle mani del genitore intenzionale la scelta se costituire il rapporto, attraverso la disciplina dell’adozione, ovvero abbandonare il nato al suo destino».[52]

    Abbiamo già espresso le nostre riserve sul fatto che il minore possa essere, in alcun modo, strumentalizzato per disincentivare la pratica illecita. Vero è piuttosto che la valutazione dell’efficienza dell’adozione particolare a rispondere all’interesse del minore, ovvero l’opportunità di scegliere strumenti diversi, molto dipende dalla risposta che il legislatore deciderà di dare al fondamentale quesito se madre del nato sia quella uterina ovvero, così come avviene per la fecondazione assistita, omologa o eterologa che sia (artt. 6, 8 e 9 l. n. 40/2004), la genitorialità giuridica possa fondarsi sulla volontà della coppia che ha voluto e organizzato la procreazione assistita, risultato allo stato non conseguibile in via ermeneutica, costituendo la fattispecie della maternità surrogata un reato.  

    Nel primo caso, il primario interesse del minore è quello di mantenere il rapporto con la madre che l’ha partorito; la madre genetica, ragionevolmente, potrà far valere il suo legame biologico se e quando la madre uterina abbia rifiutato la sua maternità. E’, invece, «difficile giustificare l’accertamento del rapporto di filiazione adducendo l’interesse del minore», quando manchi il nesso biologico, come avviene con riguardo al genitore d’intenzione.[53] Non entra in gioco, in tal caso, il diritto del nato ad avere una famiglia, giacché egli ha già un genitore biologico. Vi è piuttosto da tutelare il suo diritto a mantenere un legame per lui fondamentale, e l’adozione particolare, opportunamente riformata, da questo punto di vista, costituisce uno strumento adeguato. Semmai, per superare il rilievo che l’adozione particolare è rimessa alla discrezionalità del genitore d’intenzione, potrebbe essere ragionevole riconoscere al minore l’azione ex art. 279 c.c.

    Ove, invece, la scelta sia quella di escludere la madre uterina[54] e di valorizzare il consenso prestato dai committenti, un ragionevole compromesso tra la tutela del nato ed il rispetto del divieto d’ordine pubblico di maternità surrogata potrebbe essere ravvisabile nell’introduzione di una regola analoga a quella dell’art. 128, comma 2, c.c., in caso di matrimonio dichiarato nullo, che avrebbe il pregio di proteggere il minore senza favorire gli adulti che hanno agito violando la legge e ledendo i valori ad essa sottesi.[55]

    Si vede, insomma, come soltanto il legislatore possa disciplinare la spinosa materia della maternità surrogata, contemperando gli interessi in gioco ed individuando la migliore tutela per colui che nasce attraverso la pratica illecita.

    Rileviamo, infine, che, a nostro avviso, nell’auspicata riforma delle adozioni, il legislatore dovrà favorire la costituzione di rapporti di filiazione giuridica tra persone esistenti, anziché il ricorso alle tecniche di p.m.a.[56] Essendo fuori discussione l’idoneità genitoriale delle coppie omoaffettive[57] ed in virtù dei sempre maggiori riconoscimenti delle convivenze, in un’epoca in cui il matrimonio non costituisce garanzia di stabilità affettiva, ci pare che il legislatore debba prendere seriamente in considerazione la possibilità di ammettere i conviventi, anche dello stesso sesso (ed, a ben vedere, pure la persona singola) all’adozione piena. Se – come ci sembra innegabile - l’adozione ha una chiara matrice solidaristica ed accedendo ad essa si adempie anche un «dovere di solidarietà verso i minori in stato di abbandono»,[58] è certamente auspicabile un’apertura dell’adozione nazionale e – in questo peculiare momento storico – di quella internazionale anche alle coppie conviventi, comprese quelle dello stesso sesso, ed alle persone singole, previa individuazione di ragionevoli requisiti e presupposti d’accesso ai due istituti.[59]

     

    *Questo scritto è dedicato al Prof. C. Massimo Bianca, il quale mi ha insegnato che il compito del giurista è quello di leggere il diritto in modo da costruire una società più giusta. 

