Diritto e società
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Vaccini, epistemologia e stili di pensiero in Ludwig Fleck

Vaccini, epistemologia e stili di pensiero in Ludwig Fleck

di Angelo Costanzo

 1. Il laboratorio di Rudolf Weigl a Lwów, in Polonia (ora Leopoli in Ucraina), in cui lavorò Ludwig Fleck, batteriologo e microbiologo, fu un centro mondiale di ricerca sui vaccini contro il tifo e durante l’occupazione nazista dovette risolvere il problema di fornirei vaccino all'esercito tedesco: con alcuni sotterfugi occasionali produsse vaccini non ottimali e una piccola quantità di vaccino per uso privato, che, si sostiene, trovò la strada per il ghetto ebraico di Varsavia.

Come ebreo, Fleck fu arrestato nel febbraio del 1943 e in seguito lavorò nei campi di concentramento sotto il diretto controllo delle SS. Egli e i suoi colleghi escogitarono un'altra soluzione al problema di lavorare per il nemico e collaboratori inesperti e supervisori delle SS ignoranti sostennero inconsapevolmente la finzione: produssero, con un sistema clandestino, vaccino inefficace, con cui immunizzare i militari tedeschi, e vaccino efficace con cui immunizzare i prigionieri di Buchenwald attivi nella Resistenza [1].

 2. Oggi Fleck è ricordato come un precursore della sociologia del pensiero con la sua dottrina, da lui definita "teoria comparata della conoscenza" o "epistemologia comparata" (Vergleichende Erkenntnistheorie), fondata su due concetti: lo "stile di pensiero" (Denkstil) e il "collettivo di pensiero" (Denkkollektiv).

La sua principale opera epistemologica è la monografia intitolata Entstehung und Entwicklung einer wissenschaftlichen Tatsache. Einführung in die Lehre vom Denkstil und Denkkollektiv, 1ª ed., Basel, B. Schwabe und Co. Verlabuchhandlung, 1935, 2ª ed., Frankfurt am Main, Suhrkamp, 1980 (ed. it.: Genesi e sviluppo di un fatto scientifico. Per una teoria dello stile e del collettivo di pensiero, Bologna, Il Mulino, 1983). Le sue teorie rimasero quasi sconosciute finché non furono in parte riprese da Thomas Kuhn nella celebre opera The Structure of Scientific Revolution (1962).

3. Tutti gli altri saggi di carattere epistemologico di Fleck sono ora contenuti in: Stili di pensiero. La conoscenza scientifica come creazione sociale (a cura di F. Coniglione, Milano-Udine, Mimesis, 2019) .

Nell’ampio saggio introduttivo (Lontano da Vienna, lontano da Leopoli. Ludwik Fleck: l’uomo giusto nel posto e nel tempo sbagliati, pp. 7-95) Coniglione  chiarisce come l’epistemologia di Fleck sia centrata sul contesto della scoperta delle teorie: lo sviluppo storico di un pensiero non si riduce allo sviluppo logico dei suoi contenuti, non esiste una generazione spontanea dei concetti perché la stessa osservazione dei fenomeni richiede dei preconcetti e l’atteggiamento del ricercatore è segnato dallo “stile di pensiero” condiviso dal gruppo scientifico al quale appartiene e che costituisce un “collettivo di pensiero”.

Fondamentalmente: il vero e il falso non derivano dalla relazione binaria fra il giudizio e lo stato delle cose ma da una relazione ternaria in cui si inserisce l’attuale condizione delle conoscenze scientifiche e della cultura in generale, cioè lo stile di pensiero in cui si colloca il ricercatore. Si tratta di una concezione - analoga a quella espressa da Kazimierz Ajdukiewicz[2] - secondo cui finché ci si serve di un certo quadro concettuale i dati dell’esperienza costringono a accettare certi giudizi, a meno che il ricercatore scelga un altro quadro concettuale che gli consenta di formulare giudizi di segno diverso. Ma la teoria di Fleck non è limitata al dominio scientifico perché considera la rilevanza della influenza sociale su ogni aspetto della vita: esiste una molteplicità di collettivi di pensiero (con i rispettivi stili) che possono essere del tutto disgiunti oppure in sovrapposizione parziale o immersi in un collettivo più vasto (il cosiddetto “senso comune”) che rende possibile  reciproche comunicazioni e la riutilizzazione di uno stile all’interno di un altro, con l’introduzione di germi di idee che possono condurre a nuove direzioni di ricerca  e al mutamento delle credenze, a causa del fatto che ordinariamente ciascun individuo partecipa a più gruppi di pensiero perché è inserito e vive in molteplici contesti sociali.

