Diritto e società
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​Il Referendum per l’eutanasia legale. Forum di Giustizia Insieme. 4) Ida Angela Nicotra

                         Il Referendum per l’eutanasia legale. Forum di Giustizia Insieme. 4) Ida Angela Nicotra

Intervista di Roberto Conti a Ida Angela Nicotra

Le domande

1. La via referendaria in tema di eutanasia dopo le decisioni della Corte costituzionale sul caso Antoniani-Cappato- sentenza n.242/2019 e ord. n.207/2018-. Indebita interferenza rispetto al possibile intervento legislativo ovvero uso legittimo dello strumento referendario  per dare attuazione alle pronunzie della Consulta?

2. La circostanza che, rispetto alle decisioni della Corte costituzionale ricordate nel primo quesito, il quesito referendario intenda incidere sull’art.579 c.p. e non sull’art.580 c.p., direttamente interessato dalla pronunzia di parziale incostituzionalità, assume qualche rilievo ai fini dell’ammissibilità della proposta?

3. A suo avviso il  quesito tende ad integrare il quadro normativo vigente piuttosto che ad abrogare una disposizione già colpito dalla pronunzia di parziale incostituzionalità, ovvero esso si pone nell’ambito della piena ortodossia degli interventi referendari ammessi dalla Costituzione ?

4. Esiste, a Suo avviso, il pericolo che il quesito referendario formulato dai proponenti, se accolto, consenta la depenalizzazione del reato di aiuto al suicidio anche al di fuori dei limiti fissati dalla Corte all’incostituzionalità dell’art.580 c.p., al punto da escludere l’antigiuridicità dell’uccisione per effetto del mero consenso della persona che chiede di interrompere la propria esistenza? Ove Lei ritenesse sussistente tale pericolo, lo stesso potrebbe essere eventualmente considerato in sede di ammissibilità del quesito da parte della Corte costituzionale?

5. Vi sono, a Suo giudizio,  carenze del quesito referendario rispetto alle questioni poste dalla sentenza n.242/2019?

6. Quali effetti potrà determinare la decisione in punto di ammissibilità del quesito referendario sull’iter parlamentare che riguarda la proposta di legge sul suicidio assistito?

7. In conclusione, quali sono le Sue previsioni sulle sorti del quesito referendario proposto dall’Associazione Luca Coscioni e dalle altre associazioni proponenti?

Le risposte di Ida Angela Nicotra

Una premessa necessaria  

Il referendum proposto dai radicali chiede l’abrogazione dell’art. 579 del Codice penale, che prevede l’omicidio del consenziente. Il testo del quesito, pubblicato in G.U., Serie generale, 21 aprile 2021, n95 recita: Volete voi che sia abrogato l’art. 579del Codice penale (omicidio del consenziente) approvato con regio decreto19 ottobre 1930, n. 1398, comma 1, limitatamente alle seguenti parola “la reclusione da sei a quindici anni”, comma 2 integralmente; comma 3 limitatamente alle seguenti parole “si applicano”?.

L’iniziativa referendaria si concentra su una fattispecie criminosa differente e più grave di quella contenuta nell’art. 580 dell’aiuto al suicidio. Tale ultima ipotesi di reato - com’è noto - è stata dichiarata dalla Corte costituzionale, in presenza di determinate e concomitanti condizioni, in contrasto con la Costituzione. In particolare, le condizioni di non punibilità, individuate con la sentenza n. 242 del 2019, per le condotte di aiuto al suicidio sussistono se il paziente “sia affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili”, sia tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale ed esprima un valido consenso rispetto al proposito di suicido. Sempre che tali condizioni e modalità di esecuzione – aggiunge la Corte - siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico competente. In tal modo, la decisione ha aperto un varco al riconoscimento della volontà coscientemente manifestata da quei soggetti, gravemente malati e sofferenti, che non intendono avvalersi di strumenti di sostegno esterno per essere mantenuti in vita. 

In una prospettiva personalistica, lo spazio riservato al principio di autodeterminazione individuale deve rispondere ad effettività anche nelle fasi finali dell’esistenza con riferimento a persone che versino in una situazione di eccezionale malattia.

Anche la decisione meno recente della Corte di Cassazione sul caso di Eluana Englaro e successivamente la legge n. 219 del 2017 (recante norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) vanno nella direzione di valorizzare il consenso informato e il diritto del paziente di rifiutare le cure e l’accanimento terapeutico.

Invero, in un primo tempo, con l’ordinanza n.207 del 2018 la Corte nel rispetto dei ruoli e del principio di leale collaborazione aveva posticipato la decisione sul c.d. caso dj Fabo - Cappato, in modo da consentire alle Camere di approvare una disciplina organica in materia del fine vita. Proprio dal silenzio del Parlamento protratto per quasi un anno scaturisce la decisione di incostituzionalità parziale del reato di aiuto al suicidio.

Il ricorso al referendum sul delicatissimo tema dell’eutanasia attiva si interseca con il forte ritardo della decisione legislativa in merito a questioni avvertite come fondamentali da parte della pubblica opinione. L’apatia delle Camere, incapaci di colmare il vuoto di disciplina in ordine a determinati rapporti, risulta più evidente proprio su temi ritenuti delicati e particolarmente divisivi.