    [1] F. GAZZONI, La famiglia di fatto e le unioni civili. Appunti sulla recente legge, in www.personaedanno.it.

    Conf. C.M. BIANCA, Diritto civile, 2.1, La famiglia, Milano, 2017, 445.

    [2] Corte cost., 28 marzo 2022, n. 79; Corte cost., 9 marzo 2021, n. 33, in Familia, 2021, 391, con nota di A. MORACE PINELLI, La tutela del minore nato attraverso una pratica di maternità surrogata; Corte cost., 18 dicembre 2017, n. 272, in Foro it., 2018, I, 5.

    [3] Corte cost., 28 marzo 2022, n. 79, che richiama Corte cost., 8 marzo 2021, n. 33 cit.

    [4] Corte cost., 9 marzo 2021, n. 33, cit., precisa che «non è qui in discussione un preteso “diritto alla genitorialità” in capo a coloro che si prendono cura del bambino»; Corte cost., 9 marzo 2021 n. 32, in Fam. e dir., 2021, 677, esclude propriamente «l’esistenza di un diritto alla genitorialità delle coppie dello stesso sesso»; Corte cost., 20 ottobre 2020, n. 230, ivi, secondo la quale «l’aspirazione della madre intenzionale ad essere genitore non assurge a livello di diritto fondamentale della persona nei sensi di cui al citato art. 2 Cost.».

    Corte Edu, Grande Camera, 24 gennaio 2017, Paradiso e Campanelli c./ Italia, Foro it., 2017, IV, 105, con nota di CASABURI, afferma con cristallina chiarezza che la CEDU «non sancisce alcun diritto di diventare genitore» (§ 215).

    Sul punto, cfr. il nostro Per una riforma dell’adozione, in Dir. fam., 2016, 720 e ss.

    [5] Cass., 30 settembre 2016, n. 19599, in Foro it., 2016, I, 3329.

    [6] Cass., 30 settembre 2016, n. 19599, cit.

    [7] M. BIANCA, Prefazione, in The best interest of the child, a cura di M. BIANCA, Roma, 2021, XV e ss.

    [8] App. Trento 23 febbraio 2017, in Foro it., 2017, I, 1034.

    [9] Cass., S.U., 8 maggio 2019, n. 12193, in Foro it., 2019, I, 1951.

    [10] M. BIANCA, La tanto attesa decisione delle Sezioni Unite. Ordine pubblico versus superiore interesse del minore?, in Familia, 2019, 375.

    [11] Cfr., da ultimo, la narrazione di Chiara Lalli, apparsa su www.corriere.it, Corriere Daily, episodio 555, 28 aprile 2022, La maternità surrogata reato universale? Una proposta di legge che fa discutere, a cura di T. Pellizzari.

    [12] M. BIANCA, La tanto attesa decisione, cit., 377.

    [13] Corte cost., 13 aprile 2016, n. 84, in Giur. it., 2017, 307, con nota di D. CARUSI, Embrioni in soprannumero e destinazione alla ricerca: il diritto vigente; Corte cost., 11 novembre 2015, n. 229, in Dir. pen. e processo, 2016, 62, con nota di A. VALLINI, Gli ultimi fantasmi della legge 40: incostituzionale il (supposto) reato di selezione preimpianto.

    Cfr. pure Corte cost., 8 maggio 2009, n. 151, in Foro it., 2009, I, 2301.

    [14] Corte cost., 13 aprile 2016, n. 84, cit.; Corte cost., 11 novembre 2015, n. 229, cit.

    [15] Corte cost., 8 maggio 2009, n. 151, cit.

    [16] C.M. BIANCA, Diritto civile, 2.1, cit., 445.

    [17] C.M. BIANCA, Diritto civile, 2.1, cit., 445.

    [18] G. OPPO, Procreazione assistita e sorte del nascituro, in G. OPPO, Scritti giuridici, VII, Padova, 2005, 52.

    [19] G. OPPO, Procreazione assistita e sorte del nascituro, in G. OPPO, Scritti giuridici, VII, cit., 49 e ss.

    [20] Così già Corte cost., 18 dicembre 2017, n. 272, in Foro it., 2018, I, 5.

