GIUSTIZIA INSIEME

ISSN: 2974-9999
Registrazione: 5 maggio 2023 n. 68 presso il Tribunale di Roma

    Ricordo di Valerio Onida

    Ricordo di Valerio Onida

    di Marilisa D’Amico 

    Ricordare Valerio Onida non è facile. Non è facile per il valore e la grandezza del professore, dello studioso, dell’uomo, del personaggio pubblico, come in questi giorni in tanti hanno già riconosciuto. Non è facile, soprattutto, per il particolare rapporto che lega un Maestro a un allievo, anzi, in questo caso, a un’allieva: un rapporto molto intenso dal punto di vista scientifico e, nel caso di Valerio, anche umano, un rapporto però che, nonostante il tempo e la strada percorsa dall’allievo, non diventa mai paritario. Non che lui non lo volesse, anzi, ho sempre ammirato e cercato di emulare la sua capacità di ascoltare la persona più giovane o quella con maggiori difficoltà. Non gli piacevano affatto i “geni” o i supponenti: ci insegnava, senza dircelo esplicitamente, ma con i fatti, l’umiltà, la curiosità, la propensione a dubitare delle strade veloci e meno impervie.

    Ma oggi, cercando di selezionare le innumerevoli cose che direi di lui, sono stata presa da quel senso di ansia, che ho sempre provato quando gli facevo leggere le mie cose o discutevo delle mie posizioni: soddisferò le sue aspettative, sarò all’altezza del compito?

    Comincio dalla cosa più importante, Valerio Onida Professore, su cui ha già detto molto intensamente Marta Cartabia. Conoscendolo e sperimentandolo “sul campo”, come direbbe lui, ho capito che avrei voluto lavorare con lui e provare ad assomigliargli, almeno un po’. Valerio Onida era innamorato dell’insegnamento, non si stancava mai, gli piaceva trasmettere il senso delle cose che stava spiegando. Gli piaceva insegnare a tutti: agli studenti più bravi, perché discuteva con loro “alla pari”, interessandosi delle loro idee spesso in modo più appassionato che con i colleghi, e a quelli in difficoltà, perché la sfida per lui era far appassionare alla Costituzione, al diritto costituzionale. Ricordo esami che duravano ore e orari di ricevimento infiniti.

    Il suo metro per consigliare a laureati di intraprendere il percorso universitario era sicuramente basato sull’impressione che vi fosse non solo interesse scientifico, ma soprattutto passione per gli studenti e per la trasmissione del sapere.

    Qualità scientifiche rispetto alle quali, però, Valerio Onida era molto rigoroso, con sé stesso e quindi con gli altri. Il suo metodo si incentrava sul dato positivo che dominava, dai principi al dettaglio: partendo da un quadro completo del diritto positivo, poi, ammetteva in uno studio anche le tesi più originali. Ma se c’era una norma dimenticata, un passaggio del ragionamento poco chiaro dal punto di vista logico, a lui non sfuggiva mai. Tante volte sono arrivata convinta delle mie tesi e della solidità del lavoro e mi sono vista presentare così tanti dubbi, interrogativi e   richieste di approfondimento, da rifare completamente il lavoro. Passato l’“esame” con lui, però, si poteva essere sicuri dell’accoglienza positiva del resto dell’accademia.

    Anche nell’attività professionale, la prima cosa che chiedeva a chiunque, dal collega luminare al giovane praticante era: “Dov’è la norma?”. Ma solo lui riusciva a ricostruire il senso di discipline tecniche, talvolta anche aride, presentandole in modo estremamente affascinante e complesso. Non si accontentava mai, se una cosa non lo convinceva, faceva e rifaceva, faceva rifare e rifare….

    Scientificamente Valerio Onida ha dominato, come è stato ricordato, tutti i campi del diritto costituzionale, dalle istituzioni, alla giustizia costituzionale, al regionalismo, di cui è stato uno dei padri nobili, ai diritti fondamentali, fino al diritto europeo e al rapporto fra corti, precursore di un settore che oggi è molto studiato, ma che all’inizio, era interesse di pochi.