Non è inutile ricordare che l’istituto referendario ha rappresentato fin dall’origine, il meccanismo più idoneo di integrazione – correzione della democrazia rappresentativa. La consultazione popolare risponde, infatti, all’esigenza di garantire una partecipazione diretta dell’elettorato alle decisioni collettive, valorizzando la scelta immediata dei cittadini.

Il ricorso all’istituto referendario è tanto più frequente quanto le istituzioni politiche si ritraggono dal loro compito di fornire risposte alle aspettative e ai bisogni della collettività, come, sovente, avviene sul versante dei diritti civili.

Con l’aiuto della tecnologia sono state già raccolte più di 900mila firme per il referendum proposto dall’associazione “Luca Coscioni”. L’introduzione dello SPID apre orizzonti inediti per la democrazia. Il sistema digitale più snello e rapido elimina le barriere fisiche per la partecipazione popolare, rendendone l’accesso molto più facile e ampio. Il DL semplificazioni ha previsto la firma digitale per avanzare la richiesta di referendum. Con la firma da “remoto” non servono carta, penne per organizzare una campagna la cui pianificazione sarebbe stata oltremodo difficile in tempi di Covid.

L’effetto digitalizzazione sulla fase referendaria ha reso agevole il raggiungimento del quorum di 500 mila adesioni richiesto dalla Costituzione, addirittura consentendo di superare la soglia già nei primi giorni di presentazione del quesito. L’uso dello strumento informatico comporta un allargamento dello spazio di democrazia diretta, probabilmente molto al di là delle stesse intenzioni dei Costituenti. Per evitare di svalutare il ricorso a tale istituto vi sono diverse iniziative legislative che propongono di “filtrare” il quesito, con l’anticipazione del giudizio di ammissibilità della Corte costituzionale già subito dopo la raccolta delle prime 100mila firme, di aumentare il numero di firme necessarie per promuovere la richiesta di referendum a 800 mila dalle attuali 500 mila e inoltre abbassare il quorum deliberativo, portandolo dalla metà più uno degli aventi diritto alla metà più uno dei votanti alle precedenti elezioni politiche, affinché si possa raggiungere più facilmente il quorum.    

1. Uno dei profili di interesse intorno alla proposta referendaria sull’eutanasia riguarda la circostanza che il referendum verte su una specifica norma del Codice penale, differente da quella su cui la Corte è stata chiamata a decidere. In quanto l’omicidio del consenziente non coincide con il reato di aiuto al suicidio e si caratterizza per un maggiore disvalore sociale. Tale fattispecie criminosa prescinde dalle condizioni di salute, basandosi esclusivamente sull’espressione del consenso della vittima.  

2. In realtà il quesito che riguarda la fattispecie dell’uccisione del consenziente potrebbe comportare l’esclusione dell’antigiuridicità dell’omicidio per effetto del consenso della persona che chiede di interrompere la propria vita. Si tratta di una norma incriminatoria distinta da quella oggetto del giudizio costituzionale che ha portato alla parziale illegittimità dell’art.580 c.p, in quella occasione la Corte ebbe modo di puntualizzare i criteri idonei a parametrare l’accertamento dei requisiti di liceità del suicidio assistito.  

Anzi la C]orte si sofferma sulle previsioni costituzionali, segnatamente sugli artt. 2 e 13, dalle quali non può farsi derivare il diritto di rinunciare a vivere e dunque un vero e proprio diritto a morire. Sicché, a fortiori, non è possibile desumere una generale inoffensività dell’aiuto al suicidio da un generico diritto all’autodeterminazione individuale.

Il giudice delle leggi aveva individuato taluni profili quali presupposti per decidere in merito alla compatibilità a Costituzione del reato di aiuto al suicido. In particolare, la Corte si sofferma sul rapporto tra tale fattispecie incriminatrice e i principi fondamentali contenuti nella Carta.  Chiarisce la Corte come l’art. 2 Cost. sancisce il dovere dello Stato di tutelare la vita di ogni persona e non quello di riconoscere la possibilità di ottenere dall’ordinamento o da un terzo l’aiuto a morire. Del resto, tale orientamento risulta in linea con quanto previsto dalla Convenzione Edu. Invero, secondo l’interpretazione fornita dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, l’art.2 della Cedu deve essere interpretato nel senso che esso contempla il diritto alla vita e non il suo opposto. Nella sentenza 29 aprile 2002, Pretty contro Regno Unito, ricordata nella decisione n.242, si esclude che la norma convenzionale riconosca un diritto a morire da realizzare con l’intervento della pubblica autorità o con l’assistenza di una terza persona. Anzi, l’orientamento della Corte Edu ritiene il divieto di aiuto al suicidio compatibile con la previsione contenuta nell’art. 8 della Convenzione, che prevede il rispetto “della vita privata e familiare”. Rimane affidata alla discrezionalità dei singoli Stati contemperare la liberalizzazione del suicidio assistito con la necessità di evitare rischi di abuso a danno delle persone più fragili e vulnerabili.    

