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Il Referendum per l’eutanasia legale. Forum di Giustizia Insieme. 1) Valerio Onida

                            Il Referendum per l’eutanasia legale. Forum di Giustizia insieme

Intervista di Roberto Conti a Valerio Onida

Giustizia insieme apre oggi un focus di riflessione sulla proposta referendaria in tema di eutanasia, coinvolgendo alcuni autorevoli studiosi della materia.

Si comincia con Valerio Onida, Presidente emerito della Corte costituzionale, al quale seguiranno nei giorni successivi gli interventi di Andrea Pugiotto e Paolo Veronesi, entrambi professori ordinari di diritto costituzionale presso l'Università di Ferrara, Ida Nicotra, costituzionalista catanese, Giuseppe Cricenti, consigliere di Cassazione ed esperto bieticista ed infine di Antonio D'aiola, ordinario di diritto costituzionale a Parma.

Le domande

1. La via referendaria in tema di eutanasia dopo le decisioni della Corte costituzionale sul caso Antoniani-Cappato- sentenza n.242/2019 e ord. n.207/2018-. Indebita interferenza rispetto al possibile intervento legislativo ovvero uso legittimo dello strumento referendario per dare attuazione alle pronunzie della Consulta?

2. La circostanza che, rispetto alle decisioni della Corte costituzionale ricordate nel primo quesito, il quesito referendario intenda incidere sull’art.579 c.p. e non sull’art.580 c.p., direttamente interessato dalla pronunzia di parziale incostituzionalità, assume qualche rilievo ai fini dell’ammissibilità della proposta?

3. A suo avviso il  quesito tende ad integrare il quadro normativo vigente piuttosto che ad abrogare una disposizione già colpito dalla pronunzia di parziale incostituzionalità, ovvero esso si pone nell’ambito della piena ortodossia degli interventi referendari ammessi dalla Costituzione ?

4. Esiste, a Suo avviso, il pericolo che il quesito referendario formulato dai proponenti, se accolto, consenta la depenalizzazione del reato di aiuto al suicidio anche al di fuori dei limiti fissati dalla Corte all’incostituzionalità dell’art.580 c.p., al punto da escludere l’antigiuridicità dell’uccisione per effetto del mero consenso della persona che chiede di interrompere la propria esistenza? Ove Lei ritenesse sussistente tale pericolo, lo stesso potrebbe essere eventualmente considerato in sede di ammissibilità del quesito da parte della Corte costituzionale?

5. Vi sono, a Suo giudizio, carenze del quesito referendario rispetto alle questioni poste dalla sentenza n.242/2019?

6. Quali effetti potrà determinare la decisione in punto di ammissibilità del quesito referendario sull’iter parlamentare che riguarda la proposta di legge sul suicidio assistito?

7. In conclusione, quali sono le Sue previsioni sulle sorti del quesito referendario proposto dall’Associazione Luca Coscioni e dalle altre associazioni proponenti?

Le risposte di Valerio Onida

1. Va subito detto che la proposta referendaria non si propone di intervenire nello spazio creato dalla Corte con la sentenza sul caso Antoniani-Cappato attraverso la parziale dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 580 del codice penale (illiceità penale dell’aiuto al suicidio), precisando legislativamente  i criteri indicati dalla sentenza per rendere lecito l’aiuto; ma tende a disciplinare la diversa ipotesi di chi “cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui”, rendendola penalmente lecita nei limiti descritti nella proposta. Cioè si depenalizzerebbe la condotta di chi - fuori dalle ipotesi oggi descritte nel terzo comma dell’art. 579 (minorenne, infermo di mente o in condizioni di deficienza psichica, consenso estorto con violenza o inganno), in cui già si applicano, e continuerebbero ad applicarsi, le norme penali sull’omicidio – compia un atto idoneo a sopprimere la vita di un altro con il consenso di questi.

Qualcosa cioè di ben diverso dall’“aiuto al suicidio” che è stato oggetto della sentenza della Corte, cioè di condotte tali da agevolare e assistere chi, trovandosi nelle condizioni estreme indicate dalla Corte (malattia irreversibile in fase terminale, sofferenze ritenute intollerabili, controllo di una struttura sanitaria pubblica), ed è in grado di esprimere un consenso libero e consapevole, chiede ed ottiene di essere aiutato a porre fine egli stesso alla propria vita. Si noti che non solo la depenalizzazione dell’omicidio del consenziente nei limiti del nuovo art. 579, quale risulterebbe dalla approvazione del referendum, autorizzerebbe pratiche diverse da quelle suicidarie, in cui cioè (come avviene per esempio nella nota clinica svizzera cui si fa frequente riferimento, e a cui ha fatto ricorso anche Fabiano Antoniani nel caso portato all’esame della Corte) è l’aspirante suicida a compiere, sotto controllo medico, l’atto finale di soppressione della propria vita.

