Gli attori della giustizia
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Alfredo Morvillo di Leo Agueci

Alfredo Morvillo

di Leo Agueci

Ho conosciuto Alfredo Morvillo nei terribili giorni del luglio 1992 quando, appena arrivato in applicazione volontaria alla Procura di Palermo, fui brutalmente accolto dalla strage di via d’Amelio, costata la vita a Paolo Borsellino ed agli agenti della sua scorta.

Lo sconforto tra i colleghi dell’ufficio appariva evidente e comprensibilmente fortissimo perché erano trascorsi meno di due mesi dall’altra terribile strage, della quale erano state vittima Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, e perché il Procuratore Aggiunto Paolo Borsellino era molto amato all’interno della Procura e costituiva il fondamentale punto di riferimento per chiunque volesse realmente combattere la mafia.

Ma ebbe presto a manifestarsi anche una tenacissima volontà di rivalsa della quale Alfredo Morvillo divenne indiscusso protagonista.

L’impatto emotivo della strage aveva reso evidente la delicata situazione all’interno dell’ufficio, dovuta soprattutto alla mancanza di autorevolezza e credibilità del Procuratore capo, al quale veniva addebitato tra l’altro il boicottaggio attuato in passato verso il Procuratore Aggiunto Giovanni Falcone (che aveva costituito una delle ragioni della decisione di quest’ultimo di trasferirsi a Roma) e, più recentemente, i suoi notori rapporti di amicizia con esponenti politici locali compromessi con la mafia.

In questo drammatico frangente Alfredo Morvillo non ebbe alcuna remora nel rendere pubblica la situazione che si era determinata in Procura, facendosi interprete del forte disagio dei sostituti (soprattutto quelli della DDA) e nel promuovere con altri iniziative e documenti di denunzia che, portati a conoscenza del Procuratore, lo convinsero a lasciare l’ufficio.

Grazie anche al suo contributo, la Procura di Palermo – nel suo momento più difficile e lacerante – ha saputo dimostrare a tutti solida e determinata capacità di reazione al durissimo attacco mafioso e ritrovare al suo interno l’energia morale e la determinazione necessarie ad avviare la grande stagione di riscossa delle Istituzioni contro la mafia.

La stagione delle stragi per lui - fratello di Francesca Morvillo e cognato di Giovanni Falcone – è stata particolarmente dolorosa e lacerante per averlo colpito anche e soprattutto nella dimensione, profonda e privata, dei suoi affetti più cari.

Rispetto ai suoi legami familiari ha però sempre mantenuto un atteggiamento esterno di assoluto e religioso riserbo, tanto da manifestare evidente fastidio nell’essere chiamato in causa – e spesso è avvenuto – semplicemente come “...fratello di…” o “…cognato di…”.

Ma, quando è stato necessario per proteggere il ricordo di Giovanni Falcone o di Francesca Morvillo, e difendere il profondo legame affettivo che li univa, non ha avuto alcuna esitazione nell’intervenire energicamente, come è avvenuto in occasione della sua conclamata (e sacrosanta) protesta rispetto alla inopportuna delibera di accogliere nella chiesa di S. Domenico, Pantheon dei palermitani, le sole spoglie di Giovanni Falcone, così separandole da quelle della moglie, che pure ne aveva condiviso fino all’ultimo il tragico destino.

Ed ancora è nota la sua intolleranza verso le tante persone – magistrati, e non solo – che nel corso degli anni si sono auto attribuite una asserita “eredità morale” da Giovanni Falcone, senza averne posseduto alcun titolo e piuttosto averlo al contrario avversato in vita, ovvero lo hanno abitualmente menzionato, pur non avendo avuto effettivi rapporti con lui, con il confidenziale nome “Giovanni”

In contrapposizione a costoro, Alfredo Morvillo, quando si trova a parlare in pubblico di lui, lo fa sempre con delicatezza e rigoroso distacco ostentatamente chiamandolo con nome e cognome per intero.