3. Dopo la raccolta delle firme e il controllo di regolarità affidato all’Ufficio centrale presso la Corte di Cassazione, l’ulteriore fase referendaria è, appunto, costituita dal giudizio di ammissibilità del referendum.  

Entro il 10 febbraio 2022 la Corte dovrà rendere nota la decisione con la quale giudicherà sull’ammissibilità del quesito pro eutanasia legale. In quella sede la Corte costituzionale potrebbe valutare la ragionevolezza del quesito anche rispetto alla c.d. normativa di risulta. In effetti la disciplina che deriverebbe da un esito positivo del referendum comporterebbe la totale depenalizzazione dell’illecito dell’omicidio del consenziente più rilevante del reato di aiuto al suicidio per cui comunque si risponderebbe, qualora venisse commesso fuori dai criteri espressi dalla Corte. Ciò finirebbe per creare disparità di trattamento tra i due comportamenti di chi aiuta al suicidio e chi attivamente pone fine alla altrui vita.

La Corte in sede di ammissibilità potrebbe constatare l’illogicità derivante da una totale depenalizzazione del reato più grave rispetto all’ ipotesi meno grave di aiuto al suicidio che rimane una condotta criminosa. Ciò al fine di evitare il rischio che il rinnovato quadro ordinamentale potrebbe presentare in danno di persone vulnerabili. Un’evenienza da non sottovalutare per proteggere da possibili abusi gli anziani e i fragili.

Le pur buone intenzioni referendarie di colmare il vuoto lasciato dall’assenza di una legge che regolamenti il fine vita, potrebbero, nondimeno, risolversi in un pericolo per le persone più indifese. Potrebbe prevalere una concezione contraria al principio personalistico sulla base di una discutibilissima classificazione delle vite umane, lasciando alla discrezionalità del giudice la valutazione del caso concreto.  

4. Tuttavia, va detto che la valutazione sulla “teleologica rilevanza” della normativa che residua dal voto referendario potrebbe essere svolta da parte della Corte anche in un momento successivo alla eventuale vittoria del si. Infatti, il giudizio di ammissibilità della Corte può essere definito come un giudizio astratto e preventivo. Astratto, perché non interviene a dirimere i dubbi di costituzionalità derivanti dalla concreta applicazione della legge, e preventivo, perché le sentenze di inammissibilità sciolgono un dubbio di legittimità costituzionale, limitatamente, però, all’idoneità dell’oggetto del referendum ad essere sottoposto alla consultazione popolare. Così lasciando impregiudicate, eventuali questioni concernenti la costituzionalità degli effetti suscettibili di essere prodotti dallo stesso referendum con la normativa di risulta. Tale ultima alternativa sconterebbe il rischio di una censura sulla costituzionalità della norma in un momento successivo alla vittoria dei si che potrebbe innescare una non auspicabile contrapposizione tra il verdetto popolare e la decisione della Corte.  

6. Ad ogni buon conto, non sembra possibile immaginare quali potranno essere gli sviluppi futuri se il referendum dovesse superare indenne il vaglio di ammissibilità, raggiungere il quorum strutturale, (ovvero che si rechino alle urne la metà più uno degli aventi diritto al voto) e il corpo elettorale dovesse eliminare la norma incriminatrice. Se, in altre parole, la vicenda referendaria possa produrre una spinta ulteriore sull’iter parlamentare che riguarda la disciplina sul suicidio assistito, al fine di formulare una normativa capace di introdurre puntuali scriminanti per la non punibilità dell’omicidio del consenziente.  

5. Di certo la sentenza della Corte ha prodotto i suoi effetti sul dibattito parlamentare. Le intese tra partiti hanno portato alla formulazione di Testo unificato, recante norme sul “Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell’eutanasia”. (C.2 d’iniziativa popolare, C. 1418 Zan, C. 1586 Cecconi, C. 1655 Rostan, C. 1875 Sarli, C. 1888 Alessandro Pagano, C. 2982 Sportiello e C.3101 Trizzini). Tale proposta di legge - adottata come base dalle Commissioni parlamentari II e XII - nel disciplinare l’eutanasia si muove nel solco tracciato dalla pronuncia n. 242. Alla persona affetta da una patologia irreversibile o con prognosi infausta viene attribuita la facoltà di richiedere assistenza medica, al fine di porre fine volontariamente ed autonomamente alla propria vita, alle condizioni, nei limiti e con i presupposti previsti dalla presente legge e nel rispetto dei principi di cui agli artt. 2, 3, 13 e 32 della Costituzione, dell’art.8 della Cedu e degli articoli 1,3,4,6 e 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. L’art.8 di tale articolato normativo prevede l’esclusione di punibilità. Nello specifico le disposizioni contenute negli artt. 580 e 593 non si applicano al medico e al personale sanitario e amministrativo che abbiano dato corso alla procedura di morte volontaria medicalmente assistita nonché a tutti coloro che abbiano agevolato in qualsiasi modo la persona malata ad attivare, istruire e portare a termine di tale procedura, qualora essa sia sta eseguita nel rispetto delle disposizioni di cui alla presente legge.

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