Qui si vorrebbe che fosse legalizzato non l’aiuto al suicidio, ma l’atto di soppressione della vita di chi consapevolmente vi consenta, trovandosi nelle condizioni previste. E soprattutto ciò avverrebbe senza il necessario ricorso delle condizioni che in base alla sentenza della Corte possono legittimare l’aiuto al suicidio: situazione di terminalità, malato che dipende da supporti vitali per la sopravvivenza. Basterebbe il consenso libero e informato del paziente.

Si tratta dunque di una ipotesi sostanzialmente diversa da quella di cui si è occupata la Corte, e che andrebbe a rendere lecita un’attività omicidiaria alla sola condizione del consenso consapevole e libero della vittima. Non si tratterebbe più di consentire, rinunciando ai supporti vitali, di essere aiutati a suicidarsi, ma di consentire a chiunque di sopprimere un altro essere umano purchè liberamente consenziente. A mio avviso così si valicherebbero i confini della Costituzione, che protegge la vita umana in ogni suo stadio, e dà prevalenza all’autodeterminazione dell’interessato solo quando si tratta di rifiutare consapevolmente interventi curativi o conservativi. Infatti, a termini dell’art. 32, nessuno può essere obbligato a ricevere trattamenti sanitari: e la legge n. 219 del 2017 ha precisato che ciò si estende ai cosiddetti trattamenti di sostegno vitale di persone in condizioni di malattia incurabile e terminale, che possono essere sostituiti, a richiesta dell’interessato, da interventi di sedazione profonda continua che sopprimono la coscienza e quindi la sofferenza, e preludono a più o meno breve termine alla morte dell’interessato.  

2. La risposta alla domanda sull’ammissibilità del referendum dovrebbe dunque a mio avviso avere risposta negativa, trattandosi di eliminare in certe ipotesi la tutela legale della vita altrui, che è principio costituzionale (è come se all’accusato di un grave reato si consentisse di chiedere che gli venisse inflitta la pena di morte in luogo di qualsiasi altra pena, nonostante il divieto costituzionale).

In ciò che ho detto si trova la risposta ai quesiti di cui al n. 3: verrebbero ampiamente valicati i limiti (malattia inguaribile in fase terminale, dipendenza da supporti vitali, sofferenze intollerabili, consenso libero e consapevole) entro cui la Corte ha stabilito che la richiesta da parte dell’interessato di un aiuto al suicidio possa prevalere sulla tutela costituzionale della vita altrui; e dalla limitata depenalizzazione dell’aiuto al suicidio si passerebbe alla ben diversa ipotesi della depenalizzazione di ipotesi di omicidio del consenziente. Pertanto a mio avviso ciò dovrebbe precludere l’ammissibilità del quesito, essendo la risposta positiva ad esso tale da violare la Costituzione. Ciò che invece potrebbe e dovrebbe essere oggetto di un intervento legislativo che si innesti sull’art. 580 del codice è la diversa ipotesi dell’aiuto al suicidio di chi si trovi nelle condizioni indicate dalla Corte.  

3. Le domande di cui ai numeri 5 e 6 trovano già risposta nei precedenti paragrafi. A mio avviso il quesito referendario formulato è inammissibile perché la normativa di risulta violerebbe i limiti entro i quali il rispetto della vita altrui è compatibile con forme (non di omicidio del consenziente, ma) di aiuto al suicidio in casi estremi, richiesto consapevolmente e liberamente dall’interessato: legittimando così condotte attive di omicidio del consenziente diverse da quelle contemplate dal terzo comma dell’art. 579 del codice vigente.

In ogni caso l’operazione legislativa proposta per via referendaria è sostanzialmente diversa da quella di riempimento del “vuoto” creato dalla sentenza n. 242 del 2019 in tema di aiuto al suicidio, legittimando vere e proprie forme di omicidio del consenziente, che diverrebbero lecite, purchè diverse da quelle contemplate dal terzo comma dell’art. 579.  

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