I suoi interventi pubblici in materia di mafia sono appassionati e coinvolgenti. A differenza di altri, non indulge in autocelebrazioni ma richiama abitualmente il concetto che la lotta alla mafia non rappresenta solo un affare di magistrati e di polizia, ma deve costituire obiettivo corale di tutte le componenti della società.

Si rivolge con particolari accenti critici alla classe dirigente, soprattutto politica, denunziandone l’insufficiente impegno nel contrastare ed eliminare connivenze, infiltrazioni e condizionamenti mafiosi e l’indisponibilità a fare tesoro, a tal fine, delle imponenti informazioni che le indagini giudiziarie riportano in misura molto più ampia rispetto a quanto destinato a costituire specifico oggetto dell’azione penale, alla quale soltanto – in definitiva – si finisce per fare riferimento.

Alfredo Morvillo è  stato uno dei magistrati di punta della formidabile stagione, succeduta a quella delle stragi, nella quale gli uffici giudiziari di Palermo hanno profuso il massimo impegno nella lotta alla mafia, conseguendo risultati di storica rilevanza, con gli arresti e le condanne definitive di tutti i principali esponenti di cosa nostra (con un’unica eccezione), con la ricostruzione di gravissimi intrecci criminali e di strette connivenze con vertici politici, amministrativi ed economici, con l’efficace repressione delle manifestazioni mafiose più violente e sanguinarie (fino alla loro quasi totale scomparsa), con la riconquista, da parte dello Stato, di aree territoriali, economiche e sociali sottratte al controllo dalla criminalità.

Tra le tante operazioni da lui gestite e coordinate, dapprima come Sostituto Procuratore e quindi come Procuratore Aggiunto, merita di essere ricordata quella che ha portato all’arresto del boss mafioso latitante Salvatore Lo Piccolo (in quel momento vertice assoluto delle famiglie palermitane) frutto di un’indagine particolarmente articolata ed impegnativa, condotta con estrema tenacia ed ostinazione.

Alfredo Morvillo ha sempre esercitato un carisma trascinante verso i colleghi, soprattutto i più giovani, per effetto della notoria esuberanza e capacità comunicativa con cui ha saputo trasmettere impegno appassionato sul lavoro, senso di giustizia, grande forza interiore, rifiuto di compromessi e schiettezza di giudizi.

Un suo connotato specifico è sempre stato costituito dal desiderio e dalla capacità di “fare squadra” con i colleghi, in tutte i momenti della sua esperienza professionale. È stato un convinto assertore del lavoro di gruppo, nel quale valorizzare le singole personalità. Si è così tenuto lontano da atteggiamenti di egocentrismo ed autoreferenzialità (vizio comune a molti Pubblici Ministeri) per operare da catalizzatore di energie, professionalità ed esperienze diverse da armonizzare e far crescere in vista di un risultato comune da perseguire con unica ed indistinta determinazione.

Di questa meritoria funzione è stato efficace interprete nelle sue diverse esperienze di “semidirettivo”, quale Procuratore aggiunto di Palermo e quindi di “direttivo” come Procuratore della Repubblica di Termini Imerese e di Trapani, costituendo ogni volta rapporti di pieno affiatamento e reciproca fiducia con i colleghi a lui affidati, testimoniati dall’affetto e dal rimpianto lasciati ad ogni trasferimento d’ufficio.

Alfredo Morvillo, in definitiva, costituisce da sempre – e certamente lo sarà anche in futuro – l’immagine, concordemente riconosciuta, di magistrato corretto e rispettoso dei diritti di tutti, ma nello stesso tempo determinato ed intransigente sul lavoro. Per chi ha lavorato al suo financo, esempio vivente di collega limpido leale ed affidabile, dal quale sai che non potrai mai ricevere tradimenti o delusioni.

In definitiva, uno splendido magistrato ed un vero uomo …. e non è che in giro se ne vedono tanti!!

 

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