    [21] Corte cost., 28 marzo 2022, n. 79.

    [22] Cass., I Sez. civ., ord., 29 aprile 2020 n. 8325, in giudicedonna.it, 2/2020, con nota di M. BIANCA, Il revirement della Cassazione dopo la decisione delle Sezioni Unite. Conflitto o dialogo con la Corte di Strasburgo? Alcune notazioni sul diritto vivente delle azioni di stato.

    [23] Sent. n. 33/2021, cit.

    [24] Corte cost., 9 marzo 2021, n. 33, cit.; Corte cost., 10 febbraio 1981 n. 11.

    [25] G. FERRANDO, Il diritto dei figli di due mamme o di due papà ad avere due genitori. Un primo commento alle sentenze della Corte costituzionale n. 32 e 33 del 2021, in www.giustiziainsieme.it.

    [26] Cass., 21 gennaio 2022, n. 1842.

    [27] Cass.25 febbraio 2022, n. 6383.

    Cfr. anche Cass., 7 marzo 2022, n. 7413, secondo la quale la prevalenza da accordarsi all’interesse del minore «non legittima l’automatica estensione delle disposizioni dettate per la p.m.a. anche ad ipotesi estranee al loro ambito di applicazione, non potendo questa Corte sostituirsi al legislatore, cui spetta, nell’esercizio della propria discrezionalità, l’individuazione degli strumenti giuridici più opportuni per la realizzazione del predetto interesse, compatibilmente con il rispetto dei principi sottesi alla l. n. 40 del 2004». Nel medesimo senso, cfr. Cass., 4 aprile 2022, n. 10844; Cass., 5 aprile 2022, n. 11078; Cass., 23 agosto 2021, n. 23321; Cass., 23 agosto 2021, n. 23320.

    [28] Cass., S.U., 8 maggio 2019, n. 12193, cit.; Cass., S.U. 31 marzo 2021, n. 9006, in N.g.c.c., 2021, 797, con nota di L. TORMEN, Via libera alla trascrizione dell’adozione per le coppie omoaffettive.

    Corte cost., 28 gennaio 2005, n. 48, in Foro it., 2005, I, 627, ha chiarito che la l. n. 40 del 2004 reca «la completa ed esclusiva disciplina della procreazione medica assistita» (conf. Corte Cost., 28 gennaio 2005, n. 47, ivi).

    Corte Cost., 28 gennaio 2005, n. 45, in Foro it., 2005, I, 629, ha ritenuto la l. n. 40/2004 la «prima legislazione organica relativa ad un delicato settore… che indubbiamente coinvolge una pluralità di rilevanti interessi costituzionali, i quali, nel loro complesso, postulano quanto meno un bilanciamento tra di essi che assicuri un livello minimo di tutela legislativa». Si tratta, dunque, di normativa «costituzionalmente necessaria», che rende inammissibile la richiesta di sottoporre a referendum abrogativo l’intera l. n. 40/2004.

    [29] Corte cost., 26 settembre 1998, n. 347.

    Cfr. pure Cass., S.U., 8 maggio 2019, n. 12193, cit.

    [30] C.M. BIANCA, Ex facto oritur ius, in C.M. BIANCA, Realtà sociale ed effettività della norma giuridica. Scritti giuridici, I, 1, 207.

    [31] C.M. BIANCA, Ex facto oritur ius, cit., 203 e ss.

    [32] Non essendo quello italiano un ordinamento di common law, il giudice non è vincolato dal precedente, per quanto autorevole. Cfr., in tal senso, Cass., S.U., 3 maggio 2019, n. 11747.

    [33] Si veda, soprattutto, Cass., S.U., 11 luglio 2011, n. 15144. Nel medesimo senso, cfr. Cass., S.U., 20 dicembre 2016, n. 26271; Cass., S.U., 23 dicembre 2014, n. 27341; Cass., S.U., 22 marzo 2019, n. 8230.   

    Cass., S.U., ord., 6 novembre 2014, n. 23675, sottolinea che «la “creatività” dell’interpretazione giurisprudenziale deve interpellare il senso di misura e soprattutto il senso di responsabilità dell’interprete».