    La mia affinità con lui è nata soprattutto sulla giustizia costituzionale, con la tesi di laurea e con il dottorato di ricerca nonché con la frequenza del corso di giustizia costituzionale, un corso innovativo, dove studiavamo e discutevamo in piccoli gruppi, partendo dalle decisioni più significative della Corte costituzionale; corso che appena laureata cominciai a frequentare come sua “assistente”. Dal corso è nata una pubblicazione in comune i “Materiali di giustizia costituzionale- Il giudizio in via incidentale”, dove in modo innovativo e precursore di una sensibilità che si sta sviluppando ora, alla parte teorica, dalla quale emerge in modo nitido la visione “onidiana” di un giudice costituzionale strettamente collegato al giudizio a quo, alle sue sorti, al modo in cui il giudice imposta l’ordinanza di rimessione e interpreta le norme (visione che da giudice costituzionale lo porterà, insieme a Gustavo Zagrebelsky, ad aprire la via dell’interpretazione costituzionalmente conforme come requisito di ammissibilità della questione) si accompagnava una parte pratica di casi selezionati, descritti, completati da parti di decisioni e da domande rivolte agli studenti per evidenziarne gli aspetti più rilevanti. Di recente, in una delle nostre ultime conversazioni, abbiamo parlato di questa pubblicazione e il Maestro mi ha proposto di riprenderla in mano e di pensare a un aggiornamento. Sono uscita felice, orgogliosa della proposta e pensando che avesse più tempo, più tempo per il suo lavoro, ma soprattutto per i suoi cari.

    Valerio Onida è stato un grande giudice costituzionale e negli ultimi mesi un grande Presidente: per nove anni punto di riferimento per tutti i colleghi che ne ammiravano la capacità di essere preparato su tutto. In effetti ricordo bene che lui studiava tantissimo non solo le “sue” questioni, ma anche quelle degli altri. E su queste ultime era sempre molto preparato, al punto che anche a Milano ci faceva ogni tanto studiare le ordinanze di rimessione e ne discuteva con noi.

    Ricordo in particolare le decisioni che ammettono la legittimazione del magistrato di sorveglianza, come la sentenza n. 212 del 1997, con una soluzione rispetto al tema della legittimazione del giudice a quo che come studioso conosceva benissimo, di apertura, proprio per consentire alla Corte di cominciare a occuparsi dei diritti dei detenuti, tema che era molto sentito, al punto che appena concluso il mandato di giudice costituzionale, accettò di offrire assistenza ai detenuti nel carcere di Bollate diretto da Lucia Castellano.

    Ricordo l’importantissima decisione n. 10 del 2000, decisione nella quale la Corte costituzionale cercò di limitare l’abuso del ricorso all’insindacabilità garantita ai Parlamentari dall’art. 68, comma 1 Cost., con il ricorso al cd. “nesso funzionale”: decisione limpidissima, nello stile che lo contraddistingueva.

    Ricordo anche un’altra importante sentenza, la n. 49 del 2003, sul tema della presenza delle donne nelle Assemblee elettive nella quale la Corte riesce a “ribaltare” la sentenza n. 422 del 1995, con la quale aveva bocciato qualsiasi ipotesi di norme antidiscriminatorie in materia elettorale. Con un ragionamento che proseguirà negli anni, la Corte ammette la possibilità di norme che incentivino la presenza femminile, senza arrivare a giustificare le cd. quote vere e proprie, cioè quelle che garantiscono il risultato.

    Valerio Onida è stato anche animato da un fortissimo impegno civico: non si è mai tirato indietro, dagli anni in cui si costruivano le regioni, alle battaglie referendarie, soprattutto in occasione del referendum elettorale del 1993, dove assisteva il comitato promotore del referendum e dove non si era arreso dopo la bocciatura del quesito nel 1990 da parte della Corte, alla sfida nelle primarie del pd come sindaco di Milano, alla campagna per il NO durante il referendum costituzionale del 2016: il suo impegno militante contribuì in modo decisivo ad orientare in quel senso tanti cittadini.

    Infine, la parte più difficile da descrivere, quella umana. Valerio era una persona speciale, di enorme sensibilità e generosità. A me non ha mai fatto mancare il suo sostegno e la sua attenzione, non solo nelle occasioni scientifiche e accademiche cruciali, ma anche nei momenti belli e in quelli difficili della mia vita personale. Come non mi ha risparmiato le sue critiche, talvolta anche durissime. Credo che tutti i suoi allievi e le sue allieve, che, come è stato ricordato, sono tanti e dagli interessi e vite professionali e scientifiche diverse, e le persone che lo hanno incontrato nel corso della sua lunga e intensa vita, lo abbiano sperimentato e non potranno dimenticarlo mai.

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