Ulteriore considerazione di Fleck - che così si collega alle tesi di Michael Polanyi[3] - è che ogni ricercatore all’interno di un collettivo di pensiero possiede competenze verbalizzabili e altre (abitudini, abilità, preferenze) frutto di un indottrinamento pratico tipico della formazione specialistica nel suo campo di lavoro e non completamente verbalizzabile.

 4. Signicativa dell’approccio di Fleck è la risposta alla domanda (importante in tanti ambiti, fra i quali, in particolare, quelli della diagnosi in medicina e della ricostruzione degli eventi singoli in campo giuridico): “in che modo trovare una legge in fenomeni   irregolari?”. Egli considera che il calcolo delle probabilità indica che anche eventi privi di relazioni reciproche si lasciano inquadrare in determinate leggi, mentre una molteplicità di elementi rimane non razionalizzabile se la considera da un unico punto di vista (p. 115).

Ancora, Fleck si sofferma sulla attitudine, di fronte a situazioni nuove, a cercare delle similarità con qualcosa di conosciuto trascurando ciò che è nuovo, ineffabile e specifico (p. 122) e rileva che è vero che l’idea di “osservazione” contiene un elemento di arbitrarietà perché dipende in modo essenziale da quali oggetti si debbano includere nell’insieme osservato: per essere in grado di catturare una qualche definita forma in un dato campo  occorre uno stato di attenzione che comporta espungere altre forme. Si impianta una disposizione a percepire forme che si accordano alla precomprensione adottata e al contempo si affievolisce la possibilità di percepire fenomeni non conformi a essa. In definitiva: non vi sono osservazioni conformi alla realtà se non quelle conformi a una data cultura; determinati contesti culturali non definiscono solamente le osservazioni in senso positivo (cioè le rendono possibili) ma anche ne rendono impossibili altre e per queste vie avviene la differenziazione del pensiero nei gruppi.

 5. Secondo Fleck esistono tre fondamentali fenomeni della scienza della attività cognitiva (pp. 171-209).

Gli appartenenti allo stesso gruppo di pensiero possono intendersi fra loro perché pensano in un qualche modo simile e, dopo poche comunicazioni, avvertono una specifica solidarietà intellettuale così constatando la coappartenenza allo stesso collettivo di pensiero. Invece, coloro che non possiedono lo stesso stile di pensiero non riescono a comprendersi fra loro: dopo qualche comunicazione si manifesta un caratteristico sentimento di estraneità che segnala le loro divergenze.

La circolazione del pensiero è, in linea di principio, legata sempre alla sua trasformazione. Soltanto nel contesto delle sue connessioni all’interno di un collettivo di pensiero una frase possiede un senso determinato; al contrario, se isolata, può essere polisemica o addirittura senza senso. Se viene formulata per gli appartenenti a un altro collettivo di pensiero un’idea si trasforma in modo da creare un collettivo comune; qualcosa di intermedio, più povero per contenuti ma più vasto (si pensi alla divulgazione del pensiero scientifico). Ogni circolazione del pensiero è legata alla sua alterazione, per cui può anche avvenire che certi elementi di un pensiero siano senza autore perché nella circolazione sociale acquisiscono un nuovo contenuto che non è il prodotto di un individuo ma origina a motu sociali.