    [34] Corte cost., 13 aprile 2017, n. 82, in Foro it., 2017, I, 1819. Conf. Corte cost., 19 febbraio 2016, n. 36.

    [35] Cass., S.U., 11 luglio 2011, n. 15144.

    [36] Cfr., in generale, C.M. BIANCA, Lo pseudo-riconoscimento dei figli adulterini, in Realtà sociale, cit., I, 1, 303 e ss.

    [37] Corte EDU, 24 gennaio 2017, Paradiso e Campanelli contro Italia, cit., §§ 197-199.

    [38] Corte EDU, Grande Camera, parere consultivo 10 aprile 2019, in N.g.c.c., 2019, 757, con nota di A. GRASSO, Maternità surrogata e riconoscimento del rapporto con la madre naturale, § 54.

    [39] Corte cost., 28 marzo 2022, n. 79.

    [40] C.M. BIANCA, Diritto civile, 2.1, cit., 445.

    [41] Corte cost., 26 settembre 1998, n. 347; Cass., 9 aprile 2019, n. 9905; Cass., 12 marzo 2014, n. 5710; Cass., 21 dicembre 2012, n. 23713.

    Nel merito, cfr. App. Potenza, 4 agosto 2010.

    [42] Corte cost., 22 novembre 2013, n. 278, in Foro it., 2014, I, 4; Corte cost., 25 novembre 2005, n. 425, in Guida al dir., 2005, fasc. 47, 28.

    Sul punto, cfr. il nostro Il diritto a conoscere le proprie origini, in The best interest of the child, a cura di M. BIANCA, cit., 1011 e ss.

    [43] Cfr. sopra, il § 2.

    [44] C.M. BIANCA, Diritto civile, 2.1, cit., 445.

    [45] Cass., S.U., 31 marzo 2021, n. 9006, cit.

    [46] G. RECINTO, Le pericolose oscillazioni della Suprema Corte e della Consulta rispetto alla maternità surrogata, in Fam. e dir., 2021, 1009.

    [47] M. SESTA, Adozione consensuale estera e ordine pubblico: una decisione che non persuade, in Fam. e dir., 2021, 1014.   

    [48] Così, invece, Cass., S.U., 8 maggio 2019, n. 12193, cit.

    [49] Corte cost., 9 marzo 2021, n. 33, cit.

    [50] Corte cost., 28 marzo 2022, n. 79.

    [51] Corte cost., 28 marzo 2022, n. 79.

    [52] U. SALANITRO, L’adozione e i suoi confini. Per una disciplina della filiazione da procreazione assistita illecita in N.g.c.c., 2021, 947.

    [53] C.M. BIANCA, Diritto civile, 2.1, cit., 447.

    [54] E’ lecito interrogarsi se sia ragionevole e confacente all’interesse del minore attribuire la maternità ad una donna che in realtà non ha alcuna volontà di maternità, destinata ad eclissarsi subito dopo la nascita. Perlomeno nel caso (che costituisce la regola) in cui non sussista alcun legame biologico tra la gestante e il nato.

    [55] In tal senso, cfr. A. NICOLUSSI, Famiglia e biodiritto civile, in Europa e dir. priv., 2019, 713 e ss.

    [56] Cfr., in tal senso, già il nostro Il problema della filiazione nell’unione civile, in Le unioni civili e le convivenze, a cura di C.M. BIANCA, Padova, 2017, 318 e ss.; Id., Per una riforma dell’adozione, cit., 724 e ss.

    [57] Cfr., da ultimo, Corte cost., 28 marzo 2022, n. 79; Cass., S.U., 31 marzo 2021, n. 9006, cit.

    [58] Così Cass., S.U., ord., 16 febbraio 1995, n. 78. 

    [59] In tal senso ci eravamo già espressi nel nostro Il problema della filiazione nell’unione civile, cit., 318 e ss.; Id., Per una riforma dell’adozione, cit., 725 e ss.

    Un’importante apertura, nel senso indicato, proviene oggi da Cass., S.U., 31 marzo 2021, n. 9006, cit.

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