Lo sviluppo storico del pensiero non si può ricondurre allo sviluppo logico dei contenuti di pensiero né al semplice crescere dell’informazione. Per questo non è corretto cogliere con concetti odierni il contenuto di pensieri appartenenti a un‘epoca passata, nella quale allignarono proto-idee, nuclei di significato originariamente indifferenziati, dalla evoluzione dei quali (con il confronto con nuove esperienze o con diversi stili di pensiero) sono sorte le idee attuali.

Inoltre, alcuni collettivi di pensiero sono transitori, altri stabili. Anche nel corso di una vivida conversazione può crearsi un particolare stato che consente ai partecipanti di esprimere pensieri che in altri gruppi non esprimerebbero. In ogni caso, per rendere un collettivo stabile occorre delimitarlo e non si può penetrare al suo interno soltanto con la logica ma occorre un periodo di apprendistato in cui operano l’autorità e la suggestione più che le spiegazioni razionali. In effetti, la mancanza di formazione specialistica in un dato campo empirico trapela dalla eccessiva accuratezza nello sviluppo delle inferenze logiche (p. 247): in realtà la logicità della struttura non costituisce un criterio valido in senso assoluto per la scienza se si considera che un errore sistematico genera spesso costruzioni logicamente più coerenti di quelle conseguibili in sua assenza (p.250).

 Né tutti i membri del collettivo di pensiero hanno lo stesso status o lo stesso atteggiamento. Gli esperti ne costituiscono la elite; altri sono i seguaci, i profani, la massa. La seconda categoria costituisce il serbatoio della prima, ma soltanto questa produce lo sviluppo del pensiero all’interno del collettivo. Proficua la seguente osservazione: gli esperti quanto più vanno in profondità nelle loro ricerche, tanto più sono lontani dalle “cose” e invece vicini ai “metodi”, quanto più profondamente entriamo nel bosco, tanto meno alberi vi troviamo e sempre più taglialegna (p. 232).

 6. Risulta interessante constatare la prossimità delle posizioni di Fleck (microbiologo), Kuhn (fisico) e Polanyi (economista) nonostante la loro differente formazione e l’assenza di contatti diretti sia personali sia culturali. Allora, in che senso può dirsi, usando la terminologia di Fleck, che essi appartennero a uno stesso collettivo di pensiero, più specifico di quello dato dal generale clima dell’epoca? Nessuno dei tre è stato un filosofo professionale e, del resto, le loro teorie non si presentano propriamente come teorie della conoscenza perché riguardano fondamentalmente quella che Fleck ha denominato sociologia del pensiero.

Ne derivano due considerazioni.

La prima è che l’esistenza di un collettivo di pensiero, costituito dalla interazione fra suoi appartenenti, agevola la produzione di idee e il loro consolidarsi nei contenuti di uno stile di pensiero. Ma esiste un mondo delle idee (il 3° mondo di Popper) che possiede una sua tessitura alla quale, in qualche misura, un soggetto pensante può attingere anche se non collegato a uno specifico collettivo pensiero.

La seconda è che la vicenda personale di Fleck, rimasto poco conosciuto sino a tempi recenti, indica – come, del resto, in tanti altri casi della storia delle scienze – che anche pensatori sociologicamente marginali possono offrire contributi potenzialmente rilevanti. Allora, gli attuali mezzi di divulgazione delle idee possono consentirne una circolazione che, se captata e accortamente rilanciata, secondo una razionale organizzazione, da apposte istituzioni (non ultime quelle universitarie) può produrre un serbatoio di potenziali stili di pensiero ai quali attingere utilmente a condizione che si fruisca di una formazione personale allenata al discernimento critico.

[1] A. Allen, The Fantastic Laboratory of Dr. Weigl: How Two Brave Scientists Battled Typhus and Sabotaged the Nazis, Norton & Co., 2015. Trad. it. Di E. Ghiseri, Torino, Bollati Boringhieri, 2017).

[2] K.Ajdukiewicz, The Scientific World-Perspective and other Essays (1931-1963), Reidel, Dordrecht, 1978.

[3] In: Personal Knowledge, Chicago, 1958; The Tacit Dimension, Routledge and Kegan Paul, London, 1966

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